mercoledì 31 dicembre 2008

La strana morte del dr. Narducci.

Autore: Cardinalini Luca - Licciardi Pietro
Prima edizione: DeriveApprodi - 2007 - 142pp - Brossura

SINOSSI
L'8 ottobre del 1985, Francesco Narducci, un giovane medico della buona borghesia perugina, scompare misteriosamente, mentre si trova a bordo della sua imbarcazione al lago Trasimeno. La mattina aveva ricevuto una telefonata al lavoro e a metà pomeriggio, senza avvisare nessuno, si era recato al lago. Il corpo viene ritrovato, gonfio e irriconoscibile, quattro giorni dopo. La morte per annegamento viene data per scontata e le molte autorità presenti sul posto riconsegnano il corpo alla famiglia per la sepoltura. Tutto sembra finire lì. La vicenda si riapre quasi venti anni dopo, quando la magistratura perugina torna sul caso. Ma il caso si riapre in modo clamoroso: con la riesumazione si scopre che dentro la bara c'è un corpo diverso da quello ripescato nel lago; dall'autopsia risulta che la morte non è avvenuta per annegamento ma per strangolamento. Ma allora quando è morto il dottor Francesco Narducci? E, soprattutto, come è morto: annegato o strangolato? C'è stato o no uno scambio di cadaveri? Se sì: di chi era il corpo ripescato al lago Trasimeno e dove è finito? E cosa collega la triste vicenda del medico di Perugia alle inchieste sui delitti del "mostro" di Firenze?

martedì 30 dicembre 2008

Salvatore Steri

Fratello di Barbara, la prima moglie di Salvatore Vinci. Durante il servizio militare, girava voce, offrisse prestazioni sessuali ad omosessuali in cambio di denaro. Dopo la morte della sorella Barbara, sostenne l'alibi del cognato Salvatore, dichiarando che la sera in cui avvenne l'omicidio, l'avevano passata insieme al bar, a bere e a giocare a dama. Negli interrogatori a cui venne sottoposto 25 anni dopo dichiarò di non essere certissimo di aver trascorso tutta la serata del 14 gennaio 1960 sempre assieme al cognato.
Rif.1 - Dolci colline di sangue pag.
Rif.2 - Il Messaggero - 20 maggio 1988

lunedì 29 dicembre 2008

Il mostro di Firenze

Autore: Alessandro Cecioni - Gianluca Monastra
Prima edizione: Nutrimenti - 2002 - 198pp - Brossura

SINOSSI
Un suicidio misterioso. Il destino di una pistola che uccide, passa di mano, scompare, una setta diabolica di mandanti. Il segreto nascosto dietro a un delitto passionale. La parabola di un gruppo di balordi di campagna dalle pratiche sessuali disperate, ma anche violenti e sanguinari. E poi le troppe morti sospette, l'ombra dei servizi segreti, l'ipotesi di feticci ordinati e pagati per compiere oscuri riti satanici. E' la storia del mostro di Firenze e dell'inchiesta infinita. Un viaggio dentro i misteri del grande "horror" italiano che abbraccia più di trent'anni della vita del nostro Paese coinvolgendo - talvolta travolgendo - intere generazioni di magistrati, investigatori, giornalisti.

domenica 28 dicembre 2008

Elisabetta Ciabani

Studiava architettura a Firenze. Aveva 22 anni quando il 22 agosto 1982, fu trovata morta nella lavanderia della Baia Saracena, un villaggio turistico a Scicli, in provincia di Ragusa. Il corpo, completamente nudo, fu trovato con un coltello conficcato nella regione mammellare sinistra. Il cadavere presentava altre ferite intorno all'ombelico ed un taglio di 12 centimetri che giungeva fino al pube. Non furono rilevate nè tracce di violenza nè di colluttazione. Il caso fu archiviato come suicidio.
Rif.1 - Corriere della Sera - 22 marco 1996 pag.13
Rif.2 - Il mostro pag.251

Anna Milvia Mattei

Prostituta, alcolizzata e invalida civile. Convivente di Fabio Vinci, figlio di Francesco. Il 29 maggio 1994 fu trovata strangolata nell'edificio a tre piani, di San Mauro a Signa di proprieta' dell' Istituto autonomo case popolari, in cui abitava. Vedova, madre di Simone e Roberto, entrambi in carcere per droga. Con lei abitava anche un'altra prostituta, Marinella Tudori, che rientrata a casa aveva scoperto il cadavere dell'amica disteso sul letto, con addosso solo una maglietta ed un foulard attorno al collo. L'assassino aveva dato fuoco al materasso su cui era adagiata la vittima. Ai piedi del letto un gatto morto. Dell'omicidio fu imputato Giuseppe Sgangarella, amico di Francesco Vinci ed anche di Pietro Pacciani.
Rif.1 - Corriere della sera - 30 maggio 1994 pag.13

sabato 27 dicembre 2008

Sharon Stepman

Artista, fotografa americana. Il 10 settembre 1985 si era recata spontaneamente ai carabinieri ed aveva raccontato che la sera del duplice delitto di Nadine Mauriot e Jean Michel Kravechvili, tornando a Firenze dopo aver fatto una visita all'amico Valeriano Raspollini (Valerio Raspollini per Filastò) di San Casciano, aveva visto uscire, dalla strada che conduce alla piazzola teatro dell'omicidio, un'auto di media cilindrata, di colore bianco, squadrata nella parte anteriore. L'autista dell'auto non appena l'aveva notata aveva spento i fari ed aveva fatto retromarcia come a nascondersi nel buio. Sharon Stepman dichiarò inoltre d'aver avuto l'impressione che all'interno dell'auto vi fossero due persone. Nell'udienza del 7 luglio 1997 confermò quanto precedentemente dichiarato: "...Stavo tornando da casa di Raspollini... era verso mezzanotte... andando giù verso Firenze ho visto questa macchina uscendo... proprio davanti al piazzolo dove è stato ammazzato queste persone... ha fatto marcia indietro... abbassato i fari... quello che guidava era un uomo... per un attimo i fari lo illuminarono bene... non mi sembrava solo... il mio pensiero fu che poteva trattarsi di una coppia di amanti... il conducente era un uomo di mezza età..."
Nel libro di Nino Filastò viene erroneamente riportata con il nome di Sharon Stattman.

mercoledì 24 dicembre 2008

Luca Santucci

Nel primo pomeriggio del 9 settembre 1985, Luca Santucci, originario di San Casciano, di professione cameriere, aveva parcheggiato la sua auto a Scopeti, accanto a quella di Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili, e si era inoltrato nel bosco alla ricerca di funghi. Intorno alle 14,30 aveva informato telefonicamente la locale Stazione Carabinieri del rinvenimento del cadavere di un uomo riverso in mezzo ai cespugli, cadavere che sarebbe stato poi identificato per quello di Kraveichvili Michel. Successivamente i militari intervenuti scoprivano all'interno della tenda il cadavere mutilato della Nadine Mauriot. Dichiarò d'aver notato: "un odore strano assieme ad un ronzio di mosche, ho pensato che lì in giro ci fosse un gatto morto. Dalla parte della tenda non ho notato niente. Allora ho allungato verso la macchia di cespugli dalla parte opposta. E in quel momento l'ho visto: due piedi nudi spuntavano fuori dal verde. Mi sono avvicinato, ho guardato meglio e ho visto un corpo coperto di sangue fino al collo. Sulla testa c'era una specie di coperchio. Non ho avuto il coraggio di avvicinarmi oltre. Avevo il cuore in gola quando sono arrivato a San Casciano. Ho chiamato mio padre. Non mi voleva credere. Alla fine, però, l'ho convinto ad andare dai carabinieri".

Rif.2 - Sentenza della Corte di Assise dell'1 novembre 1994 contro Pietro Pacciani  

Vedi anche: Luca Santucci - Dichiarazioni 

martedì 23 dicembre 2008

Ingrid Von Pflugk Harttung

Pia Rontini dal gennaio al maggio 1984 aveva frequentato una scuola per cuochi in Danimarca, qui aveva conosciuto l'amica di famiglia, Ingrid Von Pflugk Harttung. Le due erano rimaste in contatto anche dopo il ritorno di Pia in Italia. Durante una conversazione telefonica, Pia confessò all'amica "che c'erano degli uomini poco piacevoli insieme ai quali si sentiva molto insicura". Ingrid le aveva consigliato di cambiare lavoro. Pochi giorni dopo Pia Rontini era stata uccisa alla Boschetta di Vicchio insieme al fidanzato Claudio Stefanacci.
Rif.1 - Compagni di sangue pag.42

domenica 21 dicembre 2008

Rossella Parisi e Giampaolo Tozzini

La sera in cui a Calenzano fu commesso il duplice omicidio ai danni di Susanna Cambi e Stefano Baldi, Rossella Parisi e Giampaolo Tozzini videro un'auto provenire a forte velocità dal senso opposto al loro. Dalle loro dichiarazioni fu realizzato un identikit che presentava corrispondenze e analogie antropometri
che con Giovanni Faggi.
Rif.1 - Compagni di sangue pag. 144

sabato 20 dicembre 2008

Fabrizio Butini

Il 16 novembre 1996 Giancarlo Lotti riferì di aver avuto rapporti omosessuali con Fabrizio Butini. Costui confermò la frequentazione con Giancarlo Lotti ma non ammise mai la relazione omosessuale. Lotti dichiarò d'esser stato visto da Pietro Pacciani e da Mario Vanni mentre si era appartato in auto con Fabrizio e di essere, da allora, vittima di minacce e ricatti, tanto da essere stato costretto a seguirli a Giogoli, dove disse di aver partecipato all'omicidio che aveva causato la morte di Rusch Uwe Jens e Horst Meyer.
Rif.1 - Il mostro pag.234
Rif.2 - Compagni di sangue pag.114

venerdì 19 dicembre 2008

Don Fabrizio Poli

Parrocco presso la chiesa di San Donato a Chiesanuova, vicino a San Casciano fino al 2005, poi fu trasferito a San Michele a Grassina. Ospitò Giancarlo Lotti fino ai primi di febbraio del 1996, quando la Procura decise di trasferirlo in località segreta. Sotto protezione Giancarlo Lotti telefonò a Don Fabrizio. La telefonata fu oggetto di intercettazione.

Lotti: "L'è una cosa... insomma, e... insomma per ora va bene, però sai... sono cose... un pò...".
Don Fabrizio: "Un pò lunghe, si, si".

Lotti: "E un pò delicate...".
Don Fabrizio: "Io so dai giornali, dalla televisione. C'è da crederci?".
Lotti: "Si, però... l'è una cosa un pò complicata, per ora un c'è... però...".
Don Fabrizio: "Lo immagino, lo immagino".
Lotti: "E che voi! Ho passato dei momenti non tanto belli!"
Don Fabrizio: "Lo credo, lo credo".
Lotti: "E che voi fare! E io! E io... dico quello... quello che so".
Don Fabrizio: "Tu sei coinvolto in una situazione molto, molto complessa, te cerca di dire la verità".
Lotti: "E che voi fà e loro e... mi scalzano, però io non posso dire di più di quello che un so!".
Don Fabrizio: "Tu sei coinvolto... tu ci sei dentro...".
Lotti: "Ormai mi hanno chiamato e... mi conoscevano le persone".
(...)
Don Fabrizio: "Comunque te cerca di... di stare con la... con la mente vispa... con la coscienza chiara... cerca di dire la verità, di dire le cose che tu sai, tranquillamente, se tu puoi aiutare, per la ricerca della verità, fai bene a parlare, devi parlare... avresti dovuto parlare".
Lotti: "Si, lo so".
Don Fabrizio: "Avresti dovuto parlare prima, però...".
Lotti: "Lo so, parlà prima, però...".
Don Fabrizio: "Te cerca di stare tranquillo e di collaborare più che puoi, insomma".
Lotti: "Però... e...".
Don Fabrizio: "E' l'unico modo per te per metterti la coscienza tranquilla".
Lotti: "Lo so".
Don Fabrizio: "D'altra parte se si è in ballo... bisogna... ".
Lotti: "Non ci sono altro che io, ce n'è tanti... non è che... ".
Don Fabrizio: "E lo so! Lo vedo, da notizie che vengono fuori, che è un giro piuttosto, piuttosto... però insomma se tu dai il contributo per la ricerca della verità per quello che tu sai tu fai una bella cosa".
Lotti: "E lo so".
Don Fabrizio: "Ci sono di mezzo decine di morti, capito?".
Lotti: "Tante cose non è mica detto che le sappia tutte io".
Rif.1 - Il mostro pag. 228.229

mercoledì 17 dicembre 2008

Gino Bruni

Gino Bruni era un guardiacaccia. Durante il processo Pacciani dichiarò d'aver avuto motivi di contrasto con Pietro Pacciani per averlo trovato a cacciare dei fagiani e cuccioli di lepre. Pietro Pacciani replicò: "E' un infame, dovete denunciarlo, (...)era uno che si voleva profittare della mi' moglie. Una volta lo sorpresi in un capanno da fieno mentre l' abbracciava. L' Angiolina era gia' piuttosto fuori di testa, dopo la nascita della prima figliola. Al Bruni gli dissi di girare al largo. Se ci riprovi ti attacco a un pioppo". Angiolina Manni, moglie di Pacciani, aveva dichiarato: "Piu' volte tentata, ho avuto rapporti intimi con un certo Bruni di Dicomano, per varie volte nella capanna delle bestie." Dopo le dichiarazioni di Giampolo Cairoli, che sentì il Bruni nel 1992 dire che Pacciani detenesse una Beretta calibro 22, Gino Bruni fu ascoltato durante l'udienza che ebbe luogo l'8 giugno del 1994 ma smentì d'aver mai visto una pistola a Pacciani: "Non ho mai detto a nessuno che Pacciani aveva una pistola. Io non l' ho mai vista (...) Mi diede tante palate che, se sapessi qualcosa, si figuri se non parlerei".
Dalla testimonianza di Renzo Rontini, padre di Pia: "Bruni scoprì Pacciani che cacciava di frodo i fagiani nella sua riserva. Andava di notte con la pistola. I fagiani li tirava giù come sassi con quella Beretta lì. Bruni fece le poste e lo scoprì in flagrante. Ma non andò mai a denunciarlo perchè Pacciani gli puntò contro un forcone e minacciò di ammazzarlo. Lui aveva paura".
Rif.1 - Corriere della Sera - 9 giugno 1994 pag.15
Rif.2 - Corriere della Sera - 2 giugno 1994 pag.13
Rif.3 - Il mostro pag.66
Vedi anche: Deposizione dell'8 giugno 1994


Gianpaolo Cairoli

Il primo giugno del 1994, in apertura di udienza, il pubblico ministero Paolo Canessa, annunciò che Pietro Pacciani possedeva una Beretta calibro 22 Long Rifle. Gianpaolo Cairoli, milanese, da qualche anno residente con la compagna Emanuela Consigli nel Mugello, rilasciò la seguente dichiarazione: "Abito a Vicchio di Mugello, ho un podere nella tenuta dell'Uliveta. Circa un anno e mezzo fa, passando, mi fermai al capanno per salutare Gino Bruni, il guardiacaccia. Quel giorno, quando scesi dalla macchina, Bruni e un suo amico, che credo chiamino il Ridicolo, stavano parlando di Pacciani. In quel periodo il suo nome era su tutti i giornali, scrivevano fosse il presunto mostro di Firenze. Bruni diceva di conoscerlo bene e di averlo sentito raccontare di come nel '51 avesse ammazzato un uomo. Ne parlava con freddezza, diceva Bruni, come se avesse ucciso un capretto". Aggiunse Bruni: "Mi sembra strano che neghi di avere la pistola. Io l'ho vista personalmente, aveva una Beretta calibro 22 identica alla mia".
Gino Bruni, messo a confronto con Gianpaolo Cairoli, negò di aver mai detto di aver visto una pistola a Pacciani.
Vedi anche: 
Gianpaolo Cairoli - Deposizione del 01 giugno 1994

Rif.1 - Il mostro pag.65
Corriere della Sera - 9 giugno 1994 pag.15

martedì 16 dicembre 2008

Occhio ragazzi

Nel 1986, il Comune di Firenze per sensibilizzare i giovani sul rischio di aggressione, realizzò dei manifesti e delle cartoline che furono diffusi su tutto il terrirorio. La grafica fu affidata a Mario Lovergine. Nell'aprile del 1987 al sostituto procuratore della repubblica, Silvia Della Monica, furono recapitate una lettera ed una videocassetta su cui erano stati registrati spezzoni di trasmissioni dedicate al "mostro di Firenze". A Palazzo Medici Riccardi si riunirono il prefetto, il questore, il comandante del gruppo carabinieri, il comandante del nucleo di polizia tributaria, il comandante del gruppo della Guardia di finanza, il procuratore della Repubblica Raffaello Cantagalli, il procuratore aggiunto Piero Luigi Vigna e il sostituto procuratore Paolo Canessa, per approntare un piano di informazione e prevenzione. Furono stampate un milione e ottocentomila cartoline da distribuire ai caselli autostradali, negli ostelli della gioventù, campeggi, stazioni ferroviarie e 20 mila locandine da affiggere nei negozi, negli uffici e sugli autobus. Fu realizzato anche uno spot pubblicitario ideato da Mario Lovergine, la cui regia fu affidata a Paolo Pratesi. Per il motivo musicale, Renzo Arbore e la Fonit Cetra concessero gratuitamente lo sfruttamento de "Ma la notte no". Lo spot fu trasmesso dalla Rai e da molte televisioni locali a titolo gratuito. Uno spot pubblicitario fu realizzato anche per il circuito delle radio.
Rif.1 - La Repubblica - 22 aprile 1987 pag.18
Rif.2 - La Repubblica - 13 maggio 1987 pag.15

domenica 14 dicembre 2008

Tiziana Martelli

La sera in cui persero la vita Pia Rontini e Claudio Stefanacci, Tiziana Martelli ed il marito Andrea Caini, stavano tornando a casa a Fiesole dopo aver partecipato ad una festa in onore dei propri genitori a Santa Margherita. Intorno alla mezzanotte, si erano fermati a bere ad una fonte lungo la strada sterrata che dalla provinciale sagginalese (S.P.41) conduce a San Martino a Scopeto, località che si trova non troppo distante dal luogo in cui avvennero i duplici omicidi. Ad un tratto avevano visto sopraggiungere a grande velocità due auto e si erano impressionati. L'indomani, appreso quanto accaduto nella piazzola di Vicchio, si erano recati alla Polizia ma le loro dichiarazioni non erano state verbalizzate. Il 21 luglio 1994, mentre aveva luogo il processo contro Pietro Pacciani, si erano nuovamente recati in Questura, dove avevano rilasciato dichiarazioni in merito a quanto visto quella notte. Rif.1 - Compagni di sangue pag.33

Andrea Caini

La sera in cui persero la vita Pia Rontini e Claudio Stefanacci, Andrea Caini e Tiziana Martelli stavano tornando a casa, a Fiesole, dopo aver partecipato ad una festa in onore dei genitori della Martelli. Intorno alla mezzanotte, si erano fermati a bere ad una fonte lungo la strada sterrata che dalla provinciale sagginalese (S.P.41) conduce a San Martino a Scopeto, località che si trova non troppo distante dal luogo in cui avvennero i duplici omicidi. Ad un tratto avevano visto sopraggiungere a grande velocità due auto e si erano impressionati. L'indomani, appreso quanto accaduto nella piazzola di Vicchio, si erano recati alla Polizia ma le loro dichiarazioni non erano state verbalizzate. Il 21 luglio 1994, mentre aveva luogo il processo contro Pietro Pacciani, Andrea Caini si era nuovamente recato in Questura, dove aveva rilasciato le seguenti dichiarazioni: "le due auto che marciavano ad una velocità approssimativa di 60 km l'ora dimostravano due cose: la prima, che non doveva trattarsi di persone residenti in quei posti perchè una macchina levava un polverone rispetto a quella seguente e, la seconda, che in ogni caso davano l'impressione di essere insieme e di conoscere bene la strada. La prima auto aveva i fari anteriori rettangolari, poteva essere una due volumi, oppure anche una tre volumi, comunque con il cofano della bauliera corto (...) La seconda auto poteva essere rossa (...) Entrambe erano vetture di media cilindrata; la seconda auto mi colpì perchè commentando così la scena: ma guarda questo qui che sta attaccato alla macchina che precede con le sole luci di posizione accese! Ambedue i conducenti avevano una sagoma robusta e non erano giovani... Costoro andavano in direzione opposta alla nostra; quindi da San Martino a Scopeto verso Dicomano."
Rif.1 - Compagni di sangue pag.32.33

sabato 13 dicembre 2008

Luciano Bartolini

Artigiano bronzista. Il 31 luglio 1984, il giorno dopo l'assassinio di Pia Rontini e Claudio Stefanacci, si trovava a casa dei genitori della vittima quando Pietro Pasquini aveva raccontato di alcune tracce di sangue rinvenute sulle rive del fiume Sieve mentre stava lavando l'auto. Si era recato quindi sul posto assieme a Pietro e al maresciallo dei Carabinieri. A Michele Giuttari racconterà: "Sulla terra battuta le macchie non erano ben visibili perchè erano state assorbite dalla terra ma al fiume vidi una pietra segnata da una chiazza più consistente, come se vi avessero appoggiato sopra qualcosa di sanguinante".
Rif.1 - Il mostro pag.222

Pietro Pasquini

Il giorno successivo al duplice omicidio di Pia Rontini e Claudio Stefanacci si era recato presso il fiume Sieve per lavare l'auto. Aveva notato delle tracce di sangue su alcune pietre ed aveva avvisato i genitori di Pia Rontini, che con Luciano Bartolini ed il maresciallo dei Carabinieri si erano recati sul posto, situato non troppo distante dalla piazzola dove avevano perso la vita i due giovani.
Rif.1 - Il mostro pag.222

Vincenzo Limongi

Negli anni ottanta era stato convivente di Milva Malatesta. Il 19 maggio del 1991, pochi giorni prima che scadesse il suo periodo di detenzione, a 37 anni, si impiccò nella sua cella presso il carcere di Sollicciano a Scandicci (FI). Nello stesso carcere e nello stesso settore era detenuto anche Pietro Pacciani.
Rif.1 - Compagni di sangue pag.181

Aldo Fezzi

Menestrello, poeta popolare, cantastorie. Negli anni ’50, Aldo Fezzi, detto il giubba per l’inseparabile giacca che indossava anche d’estate, narrava le gesta di Pietro Pacciani in una ballata dal titolo "Delitto a Tassinaia di Vicchio".

Un grande tragico fatto è avvenuto,
nel comune di Vicchio di Mugello
un giovanotto iniquo e fello
che a sentirlo ne desta pietà.
Tal Pier Pacciani ha ventisei anni
che a parlarne il sangue si ghiaccia
lui sta a Paterno podere detto Iaccia
oh sentite quello che fa...

Si trattava della vicenda che aveva visto coinvolti Pietro Pacciani, Severino Bonini e Miranda Bugli.
Rif.1 - Dolci colline di sangue pag.179

giovedì 11 dicembre 2008

Giuseppe Filippi

Dopo il duplice omicidio di Susanna Cambi e Stefano Baldi, i magistrati decisero di divulgare un identikit del mostro. L'identikit fu realizzato in base alle indicazioni di due ragazzi che transitando in zona Bartoline, la sera del delitto, avevano incrociato un'Alfa rossa alla cui guida vi era un uomo molto nervoso, scosso, dai lineamenti tesi. Il 30 giugno 1982 il presunto volto del mostro apparve su tutti i giornali. Decine e decine di segnalazioni arrivarono ai Carabinieri, alla Polizia, ai magistrati ed alle redazioni dei quotidiani. A Porta Romana a Firenze, un macellaio dovette chiudere la propria bottega per una settimana per la somiglianza con la figura dell'identikit. Un tassista fu invitato a presentarsi in questura ma risultò del tutto estraneo alla vicenda. Giuseppe Filippi, Pino o Beppino per gli amici, gestiva con la moglie Elda Carradori il bar ristorante "Cavallino Rosso" a Valenzatico e data la somiglianza con la figura pubblicata dai giornali fu vittima per un mese degli scherzi di alcuni ragazzi. Il 31 luglio, nel primo pomeriggio, si ritirò nella propria abitazione per riposare. La moglie lo trovò, intorno alle 16,00, riverso sul letto, quasi completamente nudo in una pozza di sangue, la gola lacerata da un coltello. Sulla scrivania un foglietto in cui il Filippi aveva cercato di spiegare i motivi del gesto.
Rif.1 - Dolci colline di sangue - pag.68
Rif.2 - La leggenda del Vampa pag.184

mercoledì 10 dicembre 2008

Marcella De Faveri

Insegnante. Domenica 8 settembre 1985 si recò con il marito, Vittorio Chiarappa, a far visita all'amico Giancarlo Rufo che abitava in via degli scopeti dalla parte opposta alla piazzola teatro del duplice omicidio. Vittorio Chiarappa, con la sua auto, nell'affrontare la svolta per accedere al vialetto d'ingresso, trovò difficoltà nella manovra, poichè sul lato destro della strada era parcheggiata un'auto. Intorno alle 15,30 il signor Chiarappa lasciò la moglie a casa di Rufo e riprese la strada per Firenze. Intorno alle 17:00 tornò dalla moglie presso l'abitazione di Rufo. Interrogata l'11 ottobre 1995, Marcella De Faveri dichiarò di aver visto nelle immediate vicinanze dell'auto due uomini: "uno era un uomo di mezza età, di corporatura tipo squadrada, di media altezza, senza collo, con testa dal taglio rettangolare, che mi dava l'apparenza di essere un contadino. Costui stava appoggiato al cofano motore della macchina (cioè alla parte anteriore indirizzata verso San Casciano) guardando in avanti, lungo la strada. Mi dava l'impressione d'avere i capelli tagliati corti. Il secondo personaggio era appoggiato sul lato destro dell'auto e guardava il bosco. Questi dava l'impressione di essere un pò più alto del precedente e come figura sembrava meno grezzo dell'altro".
Rif.1 - Il mostro pag.76

Giancarlo Rufo

Costruttore edile. Abitava nella colonica di proprietà ubicata di fronte alla piazzola degli Scopeti dove furono uccisi Nadine Mauriot e Jean Michel Kravechvili. Interrogato il 10 settembre 1985 dichiarò di non aver notato particolari di rilievo nel pomeriggio di domenica 8. Aggiunse di aver ospitato alcuni amici, tra cui Marcella De Faveri e Vittorio Chiarappa e di essersi intrattenuto con loro fino a sera. È deceduto nell'aprile del 1995.
Rif.1 - Il mostro - pag.76

martedì 9 dicembre 2008

Grandi gialli della storia

Autore: Massimo Polidoro
Prima edizione: Piemme - 2004 - 364pp - Brossura
Prima edizione: Piemme - 2006 - 364pp - Brossura

SINOSSI
Londra, 1888. Un enigmatico serial killer terrorizza i quartieri degradati di Whitechapel, avvicinando prostitute che poi sventra senza pietà.Dallas, 1963. Il presidente Kennedy viene ucciso mentre la sua auto attraversa la città. Dopo soli tre giorni anche il suo assassino viene eliminato.Parigi, 1703. Alla Bastiglia muore un prigioniero costretto da trent’anni a indossare una maschera che gli nasconde il volto.Ekaterinburg, 1918. Nicola II e la sua famiglia vengono trucidati e sepolti in un luogo misterioso. Due anni dopo una ragazza sostiene di essere Anastasia, la figlia dello Zar miracolosamente scampata al massacro.Norimberga, 1828. Un ragazzo spuntato dal nulla, che non sa parlare, non sa camminare e non conosce niente del mondo, sconvolge la Germania.Miami, 1937. Amelia Earhart è la più famosa aviatrice del mondo e si prepara a compiere il primo giro del globo in aeroplano. Ma non arriverà mai a destinazione e scomparirà sorvolando l’Oceano Pacifico. E se in realtà Amelia fosse stata una spia poi fatta prigioniera dai giapponesi? Firenze, 1985. Il “Mostro di Firenze”, l’assassino seriale che da vent’anni terrorizza le colline fiorentine, colpisce per l’ultima volta. Tra depistaggi, arresti e condanne, va in scena un interminabile processo. Ma forse restano ben altri “mostri” da smascherare…Raccogliendo testimonianze, prove e sorprendenti indizi un’indagine storica e scientifica analizza alcuni dei casi di “nera” più inquietanti e clamorosi. Per illuminare di nuova luce i grandi complotti della storia e la sanguinosa cronaca dei giorni nostri.

lunedì 8 dicembre 2008

Fosco Fabbri

Negli anni '80 faceva il commerciante ed era proprietario di una piccola fabbrica di mobili componibili a Montelupo . La notte in cui persero la vita Carmela De Nuccio e Giovanni Foggi, Fosco Fabbri si recò alla "Taverna del diavolo" un ristorante in località Roveta, dove aveva appuntamento con Enzo Spalletti. I due erano guardoni, o indiani, così venivano chiamati dai giovani del luogo. Si erano quindi appostati su di una collina in attesa di una coppietta, ma la serata si era rivelata infruttuosa e Fosco Fabbri intorno alla mezzanotte se ne era tornato a casa. Interrogato dagli inquirenti, ammise d'esser tornato il giorno successivo , assieme a Spalletti sul luogo del delitto per "vedere se era possibile, con l'esperienza di guardoni, fare qualcosa di utile per scoprire l'assassino".
Raccontò inoltre di una disavventura da guardone. Un giorno mentre era nascosto in attesa di una coppia da spiare, incontrò un tale in divisa di cui non seppe riconoscere il corpo di appartenenza. L'agente, minacciandolo con la pistola, lo aveva costretto ad assistere ad una predica in cui veniva accusato di essere un criminale, un pervertito ed un vigliacco. 

domenica 7 dicembre 2008

Enzo Spalletti

Nacque a Montelupo in provincia di Firenze nel 1945. Nel 1981 di profesione faceva l'autista della Misericordia. Ex-vetraio, cattolico osservante, abitava a Montelupo in Via Turbone 23, con la moglie Carla Agnoletti e i tre figli, Mosè, Lara e Matteo. La sera del 6 giugno, in cui avvenne il duplice omicidio di Carmela De Nuccio e Giovanni Foggi, l'auto di Enzo Spalletti, una Ford Taunus rossa targata FI 669906, fu vista nelle immediate vicinanze del luogo del delitto. Spalletti era un guardone, un "indiano", che con l'amico Fosco Fabbri la sera del delitto si era incontrato alla "Taverna del diavolo", un ristorante in località Roveta, per poi appostarsi sulla collina in attesa di una coppia da spiare. La serata langue e Fosco Fabbri, sfiancato, prima della mezzanotte abbandona il campo. Spalletti tornerà a casa intorno alle 2 di mattina e l'indomani racconterà alla moglie di "aver visto due morti ammazzati". Riferirà l'accaduto anche ad un paio di avventori del bar che era solito frequentare. Il delitto verrà scoperto domenica 7 giugno, intorno alle nove di mattina, dal brigadiere Vittorio Sifone durante una passeggiata. Gli inquirenti giungono a Spalletti grazie alle dichiarazioni di alcuni testimoni che avevano notato la sua auto. Il 12 giugno, Spalletti fu portato in questura ed interrogato; ai due magistrati Silvia Della Monica e Adolfo Izzo e al commissario Sandro Federico e al colonnello Olinto Dell'Amico rilascia dichiarazioni ricche di particolari ma inverosimili. Afferma d'essersi appartato in Roveta con una prostituta che aveva trovato a Firenze sul Lungarno Vespucci. Dopo sei ore di interrogatorio ammise di essersi incontrato con Fosco Fabbri e di aver passato una serata infruttuosa nascosto tra le frasche in attesa di una coppia da spiare per poi tornare a casa intorno a mezzanotte. Dichiarazioni smentite dalla moglie Carla che ammise che, intorno alle due, quando lei aveva deciso di andare a letto, il marito non aveva ancora fatto ritorno a casa. Emerse inoltre che lo Spalletti avesse appreso del delitto prima ancora che la scoperta dei due cadaveri fosse resa ufficiale. Nel corso di un nuovo interrogatorio dichiarò: "Voi lo sapete che io non sono l'assasino, ma mi tenete in galera perchè state proteggendo qualcun altro".
Durante la permanenza in carcere, qualcuno telefonò prima alla moglie poi al fratello: "Ditegli che stia zitto e tranquillo, che presto sarà scagionato, presto uscirà di carcere, però gli sta bene un pò di galera, a quello scemo. Che gli è saltato in mente di dire che aveva saputo dei morti dai giornali, quando i giornali sono usciti con la notizia la mattina dopo?"
Spalletti rimase in carcere fino al 24 ottobre quando il mostro tornò nuovamente a colpire.
Durante il processo a Vanni e Lotti fu contattato da un collaboratore dell'avvocato Nino Filastò, a cui disse: "Non hanno capito nulla, sono fuori strada, è una vergogna!" e ancora : "Ma se dietro a tutto quest'affare ci fosse qualcheduno grosso eh? Oppure qualche puliziotto di quelli con le palle grosse... Non è ne la prima ne l'ultima volta. Nessuno ci pensa?"

sabato 6 dicembre 2008

venerdì 5 dicembre 2008

Giovanni Spinoso

Giornalista televisivo. È sposato con Marzia Rontini, sorella di Pia. Nel 1989 si recò in Francia presso l'abitazione di Francesco Vinci per un colloquio di cui non sono mai emersi i dettagli. Fu iscritto nel registro degli indagati con l' accusa di favoreggiamento e frode processuale poichè accusato di aver inviato, il 25 maggio 1992, al maresciallo dei carabinieri di San Casciano Arturo Minoliti, un'asta guidamolla avvolto in un pezzo di stoffa. Un biglietto riportava il testo che segue: "Questo è un pezzo della pistola del Mostro di Firenze e sta' sulla "Nazione". C'era la fotografia. Stava in un barattolo di vetro stiantato (qualcuno lo a' trovato prima di me) sotto un albero a Crespello-Luiano. E' si vede il tabbernacolo della vergine. Il Pacciani andava li e lavorava alla fattoria. Anche la moglie e la figlia grande passeggiavano li e sono grulle è fanno tutto quello è lui gli comanda se no' ne toccano. Il Pacciani è un diavolo e incanta i bischeri alla t.v. ma noi lo si conosce bene e lo avete conosciuto anche voi. Punitelo e Dio vi benedirà perché un è un uomo ma una belva. Grazie."
Alcuni giorni dopo il ricevimento del pacco, durante una nuova perquisizione nel garage di Pietro Pacciani, gli agenti della SAM trovarono un pezzo di stoffa che combaciava perfettamente con quello inviato pochi giorni prima al comandante della caserma dei carabinieri.
Dopo aver subito sei mesi consecutivi di intercettazioni telefoniche, 22 ore di perquisizione, oltre a perizie grafologiche e interrogatori, nel febbraio del 2006, Giovanni Spinoso, fu assolto per non aver commesso il fatto.
Rif.1 - Toscana Oggi - 22 ottobre 2003
Rif.2 - Corriere della Sera - 31 marzo 2001 - pag.11
Rif.3 - Dolci colline di sangue - pag.203
Rif.4 - Il mostro - pag.60
Rif.5 - Il Tirreno - 25 gennaio 2002 pag. 1

giovedì 4 dicembre 2008

mercoledì 3 dicembre 2008

Il sospetto

Autore: Laura Grimaldi
Prima edizione : Mondadori - 1988 - 139p - Rilegato
Prima edizione : Mondadori Oscar Narrativa - 1989 - brossura
Prima edizione : Net - 2004 - 227p - brossura
Dalla presentazione:
L'aristocratica Matilde Monterispoli, dopo la morte del marito, vive insieme al figlio Enea in una grande casa in un quartiere elegante di Firenze. Tanto Matilde è affascinante e sicura di sé quanto Enea è impacciato, schivo e dipendente dalla madre. Intanto la città è stretta in una morsa di terrore: nelle notti di novilunio un maniaco omicida si aggira nelle campagne in caccia di coppiette da massacrare. Matilde a poco a poco cade preda di un dubbio. Ogni indizio, ogni voce porta a Enea. La donna è decisa a scoprire la verità sul figlio a qualsiasi costo, lacerata tra il desiderio di proteggerlo e la volontà di fermare la serie di efferati omicidi in un crescendo di tensione psicologica fino a una risoluzione tragica e inattesa.

martedì 2 dicembre 2008

Christian Olivares


Il quadro "Un sogno di fatascienza", come lo siglò Pacciani il 10 aprile 1985, fu “l’ultimo gravissimo indizio” prodotto dal PM durante il processo al contadino di Mercatale. In realtà la signora Maliceta Melega Tornatore, esperta d’arte e titolare di un laboratorio di restauro, con una telefonata alla redazione di un quotidiano, svelò il mistero attribuendo il quadro al pittore e scenografo cileno Christian Olivares, che l’aveva dipinto a Bologna negli anni ’70 quando, esule in Italia in fuga dalla dittatura di Pinochet, volle “rappresentare l'orrore e il grottesco di una dittatura”; prosegue Olivares interpellato sull’accaduto: “Dire che è opera di uno psicopatico è ridicolo, è come dire che gli orrori di guerra dipinti da Goya facessero di lui un pazzo da rinchiudere, un mostro...". Pacciani interrogato da Canessa risponde all’accusa: “Ma che dicono? Non l’ho dipinto io. Era una vecchia stampa che avevo in casa. Io ci ho soltanto messo su il colore; Ho sbagliato a metterci la firma; Volevano fare un trucco, volevano descrivermi come non sono mai stato”.
Rif.1 - Corriere della Sera - 24 Aprile 1994 - pag.10Rif.2 - Corriere della Sera - 22 Aprile 1994 - pag.12

domenica 30 novembre 2008

Guido Giovannini

Originario di Cosenza. Abitava a Borgo San Lorenzo, in via della Stazione, con la moglie Anna Bani e tre figli. Lavorava per la "Ferrero", una ditta fiorentina specializzata nella costruzione di bilance industriali. Nei giorni precedenti l'omicidio di Stefania Pettini e Pasquale Gentilcore , fu notato con la sua auto, una Fiat 127, sul luogo del delitto a spiare giovani coppie in atteggiamenti intimi. Il 18 settembre 1974 fu arrestato per porto di una roncola, detenzione abusiva di una carabina e minacce. Il suo avvocato, Sergio Casabianca riferì ai giornalisti: "Sono stato convocato in caserma su richiesta del mio assistito, della cui estraneità al duplice delitto di Borgo San Lorenzo sono pinamente convinto. D'altra parte fino a questo momento gli stessi magistrati non hanno rivolto contro di lui alcuna contestazione su quel fatto."
Fu in seguito riconosciuto estraneo alla vicenda e quindi prosciolto.
Rif.1 - Compagni di sangue - pag.8

Giuseppe Francini

Dopo il delitto di Borgo San Lorenzo, dove furono uccisi Stefania Pettini e Pasquale Gentilcore , Giuseppe Francini, ventottenne di Borgo San Lorenzo, si autoaccusò del duplice omicidio. Il 16 settembre 1974 fu eseguita una perquisizione presso l'abitazione ove abitava ma non fu rinvenuto alcun oggetto utile alle indagini in corso. Risultò essere un mitomane e fu rilasciato.
Rif.1 - Compagni di sangue - pag.8

Bruno Mocali

Nel delitto di Borgo San Lorenzo, dove furono uccisi Stefania Pettini e Pasquale Gentilcore, gli investigatori concentrarono la loro attenzione su Bruno Mocali, 53 anni di Scarperia (FI) sedicente guaritore. Pasquale Gentilcore, il 13 settembre 1974, aveva fatto visita al Mocali per farsi prescrivere un rimedio per problemi al fegato. Il Mocali venne indagato e sottoposto a perquisizione ma non furono trovati elementi utili alle indagini per cui fu rilasciato.
Rif.1 - Compagni di sangue - pag.8

sabato 29 novembre 2008

James Taylor

Fotografo americano in vacanza in italia, ospite presso un'amica a San Casciano in Val di Pesa, dichiarò ai carabinieri di esser passato la notte del delitto, intorno a mezzanote, davanti alla piazzola dove Nadine Mauriot e Jean Michel Kravechvili persero la vita ed aver notato, parcheggiata sulla strada, una Fiat 131 di colore grigio argentato.
Rif.1 - Il Mostro pag.75

venerdì 28 novembre 2008

Antonio Cafaro

Medico legale. Assieme al dott. Aurelio Monelli e al dott. Mauro Maurri redasse la perizia necroscopica relativa al duplice delitto di Nadine Mauriot e Jean Michel Kravechvili. Nella sentenza si legge: "La perizia necroscopica (periti prof. Mauro Maurri, dr. Aurelio Monelli e dr. Antonio Cafaro) svolta sulla donna, il cui cadavere era stato rinvenuto all'interno della tenda, aveva accertato che la vittima era stata raggiunta da quattro proiettili, di cui tre al cranio ed uno all'emitorace sinistro, mentre l'uomo era stato raggiunto da quattro colpi, di cui uno alla bocca, due all'arto superiore sinistro, uno al gomito destro: tutti i colpi erano stati esplosi da distanza ravvicinata, nell'ordine di poche decine di centimetri, ma non a bruciapelo, parte fuori e parte all'interno della tenda, con direzione dall'esterno verso l'interno e dal lato anteriore della tenda verso quello posteriore, mentre con ogni probabilità l'uomo era disteso supino a terra e la donna era stesa bocconi sopra di lui. La ragazza era stata uccisa dentro la tenda, mentre l'uomo, che era stato soltanto ferito e non gravemente, aveva cercato scampo nella fuga: era riuscito però solo ad uscire dalla tenda ed a percorrere circa 15/20 metri in direzione del bosco, poi era stato raggiunto dall'omicida che gli aveva inferto a più riprese, ma in brevissima successione di tempo, numerosi colpi di arma bianca che lo avevano fatto stramazzare al suolo, determinandone rapidamente la morte. Il suo corpo era stato poi sollevato e gettato nel sottostante ciglio cespuglioso, là dove era stato poi rinvenuto. A giudizio dei periti nella fase successiva l'omicida aveva trascinato parzialmente il corpo della donna, completamente nudo, fuori dalla tenda, afferrandolo per i piedi e, con l'ausilio di una sorgente di luce artificiale, aveva praticato un'ampia e decisa escissione del pube, passando poi all'asportazione della mammella sinistra, con tagli simili a quelli riscontrati sul cadavere della Pia Rontini. Infine il cadavere della donna era stato ricollocato all'interno della tenda, mentre quello dell'uomo era stato gettato nei cespugli sottostanti: i periti ritenevano che l'intero episodio potesse essersi svolto nell'arco di tempo di non più di nove minuti o in un tempo ancora inferiore."

Aurelio Monelli

Medico legale. Assieme al dott. Mauro Maurri e al dott. Antonio Cafaro redasse la perizia necroscopica relativa al duplice delitto di Nadine Mauriot e Jean Michel Kravechvili. Nella sentenza si legge: "La perizia necroscopica (periti prof. Mauro Maurri, dr. Aurelio Monelli e dr. Antonio Cafaro) svolta sulla donna, il cui cadavere era stato rinvenuto all'interno della tenda, aveva accertato che la vittima era stata raggiunta da quattro proiettili, di cui tre al cranio ed uno all'emitorace sinistro, mentre l'uomo era stato raggiunto da quattro colpi, di cui uno alla bocca, due all'arto superiore sinistro, uno al gomito destro: tutti i colpi erano stati esplosi da distanza ravvicinata, nell'ordine di poche decine di centimetri, ma non a bruciapelo, parte fuori e parte all'interno della tenda, con direzione dall'esterno verso l'interno e dal lato anteriore della tenda verso quello posteriore, mentre con ogni probabilità l'uomo era disteso supino a terra e la donna era stesa bocconi sopra di lui. La ragazza era stata uccisa dentro la tenda, mentre l'uomo, che era stato soltanto ferito e non gravemente, aveva cercato scampo nella fuga: era riuscito però solo ad uscire dalla tenda ed a percorrere circa 15/20 metri in direzione del bosco, poi era stato raggiunto dall'omicida che gli aveva inferto a più riprese, ma in brevissima successione di tempo, numerosi colpi di arma bianca che lo avevano fatto stramazzare al suolo, determinandone rapidamente la morte. Il suo corpo era stato poi sollevato e gettato nel sottostante ciglio cespuglioso, là dove era stato poi rinvenuto. A giudizio dei periti nella fase successiva l'omicida aveva trascinato parzialmente il corpo della donna, completamente nudo, fuori dalla tenda, afferrandolo per i piedi e, con l'ausilio di una sorgente di luce artificiale, aveva praticato un'ampia e decisa escissione del pube, passando poi all'asportazione della mammella sinistra, con tagli simili a quelli riscontrati sul cadavere della Pia Rontini. Infine il cadavere della donna era stato ricollocato all'interno della tenda, mentre quello dell'uomo era stato gettato nei cespugli sottostanti: i periti ritenevano che l'intero episodio potesse essersi svolto nell'arco di tempo di non più di nove minuti o in un tempo ancora inferiore."

Mauro Maurri



È stato medico legale presso l'istituto di medicina legale dell'università diretto dal professor Carlo Fazzari. Eseguì le autopsie e le perizie medico-legali sulle vittime degli omicidi attribuiti al "mostro di Firenze" dal 1974 al 1985. Assieme al dott. Aurelio Monelli e al dott. Antonio Cafaro redasse la perizia necroscopica relativa al duplice delitto di Nadine Mauriot e Jean Michel Kravechvili. Nella sentenza si legge: "La perizia necroscopica (periti prof. Mauro Maurri, dr. Aurelio Monelli e dr. Antonio Cafaro) svolta sulla donna, il cui cadavere era stato rinvenuto all'interno della tenda, aveva accertato che la vittima era stata raggiunta da quattro proiettili, di cui tre al cranio ed uno all'emitorace sinistro, mentre l'uomo era stato raggiunto da quattro colpi, di cui uno alla bocca, due all'arto superiore sinistro, uno al gomito destro: tutti i colpi erano stati esplosi da distanza ravvicinata, nell'ordine di poche decine di centimetri, ma non a bruciapelo, parte fuori e parte all'interno della tenda, con direzione dall'esterno verso l'interno e dal lato anteriore della tenda verso quello posteriore, mentre con ogni probabilità l'uomo era disteso supino a terra e la donna era stesa bocconi sopra di lui. La ragazza era stata uccisa dentro la tenda, mentre l'uomo, che era stato soltanto ferito e non gravemente, aveva cercato scampo nella fuga: era riuscito però solo ad uscire dalla tenda ed a percorrere circa 15/20 metri in direzione del bosco, poi era stato raggiunto dall'omicida che gli aveva inferto a più riprese, ma in brevissima successione di tempo, numerosi colpi di arma bianca che lo avevano fatto stramazzare al suolo, determinandone rapidamente la morte. Il suo corpo era stato poi sollevato e gettato nel sottostante ciglio cespuglioso, là dove era stato poi rinvenuto. A giudizio dei periti nella fase successiva l'omicida aveva trascinato parzialmente il corpo della donna, completamente nudo, fuori dalla tenda, afferrandolo per i piedi e, con l'ausilio di una sorgente di luce artificiale, aveva praticato un'ampia e decisa escissione del pube, passando poi all'asportazione della mammella sinistra, con tagli simili a quelli riscontrati sul cadavere della Pia Rontini. Infine il cadavere della donna era stato ricollocato all'interno della tenda, mentre quello dell'uomo era stato gettato nei cespugli sottostanti: i periti ritenevano che l'intero episodio potesse essersi svolto nell'arco di tempo di non più di nove minuti o in un tempo ancora inferiore."
Rif.1 - Il Mostro - pag.45
Vedi anche:
-Mauro Maurri - Deposizione del 26 aprile 1994
-Mauro Maurri - Deposizione del 27 aprile 1994
-Mauro Maurri - Deposizione del 29 aprile 1994
-Mauro Maurri - Deposizione del 3 maggio 1994
-Mauro Maurri - Intervista su La Città - 4 luglio 1982
-Mauro Maurri - Intervista su La Città - 7 agosto 1984

Giovanni Nenci

Il 13 settembre 1983, Giovanni Nenci dichiarò ai carabinieri della stazione del Galluzzo di aver notato vicino al furgone delle vittime, Rusch Uwe Jens e Horst Meyer, una Fiat 128 targata FI di colore rosso. La moglie di Nenci, Teresina Buzzichini, confermò d'aver sentito dal marito della presenza dell'auto ed aggiunse d'aver visto, nelle immediate vicinanze del furgone, una vettura di media cilindrata di colore bianco. Giovanni Nenci è deceduto il 9 agosto 1990.

Giancarlo Menichetti

Guardia Giurata, nel 1983 dopo il delitto di Rusch Uwe Jens e Horst Meyer dichiarò: "Alle ore 9,30-10 di ieri, io c.m., transitando sempre per detta via, notavo nuovamente il furgone al solito posto con le portiere chiuse. Vedevo però che accanto vi era un'auto Fiat 126 di colore bianco, senza scritte e senza portapacchi con il disco limitativo della velocità di Km 80, posto accanto alla targa sul lato sinistro. Mi sembrava che detto mezzo avesse anche la portiera sinistra un pò socchiusa. Non notavo nessuna persona accanto e quindi ho proseguito il mio giro di clienti. Aggiungo che l'auto era parcata con il motore spento, la testa rivolta verso la campagna e posta ad una distanza dal furgone tedesco di 3-4 metri". Davanti al giudice istruttore confermò le dichiarazioni a verbale ed aggiunse che dallo sportello aperto fuoriuscivano degli stracci. Giancarlo Menichetti è morto il 16 ottobre 1998, ucciso dai colpi di fucile sparati dall'ex-collega Lorenzo Boretti che a causa di una grave infermità mentale si convinse che Menichetti fosse il Mostro di Firenze.
Rif.1 - Il Mostro - pag.38
Rif.2 - Il Tirreno - 17 settembre 1999

Un amore all'inferno

Autore: Diego Cugia
Prima edizione : Mondadori Strade blu 2005 - 139p - brossura
Prima edizione : Mondadori Piccola biblioteca Oscar 2006 - 137p - brossura

Dalla presentazione:
Un incontro casuale in un hotel sull'autostrada alle porte di Firenze. Un uomo e una donna soli nella pioggia. Due destini incrociati nella notte, in questa storia talmente vera da sembrare un diabolico racconto. Perché lei, Francesca, è la protagonista di una vicenda di cuore, cronaca e sangue della recente storia di Italia. Otto coppie di giovani amanti cancellate dalla stessa Beretta calibro 22. Perché Francesca è la moglie del giovane medico scomparso nel lago Trasimeno e sarà inevitabilmente la testimone di un nuovo futuro processo al "Mostro di Firenze". Lui è lo scrittore che già conosciamo ed è qui per ascoltare con noi, dal vero, una storia che tutti abbiamo la sensazione di conoscere.

L'avvocato dei diavoli

Autore: Nino Marazzita e Matilde Amorosi
Prima edizione: Rizzoli 2006 - 203pp - rilegato

Dalla presentazione:
Nino Marazzita si è guadagnato il soprannome di "avvocato dei diavoli" per aver difeso alcuni degli autori dei delitti più celebri (ed efferati) della cronaca nera degli ultimi decenni. È l'uomo che ha fatto assolvere Pietro Pacciani dall'accusa di essere il mostro di Firenze, e che ha abbandonato l'incarico di difensore di Donato Bilancia, il serial killer che aveva ucciso diciassette volte, quando costui ha rifiutato di farsi sottoporre a una perizia psichiatrica. Ha difeso Gigliola Guerinoni e Katarina Miroslawa ed era avvocato di parte civile nel processo per il massacro del Circeo in cui fu condannato Angelo Izzo. In questo libro racconta le sue esperienze.

Inviato in galera

Autore: Mario Spezi
Prima edizione: Aliberti 2007 - 256pp - brossura

Dalla presentazione:
Pacciani e i compagni di merende sarebbero innocenti. Un solo uomo l'ha scritto. Ed è stato arrestato."Il più grave abuso contro la libertà di stampa perpetrato in Europa dalla fine della guerra." (The Guardian)"Mario Spezi ha un difetto. E' un giornalista all'antica, convinto che la verità non sia sempre e solo quella delle veline e delle carte ufficiali. E così, facendo il suo mestiere, un giorno si è trovato chiuso in una cella, umiliato, sospettato addirittura di essere una delle menti dei crimini alla cui soluzione ha dedicato tanta parte del suo lavoro. Un incubo, che in questo libro Spezi ci racconta da scrittore di razza. Una giustizia impazzita, ammalata di superficialità e protagonismo, circondata da un sottobosco di mitomani e approfittatori; un carcere dove l'umanità appartiene solo ai «delinquenti»; un mondo dell'informazione dai riflessi troppo spesso appannati dall'abitudine a registrare acriticamente giudizi, decisioni e illazioni del magistrato di turno. Una storia pazzesca, una trama inverosimile e grottesca. Una storia - incredibilmente - tutta vera." (Vittorio Feltri)

Storia delle merende infami

Prima edizione: Maschietto, 2005 - 448p - brossura

Dalla presentazione:
Il titolo fa pensare a una parodia della celebre opera di Alessandro Manzoni. E’ vero che la parola merenda dal significato gradevole che aveva ha assunto con l‘espressione compagni di merende, di cui s’è impadronito il linguaggio dei politici, un plusvalore sinistro, ma il libro non è un pamphlet polemico contro qualcuno o contro uno o più processi. Dopo "Pacciani Innocente", pubblicato nel 1994, l’autore affronta di nuovo la vicenda giudiziaria più longeva della storia processuale per affondare lo sguardo nella contemporanea ‘pratica penale’ italiana. Da un punto di vista storico, innanzitutto, perché si tratta di scoprire che nonostante le dichiarazioni dei legislatori, dei politici, degli studiosi del diritto positivo, i processi penali del Belpaese si nutrono ancora di una linfa nascente dalle radici, cattoliche ed ecclesiastiche, della Santa Inquisizione.I processi che dal 1968 fino a oggi, in un arco di tempo di 36 anni, si sono sviluppati sulla vicenda reale dei delitti del ‘mostro di Firenze’ scoprono una realtà in cui si utilizza un armamentario antico, una macchina difficile da rimodernare, impossibile da aggiustare perché fatta a suo tempo con i pezzi forniti dal solo Stato che abbia mai funzionato da noi, cioè dallo Stato della Chiesa.Il libro non è dunque neppure, o almeno non è soltanto l’analisi di un’’indagine infinita’, ma affonda lo sguardo sulle tracce di una ‘malattia’: il nostro sistema è malato e provinciale, ha detto il Procuratore Generale della Cassazione nel discorso inaugurale dell’anno giudiziario in corso. L’ipotesi delle ‘sette sataniche’ nascondono la ‘banalità del male’, le condanne, che secondo l’autore sono altrettanti errori giudiziari, rappresentano un’applicazione del principio religioso del ‘capro espiatorio’.

Compagni di sangue

Autore: Michele Giuttari e Carlo Lucarelli
Prima edizione : Le Lettere - 1998 - 237p -
Prima edizione : Superbur Saggi -1999 - 240p -

Dalla presentazione:
"Non è vero che un essere come "Hannibal the cannibal" sia soltanto un personaggio creato dalla fantasia di Thomas Harris: esseri come lui si sono macchiati, sulle colline fiorentine, di ben 16 delitti efferati attribuiti al "mostro di Firenze"... La realtà supera sempre la fantasia - è stato scritto - e questo libro è la cronaca puntuale ed esemplare di quelle storie di sangue. Ma siamo proprio sicuri che sia tutto finito? Siamo certi che altre vittime innocenti - condannate, come la precedenti, a un eterno silenzio - non saranno immolate per soddisfare fantasie e desideri inconfessabili e osceni? "Hannibal the cannibal" si aggira tra noi con il volto insignificante di uomini qualsiasi, che possono tornare a colpire in ogni momento... Attenzione! Come avvertono gli autori, i protagonisti di questa storia sono tutti indicati con i loro veri nomi. Questo libro, lucido e agghiacciante come "A sangue freddo" di Truman Capote, è nato dall'incontro di un giallista, Carlo Luccarelli, con Michele Giuttari, il padre dell'inchiesta bis sul 'mostro', che ha condotto le indagini portandole verso la soluzione. Una provincia stupenda e maledetta, l'enigma Pacciani, i 'compagni di merenda' e le loro donne, le diverse piste, le perizie psichiatriche, le ammissioni, le confessioni... Una caccia all'uomo serrata nella quale siamo, di volta in volta, prede e inseguitori. Quando avremo letto le pagine di questo libro sapremo tutto: tranne i pensieri di terrore e di orrore che hanno accompagnato gli ultimi istanti di vita delle vittime."

Dolci colline di sangue

Autore: Douglas Preston e Mario Spezi
Prima edizione: Sonzogno 2006 - 345p - rilegato

Dalla presentazione:
Firenze, 1973. La regista Cinzia Th. Torrini, interessata a realizzare un film sul Mostro di Firenze, contatta il giornalista Mario Spezi che ha seguito fin dall'inizio la terribile catena di omicidi. È appena stata massacrata la quinta coppia e questo fatto scagiona un innocente incarcerato poco prima con l'accusa di essere il serial killer. Il caso perciò si riapre e Spezi partecipa a ogni sua fase, vivendone direttamente i colpi di scena, assistendo in prima persona alle scene efferate... Il libro è un "real thriller", nato dalla penna dello scrittore Douglas Preston e dalla testimonianza di Mario Spezi, giornalista considerato tra i massimi esperti del caso, cui ha dedicato il libro "Il Mostro di Firenze" (Sonzogno, 1983).

giovedì 27 novembre 2008

Il Mostro

Autore: Michele Giuttari
Prima edizione : Rizzoli 2006 - 354p - rilegato
Prima edizione : BUR Narrativa maggio 2007 - 354p - brossura

Dalla presentazione:
Tra il 1974 e il 1985 una serie di atroci delitti sconvolge i dintorni di Firenze: sette coppiette di innamorati vengono massacrate nei luoghi isolati dove si erano appartate. Le indagini seguono diverse piste, poi si concentrano su un contadino, Pietro Pacciani. Le prove raccolte lo fanno condannare all'ergastolo nel 1994, ma non soddisfano il procuratore Pier Luigi Vigna. Michele Giuttari, appena nominato capo della Mobile del capoluogo toscano s'immerge nei faldoni e nei verbali di interrogatorio, indaga, interroga e si convince che la verità è ben diversa da quella stabilita dalla sentenza del tribunale. La storia di un uomo di legge che non si rassegna alle mezze verità e che ha il coraggio di voler fare finalmente piena luce su una delle più sanguinose serie di delitti che hanno sconvolto il nostro paese.

Francoise Walther

Cittadina svizzera, giunse in Italia il 12 aprile 1978. Presso la Camera di Commercio di Firenze risulta la sua iscrizione quale titolare di una impresa individuale con sede in firenze, via di Giogoli, 6 con inizio attività il primo settembre 1978 e data di cessazione il 31 marzo 1980, avente per oggetto "agenzia di commercio per viaggi studio all'estero". Nel 1983 viveva con Rolf Reinecke e la figlia in un appartamento di Villa La Sfacciata in Via di Giogoli 4/6. Interrogata dopo il duplice omicidio di Rusch Uwe Jens e Horst Meyer confermò la versione del compagno ed aggiunse "Il mio sesto senso mi diceva che erano morti e che erano due... pensai che ci potessero essere due morti perchè io sono sensitiva."
Rif.1 - Il mostro, pag. 37

Rolf Reinecke

Imprenditore tedesco, nacque in Germania nel 1937. Il 29 novembre 1958 costituì a Vaiano (PO) una società avente ad oggetto "la lavorazione di carbonizzatura lana e altre lavorazioni tessili". Il 15 giugno 1963 sposò Bartolini Lucia, sorella della moglie del socio con cui intratteneva affari. Dall'unione dei due nacquero tre figli, ...omissis..., nata il 30 settembre 1964, ...omissis..., nata il 29 dicembre 1971 e Marco, nato il 24 luglio 1966. Nei primi anni '80 si era separato dalla moglie ed alloggiava, assieme alla compagna Francoise Walther, in un appartamento a Villa La Sfacciata in Via di Giogoli, 4/6. L'abitazione si trovava vicinissima al luogo in cui persero la vita Rusch Uwe Jens e Horst Meyer. "La sera del sabato 10 settembre 1983, giorno successivo alla commissione del delitto, mentre passava di lì in auto, si era fermato avvicinandosi al furgone: si era allora accorto che vi era un finestrino forato da una pallottola ed all'interno aveva scorto il corpo del ragazzo biondo macchiato di sangue. Il Rolf aveva raccontato che la sera prima, passando dallo stesso luogo, verso le 19/19,30, non aveva visto il furgone, la cui presenza aveva notato invece la mattina dopo: era anche sceso per parlare con i connazionali, anche perchè dalla targa del mezzo gli erano sembrati della sua città, ma mentre si avvicinava, e stava per rivolgersi al ragazzo biondo che aveva visto appoggiato all'interno del furgone nella parte posteriore sinistra, era stato richiamato dal clacson dell'auto di un vicino che aveva trovato la stretta strada di Giogoli ostruita dalla sua auto lasciata in sosta: aveva dovuto quindi tornare indietro e si era allontanato senza accorgersi che gli occupanti del mezzo erano già morti."
La sera stessa del duplice omicidio, fu trattenuto dai carabinieri ed interrogato dai P.M. Vigna e Della Monica, essendo stata effettuata presso la sua abitazione una perquisizione con rinvenimento di armi, tra cui alcune pistole, venne inoltre processato e condannato, il 28 giugno 1985, per omessa denuncia di un fucile e perchè non in possesso di licenza per la collezione di armi. Martelli Martino, proprietario di Villa La Sfacciata con atto del 7 marzo 1984 convenne in giudizio il Reinecke per ottenere il pagamento dei canoni di locazione arretrati non pagati, relativi all'appartamento di via di Giogoli 4/6. Il tribunale civile di Firenze - Sezione II - con sentenza del 19 ottobre 1987 condannò il Reinecke al pagamento della somma di lire 40.000.000 più accessori. Dall'atto di citazione si evince che il Reinecke aveva preso in locazione l'immobile di quattro vani più servizi il 15 marzo 1978. Nel ricorso per sequestro conservativo, depositato dal Martelli il 5 dicembre 1984 si legge: "...sta di fatto che il ricorrente è venuto a sapere che il Reinecke, ospite di tale ...omissis..., è proprietario solo di un'autovettura, intende entro pochi giorni lasciare l'Italia, sottraendosi così all'eventuale soccombenza della causa."
Il 29 giugno 1987 Rolf Reinecke presentò ricorso al Tribunale di Firenze per ottenere lo scioglimento del matrimonio; il Tribunale, con sentenza del 16 novembre 1987 dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Nel 1996 è morto a Bamberg in Germania stroncato da un ictus.
Rif.2 - Sentenza della Corte di Assise dell'1 novembre 1994 contro Pietro Pacciani (testo in corsivo)

Francesco Fiori

Originario di Caprese Michelangelo, in provincia di Arezzo. Dal 1960 al 1969 fu in servizio presso la tenenza dei Carabinieri di Lastra a Signa. Nel 1982, dopo il duplice omicidio di Montespertoli, parlando con l'appuntato Ugo Piattelli, che aveva prestato servizio a Signa, ricordò l'episodio omicidiario in cui avevano perso la vita Barbara Locci e Antonio Lo Bianco avvenuto nel 1968, non tanto per l'arma usata quanto per la circostanza che anche in quell'occasione erano state uccise un uomo ed una donna con colpi di arma da fuoco.
In "Dolci colline di sangue", l'autore, Mario Spezi, indica invece che il giudice istruttore Vincenzo Tricomi, gli riferì che "Arrivò un biglietto anonimo, scritto in stampatello. Anzi, la scritta era su un vecchio ritaglio di giornale che parlava dell'omicidio del '68". Vi si leggeva: "Perché non andate a rivedere il processo di Perugia contro Stefano Mele?" Il ritaglio si è perso e non è mai stato ritrovato.

Rif.1 - Dolci colline di sangue pag.69
Rif.2 - Esame di testimonio senza giuramento del 28 novembre 1986 - Francesco Fiori

martedì 25 novembre 2008

Giovanni Calamosca

Nato a Imola il 23 agosto 1928 era un ex pastore e proprietario terriero. Fu arrestato negli anni '80 per sequestro di persona, nonchè indagato e poi prosciolto poichè sospettato d'essere il "mostro di Firenze". Conobbe Francesco Vinci a San Giovanni in Monti mentre scontava 18 mesi di carcere. Nel 1997, durante il processo contro i cosiddetti "compagni di merende", riferì aver conosciuto anche Pacciani in carcere, che stava scontando la condanna per le violenze alle figlie. Questi, a suo dire gli rivelò essere padre di un figlio maschio avuto dalla prima fidanzata, Miranda Bugli, nei primi anni '60. "Diceva che a differenza delle figlie questo figlio non gli aveva creato problemi, ma non si faceva vivo con lui". La reazione del Pacciani smentì le affermazioni del Calamosca: "Ma che date i numeri al lotto, qui son tutti grulli da manicomio, con la Miranda ci ho fatto all'amore ma poi ci si lasciò per il fatto che la acchiappai con un altro. La dovevo sposare, ma c'è stato il processo, s'è già detto tutto di questo. Un figliolo ma via, s'era vero l'aveva detto lei al processo. Io ci ho fatto l'amore, lei diceva che aveva fatto un aborto, ma non e' mica vero nulla."Durante la deposizione, durata due ore, Calamosca disse inoltre: "Vinci in piu' occasioni mi raccontò che il duplice delitto del '68 lo avevano commesso lui e Stefano Mele". Francesco Vinci, proseguì Calamosca, fu il proprietario della Beretta calibro 22 fino al 1968 quando la cedette ad altri che avrebbero commesso i sette duplici omicidi del Mostro, gli stessi, che nel 1993, lo uccisero poichè ricattati.
Rif.1 - Corriere della sera - 11 Ottobre 1997 - pag.14