Autore: Nino Filastò
Prima edizione: Maschietto, 2005 - 448p - brossura
Dalla presentazione:
Il titolo fa pensare a una parodia della celebre opera di Alessandro Manzoni. E’ vero che la parola merenda dal significato gradevole che aveva ha assunto con l‘espressione compagni di merende, di cui s’è impadronito il linguaggio dei politici, un plusvalore sinistro, ma il libro non è un pamphlet polemico contro qualcuno o contro uno o più processi. Dopo "Pacciani Innocente", pubblicato nel 1994, l’autore affronta di nuovo la vicenda giudiziaria più longeva della storia processuale per affondare lo sguardo nella contemporanea ‘pratica penale’ italiana. Da un punto di vista storico, innanzitutto, perché si tratta di scoprire che nonostante le dichiarazioni dei legislatori, dei politici, degli studiosi del diritto positivo, i processi penali del Belpaese si nutrono ancora di una linfa nascente dalle radici, cattoliche ed ecclesiastiche, della Santa Inquisizione.I processi che dal 1968 fino a oggi, in un arco di tempo di 36 anni, si sono sviluppati sulla vicenda reale dei delitti del ‘mostro di Firenze’ scoprono una realtà in cui si utilizza un armamentario antico, una macchina difficile da rimodernare, impossibile da aggiustare perché fatta a suo tempo con i pezzi forniti dal solo Stato che abbia mai funzionato da noi, cioè dallo Stato della Chiesa.Il libro non è dunque neppure, o almeno non è soltanto l’analisi di un’’indagine infinita’, ma affonda lo sguardo sulle tracce di una ‘malattia’: il nostro sistema è malato e provinciale, ha detto il Procuratore Generale della Cassazione nel discorso inaugurale dell’anno giudiziario in corso. L’ipotesi delle ‘sette sataniche’ nascondono la ‘banalità del male’, le condanne, che secondo l’autore sono altrettanti errori giudiziari, rappresentano un’applicazione del principio religioso del ‘capro espiatorio’.
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