sabato 30 gennaio 2010

Dichiarazioni di Mario Vanni - 25 gennaio 2005 - Quarta parte

All’esito dell’incidente probatorio, del 28 dicembre 2004, i PM decisero di sentire Mario Vanni il 25 gennaio 2005

Segue dalla terza parte.
PM: E da chi siete andati dopo?
MV: Da un’altra.
PM: E quell’altra come si chiamava?
MV: Eh, ce n’è tante di queste donne.
PM: Però volevo sapere dopo l’Elena come si chiamava quella dopo, quella dopo?
MV: Giuliana.
PM: Ah. Quella dopo Giuliana. E com’era?
MV: Bella, anche questa.
PM: E questa chi la conosceva? Come mai andaste dalla Giuliana? Chi la conosceva? Come la conosceste la Giuliana?
MV: Mah. La conosceva il Pacciani.
PM: Anche questa?
MV: Io andai con lui.
PM: E Giuliana dove stava?
MV: Eh?
PM: In che parte stava?
MV: In via Cavour, mi pare.
PM: In via Cavour.
MV: Mha
PM: La Giuliana. A che piano?
MV: Eh, al secondo.
PM: Secondo piano.
PM: Via Cavour, vicino al Duomo.
MV: Sì.
PM: O vicino a Piazza San Marco?
MV: Vicino al Duomo, vicino al Duomo.
PM: E Giuliana come si chiamava di cognome?
MV: Non me lo ricordo.
PM: Ma ci veniva anche il Calamandrei? Veniva anche Calamandrei dalla Giuliana?
MV: Sì, anche lui, anche lui qualche volta. E l’era una bella donna, anche questa, bionda.
PM: Quanti anni avrà avuto?
MV: Era più giovane della Angela.
PM: Anche questa Giuliana era disposta a fare tutti e quattro? Ma quanto spendevate per andare in quattro da questa?
MV: Eh, suppergiù una cinquantina.
PM: Per uno?
MV: Eh.
PM: Quindi voleva duecentomila lire per prendervi tutti e quattro.
MV: Eh, ci credo.
PM: Senta una cosa, siamo tutti uomini, ma il Calamandrei in questa situazione era uno che era un attivo? C’aveva dei problemi? Che guardava e basta?
MV: No, veniva con noi.
PM: Sì, ma con la donna voleva fare qualcosa anche lui?
MV: Sì, sì.
PM: Ho capito. Ma c’era qualcun’altra dopo la Giuliana? Da chi andaste?
MV: No, poi non lo so.
PM: Lei si ricorda questa Elena e questa Giuliana. Quando ha detto la Giuliana stava in via Cavour vicino al Duomo... e invece l’Elena rispetto a via Cavour da che parte stava?
MV: Ah, non lo so ora.
PM: Vicino? Vicino?
MV: Mah.
PM: Ma il Pacciani come la conosceva? Ci andava anche con qualcun altro?
MV: Sì.
PM: Con chi ci andava?
MV: Con il Lotti.
PM: Ho capito. Il Pucci ce l’avete mai portato a prostitute insieme con il Calamandrei?
MV: No, lui non è mai venuto.
PM: Non sa mica che fine hanno fatto queste prostitute?
MV: No.
PM: Sa mica per caso se sono morte?
MV: No, io non credo, poi...
PM: No, perché sa, a Firenze dicevano che in quegli anni ammazzavano le prostitute.
MV: Ma non erano gli anni ‘64, eh?
PM: Queste due qui quindi erano più grandi di lei, era più giovane?
MV: Più giovane, io ero più giovane.
PM: Era il più giovane?
MV: Sì.
PM: Ma quando andavate da queste c’era anche altra gente? Gli telefonavate?
MV: No, gli si telefonava, ci si sentiva.
PM: Voi quattro?
MV: Eh.
PM: In quella via Cavour.
MV: Sì.
PM: Al piano secondo.
MV: Secondo, secondo. Si saliva poco.
PM: Queste donne però non avrebbero.., noi avremmo bisogno di capire qualcosa di più, perché noi crediamo che lei dica la verità, però capisce, ci farebbe comodo capire chi sono, per chiedergli se si ricordano... Avevano un soprannome?
MV: No.
PM: No, ma m’ha detto... com’era? Bersagliera? Una bersagliera?
Avvocato Filastò: Nel senso che era, dott. Canessa, una bella donna, arrapata, arrabbiata... Sapeva come fare, era attrezzata.
PM: Se noi la volta che andiamo a vedere la casa della Giuliana la portiamo, lei ci sa indicare anche dove stava l’Elena o no?
MV: Sì.
PM: Erano vicine parecchio?
MV: Eh, parecchio.
PM: L’Elena a che piano stava?
MV: Al secondo.
PM: Ah, l’Elena. Erano vicine parecchio?
MV: Eh, parecchio. L’Elena stava al secondo piano.
PM: Ma perché, scusi il Calamandrei voleva venire con voi a prostitute? Perché non ci andava da solo?
MV: Mah, e voleva venire con noi.
PM: Lo disse lui?
MV: Sì.
PM: I figlioli ce li aveva? Erano piccini o erano già grandi?
MV: Eran piccini.
PM: Si ricorda se ha avuto sempre la stessa macchina o se cambiava macchina, a volte, quando siete andati?
MV: Mah, io ho sempre visto la solita.
PM: Con quella rossa?
MV: Eh.
PM: Sicché quando facevate questi viaggetti a Firenze col farmacista, era il periodo che questi ragazzi erano ragazzini?
MV: Sì, sì.
PM: Andavano a scuola? Cioè, che età avevano, potevano avere?
MV: Mah, ora...
PM: Dieci anni? Quindici anni? Tre anni?
MV: No, una decina d’anni.
PM: Eppure è strano che ha vo luto venire con voi il Calamandrei, no? Come mai? E come... come lo cominciò il discorso?
MV: Come?
PM: Il Calamandrei com’è che vi disse? Voglio venire con voi a prostitute?
MV: No, disse “vengo anch’io”. La venga, la venga, gli si rispose noi.
PM: Pacciani fu d’accordo subito a portare anche il Calamandrei?
MV: Sì, sì.
PM: Lo propose lei, Vanni?
MV: Sì.

venerdì 29 gennaio 2010

Giancarla Sogaro

Moglie di Massimo Spagnoli e zia di Francesca, vedova Narducci. Fin dagli anni '60 aveva frequentato la famiglia Narducci: Ugo Narducci, padre di Francesco, era stato il suo ginecologo e Lisetta Valeri, la madre, era stata spesso sua compagna di bridge. Le due famiglie avevano inoltre trascorso assieme diverse vacanze estive a Cortina. Riferì: "Francesco era un ragazzo molto esuberante e scherzoso. Ricordo che organizzava sempre degli scherzi, come quando ricoprì di carta igienica i corrimano dell'albergo Miramonti.(...) Francesco si innamorò follemente di una certa Mecaui ma la madre osteggiò questo rapporto ritenendo la ragazza di condizioni sociali inferiori alle sue aspettative e non trovando opportuna la maggiore età di lei rispetto a Francesco. Improvvisamente, un giorno, venimmo a sapere che Francesca, mia nipote, si era fidanzata con Francesco Narducci.(...) Andarono in viaggio di nozze in un'isola caraibica ma, appena tornati, Francesco partì subito per gli Stati Uniti, dove si trattenne per circa otto mesi. La cosa mi sorprese molto, non riuscivo a capire come potesse andarsene così a breve distanza dal matrimonio, lasciando da sola la giovane moglie. In quell'anno, a Natale, Francesca ed Elisabetta andarono a trovarlo in America, ma non tutto era perfettamente chiaro." Su Francesco Narducci giravano voci riguardo la sua presunta infedeltà coniugale; Federica Spagnoli, figlia della Sogaro, disse di averlo incontrato, più volte, in compagnia di altre donne mentre la moglie era al mare. "Francesca non sospettava di nulla, era talmente ingenua e credulona nei confronti di Francesco" dichiarò la zia.
Rif.1 - La strana morte del dr.Narducci p.13
Nella foto Francesca Spagnoli

giovedì 28 gennaio 2010

Andrea Gramigni

Avvocato, assieme a Giuliano Lastraioli, di Enzo Spalletti. Il 18 luglio 1981, un mese dopo l'arresto del suo assistito, dichiarò al quotidiano "La Nazione": "Non bisogna confondere due situazioni. Esiste il problema della verifica delle dichiarazioni di Enzo Spalletti, dichiarazioni sconcertanti e poi esiste il problema di individuare l'assassino che io ritengo non essere lo Spalletti. Le sue dichiarazioni sono poi contraddittorie fino a un certo punto perchè possono essere inquadrate in una certa prospettiva. Per quanto riguarda il delitto non esistono prove oggettive contro di lui. Spalletti è una persona moralmente discutibile, però è molto attaccato alla famiglia e non è certo un assassino."
Il 23 ottobre 1981, dopo il duplice omicidio di Susanna Cambi e Stefano Baldi, dichiarò al quotidiano "Paese Sera": "E' mostruoso aver dovuto aspettare la morte di altri due poveri ragazzi per dimostrare che Spalletti non ha commesso l'omicidio di Scandicci. Al più tardi lunedì presenteremo istanza di scarcerazione per assoluta mancanza di indizi nei suoi confronti. Spalletti ha sempre sostenuto di essere innocente, nemmeno nel corso degli interrogatori più estenuanti ha mai avuto un cedimento su questo argomento. Ha spiegato minuto per minuto che cosa ha fatto la notte del 6 giugno e non esiste nessuna prova oggettiva che lo inchiodi al capo d'accusa che gli è stato contestato. La stessa perizia sui cadaveri ha dimostrato che le sevizie sul corpo della ragazza furono fatte con uno strumento di precisione usato da una mano competente che Spalletti non ha. Eppoi lui non ha mai posseduto nè ricettato una qualsiasi pistola, nè è stato trovato uno straccio di testimone che abbia dichiarato il contrario o semplicemente che lo abbia visto sparare una sola volta. Quali motivazioni avrebbe avuto? Nessuna. Si poteva pensare che Spalletti fosse pazzo, ma non lo è. Si poteva pensare a un delitto per vendetta, ma ora questo nuovo delitto dimostra che chi uccide non lo fa assolutamente per questo. Spalletti vide l'assassino e ne fu minacciato? Ha taciuto contando su un nuovo delitto che lo scagionasse? Secondo me sono falsi problemi, ipotesi che non reggono neanche un pò. Il fatto è che negli ultimi venti anni a Firenze l'omicidio è il delitto che più ha pagato perchè quasi sempre è rimasto impunito. E a dimostrarlo c'è una casistica lunga come un treno."
Rif.1 - La Nazione - 18 luglio 1981 pag.8
Rif.2 - Paese Sera - 24 ottobre 1981 pag.7

mercoledì 27 gennaio 2010

Luigi Napoleoni

Ex capo della squadra mobile di Perugia. Nel 1985, svolse, senza informare il suo diretto superiore, Alberto Speroni, alcune indagini sul Mostro di Firenze. Della sua attività non vi è traccia nei rapporti di servizio ma la Questura perugina scoprì che nel settembre 1985 si recò a San Casciano e poi a Firenze, alla ricerca di un appartamento locato da Narducci. In Questura fu trovato un foglio relativo a questa indagine datato 30 settembre 1985 su cui era annotato: "mostro di Firenze — ufficio postale — bar Jolly — via stretta — città — seduto fuori — colore di capelli casta ni — occhi — occhiali scuri — vestito maglietta bianca , blu jeans — un po’ di barba — niente orologi — bracciale". Sull’altro lato del foglio c’è scritto: "Timberland — solo al bar — soldi dove sono — in tasca della maglietta". E di traverso: "Jach’ò (discoteca "Jackie'O"? n.d.r.) — no macchina—sembra che... lettere sigillate pubblico presente — raccomandata — occhiali nel cassetto dell’ufficio pistola — soldi in barca... ore 14... finire il suo lavoro... 21.00 oggi pizzeria in taxi (Fi)... telo marrone mancante in una casa disabitata lontana dall’... taxi colore azzurro." L'8 settembre 1985, dopo il duplice omicidio di Nadine Mauriot e Jean Michel Kravechvili, la squadra di Napoleoni svolse indagini a Foligno, dalle ore 18:00 alle 20:00 e dalle ore 22:00 alle 04:00 del mattino e dalle 17:00 alle 20:00 del giorno 9. Dai "Prospetti di lavoro straordinario", archiviati in Questura, emerge che l'8 ottobre 1985, Luigi Napoleoni, registrò "due ore di straordinario (ore 21/23) per indagini a Foligno sul mostro di Firenze". Altre 19 ore furono segnate nei giorni successivi, dai collaboratori dell'ispettore, per "ricerche per la scomparsa di Francesco Narducci" e per "indagini relative al mostro di Firenze". Il 15 ottobre 1985, quando ebbero luogo i funerali di Francesco Narducci, fu svolto "un servizio riservato nella città di Foligno". Il 25 gennaio del 2002, dinanzi al PM Mignini, dichiarò: "La notte tra l’8 e il 9 ottobre 1985, venni informato dal questore Trio di recarmi subito nei pressi del lago Trasimeno in quanto era scomparso il dr. Narducci Francesco. Rimasi sorpreso da questa chiamata perché il questore avrebbe dovuto, a mio avviso, avvisare prima il dirigente dr. Speroni... Durante i tre giorni in cui rimasi sempre al lago, chiesi al questore di poter interrogare la moglie e i familiari, e comunque di effettuare gli accertamenti approfonditi ma il questore mi ripeteva che non erano necessari perché tanto si trattava di una disgrazia. Ciò avvenne prima ancora che fosse rinvenuto il cadavere. Il giorno del ritrovamento, che era di domenica, fui avvertito dalla sala operativa che era stato rinvenuto un cadavere nel lago Trasimeno; immaginando che si trattasse del Narducci, insieme all’agente Antonio Tardioli andai sul posto... Ricordo che il cadavere era gonfio e di colore marrone scuro, un po’ saponato. Ricordo anche che, dopo il ritrovamento del cadavere, non ricordo con precisione quando, andai a Firenze nell’abitazione che poteva essere stata utilizzata dal dr. Francesco Narducci per ricercare parti di corpo femminili sotto alcool e sotto formalina; non ricordo l’ubicazione dell’appartamento, ricordo solo che si trattava di una costruzione non recente a più piani, non ricordo se relativa ad un condominio. Non ricordo neppure la zona dove si trovava l'abitazione; a me sembra, ma non ne sono sicuro, che siamo entrati dentro Firenze. Di quella casa ho un solo ricordo, di un corridoio, ma non ricordo chi mi ci mandò né con chi fossi, probabilmente con un collaboratore della squadra mobile. Le ricerche dettero esito negativo".
Nel giugno 2002, riferì: "Andammo a Firenze e individuammo la strada, ricordo che entrammo in un appartamento con un corridoio lungo. Non ricordo nemmeno se chiedemmo aiuto alla mobile fiorentina o avvisammo l’autorità giudiziaria, come si fa in questi casi".
Il 22 gennaio 2004 fu intercettato telefonicamente. Alla figlia Monica, relativamente a Francesco Calamandrei, riferì: "...Fa parte di una setta esoterica, lui è uno di quelli che mandava... E poi sembra che 'sto Narducci fosse colui il quale, questo lo dico io, teneva i macabri resti delle donne uccise eccetera... Poi a un certo momento sicuramente questo forse voleva uscire dal giro e l'hanno amma... Insomma, il mandante anche dell'omicidio di Narducci... quando esce fuori Trio...".
È deceduto il 20 agosto 2017, a 87 anni, dopo una breve malattia.
Rif.1 - La strana morte del Dr Narducci pag.38
Rif.2 - Il mostro pag.301

martedì 26 gennaio 2010

Sette sataniche

Autori: Moreno Fiori, Ruben De Luca, Vincenzo M. Mastronardi
Prima edizione: Newton Compton - 2006 - 448pp - brossurato

Dalla presentazione: Quando si parla di satanismo di solito lo si fa generando un notevole grado di confusione, perché si tende a enfatizzare gli aspetti più spettacolari, omettendo o minimizzando quelli più "privati", che poi sono anche quelli più autentici. Secondo i resoconti della maggior parte dei mezzi d'informazione, quasi tutte le sette sarebbero "sataniche" e commetterebbero crimini orripilanti. La funzione principale di questo libro è quella di evitare le generalizzazioni e separare i fatti dalla mitologia. Esistono individui che violentano, torturano e uccidono "in nome del diavolo" ma, spesso, si tratta di soggetti che utilizzano il satanismo come pretesto o come giustificazione per motivare delle azioni originate da una patologia mentale personale. L'indagine condotta dagli autori è strutturata sulla scorta delle richieste rivolte loro dai mass-media relativamente a scottanti tematiche di attualità quali il fenomeno delle sette sataniche dopo l'ultimo caso delle "Bestie di Satana" o gli ulteriori sviluppi delle indagini sul Mostro di Firenze, che portano ad attribuire la responsabilità dei delitti delle coppie a un'ipotetica setta esoterico-massonica.

lunedì 25 gennaio 2010

Mario Rotella - Intervista su La Città - 27 gennaio 1984

"Il giudice istruttore, riesaminando gli atti del procedimento del '68 e quelli già compiuti nel corso di questa istruttoria, a seguito di indagini svolte dai Carabinieri del gruppo di Firenze e particolarmente dal nucleo operativo, conseguiti nuovi e consistenti elementi probatori culminanti in atti istruttori di testimonianza e di confronto, ed acquisito nel corso di perquisizioni operate dagli stessi carabinieri materiale assai rilevante per lo sviluppo ulteriore delle indagini, nonchè atti istruttori di nuove contestazioni, ha deciso su parere favorevole del pubblico ministero l'immediata scarcerazione, se non detenuto per altra causa di Francesco Vinci e su richiesta del medesimo ufficio la cattura di due persone prossime al Mele, per gli stessi reati già contestati al Vinci." Con questa dichiarazione il giudice istruttore Mario Rotella il 26 gennaio 1984 detta una svolta alle indagini. Il quotidiano La Città, a seguito della conferenza stampa, pubblicò l'intervista che segue.
Come si è arrivati alla svolta?
L'istruttoria si è sviluppata in questi mesi, piano piano samo arrivati al punto chiave: Mele mentiva. Perchè? Per esclusione, si è arrivati a stabilire che Mele mentiva per ragioni assai prossime ai suoi interessi personali. Copriva i suoi parenti. Esisteva già qualcosa nel processo nel '68 ma non fu valutato perchè, non dimentichiamo, il Mele fu condannato per calunnia.
La chiave delle indagini?
Sta tutta nel '68. Oggi si è solo riscontrato quello che traspariva dagli atti di quel processo. Mele non ha più cambiato versione perchè la cosa avrebbe potuto danneggiare i suoi familiari.
Gli altri delitti del "mostro"?
Esiste qualcuno che successivamente ha reiterato il duplice omicidio del '68. Il paradigma di questa lunga serie di delitti è Signa, nel '68 il mostro non esiste come concetto.
Giovanni Mele e Piero Mucciarini: siamo davanti a due maniaci?
Non voglio dire una cosa del genere, assolutamente, nè in un senso, nè nell'altro.
La calibro 22?
Non è stata trovata, altrimenti ve lo avrei già detto. Ci sono però delle prove inequivocabili. La noce del problema è già stata individuata, si va avanti un passo alla volta.
Quali sono queste prove?
Non ve lo posso dire ma sono inequivocabili.
Ha agito una persona sola o due?
La persona o le persone? E' come giocare a poker: abbiamo delle carte in mano, aspettiamo. Il primo delitto, nel '68, è stato sicuramente commesso da più persone. Per gli altri, aspettiamo i risultati ufficiali delle perizie già disposte. Non voglio dire quello che penso a proposito.
Erano mai stati sentiti in precedenza i due arrestati?
Si, dal giudice Tricomi, come testimoni. Io prima ho interrogato uno e poi l'altro, e alla fine degli interrogatori ho contestato ad entrambi i mandati di cattura.
Perchè la pistola ha colpito con un intervallo prima così lungo e poi breve: sei anni dal '68 al '74, sei anni dal '74 all '81 e altre quattro volte in breve tempo?
Direi per ragioni di cautela prima, perchè quella calibro 22 non doveva sparare a poco tempo dal '68 prima e dal '74 dopo e in un secondo tempo si deve essere scatenato in chi ha ucciso un senso di impunità che lo ha rassicurato. Ma le indagini sono in corso, non posso dirvi di più.
Il confronto Mele-Vinci di martedì 17 è stato decisivo?
E' stato importante soltanto perchè ha segnato una rottura psicologica, ma gli elementi erano già stati acquisiti.
L'omicidio di Lucca?
Non mi risulta che faccia parte di questo processo, o almeno posso dire che non ho scatenato niente di importante.
Per il '68, aveva ragione il figlio di Stefano Mele, Natalino, quando disse che la notte del delitto, lui che era in macchina insieme alla mamma e all'amante, aveva visto lo zio.
Il bambino era depositario di una verità che oggi ha trovato dei riscontri. Ora tutto va valutato e pesato e sono in grado di farlo grazie all'egregio lavoro svolto dal giudice che mi ha preceduto in questa inchiesta.
Aspetta una confessione dei due uomini arrestati mercoledì?
La confessione non è necessaria, la considero un atto religioso. I processi si fanno su altre cose.
Rif.1 -La Città - 27 gennaio 1984 pag.6

sabato 23 gennaio 2010

Dichiarazioni di Mario Vanni - 25 gennaio 2005 - Terza parte

All’esito dell’incidente probatorio, del 28 dicembre 2004, i PM decisero di sentire Mario Vanni il 25 gennaio 2005

Segue dalla seconda parte.
PM: Le ho chiesto se per caso il Calamandrei era alla ricerca di qualche... può capitare, era separato, aveva dei problemi con la moglie, cercava qualche... voleva venire con voi a qualche prostituta, eh? Che tanto l’avete detto andavate a prostitute. Forse voleva venire anche il Calamandrei con voi?
MV: Mah.
PM: Eh?
MV: Icché gli ho a dire?
PM: No, se è così me lo dica.
MV: Mh.
PM: E’ così?
MV: Sì.
PM: Voleva andare da qualche prostituta?
MV: Mh.
PM: E da chi?
MV: Mh.
PM: Vuol dire si? Sennò non si capisce.
MV: Sì.
PM: E voi da chi lo portaste? A Firenze o lì?
MV: A Firenze.
PM: E non ci poteva andare da solo? Perché voleva venire?
MV: ...
PM: E da chi andaste? Se lo ricorda?
MV: No, non me lo ricordo ora.
PM - Dottor Crini: C’era da dire su questo, se lo ricorderà lei, da chi andava?
PM: Anche perché l’avete detto da chi andavate, quindi se veniva anche il Calamandrei, si ricorda da chi andavate? In centro a Firenze?
MV: Sì, a Firenze.
PM: A Firenze. Ma la sera o la domenica, il sabato? Quando ci andavate?
MV: A settimana.
PM: E veniva anche Lotti? E andavate in macchina del Calamandrei?
MV: Sì.
PM: Mh. Che macchina aveva?
MV: Mah, una bella macchina.
PM: Di che colore?
MV: Una Ferrari.
PM: Ma era una macchina grande?
MV: Eh.
PM: Ma lei ha detto una Ferrari tanto per dire? C’aveva una macchina proprio Ferrari?
MV: Eh, c’aveva una macchina bella.
PM: Ma c’aveva anche una macchina sul colore verdolino, verde? Ce l’aveva?
MV: Ma, quello ‘un lo so.
PM: E dove andavate voi? Voi quattro e basta?
MV: No, solo noi.
PM: E chi... e guidava sempre il Calamandrei?
MV: Io la macchina non la so mandare.
PM: E andavate dalle prostitute?
MV: Mh.
PM: Ma il Calamandrei era uno che gli piaceva andare insieme, tutti insieme, nella camera, a prostitute?
MV: Sì...sì...no.
PM: Ma pagava il Calamandrei? O ognuno pagava il suo?
MV: Ognuno il suo.
PM: Ah. Non era nemmeno tanta generoso.
MV: Si capisce.
PM: Ma dov’era? Era sempre la stessa? Perché... perché ce n’era una brava che vi andava bene a tutti e quattro?
MV: Sì. Ce n’era una... Una brava, sì.
PM: E chi... e chi era questa? Dove stava?
MV: A Firenze.
PM - Dottor Canessa: Volevo sapere chi era questa, perché sa, se ci andavate doveva essere una particolarmente disponibile a fare una cosa in quattro. E’ così?
MV: Eh, bella.
PM: Come si chiamava?
MV: Elena.
PM: Elena, le pare. Ma la conoscevate... lei, voi? O la conosceva lui?
MV: Non la conosceva.
PM: Ce l’avete portato voi?
MV: Sì.
PM: Eh, lo so che non è piacevole, però è così. Da che parte della città stava?
MV: Eh.
PM: Dove la stava questa donna?
MV: Quasi in centro, vicino al centro.
PM: Vicino al Duomo?
MV: Sì, bravo, l’era il Duomo, vicino al Duomo.
PM: C’aveva casa da sola? Eh, lo so, è da ridere, mi fa ridere anche me, ma io non posso.
MV: Sì, sì.
PM: Elena, ha detto?
MV: Mi pare.
PM: Si ricorda il cognome?
MV: No, il cognome no.
PM: Quanti anni l’aveva? Ha detto era bella, era giovane.
MV: Una quarantina.
PM: Una quarantina?
MV: Una quarantina boni, sì, sì.
PM: Bionda? O si tingeva?
MV: No, no, era bionda, era ben messa...
PM: E riusciva... ...a tenervi tutti?
MV: Eh, ha voglia!
PM: Tutti insieme?
MV: Eh, sì.
PM: Vanni, oh, e glielo chiedo perché ci andava lei a trovarla, non si meravigli.
MV: Era una bersagliera.
PM: E in questa casa voi ci andavate di sera o di pomeriggio?
MV: Mah, all’ora di sera.
PM: Di sera. Dopo che lui aveva chiuso la farmacia?
MV: Dopo desinato.
PM: No, dopo desinato o dopo cena?
MV: La cena.
PM: Ah, la sera, al buio.
MV: Eh.
PM: Ma quando ce l’avete portato la prima volta l’indirizzo come gliel’ave te dato? Al Duomo, come avete trovato la casa? Voi ci andavate già?
MV: Sì.
PM: In che epoca siamo? Lei quanti anni aveva quando questa donna aveva quarant’anni?
MV: Erano sui trentasette.
PM: Ah era giovane. Quindi si trattava di una trentina d’anni fa?
MV: Eh, mi sembra, suppergiù.
PM: Diceva quaranta, mi pare, vero? Gli anni della prostituta?
MV: Eh, così.
PM: Quindi a trentasett’anni, se è così.
MV: Eh, beh.
PM: E’ un po’ di tempo. Perché? E avete cambiato?
MV: Sì.

venerdì 22 gennaio 2010

Vito De Nuccio

Padre di Carmela De Nuccio. Da Nardò, in provincia di Lecce, nel 1970 si trasferì con la famiglia a San Giusto, in via del Ponte a Greve, 20. Di profesione faceva il pellettiere per Gucci.
Il 7 giugno 1981, il giorno successivo all'omicidio della figlia, riferì ad Aldo Villani, un giornalista del quotidiano "Paese Sera": "Sabato sera erano qui a cena, erano fidanzati da due, tre mesi, sarà stata la terza volta che il ragazzo veniva da noi, avevamo conosciuto la famiglia di Giovanni e loro, prima di venire da noi, gli avevano chiesto se era proprio sicuro, sa, aveva avuto un'altra ragazza e tutto era finito, i genitori volevano che fosse proprio sicuro prima di impegnarsi. Saranno state le dieci, dieci e un quarto quando sono usciti di casa per andare a comprare un gelato, sarebbero rientrati presto. Carmela però non si vedeva, ho passeggiato su e giù in casa, poi alle cinque mi sono addormentato, alle 7,00 mi hanno svegliato i genitori di Giovanni, anche loro erano preoccupati. Non so chi possa aver commesso questa disgrazia, non saprei proprio, Carmela aveva avuto un altro ragazzo (Antonio Leone, fornaio a Scandicci n.d.r.), lui voleva tornare con lei, la seguiva, la fermava, la trattava con brutte parole. Una volta alla fermata del pullman la prese per un braccio e la strattonò. Carmela voleva denunciarlo ai carabinieri ma noi l'abbiamo sempre evitato."
Rif.1 - Paese Sera - 7 giugno 1981

giovedì 21 gennaio 2010

Pia Gilda Rontini

Nacque a Copenaghen il 26 maggio 1966 da Winnie Kristensen e Renzo Rontini. Abitava con i genitori e la sorellastra, Marzia, a Vicchio (Fi), dove la famiglia Rontini viveva da generazioni. Il nonno, Ferruccio, era un celebre pittore post-macchiaiolo amico di Modigliani. Nei primi anni '80 aveva iniziato a frequentare come majorette la "Vicchio Folk Band", la banda musicale del paese. Diplomatasi all'istituto di lingue, dal gennaio al maggio 1984, aveva frequentato una scuola di cucina in Danimarca, dove aveva conosciuto l'amica di famiglia, Ingrid Von Pflugk Harttung. Dal primo luglio lavorava al bar "La nuova spiaggia" nel Viale Beato Angelico a Vicchio. In un'intervista al quotidiano La Città, del primo agosto 1984, i genitori di Pia raccontarono la domenica del 30 luglio 1984, in cui la figlia fu uccisa con il fidanzato Claudio Stefanacci: "Lui era stato il suo primo ragazzo, - ci dice Renzo Rontini - si conoscevano da bambini, erano due cuccioli fedelissimi, puntualissimi. Quella domenica andò a lavorare la mattina, poi tornò al bar alle 17,00 per restarci fino alla chiusura, verso mezzanotte, l'una. Ma poco dopo le 20 il padrone del bar la mandò a casa dicendole che non aveva bisogno di lei. Alle 20,30 era a casa, cenò con mia moglie. Non aveva intenzione di uscire, - aggiunge la signora Winnie - fui io a dirle di andare un pò fuori e così alle 21 uscì, dicendomi che sarebbe tornata dopo un'ora. Fu verso le 23 che cominciai a preoccuparmi e andai in piazza Giotto per vedere di incontrare la signora Stefanacci per sapere il motivo del ritardo..."
Rif.1 - La Città - 01 agosto 1984 pag.

mercoledì 20 gennaio 2010

Elisabetta Beveridge

Madre di Violante Pieri. L'11 settembre 2003, in merito a Mario Robert Parker dichiarò: "Era il mio figlio adottivo, sin da quando aveva quindici anni. Per sette anni ha vissuto con me in via Benedetto Fortini n. 6 a Firenze, in una dependance della mia villa. Poi quando nel 1981 /1982 ho venduto la villa a tale Ferretti, Bob andò a vivere a Milano, credo per tre o quattro anni, dove lavorava per Prada e per Gucci sicuramente. Negli ultimi due anni di vita tornò a Firenze lavorando per Gucci ed andò ad abitare in via dei Serragli. Durante gli anni in cui Bob ha vissuto a Milano è capitato che io sia andata a trovarlo, come è capitato che lui sia venuto a trovarmi ed io l’ospitavo oppure andava a Livorno dai suoi genitori. L’ultima estate è stato con me ospite nella mia casa di Positano. In pratica Bob era per me uno di famiglia. Non mi risultano assolutamente altre abitazioni di Bob a Firenze, in questo caso lo avrei sicuramente saputo dato il rapporto che avevo con lui. (...) So che aveva un’amicizia a Grosseto di un ragazzo che è morto anni prima di lui ed un altro amico, anche lui italo-americano, che morì in un incidente con la moto, circa dieci anni fa. Anche questo italo-americano era alto come Bob, uno splendido ragazzo. Studiava per dentista." Circa la frequentazione del Parker di ville vicino a Firenze, nella zona di Scandicci o Impruneta riferiva: "Lo escludo perché ero io che conoscevo un po’ tutti e quindi anche le persone che frequentava Bob. In pratica Bob me lo portavo dietro io. L'unica cosa che conosco che Bob fece senza di me fu una sua partecipazione ad una festa del famoso Gelli. Mi disse che lui conosceva la figlia ed era stato invitato. Mi raccontò che era una cosa da morire dalla risate perché si trattava di gente bussa, nel senso che non erano signori; in pratica per lui erano stati dei cafoni." Sull'auto posseduta dal Parker dichiarava: "Non ricordo che macchina avesse Bob in quegli anni, ma comunque non si trattava di una macchina di lusso. E so che era una macchina normale e gli è stata rubata a Milano. Non mi risulta che Bob avesse in uso una Fiat 126 di colore bianco e ne io l’ho visto mai con un auto simile. Anzi a me sembra impossibile che potesse guidarla perché era molto alto, quasi due metri." Gli inquirenti le fecero presente che risultava agli atti che il Parker nel 1983 utilizzava una Fiat 126, notata in via di Giogoli nei pressi della villa La Sfacciata, al che rispondeva: "Faccio presente di essere andata spesso alla villa dei Martelli, essendo amica di tutti i proprietari. Sono stata spesso al ristorante Giogoli che appartiene alla villa, gestito da uno dei nipoti del Martelli che credo si chiamasse ...omissis... All’epoca era di moda frequentare quel ristorante e può essere capitato che qualche volta ci sia stato Bob con gli amici della moda, io non ci sono mai stata con Bob." Le fu chiesto se fosse a conoscenza di una abitazione del Parker presso Villa La Sfacciata, dichiarò: "Assolutamente no. Mai. Lo escludo perché in questo caso l’avrei sicuramente saputo. Bob ripeto che per me era come un figlio e me ne avrebbe pariato. Dovete sapere che quando è ritornato a Firenze per lavorare da Gucci l’ho aiutato a cercar casa e poi è stato lui ad averla trovata in via dei Serragli. Questa casa l’ho visitata anch’io. Non è possibile che abbia abitato in quella zona perché, come ho spiegato, dopo che è andato via dalla mia casa di via Fortini nel 1981/1982, andò prima a Livorno e poi a lavorare a Milano, dove andai a trovarlo. Ripeto che Bob ha vissuto con me circa 7 anni e poi è andato a Milano. Se controllassi le foto e la data di vendita della villa potrei essere più precisa... Bob vestiva sempre elegantissimo e talvolta indossava anche un cappello tipo Borsalino non sempre, ma ricordo che lo portava."
Rif.1 - Sentenza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze contro Francesco Calamandrei del 21 maggio 2008

martedì 19 gennaio 2010

Le mani occulte

Autore: Aldo Buonaiuto
Prima edizione: Città nuova - 2005 - 184pp - brossurato

Dalla presentazione: Spiritismo, messe nere, sette sataniche, fenomeni paranormali, il maleficio, la fattura, guru e santoni: l'occultismo, con le sue molteplici e sfuggenti manifestazioni, i suoi tentacoli sempre pericolosi, è un fenomeno che sta conoscendo una preoccupante diffusione nel nostro paese, se è vero che proprio gli italiani sarebbero i maggiori acquirenti al mondo di libri di magia nera. Approfittando della crisi delle religioni storiche e del clima di relativismo etico nel quale viviamo, il satanismo fa leva sulla fragilità, lo smarrimento interiore e l'ignoranza delle persone, soprattutto tra le giovani generazioni, per diffondere una cultura di morte, di odio e di sangue. Permane ancora molta confusione nell'opinione pubblica nel riconoscere nelle sette sataniche vere e proprie organizzazioni criminali che hanno come principale obiettivo l'attacco e la distruzione della Chiesa cattolica. Con l'intento dunque di fare chiarezza, don Aldo Buonaiuto - da anni coordinatore del Numero Verde servizio anti sette occulte, ausiliare di polizia giudiziaria e consulente tecnico della Magistratura - affronta l'argomento ne Le mani occulte, viaggio nel mondo del satanismo. Il libro, con una struttura equilibrata e un linguaggio divulgativo, ripercorre nella prima parte la storia del satanismo nelle sue diverse forme e manifestazioni, dalla magia alla stregoneria, dallo spiritismo al cannibalismo e al vampirismo; fa luce quindi sulla diffusione delle sette sataniche in Italia, spiegando le ragioni del dilagare del fenomeno, le modalità del reclutamento degli adepti, il legame con la New Age e l'hard rock, e ripercorre alcuni episodi di cronaca per i quali alcuni avanzano ipotesi di collegamenti con le sette sataniche: la vicenda del mostro di Firenze, l'omicidio di Samuele di Cogne, i delitti della Bestie di Satana e la storia degli Angeli di Sodoma. Nella terza parte infine riporta la posizione del magistero della Chiesa cattolica sull'argomento. Un libro sospeso tra la cronaca e l'analisi socio-religiosa, tra la denuncia e la ricerca delle radici profonde di questo fenomeno; un'inchiesta appassionante e dolorosa che ci fa riflettere sulle fragilità di questo nostro mondo che, mentre cerca di abbandonare Dio, va alla ricerca di qualche suo improbabile, e quasi sempre violento e inquietante, surrogato : con queste parole Giuseppe De Carli, responsabile della struttura Rai Vaticano, ha introdotto la presentazione del libro, che si è tenuta a Roma il 31 maggio presso la libreria Mondadori Trevi e ha visto la partecipazione di don Oreste Benzi, fondatore e presidente dell'Associazione Papa Giovanni XXIII, Giuseppe Ferrari, segretario nazionale del Gris (Gruppo di ricerca e informazione socio-religiosa), e l'on. Massimo Grillo, impegnato in un progetto di legge sulle sette sataniche. La voce dell'esperienza, il contributo della ricerca, l'impegno dello stato, quindi, per mettere a fuoco una realtà preoccupante, stando ai numerosi episodi di cronaca nera - dal delitto delle Bestie di Satana, fino al recentissimo omicidio di un liceale palermitano segnato dal marchio 666 dei satanisti - di cui sempre più spesso i mass media sono costretti a occuparsi. Come affrontare questo fenomeno? Nel suo intervento Ferrari sostiene la necessità di un triplice intervento per una risposta autentica e valida: culturale, attraverso l'istituzione di cattedre e corsi universitari e una informazione corretta e intellettualmente onesta, in grado di favorire uno spirito critico e disincantato; sociale, attraverso una maggiore attenzione delle strutture pubbliche, in particolare politiche, al mondo delle sette; pastorale, attraverso l'impegno della chiesa nel farsi carico delle sofferenze spirituali e morali, a volte anche psichiche, delle persone che escono da queste esperienze che lasciano ferite non facilmente risanabili. È in quest'ambito che opera da anni don Benzi e proprio in forza di tale esperienza, nel suo intervento, ha indicato nella vita evangelica comunitaria lo strumento più efficace per contrastare l'avanzare dell'occultismo: Laddove non c'è la chiesa che vive come popolo di Dio viene meno lo spazio di salvezza; dove si vive Cristo, dove si vive la chiesa, dove c'è un popolo di santi, non c'è problema di sette sataniche; la vita diventa Luce, diventa Parola e crea un argine contro la diffusione del mondo dell'occulto

lunedì 18 gennaio 2010

Carla Agnoletti

Nacque nel 1952, moglie di Enzo Spalletti e madre di tre figli, Mosè, Lara e Matteo, con cui viveva in un appartamento al secondo piano di via del Turbone, a Montelupo Fiorentino. Dalla sua deposizione si apprese che Enzo Spalletti aveva riferito del duplice omicidio di Carmela De Nuccio e Giovanni Foggi prima che venisse ufficialmente scoperto.
Alla giornalista del quotidiano "Paese Sera", il 17 giugno 1981, rilasciò l'intervisa che segue.
Signora, su cosa è stata interrogata?
Hanno voluto sapere cosa ha fatto Enzo domenica 7 giugno. Ho risposto che abbiamo trascorso tutta la giornata insieme, escluso la sera dopo cena. Enzo esce spesso la sera, io ho i bambini da accudire.
Uscì anche la notte di sabato 6 giugno?
Si.
Come ha saputo del delitto di Scandicci?
Enzo mi ha raccontato il fatto domenica mattina, dopo che era stato in paese, dicendomi che due fidanzati erano stati trovati morti nei pressi di Scandicci, lui ucciso da una pistola, lei accoltellata.
Che ore erano quando quando Enzo le ha raccontato il fatto?
Di preciso non lo so. E' uscito dalle undici alle dodici e trenta. Lui però sostiene che ha saputo la notizia il lunedì mattina dai giornali.
Perchè questa versione contraddittoria di suo marito?
Forse Enzo ha paura che qualcuno faccia del male a me o ai nostri figli.
Come pensa che i magistrati fiorentini siano arrivati a suo marito?
C'è chi sostiene che la notte di quel sabato lo hanno visto passare vicino al luogo del delitto verso l'ora in cui è avvenuta la morte dei due giovani. Ma io penso che sia stato qualche vicino a fare la spia per punire mio marito.
Di cosa?
In paese sapevano che Enzo andava spesso a vedere le coppie che facevano l'amore.
Lei ne era a conoscenza?
Sapevo che in passato aveva spesso fatto cose del genere ma ultimamente mi aveva assicurato che aveva smesso. Lo faceva per ridere con gli amici. In questura mi hanno chiesto anche se i miei rapporti matrimoniali con Enzo potevano farmi capire qualcosa, ma tra noi va tutto bene.
Cosa farà ora?
Abbiamo nominato un avvocato di Montelupo. Certo questa storia avrà tristi ripercussioni su noi e i nostri figli in qualunque modo vada a finire. Il paese è piccolo e la gente mi guarda già con sospetto.
Rif.1 - Paese Sera - 17 giugno 1981 pag.8

domenica 17 gennaio 2010

Gian Pietro Salvadori

Nel 1983 era una guardia giurata della Metronotte. Raccontò d'aver incontrato nella notte del 7 o dell'8 settembre il furgone di Uwe Jens Rusch e Wilhelm Friedrich Horst Meyer in via degli Scopeti, vicino alle Cantine Serristori, davanti ad una villetta. La guardia giurata si era fermata, aveva bussato al furgone ed aveva spiegato ai due ragazzi che non potevano starsene lì e che avrebbero dovuto parcheggiare altrove. I due ragazzi avevano messo in moto e se ne erano andati. Agli inquirenti, Gian Pietro Salvadori, rivelò d'aver scambiato i due ragazzi per un uomo ed una donna poichè uno dei due aveva dei capelli lunghi biondi.
Rif.1 - La Città - 11/12 settembre 1983 pag.1

sabato 16 gennaio 2010

Dichiarazioni di Mario Vanni - 25 gennaio 2005 - Seconda parte

All’esito dell’incidente probatorio, del 28 dicembre 2004, i PM decisero di sentire Mario Vanni il 25 gennaio 2005

Segue dalla prima parte.
PM - Dottor Crini: Perché? Se gli interessavano le medicine sarebbe stato il Pacciani a dire “presentami il farmacista perché ho bisogno di sapere un po’ meglio di queste medicine”. E quindi perché lo voleva conoscere? Cosa gli disse a lei?
MV: C’ho da andare per le medicine, per la mi moglie, per i soliti discorsi.
PM - Dottor Crini: E lei quando andò da Pacciani,Vanni, cosa gli disse? Guarda, c’è i farmacista Calamandrei che ti vuole conoscere?
MV: Sì, sì, sì.
PM: Ma stava già a Mercatale?
MV: Sì, a Mercatale.
PM: Allora scusi, ma lei fece ad andare da Pacciani e dirgli “vieni con me da Calamandrei”?
MV: No.
PM: Come vi vedevate?
MV: Eh, lo chiamai.
PM: Come lo chiamò?
MV: Sì, per telefono.
PM: Aveva il telefono?
MV: Sì, eh, ha voglia, c’aveva il telefono,
PM: Il Pacciani, eh? In quel momento... lo vedremo dopo quand’è che avrebbe dovuto avere il tele fono. E Pacciani gli disse: “oh, ma icché vole da me questo Calamandrei”?
MV: Eh, eh,
PM: Disse così o disse “no, no, vengo”?
MV: No, disse a codesta maniera.
PM: Però venne lo stesso.
MV: Sì, sì, ha voglia.
PM: E poi? Dopo quella prima volta ci tornaste insieme?
MV: Sì, sì. Sì, sì, sempre a casa, sempre a casa.
PM: Ma era il Calamandrei che diceva “vediamoci, portami il Pacciani, ci si vede”?
MV: Sì, a codesto modo.
PM: E allora qui, cioè, bisogna che lei ci spieghi come mai Calamandrei vi voleva vedere. Perché vi chiamava?
MV: Ma che.., che... per le medicine.
PM: Ho capito, ma per chiamarvi cosa faceva? Telefonava a Calamandrei a lei?
MV: Sì.
PM: A lei?
MV: A me.
PM: Ah. Gli telefonava e gli diceva “vieni a casa e porta anche il Pacciani?
MV: Eh.
PM: E il Lotti? Come avvenne? Quand’è che portaste anche Lotti?
MV: Dopo un po’ di tempo.
PM: Dopo un po’ di tempo portaste anche Lotti. Chi lo decise di portare Lotti?
MV: Boh.
PM: La sento in difficoltà. Come mai?
MV: Mah.
PM: Ma è una cosa brutta?
MV: No.
PM: Allora io... la domanda era semplice: chi decise di portare Lotti dal Calamandrei?
MV: Mah.
PM: Quindi vuol dire che, se lei è in dubbio, vuoi dire che lo decise lei, Vanni, eh?
MV: Mah.
PM: Lo decise lei, Vanni?
MV: Sì.
PM: Ma come mai? Ce lo spieghi meglio, via, come portaste il Lotti una sera?
MV: Mah, io icché gli devo dire? Non lo so, boh, certe cose...
PM: Certe cose le capisco, però a noi invece ci interesserebbe capire come mai venne anche Lotti una sera.
MV: Ho capito.
PM: Il Calamandrei lo conosceva di già il Lotti o glielo presentaste voi?
MV: No, glielo presentai io.
PM: Oh, ha visto. Glielo presentò lei. Ma il Lotti il Pacciani lo conosceva già a quell’epoca?
MV: Sì, sì.
PM: Ah. Andavate insieme al Ponte Rosso?
MV: Sì.
PM : Portaste anche il Lotti? Ma io non ho capito che curiosità aveva. Che cosa voleva da voi il Calamandrei? Quindi dica la verità, me lo deve far capire.
MV: Medicine..
PM: Sì, ma capisce, questo non la crediamo, ci sarà un altro motivo. Lotti ci poteva andare da sé a comprare le medicine. Perché il Calamandrei voleva voi?
MV: Mah, icché lo so io?
Segue...

venerdì 15 gennaio 2010

29 luglio 1984 - Pia Rontini e Claudio Stefanacci

Tra le 21,30 e le 22,00 del 29 luglio 1984, in un viottolo isolato che diparte dalla via Sagginalese, località Boschetta, in comune di Vicchio di Mugello, furono uccisi all'interno di una Fiat Panda bianca, Pia Gilda Rontini e Claudio Stefanacci, di 18 e 22 anni, entrambi residenti a Vicchio. I cadaveri furono scoperti intorno alle ore 2,00 del 30 luglio, da Piero Becherini, un amico di Claudio Stefanacci. La Fiat Panda si trovava ferma in retromarcia sul fondo del viot­tolo, la chiave di accensione inserita nel quadro, le portiere chiuse, quella sinistra con la sicura in­serita, il vetro della portiera destra era frantumato ed all'interno dell'auto furono trovati numerosi frammenti di vetro. I sedili erano stati entrambi reclinati in avanti. Dentro l'auto, nascosta sotto ad un sedile fu trovata una borsetta da donna. Sulla portiera destra, a livello del canale di scorrimento del vetro, sul montante alla base di detta portiera e sul terreno furono trovate tracce di sangue. Tracce di impronte digitali furono rinvenute sulla cornice superiore dello sportello destro, ma non, sul tetto dell'auto. Vennero inoltre rilevati due aloni sulla portiera di destra, come segni di appoggio o di contatto delle ginocchia, come se qualcuno si fosse appoggiato alla portiera tenendo le gambe unite e quasi in aderenza alla superficie della stessa. Furono repertati cinque bossoli calibro 22 marca Winchester con una H impressa sul fondello: uno all'ester­no dell'auto, vicino allo sportello destro e quattro all'interno dell'auto. Il cadavere del giovane fu trovato sul sedile posteriore, nella parte destra prossima al centro del sedile, rannichiato in decubito laterale sinistro e con le ginoc­chia flesse. I periti ritennero però che il corpo avesse subito spostamenti rispetto alla posizione iniziale. Indossava i calzini, gli slip ed una maglietta a mezze maniche a righe blu e beige; i pan­taloni furono rinvenuti nell'auto. Claudio Stefanacci era stato attinto da quattro proiettili, due al torace, uno al cranio ed un quarto aveva raggiunto, perforandoli più volte, i pantaloni, determinando probabilmente la lesione contusiva in regione glutea. Il giovane risultò inoltre colpito con uno strumento da punta e taglio riportando numerose ferite (10), all'emitorace sinistro, al fianco sinistro, all'ipocondrio, alla fossa iliaca destra, all'avambraccio destro, alla coscia sinistra, ed in regione lombare destra; tali ferite presentavano scarsi segni di vitalità, per cui furono inferte in un momento successivo rispetto all'esplosione dei colpi di arma da fuoco, o subito dopo la morte o in limine vitae. Il cadavere di Pia Gilda Rontini fu rinvenuto su di un campo di erba medica a circa sei/sette metri dall'auto, supino, con le gambe divaricate, con indosso vari monili, praticamente nudo. Una magliet­ta, il reggiseno e gli slip, tutti intrisi di sangue, furono rinvenuti in mano alla Rontini e sotto il suo corpo. La ragazza era stata attinta da un colpo d'arma da fuoco allo zigomo destro che penetrato nel cranio aveva causato la morte e da un colpo all'avambraccio sinistro. Si riscontrarono due ferite da arma da punta e taglio in regione latero-cervi­cale destra, e sette piccole ferite piuttosto superficiali all'emi­torace sinistro, la zona del pube era stata escissa come anche il seno sinistro in modo irregolare e discontinuo. Sul cadavere furono rilevate numerose lesioni escoriative variamente localizzate e in parti­colare lesioni da probabile trascinamento al dorso. La perizia necroscopica evidenziò la probabile dinamica del duplice omicidio: il ragazzo "sorpreso dal primo sparo che aveva frantumato il vetro dello sportello di destra, si era presentato all'omicida con il torace volto verso il lato destro dell'autovettura ed in tale posizione era stato attinto da due colpi in rapida successione, il giovane era quindi ruotato sulla destra presentando all'omicida la parte sinistra del volto ed in tale ultima posizione era stato attinto da un terzo colpo mortale. Tutti i colpi erano stati esplosi dal finestrino della portiera destra dell'auto e lo Stefanacci aveva potuto compiere il più istintivo gesto di difesa passando dalla posizione semi-sdraiata a quella seduta."
L'assassino sferra dieci fendenti sul ragazzo, lo riveste parzialmente e passa quindi alla ragazza che attinta dal primo colpo siede incosciente sul sedile del passeggero. Che non fosse ancora deceduta lo stabiliscono i medici legali: "sul cadavere non ci sono segni che indichino la comparsa di morte immediata, ma al contrario, ci sono segni indicativi di una certa sopravvivenza, che sono rappresentati dall'edema polmonare. (...) Per quanto riguarda il carattere delle lesioni da arma bianca al collo, si può conclusivamente dire che esse sono state molto più probabilmente (anche se non con certezza assoluta inferte in vita che non in morte. Ciò perchè lo stravaso ematico lungo il tramite e lungo alcuni dei muscoli della regione latero-cervicale sinistra è stato abbondante."
L'assassino colpisce quindi la giovane con due colpi alla gola ed afferrandola per le caviglie la trascina fuori dall'auto dove le taglia gli slip e pratica le escissioni.
Rif.1 - Sentenza della Corte di Assise di Appello di Firenze contro Pietro Pacciani del 13 febbario 1996
Rif.2 - Perizia equipe De Fazio

giovedì 14 gennaio 2010

Le annotazioni di Pietro Pacciani sul blocco Skizzen Brunnen

Il 2 giugno 1992, fu eseguita una perquisizione presso l'abitazione di Via Sonnino di Pietro Pacciani a Mercatale. Su un ripiano del mobile libreria del salotto, fu trovato e sequestrato un blocco da disegno con copertina rossa e la dicitura "SKIZZEN BRUNNEN", con annotazioni all'interno a mano dello stesso Pacciani, datate 10 luglio 1980 e 13 luglio 1981.
Foglio n.1
Pagato L. 16.000 alla Sig della Caccia e Pesca della Domanda per la caccia fra la quale Certificato Medico Libro per conoscenza degli animali domanda di ammissione alla scuola o allegato il foglio di congedo Fotocopia e il Certificato Penale che me lo deve restituire dopo averlo fatto vedere al di Bella Brigadiere, oggi 10 luglio 1980 mi deve arrivare la risposta per esami
Foglio n.2
Fatta visita oculistica per occhiali L. 25.000 già ordinati per martedì sera ore 7. giorno 15 luglio 1980 due diotrie più
Foglio n.3
Oggi 13 luglio 1981
Prendo dal Lotti un Ballino di cemento per murare la porta del gas e due cariole di sabbia e 6 kg di cemento a Pronta L. 8000
Manodopera da me svolta giorni 2
Foglio n.4
Oggi 13 luglio 1981
Prendo dal Bruci Franco una portiera per il gas L. 18.000
Per mettere il telefono chiamare la mattina il 187. Ufficio Commerciale Sip, nome cognome e indirizzo

La sig.ra Borri ("la Sig della Caccia e Pesca") sentita nell'udienza del 7 giugno 1994, esibitole il documento attestante la bocciatura dell'imputato alla abilitazione venatoria del 26 novembre 1980 ammise che prima di quella data era necessario fare apposita domanda, che lei stessa, aveva dattiloscritto, dato che il suo negozio era l'unico abilitato nella zona.
Nell'udienza del 12 luglio 1994 il Maresciallo dei Carabinieri, Di Bella, confermò la circostanza, come del resto il teste Pabi, segretario della commissione esami per l'esercizio venatorio, che precisò essere certo che la domanda del Pacciani gli fosse pervenuta in Provincia il 21 luglio 1980, esattamente 11 giorni dopo l'avvenuto pagamento della sig.ra Borri di lire 16.000 per l'inoltro della domanda. Aggiunse che la domanda del Pacciani era stata registrata col numero 513, che l'imputato era stato bocciato e che era in uso alle agenzie di caccia e pesca richiedere il certificato penale.

Ciani Luigi, ottico di San Casciano nell'udienza del 6 giugno 1994, pur non ricordando bene, non escluse di aver sottoposto Pietro Pacciani ad una visita oculistica precisando che all'epoca il paziente doveva pagare la visita. Gherardi Gherardo, altro ottico di San Casciano riferì che nel 1980 il costo di una visita poteva aggirarsi sulle 30.000 lire e così il dottor Caselli, medico di famiglia di Pietro Pacciani che ammise che il prezzo di 25.000 lire poteva riferirsi al luglio 1980.

La Sig.ra Lalletti Santina nell'udienza del 31 maggio 1994 confermò che negli anni '80/'81 aveva pagato oltre al sig. Nencioni che aveva predisposto la buca, pure Pietro Pacciani che aveva contribuito ai lavori per installare gli sportelli della cabina del gas metano.
Il Sig. Bruci, idraulico di San Casciano, nell'udienza del 7 giugno 1994, confermò che uno sportello della cabina gas poteva costare lire 18.000, così come lo precisò il Sig. Lotti, indicato nell'appunto del terzo foglio. Lo stesso Franco Lotti confermò ai Carabinieri, alla Sam e al PM di aver effettivamente fornito a Pietro Pacciani sia la sabbia che il cemento.
Relativamente all'istallazione della linea telefonica, Pietro Pacciani fece richiesta presso la SIP l'1 dicembre 1981.
Rif.1 - Dichiarazioni di impugnazione e motivi - Rosario Bevacqua

mercoledì 13 gennaio 2010

Francesca Raspati

Era tra i curiosi che sopraggiunsero al rinvenimento del presunto cadavere di Francesco Narducci il 13 ottobre 1985. Dichiarò agli inquirenti: "Eravamo tenuti a distanza ma non abbastanza da impedirmi di vedere il cadavere, anche se non in viso. Era estremamente gonfio, indossava pantaloni chiari, mi sembravano di fattura rozza, di colore tra il carta da zucchero e il grigio comunque inadeguati per una persona raffinata come Narducci. Indossava un giacchetto marrone di renna di due tonalità, una più scura e una con due riquadri, uno a destra e uno a sinistra, chiuso davanti, ma l’enorme ventre premeva sull’indumento. (...) Mi colpì che i pantaloni fossero asciutti, si vedeva nettamente la riga."

martedì 12 gennaio 2010

Il mostro di Firenze - Fox Crime

La presentazione del progetto dal sito Fox Crime: "Per la prima volta nella storia della televisione, Fox Channels Italy ripercorre le tappe di uno dei casi di cronaca nera più inquietanti del nostro paese. In onda su FoxCrime a partire dal 12 novembre alle ore 21:00, Il Mostro di Firenze è una serie in sei puntate prodotta da Wilder per Fox Channels Italy, con la sceneggiatura e la produzione creativa di Daniele Cesarano, Barbara Petronio e Leonardo Valenti (Romanzo Criminale, Donne Assassine, RIS Delitti Imperfetti), diretta da Antonello Grimaldi (Il cielo è sempre più blu, Distretto di Polizia 2, Caos Calmo). Dal 1968 al 1985 un efferato serial killer semina il panico nelle campagne intorno a Firenze compiendo otto duplici omicidi. Una scia di sangue che sconvolge l’opinione pubblica e vale all’assassino l’appellativo che lo ha reso tristemente celebre: Il mostro di Firenze. La polizia gli dà la caccia battendo a tappeto tutta la provincia del capoluogo toscano, ma il mistero si fa sempre più fitto. Passano gli anni, gli omicidi continuano a occupare le prime pagine dei quotidiani e, mentre indiziati e inquirenti si susseguono in un crescendo di colpi di scena, un uomo non esita a sacrificare il suo lavoro, i suoi risparmi e la sua stessa salute per scoprire la verità sul mostro. Si chiama Renzo Rontini ed è il papà di Pia, penultima vittima del mostro, uccisa all’età di diciotto anni insieme al fidanzato nei pressi di Vicchio (FI). Dal giorno della morte di Pia, scoprire la verità è l’unica ragione di vita di Renzo e il mostro diventa la sua ossessione. Sostenuto dalla moglie, Renzo cerca testimonianze che possano essere d’aiuto alle indagini e quando il caso arriva in un’aula di tribunale i due si costituiscono parte civile. E’ l’inizio di uno dei processi più lunghi e controversi della storia giudiziaria italiana. Tra gli interpreti principali della serie figurano Ennio Fantastichini (La Piovra 7, Saturno Contro, Borsellino) nei panni di Renzo Rontini, e sua moglie Winnie, interpretata da Marit Nissen. Il cast comprende anche Nicole Grimaudo (nel ruolo del magistrato Silvia della Monica), Giorgio Colangeli (nel ruolo del commissario Michele Giuttari), Bebo Storti (nel ruolo del procuratore Pierluigi Vigna), Marco Giallini (nel ruolo di Ruggero Perugini, Capo della Squadra Anti Mostro), Corso Salani (nel ruolo del Pubblico Ministero Paolo Canessa), Duccio Camerini (nel ruolo del giudice Mario Rotella) Massimo Sarchielli (nel ruolo di Pietro Pacciani) Massimo Bianchi e Francesco Burroni (nel ruolo dei “compagni di merende"). Eccezionalmente numeroso il cast secondario: oltre 700 comparse e circa 160 ruoli, tra cui ricordiamo quello di Patrizio Pellegrini, avvocato della famiglia Rontini (interpretato da Sergio Albelli) e quello dell’avvocato Fioravanti (difensore di Pacciani, interpretato da Pietro De Silva)."

lunedì 11 gennaio 2010

Vincenzo Tricomi - Intervista su La Città - 28 gennaio 1984

Vincenzo Tricomi nell'agosto del 1982 emise un mandato di cattura nei confronti di Francesco Vinci. Quando il giudice istruttore Mario Rotella, che lo sostituì nelle indagini sul "mostro" il 26 gennaio 1984, fece scarcerare Francesco Vinci, Vincenzo Tricomi rilasciò l'intervista che segue al quotidiano La Città.
L'arresto di Francesco Vinci è stato un'errore giudiziario?
Il mandato di cattura che firmai nei confronti di Vinci si è basato su indizi, sufficienti per giustificarlo, ma mai su prove. Questo l'ho sempre precisato. L'unico elemento concreto per accusarlo dell'omicidio del '68 erano le dichiarazioni di Stefano Mele. Ora, se Vinci è stato scagionato, vuol dire che qualcosa di importante è cambiato nel quadro dell'inchiesta. Ho letto che Mele ha ritrattato, deve essere così.
Ha notizie dirette sull'inchiesta?
No, non so nulla se non quello che leggo sui giornali, adesso che ho finalmente il tempo per farlo. Non posso e non voglio dire niente in merito al nuovo sviluppo delle indagini.
In passato ha mai interrogato Giovanni Mele e Piero Mucciarini?
Si, ricordo che li convocai nel mio ufficio e li interrogai ma soltanto come testimoni.
Cosa dissero?
Non ho un ricordo preciso nè del loro interrogatorio nè tanto meno su di loro come personaggi. Allora non riscontrai nessun elemento per poterli sospetare di qualcosa.
Dalle sue indagini risultava che fossero due guardoni?
No, non mi risultava. Mi furono segnalati tanti guardoni, soprattutto a Montelupo, ma non mi fu mai fatto il nome di questi due.
Sapeva quali erano i rapporti fra Piero Mucciarini e Francesco Vinci?
Di odio mortale, non è mai stato un segreto. Del resto risulta chiaramente dagli atti del dibattimento del primo grado per il delitto del '68. I due non si potevano vedere.
Escluderebbe quindi un rapporto di qualsiasi tipo fra i due uomini?
Si, lo escluderei!
La pistola non è saltata fuori.
Ricordo che più di un anno fa, quando tenni la conferenza stampa per l'arresto di Francesco Vinci, dissi che quell'arma avrebbe potuto sparare ancora. Cosa che poi purtroppo è avvenuta. Oggi mi sento di inviare le coppie di fidanzati, i giovani che si appartano in macchina a non abbassare la guardia fino a che non si trova la malefica calibro 22. Fate molta attenzione. Evitate i boschi, i sentieri. Magari fermatevi nelle piazze, non nei posti nascosti. Meglio un pessimo processo per atti osceni in luogo pubblico che...
Rif.1 - La Città 28 gennaio 1984 pag.5
Nella foto Francesco Vinci.

domenica 10 gennaio 2010

Dino Spalletti

Fratello di Enzo Spalletti. Dopo il duplice omicidio di Susanna Cambi e Stefano Baldi dichiarò agli inquirenti di aver ricevuto, il 16 giugno 1981, una telefonata da Fosco Fabbri in cui gli diceva: "Devi sapere che mi stanno minacciando, se non sto zitto mi fanno fare la fine di tuo fratello!".
Rif.1 - La Nazione - 25 ottobre 1981 pag.1

sabato 9 gennaio 2010

Dichiarazioni di Mario Vanni - 25 gennaio 2005 - Prima parte

All’esito dell’incidente probatorio, del 28 dicembre 2004, i PM decisero di sentire Mario Vanni il 25 gennaio 2005

PM: La vengono a trovare i parenti?
MV: Sì
PM: Si ricorda lei quando era stato in casa del Calamandrei... l’aveva ben descritta, due bagni, due salotti?
MV: Un me lo ricordo, ‘un me lo ricordo.
PM: Lei ha conosciuto la moglie, la signora Ciulli, mi pare, vero?
MV: Sì.
PM: Ci ha anche parlato?
MV: Sì, c’ho parlato.
PM: In casa?
MV: Eh.
PM: Diciamo, era un’amicizia, una conoscenza come col Calamandrei o al solo buonasera?
MV: Sì, sì.
PM: Sì cosa? Di che cosa parlava con la signora Ciulli?
MV: Delle medicine.
PM: Ma la signora Ciulli non stava in farmacia?
MV: Mh.
PM: E’ una domanda: la signora Ciulli stava anche in farmacia? Vendeva le medicine lei?
MV: Sì. Ah. Sì, sì, andava, sì.
PM: Io le avevo chiesto l’altra volta, prima, anche questo: ma quando c’erano queste persone che lei ha detto che andavate a trovare Calamandrei, il Pacciani e il Lotti, e ha detto alle volte il Pucci, poi, lei è stato abbastanza dettagliato sul punto, le ho chiesto: come mai andavate a casa e di cosa parlavate?
MV: Delle medicine.
PM: Capisce, Vanni, andare in casa per le medicine, sembra quasi inverosimile. Lei deve dire la verità. Eh, non può cavarsela dicendo “per le medicine”. Andavate in quattro per le medicine. E’ difficile crederla. Di cosa parlavate? Il Pacciani, era più amico il Pacciani di Calamandrei?
MV: Sì.
PM: Sa come si erano conosciuti il Pacciani con il Calamandrei?
MV: No, non lo so.
PM: Gliel’ha presentato lei?
MV: Sì.
PM: Sì, nel senso lei ha presentato il Pacciani al Calamandrei?
MV: Il Pacciani.
PM: E come mai? Come mai? Qual era il motivo? Calamandrei cosa cercava? Perché gli presentò il Pacciani?
MV: Mah, che gli ho a dire io?
PM: Vede che lo sa? Lo vedo come da lei... ormai io e lei ci si conosce, Vanni. Perché gli presentò il Pacciani? Calamandrei, capisce, era uno... non so, forse cercava qualche donna, qualche prostituta?
MV: Non lo so.
PM: Non lo sa. E il Lotti perché glielo presentò lei?
MV: Sì.
PM: Ma oltre che a casa per caso voi quattro, voi tre, andavate, non so, a mangiare o a bere qualcosa fuori, nei locali, il Pacciani e il Calamandrei?
MV: Sì, a mangiare.
PM: A mangiare andavate insieme?
MV: Sì.
PM: E dove andavate a mangiare?
MV: Eh, al Ponte Rotto.
PM: Veniva anche Calamandrei con voi?
MV: No.
PM: Ah. Ecco, lui mai. Invece la mia domanda era se vi è mai capitato di andare da qualche parte voi con Calamandrei.
MV: No.
PM: No. Lo incontravate solo in casa?
MV: Chiaro.
PM: E però, capisce, noi dobbiamo cercare di capire, ci interessa Pacciani e Lotti, non lei. Come mai Pacciani era presente? Ma erano diventati amici? Si vedevano parecchio?
MV: No. Siamo amici, così.
PM: Scusi, ho paura a volte che non riesce a capire le mie domande, le domando, le chiedo: l’amicizia, se c’era un’amicizia fra Calamandrei e Pacciani. Erano diventati amici? Si frequentavano?
MV: Si, andava lì a piglia’ le medicine.
PM: M’ha detto gliel’ha presentato lei, eh?
MV: Sì.
PM: Ma fu Pacciani a chiedere di conoscere Calamandrei? O fu Calamandrei che chiese?
MV: Calamandrei.
PM: Quindi era il Calamandrei che chiese di conoscere il Pacciani. Ho capito. Calamandrei gli chiese: fammi conoscere il Pacciani, eh? Perché voleva conoscere il Pacciani?
MV: Mah, ‘un lo so, ‘un lo so il motivo.
PM: Ma come le disse? “Voglio conoscere il Pacciani perché è il Pacciani” o le disse “voglio conoscere una persona così, così, così? E perché voleva conoscere il Pacciani?
MV: Mah. O icché gli ho a dire io?
PM: No, me lo dica, perché vede, ci s’arriva, eh? Cioè, Calamandrei aveva bisogno di qualcuno, di conoscere qualcuno che gli serviva a qualcosa. E cosa doveva fare? A cosa gli serviva al Calamandrei conoscere il Pacciani?
MV: O che lo so io?
PM: Ma perché lei Vanni scelse proprio il Pacciani per questo, da presentargli? Cosa cercava? Di chi aveva bisogno? Di chi aveva bisogno? Di qualcuno?
MV: Non lo so.
PM: Ma quando Calamandrei gli chiese di conoscere il Pacciani, lo conosceva già?
PM - Dottor Crini: Lo conosceva già lui il Pacciani? Sapeva già chi era?
MV: Ha voglia! Ha voglia.
PM: Ci spieghi cosa vuoi dire “ha voglia! Perché lo conosceva già? Sapeva già chi era?
MV: Mah.
PM: Com’è che l’aveva saputo? Da chi?
MV: Non lo so.
PM: Ha detto “ha voglia”.
MV: Non lo so.
PM: E la prima volta glielo portò lei?
MV: Sì.
PM: E dove glielo portò?
MV: Alla farmacia.
PM: E andaste anche su in casa?
MV: Sì.
PM: Eravate voi tre soli o c’era qualcun altro?
MV: No, eravamo noi soli.
PM: E insomma, Vanni è chiaro che noi non la crediamo; noi la crediamo quando dice che fu lui a chiedere di voler conoscere il Pacciani. Però di cosa parlavate? Ce lo deve dire.
MV: No, non lo so mica io.
PM: Ma qua, davanti a lei, cosa gli disse il Calamandrei? Glielo portò lei per la prima volta. Si ricorda in che epoca?
MV: Si parlava delle medicine..
PM: Ho capito.
MV: D’altre cose... che gli devo dire? Sennò...
PM: Glielo dico io perché in questo noi non la possiamo credere...
PM - Dottor Crini: Può darsi... da dove stava lui per venire fino a San Casciano, per le medicine, sembrava un pochino una storia, perché a Mercatale c’è la farmacia. Quindi perché il Calamandrei le disse “fammi conoscere il Pacciani”?
MV: Mha.
Segue...

venerdì 8 gennaio 2010

Il verbale di Mainardi Tullio

Il 9 luglio 1982, Tullio Mainardi, zio di Paolo, si recò presso la stazione dei carabinieri di Montespertoli, dove, davanti al capitano Ghiselli Silvio, al brigadiere Fattorini Luciano e all'appuntato Sebastiani Nello, fece verbalizzare quanto segue: "Sono lo zio del Mainardi Paolo, rimasto ucciso il 19.6 u.s. in località Baccaiano e convivo con sua madre, cioè mia cognata dal 1955, la notte tra il 30 giugno ed il 1 luglio u.s., verso le ore 00,15 sentii squillare il telefono della nostra abitazione, corrispondente all'utenza xxxxxx intestata a Mainardi Gino, deceduto, padre del Mainardi Paolo e mio fratello. mi recai a rispondere alzai il ricevitore e dissi "pronto", mi fu risposto con la seguente frase "il mostro ha colpito ancora", a quel punto, mortificato ed amareggiato chiusi il ricevitore. Ricordo che la voce udita al telefono era fioca, parlava con calma, senza apparenti infrazioni dialettali e direi che presumibilmente si trattava di una voce maschile. A quel punto avvertii i Carabinieri del fatto.
A D.R. - Nè prima nè dopo questo episodio non ho ricevuto altre analoghe telefonate, nè mi risulta che in casa mia altri ne abbiano avute.
A D.R. - In seguito riferii questo fatto anche ad alcuni parenti ed amici che le hanno commentate esprimendo il loro disappunto.
A D.R. - Non saprei proprio esprimere alcun sospetto sull'autore della telefonata anonima.
A D.R. - In casa mia oltre a me, mia cognata, abitano mia sorella Gina, mia moglie Bucci Maria e mia figlia Carla."
Nella foto la madre di Paolo Mainardi

mercoledì 6 gennaio 2010

Gabriele Barbetta

Titolare, assieme a Nazzareno Morarelli, dell'agenzia di servizi funebri "Passeri", che si occupò di vestire il cadavere rinvenuto nel Trasimeno il 13 ottobre 1985. Dichiarò agli inquirenti: "Quando arrivammo al pontile c’era però l’impresa di Magione. La bara di recupero era la loro, così abbiamo seguito il corteo fino alla villa di San Feliciano. Il cadavere era stato messo in un salone al piano terra, sopra un tappeto o una coperta. Era gonfio, grigio con chiazze color kaki, caratteristiche di un avanzato stato di decomposizione ed emanava fetore. Aveva dei capelli sul nero, un po’ stempiato, gli occhi semichiusi. (...) I familiari avevano preparato gli abiti. Quando lo spogliammo ricordo che aveva una canottiera bianca e dei pantaloni scuri. Lo svestimmo in fretta, ricordo delle macchie su tutto il corpo. Una in particolare, dalla tempia passava per la guancia fino alla spalla. Sarà stato un metro e ottanta di altezza e cento chili di peso. Gli facemmo indossare delle mutandine, una maglietta bianca, un paio di pantaloni, una camicia e sopra la maglietta infilammo un golf marrone con ricami fatti a "V", che andavano orizzontalmente, da un pettorale all’altro. I pantaloni erano di una tuta, quindi elastici e senza passanti. A quel cadavere era impossibile far indossare alcun paio di pantaloni, che avrebbero dovuto essere tagliati sul retro e indossanti da davanti."
Rif.1 - La strana morte del dr.Narducci pag.37

martedì 5 gennaio 2010

Delitti speciale: Il mostro di Firenze

La puntata del 10 dicembre 2009 di Delitti su History Channell, fu interamente dedicata alla vicenda del "mostro di Firenze". Quella che segue la presentazione della puntata sul sito di Sky.
"Delitti ricostruirà tutta la vicenda del Mostro usando uno stile che, come nel tradizionale progetto della serie, vuole unire il rigore filologico del documentario storico al ritmo e all’appeal della fiction all crime. Interviste esclusive con alcuni dei protagonisti più importanti della vicenda. Tra i più importanti, citiamo: il magistrato Piero Luigi Vigna, capo della procura fiorentina fin dai primi delitti del mostro, il cervello di tutta l’indagine; Silvia Della Monica, uno dei primi sostituti procuratori a indagare sul campo (e passata alla storia come protagonista della macabra attenzione del Mostro: nel 1985 le recapitò un lembo del seno di una vittima poche ore dopo l’omicidio); Piero Tony, rappresentante dell’accusa nel processo d’appello; Michele Giuttari, capo della squadra antimostro, il primo detective a scoprire la rete di complicità che legava Pietro Pacciani ai compagni di merende; Mario Spezi, il giornalista che dopo aver seguito tutta la vicenda è stato anche sospettato di appartenere alla cupola che avrebbe potuto manovrare i compagni di merende; Nino Marazzita, il principe del foro che con la sua difesa riuscì a fare assolvere Pacciani in secondo grado. Sotto l’aspetto visual, lo “Speciale Mostro” si avvale di molteplici fonti: il meglio del repertorio video mandato in onda dalla Rai e dalle tv private fiorentine in trent’anni di storia; ricostruzioni accuratissime delle scene del crimine, girate sul set della fiction “Il Mostro di Firenze” in onda da novembre su Fox Crime; materiali inediti delle forze di polizia".
 

lunedì 4 gennaio 2010

Enzo Spalletti - Intervista su La Nazione - 26 ottobre 1981

Il 26 ottobre 1981, il quotidiano La Nazione, pubblicò l'intervista a Enzo Spalletti che segue.
Enzo Spalletti: Guardi non è vero che in carcere mi abbiano maltrattato. Mi hanno accolto, anzi, con grande comprensione, direi con affetto, tutti persuasi che con quella terribile faccenda io non c'entrassi per niente. Sa che cosa mi hanno detto il primo giorno? Mi hanno detto che il mostro non ero io, non potevo essere io e hanno aggiunto che se non ci fosse stata questa certezza sarebbero stati loro a togliermi di mezzo.
Però ultimamente è stato per un paio di settimane ad Arezzo. Perchè lo hanno mandato là?
Davvero non lo so, non lo sa neanche il mio avvocato, che è qui è glielo può confermare. Le dirò anzi che quando si è saputo che stavo per essere trasferito molti detenuti del "Santa Teresa" hanno preso le mie difese. Perchè lo mandate via? Hanno chiesto: si è sempre comportato bene, lasciatelo qui.
Quando ha saputo che stavano per rimetterla in libertà?
Ho cominciato a intuire che le cose si mettevano bene sabato mattina, quando mi hanno portato al palazzo di giustizia a Firenze per interrogarmi di nuovo. Alle 13,30 ero di nuovo in carcere a Santa Teresa e soltanto allora ho saputo che altri due fidanzati erano stati uccisi. Un pomeriggio di ansiosa attesa. Ero di nuovo in cella: mi avrebbero rilasciato davvero? La certezza l'ho avuta soltanto la sera, quando ho potuto riabbracciare mia moglie e vedere gli avvocati. Sei fuori mi hanno detto e io quasi non ci credevo ancora.
Come ha passato le sue prime ore di libertà?
Avrei voluto dormire perchè in cella non sono mai riuscito a riposare bene. Era come un incubo, stare lì, non riuscivo a capire come ci fossi finito. A casa mia, nel mio letto è stata un'altra notte in bianco. Mi occorrerà tempo per tornare a essere un uomo tranquillo.
Circa la sua attività di guardone...
Seguivo gli amici che mi invitavano ad andare a spiare le coppiette. Per noi era un divertimento, nient'altro.
Mi scusi, sa, ora ci andrà ancora?
No. Se andrò nei boschi lo farò soltanto in pieno giorno, magari per cercare funghi e non ci andrò mai da solo ma in comitiva. Nascondermi dietro i cespugli è una cosa che non mi tenterà mai più.
Come ebbe inizio la sua brutta storia?
Vennero alla Misericordia tre uomini in borghese e un carabiniere di Montelupo. Mi portarono a casa per esibirmi un mandato di perquisizione. Avevo disgraziatamente una pistola giocattolo acquistata anni fa per corrispondenza e pagata 3.500 lire. Alla Misericordia trovarono un bisturi. Pochi giorni dopo arrivò l'ordine di cattura. Eccò, tutto è cominciato così.
Nei quattro mesi della sua assenza, la Misericordia di Montelupo ha rimediato con il volontariato all'assistenza dell'autista ma ha avuto momenti di difficoltà. Tornerà al suo posto?
Ma saprò ancora guidare? Mi ci vorrà un pò di tempo prima di riprendere il mio lavoro.
Rif.1 - La Nazione - 26 ottobre 1981 pag.2