lunedì 30 novembre 2009

Tamara Martellini

Ex-moglie dell’architetto Giovanni Ceccatelli, amico di vecchia data di Francesco Calamandrei.
L’11 settembre 2003 le fu mostrato dalla polizia giudiziaria un album di fotografie, della foto numero 15 relativa a Francesco Narducci disse: "la persona raffigurata non mi è un viso nuovo ma non riesco a ricordare francamente dove l’ho visto; del fatto che andasse con il Calamandrei non sono proprio sicura ma non riesco francamente a ricordare dove l’ho visto, ora che lo sto riguardando, ricordo di averlo visto in farmacia e nell’occasione aveva gli stivali di equitazione". Il 17 settembre 2003 riferì alla polizia giudiziaria d’aver visto, negli anni '80, Mario Robert Parker a San Casciano, un ragazzo "nero di colore, alto, magro, ben vestito". Dichiarò d’aver visto anche Francesco Narducci: "sono proprio sicura di averlo visto nella farmacia di Calamandrei. In quella occasione aveva gli stivali da equitazione. Era un giovane molto fine delicato, era poco più alto di Francesco Calamandrei ed aveva un fisico da sportivo. Era nella prima metà degli anni '80. Ricordo che nell’occasione indossava una maglietta Lacoste blu. (...) L’implicazione del Calamandrei nei delitti mi fu poi raccontata più in dettaglio dalla Ciulli, sicuramente quando già viveva per conto suo a Firenze. Devo dire che in un’occasione iniziai ad avere qualche perplessità ed è stato quando la Ciulli mi raccontò che era stata a cena dal dottor Vigna ed a lui gli aveva raccontato ancora più cose, fornendogli, a suo dire, prove inconfutabili, tanto che, mi disse, il dottor Vigna l’aveva messa sotto protezione e che erano stati messi tutti i telefoni sotto controllo. Questo particolare mi fece dubitare perché pensai che se effettivamente avesse fornito prove inconfutabili, il dottor Vigna avrebbe dovuto arrestare Francesco Calamandrei più che mettere sotto protezione la Ciulli. Mi risulta che la Ciulli era effettivamente amica con la moglie del dottor Vigna"
Il 30 marzo 2005 fu nuovamente sentita dagli inquirenti, dopo aver confermato le precedenti dichiarazioni aggiunse: "…vorrei precisare che la Lacoste era celeste e non azzurra, (...) questo giovane oltre che in farmacia, l’ho incontrato oltre che nella farmacia anche un altro paio di volte. Era in piazza Pierozzi a San Casciano. Era ugualmente vestito da equitazione con stivali e maglietta Lacoste. Era solo. Non ci siamo salutati, era lo stesso periodo d’estate. Ricordo che aveva gli stivali sporchi, quindi era già stato a cavallo, non saprei dire dove".
Rif.1 - Sentenza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze contro Francesco Calamandrei del 21 maggio 2008

sabato 28 novembre 2009

Dichiarazioni di Mario Vanni - 28 dicembre 2004 - Terza parte

Nel corso dell'incidente probatorio, nell'udienza del 28 dicembre 2004, ebbe luogo l'interrogatorio che segue:
Segue dalla seconda parte.
Dottor Crivelli: Dal momento che ci sono riferimenti all’età... ci vuoi dire quando è nato, signor Vanni, perché ci siamo...
MV: Ah, ‘un lo so.
Giudice: Lei in che data è nato?
MV: Del '27.
PM: In che luogo abita in questo momento?
MV: A San Casciano.
Giudice: A San Casciano?
MV: Si.
PM: Come... è la residenza, signor Vanni.
Giudice: E' la residenza. Ma il posto dove abita fisso, dove dorme, dove mangia, dov’è che sta ora?
MV: Mah, ‘un lo so.
PM: Non sa il nome
Giudice: Ma aspetti, aspetti Pubblico Ministero, perché sono questi gli accertamenti che dovevamo fare fin dall’inizio, perché noi per un certo calore della vicenda ci siamo scordati di fare. Dico quindi.., ma faccio anche per sondare quella che è la capacità di memoria, di percezione del testimone. Quindi lei stamani, per esempio, da dove è venuto? Per venire qui lei si ricorda da dove è partito per venire in questa aula?
MV: Non me lo ricordo.
Giudice: Non se lo ricorda?
MV: No, non me lo ricordo.
Giudice: Andate pure avanti. Ecco, era per localizzare la memoria.
PM: Le avevo chiesto se il Calamandrei Francesco ha figli.
MV: Sì.
PM: Lei lo sa quanti ne ha?
MV: Un lo so, mi pare due.
PM: Ah, vede? Allora le cose se le ricorda.
MV: Sì.
PM: Due maschi? Due femmine?
MV: Sì, due maschi.
PM: Tutti e due maschi?
MV: Sì, sì.
PM: Lei li ha conosciuti, fin da bambini li ha sempre visti?
MV: Sì, sì, è vero.
PM: Vorrei che lei mi spiegasse quel concetto che ha detto, che eravate amici del Calamandrei, che parlavate del più e del meno. Ce lo vuole spiegare meglio?
MV: Mah, andavo a piglià le medicine.
PM: Eh beh, poi lei ha detto che non era solo, quello... eravate amici e parlavate del più e del meno, e che lei andava a casa. Volevo sapere di che cosa parlavate.
MV: Mh. Icché si parlava? Di poco.
PM: Di poco cosa vuoi dire?
MV: Mah, un lo so.
PM: Vi offriva da bere?
MV: Sì, qualcosa.
PM: Quindi vi sedevate intorno a un tavolo a casa sua? Cosa vi offriva?
MV: Mah, un bicchiere di vino.
PM: In casa del Calamandrei?
MV: Sì.
PM: Anche al Pacciani? O lui non beveva?
MV: Sì, anche a lui.
PM: Anche al Lotti?
MV: Qualche volta anche al Lotti.
PM: Qualche volta anche al Pucci o al Pucci no?
MV: Sì.
PM: Ma stavate intorno a un tavolo, non so...
MV: Mah.
PM: Non se lo ricorda? La casa se la ricorda? Era grande? Piccola?
MV: Era grande, tante stanze, parecchie stanze.
PM: Quindi lei l’ha vista tutta.
MV: Sì, l’ho vista tutta.
PM: Aveva un salotto grande?
MV: Sì.
PM: Voi in genere stavate in salotto?
MV: Eh.
PM: Ma lei ha visto anche le camere?
MV: Eh.
PM: E grande in che senso?
MV: Si, tante, parecchie camere.
PM: Parecchie. Lei le ha viste?
MV: Mh, le ho viste.
PM: Come mai ha visto le camere, mi scusi?
MV: Ma, mi c’ha portato.
PM: Per fargli vedere la casa? Lei non è che ha mai dormito in casa del Calamandrei?
MV: No, mai, io no.
PM: Ha mai visto che lui aveva ospiti o ci stava solo con i figli?
MV: Lui e la moglie.
PM: Anche i figli?
MV: Sì.
PM: Lei ha detto che andavate a cena di quando in quando... ho capito.... ma ci può dire di quando in quando...?
MV: Eh, quando in quando, mica sempre.
PM: Ma perché andavate a casa del Calamandrei?
MV: A piglià le medicine e basta. E allora... Icché ho a dire?
PM: Perché gli fece vedere le camere?
MV: Mah.
PM: Fu lui a dirgli, a fargli visitare la casa?
MV: Eh.
PM: Lei ha detto era grande. Ci può dire grande come?
MV: Grande.
PM: Ha stanze?
MV: Ha stanze.
PM: Ha visto anche il bagno? Le è capitato di andare in bagno?
MV: Mh.
PM: C’aveva uno o due bagni?
MV: Due bagni.
PM: Allora la conosce proprio bene questa casa.
MV: Eh, è un signore.
PM: Era un signore. Ma per arrivarci c’era un ascensore? Era al primo piano? Era al pian terreno?
MV: No, primo piano.
PM: Sopra la farmacia?
MV: Sì, bravo.
PM: E come ci si arrivava? C’erano le scale?
MV: Eh, un pochine di scale. C’era un portone, dalla farmacia.
PM: Da dentro la farmacia o c’era un portone per salire?
MV: Sì.
PM: Queste scale da dove sono?
MV: Si, dalla farmacia.
PM: Lei ha detto tante camere perché le ha viste tutte? C’aveva un salotto solo o più di un salotto?
MV: Due.
PM: Senta, ma lei si è mai fermato anche a mangiare dal Calamandrei?
MV: No, no.
PM: Solo a bere?
MV: lo no, a mangiare no, solo a bere.
PM: Ma eravate voi, lei, il Pacciani, il Lotti, che chiedevate il vino o era lui che vi offriva il vino?
MV: Mah.
PM: A volte bevevate anche il caffè?
MV: Non lo so, si, si.
PM: Ah, e lo faceva lui o la moglie?
MV: Lui.
PM: Lui vi faceva il caffè. E quindi la moglie non c’era quando...
MV: No, no.
PM: Questa vostra amicizia è durata tanto tempo?
MV: Sì.
PM: Ma andavate a casa anche quando era vivo il padre?
MV: Sì.
PM: Quindi non più tardi del '71. Perché il padre, dove abitava... anche allora...
MV: Sì.
PM: Quindi è un’amicizia lontana, perché il babbo del Calamandrei è tanto che è morto, ora non ho i dati.
MV: Eh.
PM: E il padre sapeva di questa vostra amicizia? Vi vedeva?
MV: Ci vedeva, eh.
PM: E non diceva nulla?
MV: Mh.
PM: Vi salutava?
MV: Sì, i saluti.

venerdì 27 novembre 2009

Cesare Agabitini

Custode dell'isola di Polvese, amico e collega di Luigi Stefanelli, custode della villa della famiglia Narducci ubicata a San Feliciano. Nella deposizione del 10 maggio 2002 raccontò: "...a San Feliciano giravano voci su un medico perugino coinvolto nelle vicende del mostro di Firenze. le voci cominciarono a circolare tra il 1981 e il 1982... Qualche giorno dopo il ritrovamento del cadavere di Narducci incontrai l’appuntato che comandava la motovedetta dei carabinieri di Castiglione del Lago. Questi mi disse che quando giunse sul pontile con il cadavere, fece l’atto di slacciare il giubbotto di renna allo stesso, ma fu fermato dal professore Ugo Narducci (il padre di Francesco) che gli intimò di non toccare in nessun modo il cadavere... Prima della morte di Narducci conobbi un infermiere dell’ospedale di Foligno. Questi mi disse che proprio a Foligno correva la voce che il mostro di Firenze fosse Francesco Narducci" .
Rif.1 - Corriere della Sera - 24 gennaio 2004 pag.17

Aurelio Piga

Maresciallo dei carabinieri del nucleo radiomobile di Perugia. Depose il 25 marzo 2002: "Intervenni dopo il ritrovamento del cadavere del dottor Narducci. Quello che mi colpì fu la presenza di vistosi ematomi sul petto. Ebbi la netta impressione che quella persona avesse subito percosse. Mentre la dottoressa esaminava il corpo mormorai: «Quelle sono lesioni», ma qualcuno alle mie spalle mi intimò di stare zitto. Mi dissero che quella persona era il questore di Perugia".
Rif.1 - Corriere della Sera - 24 gennaio 2004 pag.17

giovedì 26 novembre 2009

Gabriella Ghiribelli - Dichiarazioni

Gabriella Ghiribelli, fu ritenuta un teste fondamentale dalla Pubblica Accusa durante il processo a Mario Vanni e Giancarlo Lotti, come del resto Filippa Nicoletti. Il 21 dicembre 1995 dichiarò: "Premetto che esercito l’attività di prostituta in Firenze, in via Fiume. Conosco Vanni perché abitava nella stessa via. (...)Conosco il Lotti. Ho avuto rapporti intimi con lui. (...) Per quanto riguarda Pacciani Pietro io l’ho visto a casa di Indovino Salvatore quando arrivava il camper del personaggio che faceva il medium e che parlava siciliano (mago Manuelito n.d.r.)". Quest’ultima dichiarazione, sarà smentita dalle successive sommarie informazioni testimoniali rese dalla Ghiribelli il 27 dicembre 1995. In una registrazione telefonica intercettata il 21 dicembre 1995, tra Ghiribelli e Nicoletti, su utenza in uso alla Ghiribelli, emerse quanto segue: Ghiribelli: Sanno addirittura di quello dell’emporio! Quello che c’aveva il negozio di alimentari agli Scopeti. Nicoletti: Sì. Ghiribelli: C’hanno il nome mio, c’hanno il nome suo, c’hanno il nome tuo! Giancarlo ha fatto i nomi. Nicoletti: Ma tu lo conoscevi?. Ghiribelli: No. Nicoletti: Io non l’ho mai visto. Ghiribelli: No, il Pacciani poi non lo conoscevo. Nicoletti: E allora a noi non ci importa niente! Ghiribelli: Sì, ma allora perché Giancarlo ha messo il no me mio? 11 nome tuo? Filippa: Perché è un coglione e basta! Ghiribelli: Bisogna chiarirlo questo discorso! Ora io mi devo presentare domani mattina. Nicoletti: Ma noi siamo pulite! Noi non c’entriamo pro prio nulla. Ghiribelli: No, no, vogliono sapere chi è quello di Prato. Te lo ricordi? Nicoletti: Io non lo conosco. Ghiribelli: Ufficialmente no! E chiaro! Anche io non lo conosco. E poi vogliono sapere chi era questo mago che ve niva a fare le magie nere da Salvatore! Io non lo so! Veniva con un camper. Siciliano, gli ho detto io. Poi io non lo so! Io da Salvatore andavo tutte le sere a fare le punture quando tornavo da fare la mignotta. Gli facevo le punture e basta. Nicoletti: Ma questo è successo dopo che io sono venuta via. Ghiribelli: Ma questo sta succedendo perché quel cretino di Giancarlo ha fatto il nome mio e il nome tuo. Non ho capito per quale motivo! Lui è cretino. Nicoletti: Lui si impiccia nei guai senza volere, perché lui non sa nulla. Soltanto che ora sta facendo il nome delle per. sone che conosce. Che cazzo c’entriamo noi con quelle persone? Ghiribelli: Mi hanno chiesto: “Ma lei come lo conosce Giancarlo?”. “Perché ci vado a letto e mi paga!” Ho fatto male o ho fatto bene?... Poi: “Conosce Filippa?”. Nicoletti: Io l’ho visto per televisione. Ghiribelli: Anch’io l’ho visto per la prima volta in televisione. Nicoletti: Io l’ho visto sui giornali. Ghiribelli: Invece lui gli è andato a dire che io e te si conosceva il Pacciani. Nicoletti: Ma guarda questo stronzo! Sai icché? Per conto mio l’è morto, guarda! Ghiribelli: Nooo, tu sbagli te. Nicoletti: Allora perché mi deve mettere di mezzo? Ghiribelli: E perché mi deve mettere di mezzo a me? Io facevo la mignotta. Icché c’entra Pacciani, porco Dio! Il 27 dicembre 1995, Ghiribelli, in presenza del dott. Giuttari: "Confermo le dichiarazioni rese il 21 dicembre '95, ad eccezione di due particolari: "La seconda circostanza che non confermo, in quanto non è stata da me riferita così come è stata verbalizzata, forse causata da me, che non mi sono saputa esprimere, è quella relativa alla presenza di Pacciani a casa Indovino Salvatore, in occasione dell’arrivo del personaggio da me indicato come medium, che giungeva con il camper. Devo infatti precisare che non ho mai visto il Pacciani Pietro né a casa dell’Indovino, nella circostanza riferita nel precedente verbale, né in altre circostanze. Ho visto Pacciani solamente in televisione o sui giornali". Ci sono, dunque, due contrastanti dichiarazioni rese dalla Ghiribelli su tale punto. In un'altra telefonata tra Nicoletti e Ghiribelli quest'ultima riferisce: "Mi hanno chiesto se da Salvatore si facevano orge o sedute spiritiche, perché è stato fatto il nome di Luciano, della Grazia e di quello del camper, Manuelito. (...) Io non l’ho mai visto fare." L'8 febbario 1996, dinanzi ai P.M. di Firenze, Gabriella Ghiribelli dichiarò: "Abbiamo abitato a San Casciano in Borgo Sarchiani... l’Indovino, nel periodo in cui abitavo a San Casciano, era molto malato. (...) Tornando alle persone che il sabato sera erano da Salvatore c’erano: Luciano, la Grazia, "il Sebastiano", Manuelito e Agnello Domenico". Altre dichiarazioni sono state rese dal la Ghiribelli all’udienza dibattimentale del processo Vanni-Lotti del 3 luglio 1997. Ghiribelli parlando del mago Indovino e della casa di via di Faltignano riferiva: "L’unica cosa che a me faceva arrabbiare era perché facevano dei riti, una cosa e un’altra.(...) Vanni è venuto con me una volta sola, le altre due o tre volte andava con la Filippa Nicoletti e con l'Antonietta Sperduto. Era tutta una cricca, andavano tutti da Salvatore, lui, il Vanni, il Pacciani, il Giancarlo." Il 3 luglio 1997 si contraddiceva rispetto alle precedenti dichiarazioni rese il 27 dicembre '95: "Si trovavano sempre lì, soprattutto il sabato e la domenica, lo so perché le ho viste. C’era Giancarlo, c’era Mario, c’eraVanni, c’era l’Antonietta, c’era la Milva Malatesta". Poi parlava delle prostitute del Vanni, frequentate a Firenze: "Lui se la faceva con due ragazze di Prato. Lui andava anche con quelle due di Massa, una era bionda e una era mora. Tra l’altro erano due sorelle. Andava a Firenze al “Mia Cara”, dietro a via Faenza, con la Filippa". "Il “Mia Cara” era una pensione io c’ero, ho visto il Vanni, ho visto il Lotti, il Pacciani, tutti quanti." Su domanda dei Pubblico Ministero: "No, un momento, io non è che ho visto queste riunioni, specifichiamo. Ho trovato tante volte una stella a cinque punte, dei ceri, delle bottiglie vuote, dei preservativi; sul letto spesso c’era dei sangue, (...) Io ho visto anche un cartellone, c’era una lettera da una parte c’era un “sì” e da un’altra c’era un “no”. Poi c’erano tutte le lettere dell’alfabeto e nel mezzo c’era sempre una tazzina di caffè". PM: Senta, ci può parlare di tutte le persone che lei a suo tempo ha memorizzato, che frequentavano questa casa? Finora ho capito Vanni, Pacciani, l’Indovino. Ghiribelli: Cioè, il fratello di Salvatore, che era Sebastiano; poi c’era anche un altro che viaggiava con un camper poi c’erano delle persone che erano di Prato. Luciano che frequentava una ragazza piuttosto grassoccia, io Salvatore l’ho conosciuto a Prato tramite il fratello Sebastiano. In questa casa ce n’era tante di minorenni. PM: E chi ce le portava? Ghiribelli: O Sebastiano... o quello lì, o quello là... Giancarlo anche, parecchie; le raccattavano a Prato loro, perché frequentavano questo bar, parlando in Piazza Duomo, e loro venivano tutti in Piazza del Duomo. PM: Tutti chi? Ghiribelli: Giancarlo, Sebastiano, Salvatore, Lucianino e un certo Domenico Agnello. Faltignano era frequentato anche da un certo Ezio, che aveva un negozietto e che era più che altro amico di Salvatore, comunque frequentava sia la Filippa che me. Salvatore faceva filtri, faceva le carte. PM: Sa se la casa di Indovino era frequentata anche dai sardi? Ghiribelli: No, veniva Agnello, era siciliano, che però era amico di Vinci, quello che hanno ammazzato. Vinci Francesco e Domenico Agnello so che erano amici, perché venivano spesso a Prato, al Bar Rolando. C'era anche un certo Draculino, sardo, che frequentava la casa, però che si chiamava Sanna. Anche questo Sanna era amico dei Vinci, perché tutti frequentavano il Bar Rolando, che era un ritrovo proprio dei sardi. Il 28 febbraio 2003 dichiarò: "Nel 1981 vi era un medico che cercava di fare esperimenti di mummificazione in una villa vicino a Faltignano, che da quello che sapevo sembra che l’avesse comprata sotto falso nome" In quell’occasione le fu mostrato l’album numero 1 del 2003, che conteneva trentacinque foto; lei dopo averle esaminate dichiarava: "vedo l’orafo... l’altro medico di Perugia". Le venivano fatte vedere le foto numero 15,22,23 e 25 e su queste lei diceva: "Mi dicono qualcosa, ma non riesco a focalizzare bene". La foto 23 è quella di Calamandrei Francesco. La Ghiribelli poi proseguiva: "...E di questo posto mi parlò anche Giancarlo Lotti in più occasioni e sempre negli anni '80, quando ci frequentavamo"; Parlava poi di una "Marisa" che veniva da Massa unitamente alla sorella e alle ragazzine che portava: "...venivano da Marina di Massa, da Massa, da Viareggio, da Perugia; ricordo che venivano in pullman ed io personalmente ebbi modo di vederle insieme a queste minorenni; era sempre di venerdì e venivano a mangiare a casa mia a San Casciano. Devo precisare che venivano solo le due sorelle a mangiare, mentre i bambini sparivano". Il 1° marzo 2003 riferì: "Circa il dottore svizzero di cui ho parlato, lo vidi a San Casciano al Bar Centrale, insieme all’orafo e al medico delle malattie tropicali. Lo vidi viaggiare con un’auto, di lusso, nera con le codine, che ho spiegato ieri. (...) Ricordo bene che in un’occasione lo svizzero si fermò con l’auto davanti al bar e fece salire l’orafo, come pure vidi bene la macchina; presero la direzione della villa. Ricordo che era di pomeriggio; all’epoca abitavo in Borgo Sarchiani". A questo punto l’ufficio mostrava alla Ghiribelli il fascicolo fotografico redatto dai Carabinieri, relativo ai rilievi eseguiti in via di Giogoli nella via Vingone di Scandicci, su richiesta del dottor Rotella dell’anno 1983. Ghiribelli lo sfogliava e dichiarava: "Fra le macchine parcheggiate quella grande scura che si vede di profilo è proprio il tipo di macchina di cui ho parlato e sulla quale vidi lo svizzero insieme all’orafo. (...) Da quello che ho saputo lo svizzero aveva comprato la villa sotto falso nome e viveva da solo, almeno come si diceva in paese". Verbale ispezione Ghiribelli 1 marzo 2003 pag. 1:"Giancarlo mi fece vedere anche dove furono uccisi i due tedeschi e mi disse che il Pacciani l’aveva costretto, perché lui aveva visto la storia degli Scopeti (...) e allora gli disse che doveva sparare a questi qui “così tu sei dei nostri”. Il 5 marzo 2003 in merito ai festini che avevano luogo a Villa La Sfacciata dichiarò: ". . .posso dire che quando il venerdì notte avvenivano ed io ero presente, c’erano molte persone che partecipavano, tra cui c’era l’orafo, di cui vi ho già raccontato, il carabiniere di San Casciano, il medico delle malattie tropicali, la Filippa Nicoletti, la Milva Malatesta, Ezio, che è il droghiere, assieme alla moglie, il capo degli Hare Krishna, Sebastiano Indovino che si accompagnava con dei bambini minorenni di circa otto-undici anni". Polizia Giudiziaria: Come mai quando ha riferito in passato dei festini a casa di Salvatore, non ha parlato anche della partecipazione dell’orafo e del medico delle malattie della pelle? Ghiribelli: In verità io mi ricordo che durante il processo fatto a Lotti Giancarlo e Vanni Mario io parlai dell’orafo e del medico delle malattie della pelle, ma non venni presa in considerazione. Comunque, durante i verbali fatti in Questura non ne parlai perché le domande che mi venivano poste riguardavano il Lotti e il Vanni. Polizia Giudiziaria: Sa dirmi dove avvenivano i reclutamenti dei bambini? Ghiribelli: Non sono a conoscenza di cosa facessero fare a questi bambini, in quanto io dovevo venire a Firenze a lavorare; comunque, questi bambini erano sempre diversi. So che provenivano dalla zona di Prato, ma non sono a conoscenza di come facessero a convincerli.... Io ho anche parlato con loro, ma non ho avuto l’impressione che fossero stati costretti, i bambini di otto-undici anni. Le feste avvenivano sempre a casa di Indovino, tranne una volta che andarono in un cimitero assieme al capo degli Hare Krishna. Infatti il giorno dopo c’era un articolo sulla “Nazione” che diceva che sconosciuti avevano scoperchiato le tombe. Il cimitero era nei dintorni di San Casciano e il periodo erano i primi anni Ottanta. Il 5 giugno 2003 dichiarò: "Riconosco l’uomo la cui foto è contrassegnata con il numero 4, cioè il medico svizzero di cui mi aveva parlato Lotti. E’ quello che l’ho visto andare a bordo della macchina scura in compagnia dell’orafo di San Casciano” . “Sono certa altresì che si tratta della stessa persona che si accompagnava spesso con il medico di Perugia. Ricordo che il Lotti in merito a questa persona mi aveva riferito che il medesimo era entrato in possesso di alcuni papiri riguardanti la mummificazione, ma lo stesso si lamentava che mancava una pagina." La persona rafficgurata nella foto n.4 non era Rolf Reinecke che non ha mai abitato a La Sfacciata. La Ghiribelli aggiungeva: "...e il periodo in cui ho visto queste persone, cioè il dottore svizzero e gli altri, che vi ho appena descritto, era l'82-'83; di questo periodo sono certa". Aggiungeva: "Ricordo che il Lotti mi raccontava che lui, con Pacciani e Vanni, quando trovavano un posto appartato frequentato da coppiette, lo dovevano riferire al medico svizzero, all’orafo e al dottore delle malattie tropicali”. L'11 luglio 2003 riferì: "Ho visto questo individuo, (il Parker) dare soldi al Lotti. Queste somme erano costituite da svariate banconote da cento, credo che fossero qualche milione; credo che usava questi soldi per portare fa nipote del Vanni al mare, o per andare con la Nicoletti Filippa a mangiare e a farci l’amore. (...) La sua autovettura, (quella di Ulisse-Parker), era sportiva. Ora che ci penso ricordo che almeno in un’occasione ho visto il dottore svizzero, che ho già indicato e riconosciuto in una foto che mi avete mostrato in una precedente verbalizzazione, e l'Ulisse, insieme al Bar Centrale di San Casciano, nei primi anni Ottanta abitavo presso un albergo situato in via de’ Banchi; durante quegli anni all’interno dell’albergo ho conosciuto due ragazzine che ricordo chiamarsi una Marisa e una di cui non ricordo il nome, che giungevano a Firenze il venerdì mattina, o il giovedì sera, ripartendo la domenica sera; la medesima è la stessa Marisa che portava i bambini ai festini che avvenivano a Faltignano e alla Sfacciata". Il 22 luglio 2003 fu nuovamente sentita: "Sia il Lotti che il Galli mi avevano riferito delle feste alla “Sfacciata”. A dire del Galli erano feste davvero belle, dove ci si divertiva molto". In una breve intervista alla Ghiribelli, che risulta effettuata nel corso dell’anno 2001 e trasmessa, il 12 febbraio 2004, nella nota trasmissione “Un giorno in Pretura” dichiarò: "...ti sto parlando con il cuore in mano, ho già detto che non mi fido nemmeno della mia ombra." Chiestole se "di tutto questo gruppo di merende, a San Casciano, sapevano" la Ghiribelli rispondeva: "Sì, sì, lo sapevano, lo sa anche qualche altro, lo sa”; infine, chiestole se, secondo lei, "c’è qualcuno che sa e ancora non ha parlato", affermava, rivolta all’intervistatrice: "anche in farmacia dovresti andare, però li devi prendere di brutto, a cattiva devi andare, eh..." Rif.1 - Sentenza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze contro Francesco Calamandrei del 21 maggio 2008

mercoledì 25 novembre 2009

La perizia sul camper

I periti medico-legali, prof. Graev, prof. Maurri, dott.ssa Cucurnia fornirono una perizia molto dettagliata circa i fori dei proiettili sul camper di Rusch Uwe Jens e Horst Meyer.
Nella perizia si legge che "nella fiancata destra sono presenti due fori, di cui uno, nel finestrino posteriore, posto all'altezza di m. 1,40 da terra, l'altro, nel vetro dello sportello, sito presuntivamente a m. 1,45 da terra. Nella fiancata sinistra vi sono invece tre fori di proiettile di cui il primo, posto nella parte posteriore, a m. 1,37 da terra; il secondo nel finestrino col vetro opaco, a m. 1,40 da terra; il terzo nel finestrino col vetro trasparente, a m. 1,37 da terra. Va precisato che per quel che riguarda il foro A i periti non sono stati in grado di indicare l'altezza effettiva da terra, poiché nel corso dell'affrettata rimozione del mezzo il vetro si era sbriciolato, disperdendo le tracce del foro del proiettile. Tale altezza è però determinabile esattamente in m. 1,50 partendo dalle uniche misurazioni fatte dalla polizia scientifica quella sera e riportate nel fascicolo dei rilievi tecnici. Infatti il foro B era situato a cm. 10 sopra la base dei finestrino, mentre il foro A era collocato a cm. 20 sopra la base stessa. Poiché le basi dei due finestrini sono situate alla stessa altezza, è evidente che il foro A era posto dieci centimetri più in alto dei foro B, e quindi a cm. 150 da terra, essendo quest'ultimo, come si è visto, posto a cm. 140 da terra. Se si eccettua il foro A vi è, come si vede, una certa uniformità dell'altezza dei cinque fori di proiettile, due dei quali sono collocati a 140 cm di altezza da terra, gli altri due solo pochi centimetri più in basso. Va rilevato inoltre che non furono trovate tracce di affumicatura né sui vetri dei finestrini né sulle fiancate in corrispondenza dei fori dei proiettili, circostanza che, secondo i periti balistici, starebbe ad indicare una distanza minima di 40 cm dalla bocca da fuoco al momento dello sparo, il che ulteriormente dimostra che l'omicida non aveva sparato a contatto o quasi a contatto con le fiancate dei furgone. Altra notazione oggettiva è che tutti i fori dei proiettili rilevati sui finestrini e sulle fiancate sono fori di entrata."
Rif.1 - Sentenza della Corte di Assise dell'1 novembre 1994 contro Pietro Pacciani (testo in corsivo)

martedì 24 novembre 2009

Giovanni Calamosca - Intervista per Chi l'ha visto - 11 dicembre 2001

La trasmissione televisiva "Chi l'ha visto?", nel 2001, raccolse la testimonianza che segue da Giovanni Calamosca.

Dov'è nato?
A Imola.
Da quanto vive qui (Ca'Buraccia, sull'Appennino Tosco Emiliano)
?
Dal 1952-1954.
Che lavoro ha fatto?
Il pastore.
Quanti anni ha?
Settantaquattro.
Ha conosciuto Giuseppe Barrui?
Ho conosciuto Giuseppe Barrui perché trattai con lui cento pecore; stava qui sopra a Bologna. Poi l'ho conosciuto perché sono andato a comprare un montone da lui, che abitava a Comacchio.
Conosceva i Vinci?
Sì, tutti e due. Conoscevo meglio Francesco, abbiamo fatto diciotto mesi a San Giovanni in Monti, innocenti. Lui scriveva a venti trenta donne, a tutti quegli avvisi dei giornalini; aveva dei pacchi di lettere così. Io mi divertivo a leggere le lettere per non pensare alla tragedia che uno ha quando fa della galera innocente. La sua amante era Barbara Locci. Il marito era contento che Vinci andasse a letto con lei, gli portava il caffè a letto. Questa è la sacrosanta verità che mi ha raccontato lui, non sono bugie. Solo che dopo Barbara Locci ha trovato questo toscano, e lì sono nate le gelosie ed è successo quello che è successo.
A lei, però, Francesco Vinci racconta che quella notte dell'agosto 1968 a uccidere i due amanti era stato lui.
Sì, insieme a Mele.
Vengono uccisi con una pistola, la calibro 22, che sarà quella del mostro di Firenze. La pistola era di proprietà di Francesco Vinci, le ha raccontato che fine ha fatto?
No, non me l'ha mai raccontato, io non ci ho mai capito niente. Però, voi vi dovete fare indietro nel tempo. Francesco Vinci aveva un'amante - non mi ricordo più il nome - ed è stata ammazzata, bruciata (Milva Malatesta).
Dopo, hanno ammazzato anche Francesco Vinci, nel 1993, è stato bruciato. Non si brucia uno per un furto di pecora come poteva fare lui, o per un furto di due maiali.
Perché ricorda questo particolare per spiegare il delitto del 1968 e quella pistola?
Perché ho sempre avuto questo presupposto, che qualcuno, il vero mostro, avesse paura o fosse ricattato e abbia avuto l'interesse di togliersi sia il Vinci sia l'amante, che sapesse qualcosa anche lei. Io guardi a tutta la storia di Pacciani non ci credo.
Pacciani non era il mostro di Firenze?
No, nella maniera più assoluta, come neanche quello che è all'ergastolo.
Intende i "compagni" di Pacciani?
Sì, sì...
A casa sua sono passati Mario Sale e Giovanni Farina?
Sì, è la verità. Ma ci ho rimesso sempre di tasca.
Che faceva lei quando venivano sequestrate queste persone?
Io mi mettevo le mani nei capelli, perché sapevo che prima o dopo mi capitavano dei casini.
Vigna cosa le chiese durante il periodo in cui accadevano questi rapimenti?
In un primo momento, prima, ha creduto che io fossi il mostro di Firenze. Io sulla "Nazione" sono stato cinque o sei mattine, così piccolo, in fotografie in prima pagina, così piccole; e lui là grande, con la mano così, con la toga, così grande.
Quando qui in questa stanza c'erano Mario Sale e Farina di cosa si parlava? Cosa le dicevano?
Niente, si parlava di pecore, si parlava perché io poi ero diventato socio con Farina, avevamo un branco di pecore assieme, dei cavalli assieme.
Avevate i vostri affari...
Puliti.
Degli affari sporchi lei non sapeva niente, però Vigna da lei voleva sapere questi affari sporchi?
Appunto.
Vigna voleva che lei parlasse?
E io l'ho anche aiutato Vigna, se vuol dire la verità. Forse, se non Vigna, ho aiutato molto di più la Criminalpol di Firenze, gli ho dato delle mani forti - lasci perdere, non posso dire niente.
Mi fa capire queste "mani forti"...
Non posso dire niente. Non mi chieda altro.
Ma per il "mostro" o per i rapimenti?
Per i rapimenti.
Riguarda, forse, il sequestro Berardinelli?
No, prima, prima ...
Il sequestro Fantazzini?
Non mi chieda niente.
In un articolo de "La Nazione" c'è scritto "Vigna ha coperto i sardi, sulla vicenda del mostro di Firenze spunta un altro testimone".
Per me è tutta una montatura. Vigna non ha coperto nessuno, glielo dico pure che io mi sono trovato interrogato più di una volta, più di due.
Da Vigna?
Da Vigna. Vigna non ha coperto nessuno, Vigna non ha mai avuto rispetto per nessuno.
Chi può aver parlato?
Non credo io che sia un sardo, perché i sardi hanno solo interessi a tenere coperta la faccenda. Quando fu arrestato Vinci per il mostro, perché sospettavano lui, è stato arrestato in 'sta casa, qui, il 15 agosto che c'avevamo una cena. Com'è che subito dopo sono successi altri due delitti in poco tempo? Lo facevano per tirar fuori Vinci. E allora chi è che ha ammazzato Vinci? Chi è stato che ha ammazzato l'amante? Com'è che è sparito il fratello di Vinci?
Rif.1 - Chi l'ha visto - Puntata dell'11 dicembre 2001

lunedì 23 novembre 2009

I "mostri di Firenze" e l'Alchimia

Autore: Vittorio Fincati
Prima edizione: Carpe Librum - 2001 - 52pp - brossurato
Collana: Goezia
Dalla presentazione:
Questo volume tratta di Firenze e dei suoi "mostri". I titoli dei capitoli: Firenze città nera?; Francesco Prelati; Guido degli Anastagi; alchimia di laboratorio e uso del sangue; omici rituali e magia sessuale; i mandanti di Pacciani sono alchimisti?; In appendice: una dottrina inquietante?

sabato 21 novembre 2009

Dichiarazioni di Mario Vanni - 28 dicembre 2004 - Seconda parte

Nel corso dell'incidente probatorio, nell'udienza del 28 dicembre 2004, ebbe luogo l'interrogatorio che segue:
Segue dalla prima parte.
PM: Lei ricorda come l’ha conosciuto, come siete diventati amici?
MV: Siamo paesani, no? Andavo a piglia’ le medicine per la mi moglie, no?
PM: Ho capito...
MV: Eh, ha capito.
PM: Io però le ho chiesto quando andava a trovarlo a casa di cosa parlavate, perché lei ha detto che parlavate delle vostre cose. Deve essere proprio un argomento così delicato dato che non ci vuol dire quali erano le vostre cose.
Avvocato Filastò: Mah, veramente l’ha fatto diventare delicato lei con questa insistenza sulle “cose vostre”.
PM: E io le ho chiesto e le chiedo quali erano gli argomenti di cui lei e Calamandrei parlavate, dato che eravate amici.
MV: Mah, a piglia’ le medicine, si parlava così.
PM: Però poi ha detto che andava a trovarlo a casa, eravate amici e parlavate delle vostre cose.
MV: SI.
PM: Vorrei capire come e perché sono diventati amici. Lei ha detto eravate amici. Ci vuole spiegare?
MV: Eh, andavo a piglià le medicine, si parlava così, in amicizia, no? Per la mi moglie, le medicine, la roba, le medicine per casa.
PM: Ma perché andava a casa del Calamandrei?
MV: Mah
PM: Quando lei andava a casa del Calamandrei di che cosa parlavate?
MV: Si parlava così, d’amicizia nostra, qualche discorso si faceva, ma nulla di straordinario.
PM: Allora se non c’è nulla di straordinario ce lo può dire.
MV: Mah, io la senta...
PM: Parlavate di sport?
MV: Si, si è parlato anche di sport, ha voglia.
PM: Senta una cosa: sa se il Calamandrei andava a caccia, per esempio?
MV: Mah, non lo so. Ma, io non credo.
PM: No. Se aveva amiche donne?
MV: Non lo so.
PM: Lei ha mai parlato... le ha mai parlato il Calamandrei se aveva problemi con la moglie?
MV: Non me ne ha mai parlato.
PM: Quando era presente la moglie di che cosa parlavate?
MV: Mah, io andavo a piglià le medicine, ma poi ‘un facevo mica nulla di straordinario.
PM: La moglie era anche lei in farmacia? Le dava le medicine anche la moglie?
MV: No.
PM: Sa se il Calamandrei aveva delle armi?
MV: No, codesto affare non lo so.
PM: Ha mai sentito parlare in quella casa di pistole?
MV: No, mai.
PM: La moglie ha mai parlato di pistole?
MV: No, mai.
PM: A quelle cene ci sono stati il Pacciani e il Lotti?
MV: Mah, qualche volta ci sono stati.
PM: Il Calamandrei era anche amico di Pacciani e Lotti, come ha detto lei?
MV: Sì.
PM: E come lo sa? Li vedeva insieme?
MV: Mah.
PM: Cosa vuoi dire “mah”? Sì o...?
MV: Un lo so.
PM: Ha detto “mah”, ci vuole spiegare cosa vuol dire?
MV: Mah, icché devo dire? lo non lo so mica. Icché sapevo l’ho detto, altre cose non le so, ha capito?
PM: Le ho chiesto se si frequentavano. Mi ha detto “sì”. Le ho chiesto se erano amici, mi ha detto “mah”.Vorrei sapere come ha capito che erano amici. A casa, quando andava lei, a volte è capitato che ci fossero anche Pacciani e Lotti?
MV: A volte c’è stato.
PM: A volte c’è stato. C’è stato Pacciani e Lotti o l’uno o l’altro? A casa di Calamandrei...
MV: Si.
PM: C’era presente anche lei?
MV: Eh.
PM: Eh, sennò come fa a saperlo? E di che cosa parlavate nelle volte in cui a casa eravate lei, Pacciani e Lotti e Calamandrei?
MV: Icché si parlava.., io pigliavo, andavo per piglià le medicine per la mi moglie, poi le altre cose...
PM: In casa eravate... quando eravate voi quattro di che cosa parlavate?
MV: Eh, ‘un lo so.
PM: C’erano anche altre persone oltre Pacciani, Lotti, lei, Calamandrei?
MV: No.
PM: O eravate voi quattro e basta?
MV: Un lo so io quest’affare qui.
PM: Ma cos’era, la sera, la mattina, il giorno?
MV: Si, di giorno, no
PM: E perché lei Pacciani e Lotti andavate insieme a casa di Calamandrei?
Avvocato Filastò: Questo non l’ha mai detto, che ci andavano insieme.
PM: E allora perché vi siete trovati insieme? Qual è il motivo che vi univa insieme in quella casa, in quei momenti?
MV: Io andavo a piglià le medicine per la mi moglie, poi le altre cose io ‘un le so.
PM: Andavate insieme, tutti e tre, voi, da Calamandrei, o vi trovavate lì?
MV: Si.
PM: Andavate insieme?
MV: Ci si trovava lì.
PM: Vi trovavate o ci andavate insieme tutti e tre?
MV: Eh.
PM: Perché andavate a casa del Calamandrei?
MV: Mah, io andavo a piglia’ le medicine, gliel’ho detto. Fo i soliti discorsi io, no? E icché devo dire?
Avvocato Filastò: Gliel’ha detto cinque o sei volte.
PM: L’idea di andare avanti a trovare il Calamandrei ce l’aveva il Pacciani, il Lotti o ce l’aveva lei?
MV: Mh.
PM: E’ mai venuto a questi incontri anche il Pucci?
MV: No, io credo di no.
PM: Senta una cosa, lei ha sentito di cosa parlavano in sua presenza Pacciani e Calamandrei?
MV: No, erano amici, io icché ho a dire? Mah.
PM: E Lotti di cosa parlava?
MV: Andava a piglià le medicine anche lui, eh.
PM: Ma come mai capitava che eravate insieme lì voi tre più il Calamandrei?
MV: Siamo amici.
PM: Ci può spiegare perché andavate voi tre a casa del Calainandrei?
MV: Siamo amici.
PM: Allora ci parli di questa amicizia.
MV: Mah.
PM: Perché eravate amici? Qual è il motivo per cui voi quattro eravate amici? Chi è diventato amico prima del Calamandrei? Lei, Pacciani o Lotti?
MV: Mah, io ‘un lo so codesto affare.
PM: Ogni tanto capitava che andavate a casa del Calarnandrei?
MV: Mah, ogni quando in quando.
PM: Lei ha mai incontrato Calamandrei e Pacciani insieme per strada?
MV: Sì, sì, a volte li ho visti insieme.
PM: Dove?
MV: Eh, alla farmacia.
PM: Lei ha mai incontrato Calamandrei e Pacciani insieme per strada?
MV: Sì, sì, a volte li ho visti insieme.
PM: Dove?
MV: Eh, alla farmacia.
PM: Lei vedeva insieme Pacciani e Calamandrei? Li vedeva per caso?
MV: Sì, sì, di combinazione, li trovavo alla farmacia.
PM: Le è mai capitato di vederli per caso fuori?
MV: No, no.
PM: E allora come mai a volte vi trovate, vi trovavate, come ha detto lei, no? Insieme? Perché a casa?
MV: S’andava a piglià le medicine.
PM: Lei ci ha detto che conosceva anche il padre del Calamandrei.
MV: Sì.
PM: Ricorda quand’è morto?
MV: Un lo so.
PM: Lei è diventato amico di Calamandrei Francesco quando il padre era ancora vivo o era morto?
MV: Sì, era vivo.
PM: Lei ha conosciuto Francesco quando il padre era ancora vivo?
MV: Sì, bravo signor Canessa.
PM: Andava a casa di Calamandrei quando il padre era ancora vivo o...?
MV: Sì. (Gioacchino Calamandrei è deceduto nel 1971)
PM: Quindi da tantissimo tempo.
MV: Sì.
PM: Anche il Pacciani e il Lotti?
MV: Sì.
PM: E il padre era al corrente di questa vostra amicizia? Vi vedeva?
MV: Sì, ci vedeva.
PM: Il Pucci è mai venuto con voi?
MV: A volte è venuto (poco prima aveva detto di no... n.d.r.).
PM: Con voi dove, in farmacia o a casa?
MV: Sì, in farmacia.
PM: Insieme a voi o andava per conto suo?
MV: Insieme a noi.
PM: Quando eravate a casa del Calamandrei, voi, Pacciani, Lotti e a volte Pucci, c’era anche la moglie?
MV: Sì. L’ho detto, no? Eravamo noi solo quattro.
PM: Quando è morto il padre del Calamandrei grosso modo il figlio che età aveva?
MV: Un lo so.
PM: Quando lei ha conosciuto il Calamandrei, lei Vanni che età aveva?
MV: Sì.
PM: Lei quanti anni aveva quando ha conosciuto il Calamandrei?
MV: Eh, avrò avuto settantanni.
PM: Sa se il padre del Calamandrei era un cacciatore?
MV: Eh, un lo so...

venerdì 20 novembre 2009

Giuseppe Iommi

Avvocato fiorentino il 10 aprile 2003 dinanzi ai P.M. dichiarò: "Non conosco l’avvocato ..omissis... che lei mi dice essere di San Casciano. Conosco invece l’avvocato ...omissis... che è professore di diritto commerciale. Lo conosco perché è il nipote dell’avvocato ...omissis... con cui iniziai a lavorare negli anni 68-69 e nel cui studio sono rimasto dopo la sua morte. Lei mi chiede se conosco qualche avvocato che abita a San Casciano ed io le dico che a San Casciano non conosco nessun avvocato. Conosco l’avvocato ...omissis... anche lui era nello studio ...omissis... insieme all’avvocato ...omissis... L’avvocato ...omissis... non esercita più da tempo, abita all’lmpruneta da tantissimi anni. Mi è capitato a volte di andare a casa sua all’lmpruneta di pomeriggio o a cena anche in compagnia di mia moglie e dei miei figli. E’ capitato anche che lui sia venuto a casa nostra. Conosco Perugia per aver a volte visitato le sue bellezze artistiche ma non ho amici a Perugia. Ho avuto invece rapporti professionali per molti anni perché ho avuto varie cause in quella città. Tutto nacque negli anni '84-'85 ma, se necessario, potrei verificare le date esatte. Si è trattato di incarichi che ho avuto a seguito di una sollecitazione di professionisti di Perugia che mi hanno portato a curare cause di due loro clienti che già avevano come legale l’avvocato ...omissis... Non conosco nessuna persona di Perugia che frequentasse Firenze o che frequenti Firenze ora. Il nome Francesco Narducci è un nome per me nuovo. Non conosco alcuna persona con questo nome. L’ho letto per la prima volta nel biglietto di convocazione che ho ricevuto per oggi. Alcuni colleghi di studio, con i quali ho parlato della mia convocazione, mi hanno spiegato che è un nome apparso recentemente nelle cronache dei giornali e mi hanno raccontato sommariamente ciò che hanno letto. Loro mi dicono che lavorava con tale prof. Morelli. Anche questo nome non mi dice niente. Non ho mai avuto auto targate Perugia. Non ho neppure mai usato occasionalmente auto con la targa Perugia. Non ho mai avuto auto di colore verde ne tantomeno ho usato auto di quel colore, targate Perugia. Loro mi dicono che questo Francesco Narducci aveva una Citroen CX targata Perugia. Escludo di averla mai vista né tanto meno usata. Mi viene a questo punto mostrata la foto n.l allegata alla nota della Squadra Mobile di Firenze del 5.4.2003 in atti. Escludo di avere mai visto la persona raffigurata in quella foto anche se debbo dire che è un volto abbastanza comune come caratteristiche, ma non certo perché mi ricorda qualcuno da me conosciuto. Mi vengono a questo punto mostrate oltre alla foto n.1, anche le foto n.2,3,4 dello stesso album e mi viene detto che rappresentano Francesco Narducci. Confermo che non conosco in alcun modo la persona raffigurata in dette foto. Sono andato all’Isola d'Elba in vacanza per alcuni anni alla fine degli anni '50 e poi successivamente, diverse volte nei primi anni '70, in quanto avevamo una multiproprieta in un residence di Procchio che in verità abbiamo ancora ma nel quale non andiamo più da tempo."
Rif.1 - Sentenza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze contro Francesco Calamandrei del 21 maggio 2008
Nella foto Francesco Narducci

giovedì 19 novembre 2009

Memoriale di Pietro Pacciani - Giugno 1994

"Ho il cuore di padre infranto ed amareggiato, perché il 26 maggio vi hanno portato a testimoniare davanti alla corte cose false, dopo avervi istruite a dovere per uno scopo ben preciso. Vi siete presentate tremanti, impaurite, con lunghe pause, saltando da un discorso all'altro con parole inventate e che neppure nel processo del 1987 furono dette.
Vi ricordate quando tomai allora a casa e mi veniste incontro dicendomi che quelle cose ve le avevano fatte dire e noi ci chiedemmo scusa ed era stato tutto chiarito ed era ritornata la pace?
Ma come sei cambiata Graziella, non ti riconoscevo più, sembravi impaurita e tremante con quelle lunghe pause. A casa, in famiglia, invece, avevi una lingua di vipera che rispondevi a diritto e rovescio a noi genitori e fosti tu che ci buttasti a me e tua madre fuori di casa dopo che ti avevamo comprato la casa ché se non avessi avuto quelle tre stanze eravamo in mezzo ad una strada.
Ecco l'amore dei figli, ma io dico che non è colpa vostra poverette, siete state incitate a dire il falso dagli amici di Caino e di Giuda, come tutti gli altri falsi profeti. Noi genitori vi abbiamo voluto bene e non vi abbiamo mai fatto mancare niente, lavoravamo per voi per darvi un futuro migliore e vi misi pure in collegio a pagamento a San Casciano dalle suore e pagavo 400 mila lire al mese, per darvi un'educazione.
All'età di dodici anni una sera scappaste con due ragazzi di San Casciano e rimaneste tutta la notte in una casa in costruzione con questi due tanto che la madre superiora mi impose di riprendervi a casa perché non voleva più responsabilità. Vi ritrovò infatti la mattina una suora e per la prima volta le buscaste.
Vi mandavo a scuola, volevo per voi una laurea, vi comprai anche l'enciclopedia Conoscere e Sapere in 24 volumi con i vocabolari di inglese e francese, con il giradischi e i dischi per imparare le lingue, mi costò tanti soldi ma voi non avete letto neppure un volume e sta lì a casa mia ancora tutta nuova. Frequentaste le medie e non voleste più studiare, allora vi comprai una macchina elettronica automatica, una Necchi completa di accessori, per imparare a cucire, ma voi non avete imparato a cucire neppure un fazzoletto dopo tanto insegnamento e anche la macchina per cucire sta lì a casa vostra mai adoperata.
Voleste allora andare a lavorare a Firenze e vi aprii un libretto di conto corrente intestato ad ognuna e versando i soldi da voi guadagnati, aggiungendone dei miei, frutto del mio lavoro. Eravate a servizio, una a curare dei bambini, l'altra una persona anziana presso una famiglia di avvocati in viale Galileo, la signora Wilma Giacchetti con la quale avevamo fissato la paga sindacale prevista dalla legge e voi albergavate presso di loro e tornavate a casa il sabato.
Poi cominciarono a farvi lavorare anche il sabato ed erano più di due anni che eravate lì a lavorare e vi davano sempre la paga di apprendista facendovi alzare alle sette del mattino fino alle 9 di sera e tu Rosanna tornavi a casa la domenica sfinita dalla stanchezza e ti lamentavi ed io non ti mandai più. Mi telefonò questa Wilma e si litigò per telefono io dicendole le mie ragioni e lei si arrabbiò, ne disse di ogni colore ed io pure.
Eri a casa in attesa di trovare lavoro ed io mi alzavo alle sette per andare a lavorare e tornavo la sera alle sei e tu Rosanna in quel periodo avevi trovato un vagabondo che era sempre in giro per il paese con un motorino senza voglia di lavorare e ti eri fidanzata con questo. Ma lui aveva già la fidanzata e ti spillava tutti i soldi del libretto ed in breve tempo ti aveva tolto 2.800.000 e quando me ne accorsi ti chiesi dove avevi speso i soldi e quando mi dicesti che li avevi dati al tuo fidanzato facendomi il nome di questo vagabondo che era in procinto di sposarsi con un'altra, io ti richiamai al dovere di non incontrarlo più e farti ridare i soldi.
Ma tu mi dicesti che avrebbe sposato te e che tu eri innamorata e che non capivi la ragione per cui non potevi incontrarlo e siccome avevi paura che io lo scoprissi allora ti alzavi di notte mentre noi si dormiva ed uscivi, lo me ne accorsi ed allora ne buscasti ma io avevo ragione. Ogni altro padre te le avrebbe date. E fu così che scappasti a Firenze da questa signora Wilma con quale io avevo litigato e fu lei a convincerti a fare la denuncia nelle quale dicesti oltre alle cose vere anche quelle false e mi arrestarono.
Questo vagabondo Luca, sposò l'altra e tu t'ammalasti di esaurimento nervoso, fosti ricoverata quattro volte ma non guaristi quando tornasti a casa innamorastidi un vecchio pelato di 45 anni tu ne avevi venti. Ti riccordi? Ti si portava tutte le sere in macchina a Firenze e ti riportava a casa al mattino, ma non portava solo te, portava altre bambine di 12 anni con la scusa del gelato perché era un perverso malato che poi morì in un incidente stradale.
Tua madre non lo voleva vedere assieme a te e litigaste e vi graffiaste e tu lasciasti tua sorella Graziella e tua madre ed andasti a vivere con lui e morto lui tornasti a casa. E la casa era aperta. Ti abbiamo accolta, senza chiederti nulla. Ma tu non sapevi quello che facevi anche quando comprasti una batteria da cucina di 50 pezzi e spendesti 1.200.000 lire perché c'era in regalo un orologio di plastica da diecimila lire e di roba era piena la casa. E ad un certo punto cominciasti a fare la cura dimagrante e mangiavi la crusca come i polli e diventasti secca come una candela andando in deperimento organico e finendo per essere di nuovo ricoverata.
E quando tornasti andavi sempre in chiesa da don Marco a Mercatale ad imparare a cantare la messa e ti innamorasti del prete e lo hai detto pure in aula e avevi comprato anche il lettino per il bambino ed alle amiche che ti chiedevano cosa ne facessi tu rispondevi che era per il bambino del prete quando ti avrebbe sposata. E le tue arniche ti dicevano che eri una povera stupida perché i preti non si sposano ed allora tu andasti a sentire cosa diceva il prete e ci litigasti e tornasti a casa e buttasti via tutto.
Povere figlie mie, voi siete malate e bisogna comprendervi, ma chi non sa come stanno le cose crede che sia io il responsabile, e mi hanno fatto molto male le parole false che vi hanno fatto dire. Voi avete detto quello che vi hanno suggerito ed io mi domando cosa poteva fare un povero padre più di così? Domandatelo al parroco, è la verità."
Rif.1 - Visto n.26 - 1994

mercoledì 18 novembre 2009

Renzo Rontini - Intervista su La Repubblica - 03 novembre 1994

La giornalista Franca Selvatici intervistò Renzo Rontini, padre di Pia, una delle vittime del "mostro di Firenze", per il quotidiano La Repubblica.

Renzo Rontini: Quando le figlie di Pietro Pacciani hanno raccontato in aula le sevizie subite dal padre mi sono detto: per un uomo che tortura così le sue bambine, fin da piccole, uccidere è come per me fumare una sigaretta. Sì, quell' udienza è stata la più atroce. Quando sono uscito non capivo più niente, non vedevo più niente. Poi mi sono accorto che in quelle ore i miei dubbi erano diventati una quasi-certezza". "Anche perchè a lungo ho cercato di scappare dall' idea che quell' uomo fosse l' assassino di mia figlia. Ma ora riconosco che pian piano dentro di me si era fatta strada l' opinione che la sentenza ha confermato. E ora vorrei ringraziare i giudici per la serietà e il coraggio con cui hanno lavorato. Ma grazie è troppo poco. Sono stati grandi.
Signor Rontini, quando ha cominciato ad avere il dubbio che Pacciani potesse essere l' assassino? E' cominciato con una constatazione banale. Quando sono avvenuti gli omicidi lui era sempre libero, non stava in carcere a scontare qualche condanna. Poi ho scoperto che qui a Vicchio tanta gente lo conosceva come persona arrogante e violenta. Molti ricordavano il delitto del '51, molti ricordavano che durante un litigio aveva messo il padre su una graticola rovente. E le sue risse? Nessuno riusciva più a contarle. Poi ho saputo una cosa che mi ha folgorato.
Che cosa?
Ho saputo che per anni Pacciani aveva lavorato in un podere che si trova a trecento metri dal luogo in cui è stata uccisa mia figlia. E' un posto isolato e sconosciuto all' ottanta per cento dei vicchiesi. Lo conosce giusto qualche raro giovane, come mia figlia, che a torto credeva che fosse un posto tranquillo.
Poi la testimonianza delle figlie di Pacciani ha trasformato i suoi dubbi in una quasi-certezza. Ma è venuto un momento in cui si è sentito certo che fosse lui l' assassino?
Quello che mi ha fatto convincere che è lui l' essere che ha ucciso i nostri figli - Dio me ne voglia se dovessi sbagliare - sono state proprio le sue dichiarazioni di innocenza. E' stato quando ha detto che lui vuole bene a tutti, che adora le figlie, che non ha mai fatto del male a nessuno. Quel giorno mi sono detto: è lui.
Che cosa ha provato quando il presidente ha pronunciato la parola "colpevole"?
Un' emozione indescrivibile. Un dolore immenso. Ma anche un senso di giustizia e di speranza. Winnie e io non abbiamo raggiunto nulla. La nostra figlia non l' abbiamo più. Niente cambia nel nostro dolore. Ma forse altri genitori ora possono non tremare più quando i loro figli escono, non temere più che un assassino esca dall' ombra e glieli porti via. Ecco, io vorrei, e oggi io spero, che nessuno debba più soffrire come abbiamo sofferto noi.
Rif.1 - La Repubblica - 03 novembre 1994
Vedi anche:
Renzo Rontini - Intervista su Il Tirreno - 26 marzo 1998

martedì 17 novembre 2009

Mario Bellucci

Medico e amico di famiglia sia dei Narducci che degli Spagnoli. Maestro della loggia perugina cui aveva aderito anche il professor Ugo Narducci, padre di Francesco. Il 14 maggio 2002, dinanzi al Pubblico Ministero di Perugia, dott. Mignini, dichiarò: "Ricordo che qualche tempo dopo la sua morte apparvero sulla stampa fiorentina degli articoli che alludevano ad un possibile coinvolgimento di Francesco nella vicenda dei delitti del cosiddetto "mostro di Firenze" e so che il professor Ugo (Narducci n.d.r.), tramite il legale di fiducia, fece arrivare una sua diffida al giornale, diffida che fu poi pubblicata. (...) Nulla so di eventuali conoscenze fiorentine di Francesco". Il 28 gennaio 2004, il Corriere della Sera pubblicò alcune sue dichiarazioni: "Sono stato il loro testimone di nozze e per me Francesca era come una figlia. Di lui posso dire che era un ragazzo intelligente, ambizioso e un po' supponente anche verso la moglie. Non poteva essere visto con assoluta simpatia, sembrava sempre che giocasse. Avevo delle riserve nei suoi confronti, mi sembrava molto narcisista e capivo che Francesca soffriva per questo atteggiamento. Così gli consigliai una maggiore delicatezza".
Rif.1 - Corriere della sera 28 gennaio 2004 pag.18
Rif.2 - Sentenza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze contro Francesco Calamandrei del 21 maggio 2008

lunedì 16 novembre 2009

Filippa Nicoletti - Dichiarazioni

Filippa Nicoletti, fu ritenuta un teste fondamentale dalla Pubblica Accusa, come del resto Gabriella Ghiribelli. Il 27 novembre 1995 dichiarò: "Ho abitato in via di Faltignano fino al marzo del 1984. io, quando stavamo insieme, non l’ho mai visto fare il mago (riferentosi a Salvatore Indovino). Non ho mai visto in vita mia il Pacciani. L’ho visto in televisione e sui giornali. Ho conosciuto Lotti Giancarlo nel mese di agosto del 1981, mentre il mio convivente, Salvatore Indovino, era in carcere. L’ho conosciuto in piazza a San Casciano. Io vivevo da sola e da quel giorno il Lotti, mentre Salvatore era in carcere, ha cominciato a frequentare casa mia e abbiamo avuto rapporto uomo-donna. Il Lotti non mi ha presentato mai nessun uomo. Ho visto in televisione, al processo Pacciani, il postino Vanni. Escludo di averlo mai conosciuto e tanto meno che il Lotti me l’abbia presentato".
Nell'intercettazione telefonica del 16 dicembre 1995 Filippa Nicoletti diceva a Giancarlo Lotti:
Lotti: Ma a te cosa t'hanno chiesto?
Nicoletti: Più o meno quando ti ho conosciuto. Come ho fatto a conoscerti. Se io conoscevo le foto di persone che erano in un album. Se conoscevo la tua macchina. Se avevi una macchina rossa!
Lotti: La macchina rossa?... ah, sì! Ah! Io le ho avute! Ah, quel coupé, il 128! Ti hanno chiesto di quello? A me mi hanno tenuto troppo questa volta.
Nicoletti: Tu devi stare calmo! Devi dire!....
Lotti: Io non sono calmo, sono nervoso! Te lo sai! Tu mi conosci!
Nicoletti: Tu devi dire come stanno le cose se tu sai qual cosa.
Lotti: Lui mi ha detto: “Stai calmo, rilassati, non essere nervoso”. Ma come fo a non essere nervoso gli dissi.
Nicoletti: Io invece ero calmissima! Io ho detto come stavano le cose! Ti ho conosciuto nel mese di agosto del 1981, il mio uomo era in galera, mi accompagnavi al colloquio dal mio uomo, mi aspettavi fuori, poi mi riportavi a casa, è nata una simpatia e si è avuto anche rapporti... praticamente... ma le cose quando stanno...
Lotti: Io dico: che uno ha avuto rapporti o no, ma che gliene frega a loro?
Nicoletti: Oh, ma tu ci devi dire la verità! E inutile che non gli dici la verità!
Lotti: Io gli ho detto che sono andato a letto con te.
Nicoletti: Quello che succede tra un uomo e una donna, no?
Lotti: Sì! Io non lo so.
Nicoletti: Io non ci avevo nulla da nascondere! Non c’ho niente da nascondere.
Lotti: Te non l’hai conosciuto che persona è! Tu non sai nemmeno come è fatto! Se è grosso, se è basso, se è alto que sta persona qui».
Nicoletti: Chi lo sa! Io non li ho mai visti. Io li ho visti per televisione e sui giornali, ma erano amici di lui! Ma amici di lui? Che ne so io!.
Lotti: Non sapevi che faceva lui?
Nicoletti: Che ne so io! Era amico di Antonietta.
Lotti: Antonietta?
Nicoletti: Ma io sì e no! Se c’era, buongiorno e buonasera, perché non c’ero quasi mai a casa! Perciò come facevo a sapere se c’andavano? Che ne so?
Lotti: Ti ho telefonato per dirti queste cose, però che rimanga tra noi.
Il 6 febbraio 1996 riferì: "Ho conosciuto Indovino Salvatore ad Alessandria, dove io all’epoca abitavo con mio marito e due miei figli, nell’anno 1976". Nel 1976 la Nicoletti era ad Alessandria insieme al suo convivente Indovino. Alla fine degli anni Sessanta, dunque, il mago Indovino non era a San Casciano. "Nel 1997 insieme ad Indovino andai via da Alessandria; poi siamo stati a Ramacca, paese di origine di Indovino, prima a Firenze a prostituirmi, poi a Prato a casa di parenti dell’Indovi no; poi, nel 78, avevamo trovato un’abitazione in via di Faltignano di San Casciano e lì ci siamo trasferiti. Abitai in questa casa fino al 1984, allorché, a seguito di un litigio con l’Indovino, lo abbandonai ed andai ad Arezzo, con un giovane nuovo amante. La casa di Faltignano era piuttosto piccola, si componeva di un vano cucina, che era all’ingresso, una camera ed un ripostiglio; per entrare in casa si doveva salire alcuni scalini, cinque-sei, per cui era un piano rialzato". Questa descrizione, che sarà ripetuta anche dal Galli e da altre persone che avevano frequentato l’abitazione di via Faltignano, esclude la casa descritta da Marzia Pellecchia.
Il 10 febbraio 1996, dinanzi ai Pubblici Ministeri Vigna e Canessa: "Ho conosciuto proprio in quel periodo, ‘84-’85, a casa di Indovino, Ghiribelli Gabriella". Secondo la Nicoletti, dunque, la Ghiribelli nell’82-’83 non aveva ancora messo piede nella casa di via di Faltignano, ove lei dimorava in pianta stabile, avendola conosciuta nell '84-'85, quando era andata ad Arezzo e da quel momento la Ghiribelli l’aveva in pratica quantomeno parzialmente, sostituita, come amica di Salvatore Indovino, a cui andava a fare le iniezioni essendo gravemente malato a causa di un tumore. Da queste ultime dichiarazioni emerge un dato assolutamente certo circa la non contestualità di frequentazione fra la lei e la Ghiribelli nella stamberga di via di Faltignano di Indovino. Proseguiva: "Circa le persone che venivano a casa dell’Indovino negli anni '84-'85, quando io, come ho detto, ci capitavo, ho visto Luciano, la Grazia, Domenico Agnello, che ha portato una ragazza più giovane di lui, Margherita, e ci sono stati quindici giorni, era il 1978. Io sono andata ad abitare con Indovino in via di Faltignano nel marzo 78 e ci sono stata fino al 30 aprile ‘84. Loro mi leggono le dichiarazioni di una persona sentita dal Pubblico Ministero che descrive di aver visto la casa di domenica mattina in completo disordine, con preservativi usati, tracce di sangue sul letto, bottiglie di liquori, segni di riti, lo escludo di avere mai visto queste cose, io dico che tali cose non le ho mai viste, io escludo di aver parlato con chicchessia di questo sangue e che qualcuno me l’abbia chiesto. A proposito di Manuelito, l’ho conosciuto, era uno che stava dalle parti di piazza San Marco;, faceva il mago; sono stata a casa sua una volta, mi ci ha portato Salvatore; dall’84 non l’ho più ri visto. Salvatore l’aveva conosciuto in carcere a Firenze nell’81. Ricordo inoltre che quando era in carcere il Salvatore mi scriveva che si era messo a studiare la psico logia e che era in grado di fare una scheda con le iniziali dei nomi delle persone. Non ho mai visto nè Pacciani nè Vanni, che ho conosciuto in TV neppure a casa di Malatesta, che stava accanto a me".
Nell'intercettazione telefonica del 10 febbraio 1996 Filippa Nicoletti diceva a Giancarlo Lotti:
"Ma tutto quello che sta dicendo la Gabriella, questa l’è matta". La Filippa parlava del Lotti e anche della condizione in cui si trovava costui. A proposito del Pacciani si diceva: "Lui è furbo, si vede che è una persona furba, anche per televisione”, “Eh, vedo che questo, da come parla, è furbo, perché io di faccia non l’ho mai visto, né lui, né Vanni; io non li ho mai visti tutti e due, e poi la Gabriella ha fatto scrivere sui giornali, dice che soltanto la Nicoletti poteva soddisfare le voglie di Vanni, lo non l’ho mai vista questa persona. Una volta voleva venire, ma poi non è venuto"
Il 23 aprile 1996, davanti al P.M.: "All’Indovino non dicevo che andavo con il Lotti, perché Indovino non lo poteva vedere. Ho conosciuto il Lotti nell’agosto ‘81 al mercato di San Casciano, quando Indovino era in carcere. Per quello che so io, nel 1980 la Gabriella abitava a Prato. L’Indovino ha conosciuto la Gabriella a Prato, era nel dicembre ‘81. Erano insieme in ospedale, lei era alcolizzata, io sono andata via di casa perché non ne potevo più di questa situazione, il 30.3.84. Quando tornavo in via di Faltignano spesso c’era la Gabriella, che diceva gli faceva le punture. Era con il suo uomo Galli. Spesso c’era Luciano Paradiso con la Grazia, che non sapevano dove andare per stare insieme. Lì mangiavano e si divertivano e giocavano a carte anche quando Salvatore stava male".
Nell'udienza del 3 luglio 1997 riferì quanto già detto dinanzi al Pubblico Ministero, dottor Canessa ed in particolare: "Che io sappia, quando abitavo insieme all’indovino non faceva il mago. (...)Indovino è morto in Sicilia il 15 agosto dell’86". Ricordava poi i frequentatori della casa di Indovino elencandoli tutti. A domanda rispondeva: "Ho saputo che ospitava anche ragazze giovani erano, diciamo così, quelle che trovava a Firenze, sbandate, però di venti, ventidue, ventitré anni, che gli facevano pena e le faceva dormire lì, magari straniere, e poi il giorno dopo le mandava via". Poi ancora: "Ghiribelli e Vanni li ho visti a Faltignano da Indovino dopo l'84, fino all'84 no, però sapevo che la Ghiribelli aveva conosciuto l’Indovino in ospedale nell’81". E ancora "Io non ho mai visto in casa di Indovino segni di attività di magie, candele, roba, cose del genere. (...) Può essere che abbia visto un cartello con numeri e lettere con le scritte “sì” e “no”, perché poi lui voleva fare le carte a quelli che erano in crisi di matrimonio per vedere di rimetterli in pace. Ho conosciuto Manuelito, (...) Pucci Fernando”. Nel marzo 2003, nel corso delle indagini preliminari relative al procedimento contro Francesco Calamandrei dichiarava:"Ho vissuto nella casa di Faltignano di Salvatore Indovino fino al 30 aprile '84, giorno questo del suo compleanno; in questa data, a seguito di un litigio, andai via, trasferendomi a Castiglion Fiorentino. Fino a quando ho vissuto stabilmente con Salvatore questi faceva una vita abbastanza regolare. Fino a quando ho coabitato con lui non vidi fare nulla di magico, nè vidi a casa persone che lo trovavano per motivi di magia. So che era un amico del mago Manuelito, che Salvatore conobbe in carcere nel 1981". Le fu mostrato un album fotografico, riconobbe nella foto numero 15 Francesco Narducci, riferì d'averlo visto nel 1981, "forse nel periodo in cui Salvatore si trovava in galera. Mi viene detto che la persona raffigurata nella foto 15 è la stessa delle foto 13 e 14 e allora io rispondo che in effetti riscontro un rassomiglio, ma quando lo conobbi io questa persona era proprio com’è raffigurata nella foto numero 15, un fisico molto ben curato, alto, atletico. Ho un ricordo come se mi abbia detto di abitare a Prato. Non lo rividi più". La Nicoletti aggiunse che aveva visto Narducci una sola volta, a Firenze, in via Nazionale, dove insieme avevano mangiato alla Pizzeria “La Lampara: "Ricordo bene che in qualche occasione Giancarlo mi parlò di un amico americano con cui andava a pranzo e che l’aveva invitato anche in America, ma lui non ci era andato. Poi mi parlò di un amico tedesco, che aveva trovato a San Casciano e poi aveva visitato in Germania" (in realtà dagli atti emerse che Giancarlo Lotti si era recato in Germania per far visita ad altro cittadino tedesco di nome Heinz). "La Polizia Giudiziaria dava atto che le persone raffigurate nelle foto 19 e 27 erano Verdino Francesco e Candido Veronica ma la Nicoletti aggiungeva che di queste persone non sapeva nulla di più."
Rif.1 - Sentenza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze contro Francesco Calamandrei del 21 maggio 2008
Nella foto l'abitazione di Salvatore Indovino

sabato 14 novembre 2009

Dichiarazioni di Mario Vanni - 28 dicembre 2004 - Prima parte

Nel corso dell'incidente probatorio, nell'udienza del 28 dicembre 2004, ebbe luogo l'interrogatorio che segue:
(...)
Pubblico Ministero: Ma lei il Calamandrei lo conosce?
Mario Vanni: Sì.
PM: Da quando lo conosce, da quando?
Giudice: Da quanto tempo conosce il Calamandrei?
MV: Da parecchio.
PM: Come l’ha conosciuto? Sa che attività svolge?
Giudice: Ma ha capito la domanda? Come l’ha conosciuto?
MV: Ma, è... paesano.
PM: Paesano dove?
MV: San Casciano.
PM: E lei come l’ha conosciuto?
MV: Faceva il farmacista.
Giudice: Andava in farmacia qualche volta?
MV: Sì, ci sono andato (...)a comprare le medicine.
PM: Anche perché c’era un rapporto fra di voi di amicizia?
MV: No, di medicine, solo per quello, per le medicine.
PM: Lo ha incontrato sempre e solo in farmacia o anche altrove?
MV: Mah.
Giudice: Ha capito la domanda? Lo ha incontrato anche al di fuori della farmacia e dell’acquisto delle medicine?
MV: Sì.
PM: E dove vi siete incontrati e perché? E’ mai capitato che siete andati, non so, a cena fuori insieme con amici?
MV: Sì, siamo andati anche fuori a cena.
PM: Sa con chi siete andati fuori a cena?
MV: Mah, un lo so. Come fo’ a rammentarmi tutti questi cosi?
PM: Comunque con persone amici comuni? Ne ricorda qualcuna?
MV: Mah.
PM: Le chiedo uno sforzo, di ricordarsi qualcuna di queste persone. (...)Chi erano? Dove andavate? E se ci sa dire dove.
MV: A San Casciano.
PM: Ma a cena in casa di amici o in locali?
MV: No, in locali.
PM: Eravate più persone o lei e Calamandrei soltanto?
MV: Diverse persone.
PM: Le è mai capitato di andare lei solo con Calamandrei?
MV: No, non mi pare.
PM: Queste cene, queste frequentazioni, in che periodi erano?
MV: Non me lo rammento.
PM: Sono durate a lungo o per un periodo breve?
MV: Mah.
PM: Da tantissimi anni? Da quando era giovane? Non so, prima del suo arresto?
MV: Quando ero giovane.
PM: Anche il Calamandrei c’era quindi, che era più giovane di lei?
MV: Sì.
PM: Quando andavate a queste cene lei era la persona più anziana o era la più giovane?
MV: Mah.
PM: Quante persone eravate in genere?
MV: Mah, diverse, parecchi.
PM: Quanti sono?
MV: Dieci, forse più.
PM: Eravate solo uomini?
MV: Sì, solo uomini.
PM: La Ciulli, il nome Ciulli le dice qualche cosa?
MV: No.
PM: Le dice qualcosa il nome Ciulli?
MV: Sì.
PM: Prima diceva “no”, poi “sì”. “Cosa le ricorda? Sì nel senso che era la moglie o è un nome che conosce?
MV: Eh?
PM: Ha capito la domanda?
MV: Ho capito.
PM: Ma vorrei insistere, sa se la moglie si chiama Ciulli o si chiama, nonostante siano separati, non lo so...
MV: Mah.
Giudice: Allora, la conosceva questa signora Ciulli o non la conosceva?
MV: Mah.
PM: Ma ricorda se qualche volta a queste cene c’era anche la signora Ciulli?
MV: Mah, non lo so. Mah.
PM: Lei ricorda quando sono finite queste cene?
MV: Eh, da parecchio tempo.
PM: Lei ha mai avuto occasione di incontrare o di passare il tempo col signor Calamandrei?
MV: No.
PM: Ha parlato qualche volta così? Quali erano gli argomenti di cui parlavate?
MV: Mah, cose nostre.
PM: Cose vostre? E cioè? Ci vuole spiegare? Lei ha detto cose nostre, sembra di capire che avevate qualcosa in comune.
MV: Eh.
PM: Che cosa? Di che cosa parlavate?
MV: Icché gli ho a dire? Non lo so.
PM: Cerchi di ricordare, lei dice “cose nostre” vuol dire che qualcosa ha ricordato, sennò avrebbe detto di medicine, no? Quali erano le cose vostre?
MV: Mah, si parlava.
PM: Insisto, vorrei sapere di che cosa. Lei deve rispondere su questo, le ha detto il Giudice. Parlavate di lavoro?
MV: Sì.
PM: Ad esempio...
MV: Di queste cose qui.
PM: Parlavate di donne che frequentavate?
MV: Si può aver parlato anche di donne.
PM: Frequentavate donne in comune, per caso, conoscevate?
MV: Mah, no, codesti affari no.
PM: E allora perché dice “si sarà parlato anche di donne”? Cosa vuoi dire?
Giudice: Ha capito, allora, signor Vanni? Le sta chiedendo il Pubblico Ministero se ricorda chi fossero le persone che lei incontrava a queste cene.
MV: Amici, così.
Giudice: Ha qualche nome di cui si ricorda?
MV: Eh no, non mi ricordo.
PM: Ricorda l’ultima volta in cui ha visto il Calamandrei?
MV: Gli è parecchio, parecchio tempo.
PM: Lui lavorava ancora in farmacia o non ce l’aveva più?
MV: No, la farmacia.
PM: Lei lo sa se ce l’ha ancora?
MV: Mah, ‘un lo so mica io, ‘un ci sono più stato.
PM: Quando ha detto che vi incontravate e parlavate delle cose vostre ricorda dove avvenivano questi incontri e questi colloqui?
MV: E che ho a dire io? Non lo so.
PM: Lei è mai stato a casa del Calamandrei?
MV: Sì.
PM: Sa dove abitava?
MV: Ci sono stato.
PM: C'è stato?
MV: Sì, ma icché... icché vuol dire?
PM: Il Calamandrei veniva a casa sua?
MV: No, a casa mia il Calamandrei non c’è mai stato.
PM: Invece lei andava a casa del Calamandrei. E come mai andava a casa del Calamandrei?
MV: Eh, siamo amici.
PM: Ah, allora siete proprio amici.
MV: Sì, bravo; sì, bravo.
PM: E perché? Quali erano i motivi per cui andava a casa del Calamandrei?
MV: Mah, a piglià le medicine.
PM: Ma quando andava a casa del Calamandrei a pigliar le medicine, c’erano i suoi familiari? La moglie c’era?
MV: Si. C’era anche la moglie.
PM: Quindi lei la conosce abbastanza bene la moglie.
MV: Sì, ‘un c’è male, ‘un c’è male. Siamo di paese.
PM: Lei ha conosciuto altri familiari del Calamandrei?
MV: No.
PM: Sa se aveva figli?
MV: Mah.
PM: Non lo sa. Ha capito la domanda?
MV: L’ho capita, signor Canessa.
PM: Lei ha conosciuto anche il padre del signor Calamandrei?
MV: Sì, l’ho conosciuto anche lui.
PM: Cosa faceva?
MV: Mah, il farmacista.
PM: E frequentava anche il padre o ha frequentato solo Francesco?
MV: Di queste cose non le so io.
PM: No, lei.
MV: Io?
PM: Sì.
MV: No, no.
PM: Solo il figlio.
MV: Si.
Segue...

venerdì 13 novembre 2009

Marco Reinecke

Figlio della prima moglie di Rolf Reinecke. Il 16 ottobre 2003, dichiarò che il padre nel 1983/1984 era tornato, senza dire loro nulla, ad abitare in Germania, che odiava la moglie, tanto che era stata la loro madre a chiedere la separazione, che era morto per infarto in Germania nel 1995, che la nuova moglie, Francoise Walther, era interessata alla magia e frequentava maghi ed astrologi. Aggiunse: "in merito al duplice omicidio dei tedeschi avvenuto a Giogoli nel 1983, ricordo quanto segue: mio padre la domenica del duplice omicidio o i giorni immediatamente successivi, poteva essere la domenica successiva, si giustificò di un ritardo o di un mancato appuntamento, in quanto trattenuto dalle autorità competenti a seguito del ritrovamento dei due ragazzi tedeschi uccisi a Giogoli. Mio padre mi disse che la sera prima del ritrovamento dei due corpi, sul tardi, aveva visto un furgone Volkswagen appartato in un boschetto. L’aveva rivisto la mattina successiva nello stesso punto con un vetro rotto. Si avvicinò e vide due ragazzi morti, notò i capelli lunghi e per questo non capì se si trattava di due uomini o un uomo e una donna. Disse che aveva spontaneamente consegnato una pistola calibro 22, che lui deteneva da tempo con regolare licenza alle autorità presenti, che lui stesso aveva provveduto a chiamare. Mio padre si dimostrò allarmato in quanto era venuto a conoscenza che i delitti commessi dal cosiddetto mostro di Firenze erano stati eseguiti proprio con una pistola calibro 22 Preciso meglio, mio padre, nel dirmi che era allarmato, mi fece capire di esserlo proprio per eventuali problemi con la giustizia derivanti dal fatto di aver consegnato una pistola calibro 22 che era dello stesso tipo di quella usata nei delitti del cosiddetto mostro di Firenze. Era anche rammaricato dal fatto di non detenerla più. Questa è stata la prima ed unica volta che mio padre mi ha parlato del duplice omicidio di Giogoli".
In una successiva occasione, il 17 novembre 2003, riferì che il padre era socio nel Club nautico di Carrara e di quello di Cala Galera, vicino a Porto Ercole e che possedeva un motoscafo abbastanza grande con due motori fuori bordo. Aggiungeva anche che in una occasione il genitore lo aveva portato al lago Trasimeno a visitare il Museo dell’aviazione.
Circa il racconto fatto in relazione alla scoperta dei due cadaveri, va rilevato che, dagli atti, risulta che il Reinecke all’epoca ebbe a dichiarare di aver scoperto il furgone la mattina del giorno del ritrovamento dei cadaveri e non già la sera precedente e che, quando si era avvicinato ad esso, aveva pensato che l’occupante stesse dormendo. La polizia giudiziaria constatava inoltre che non risultava che lo stesso avesse consegnato una calibro 22, nè che a seguito della perquisizione eseguita nella sua abitazione, fosse stata rinvenuta un'arma di detto calibro.
Rif.1 - Sentenza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze contro Francesco Calamandrei del 21 maggio 2008

giovedì 12 novembre 2009

Maria Rosaria Bagnoli

Fu sentita dal Gides (Gruppo investigativo delitti seriali) il 30 luglio 2003, ed il 27 dicembre 2007 dai PM incaricati delle indagini, in questa occasione dichiarò di aver conosciuto il marito, Sertoli Achille, nella primavera del 1975, e di essersi sposata nel 1977. Erano andati a vivere nella casa di Viale Machiavelli n. XX che il Sertoli condivideva con Francesco Calamandrei. "Il marito era dermatalogo con specializzazione in allergologia e si era occupato di questi temi anche nell’ambito delle malattie professionali, non le risultavano, sue specifiche conoscenze nel settore delle malattie tropicali. Riferiva di aver conosciuto il Calamandrei e la moglie Mariella Ciulli in quanto costui era amico del Sertoli, avendo altresì, conosciuto anche ...omissis... Nel 1982 Calamandrei prestò loro per 15 giorni la sua casa al mare a Punta Ala per le vacanze estive. Poi nell’anno 2000 vennero invitati al matrimonio della figlia Francesca e sempre nell’estate del 2000 invitarono il Calamandrei a cena una sera, ma non era sicura che la cena si fosse verificata prima o dopo quel matrimonio. Circa il carattere del marito egli, particolarmente all’inizio del matrimonio, si comportava in modo piuttosto violento, nel senso che se c’era qualcosa che lo disturbava, non esitava ad alzare le mani e a picchiarla. In seguito, quando gli fece presente che non avrebbe più tenuto per se queste manifestazioni di violenza, le aveva cessate cominciando però ad offenderla verbalmente, sempre in occasione dei suoi scatti di ira. Dalla prima denuncia che aveva fatto nel 2001 per maltrattamenti, era stato poi assolto, e, comunque, lei non si era costituita parte civile. In seguito fece un’altra denuncia per le escandescenze in cui dette allorché ricevette l’ordinanza di allontanamento dall’abitazione, denuncia che tuttora risulta pendente, evidenziando che per tale reato era orientata a costituirsi parte civile. Circa eventuali frequentazioni di suo marito a San Casciano rispetto a quando lo aveva conosciuto, la Bagnoli confermava di non avere conoscenze ulteriori rispetto a quelle del Calamandrei e dello ...omissis... Il Sertoli molti anni prima le parlò di una specie di goliardata che fecero in occasione di una serata a San Casciano dove c’erano degli amici tra cui, a quanto aveva capito, proprio Calamandrei e ...omissis...Il marito aveva una Fiat Seicento nuova che gli amici gli nascosero per fargli uno scherzo. Nella circostanza, secondo il racconto di suo marito, il gruppo, composto di soli uomini, era andato per una serata dal Mago di San Casciano. A quanto le riferì il Sertoli, erano andati lì per divertirsi un po’ e per vedere qual'era l’ambiente. Le parlò anche del fatto che aveva una sorta di aiutante e lei inquadrò la circostanza nell’ambito di una relazione omosessuale. La Bagnoli veniva informata dai PM. che, nell’ambito di una attività di indagine tecnica a carico di suo marito, risultava intercettata una conversazione tra ella stessa e il Sertoli, nella quale, dopo l’interrogatorio che la Bagnoli subì all’epoca della perquisizione, gli diceva di non aver parlato del Mago di San Casciano, ottenendo da lui l’invito a stare zitta. Dopo aver ricevuto integrale lettura del passaggio di detta conversazione e fattole presente che, da come esponeva la circostanza, sembrerebbe un discorso più ravvicinato rispetto come da lei riferito in precedenza, la Bagnoli riferiva:
«Per quanto mi riguarda non posso che confermare ciò che ho dichiarato. In realtà è possibile che di questa visita al mago si sia parlato nel corso degli anni anche in epoca più recente ma non sono assolutamente in grado di individuare alcun con testo di riferimento. Lo considero solamente come un aneddoto che mio marito ebbe a riferirmi. Gli ho dato rilievo, come risulta dalla conversazione telefonica, per il fatto che erano stati in casa sequestrati dei libri attinenti a materie tipo l’astrologia e simili».
La Bagnoli dichiarava che il mago, di cui, sul momento non ricordava il nome, si chiamava proprio Indovino, come le veniva detto dai PM, ricordando esattamente quel nome così particolare per averlo fatto suo marito al tempo del suo racconto. Ne riparlarono anche dopo la perquisizione ed egli, a suo dire, le confermò che lui c’era stato una volta soltanto e che si era trattato di una goliardata, tanto per divertirsi. Lui non le aveva parlato della presenza di donne nel corso di quella sera ta e lei si era fatta l’idea, dai discorsi del marito, che era più che altro una questione a livello di seduta spiritica o simili, cui sì erano recati per curiosità.
La Bagnoli dichiarava poi di non avere altri elementi da fornire sui contatti dei marito a San Casciano ed in particolare sui suoi rapporti con Calamandrei anche perché rammentava che all’epoca in cui quest’ultimo ebbe un’operazione al fegato, negli anni '90, chiamava il marito che sostanzialmente si negava in quanto non lo voleva vedere, e lei era rimasta sorpresa di tale comportamento. All’epoca non era emerso ancora nulla circa i sospetti su un coinvolgimento di Calamandrei nelle vicende di San Casciano o, forse, si era nei momento in cui egli le disse che Mariella aveva iniziato ad accusare il marito. Lei gli diceva che sicuramente il suo amico lo chiamava perché aveva piacere di parlargli, ma lui le faceva presente che preferiva non incontrano per non dover stare ad ascoltare tutte le sue lamentele. Da quello che capì il marito considerava in quel momento il Calamandrei un depresso ai quale non dare ascolto.
Quanto alle accuse di Mariella al marito, della quale ella effettivamente le parlò, probabilmente già in quel periodo, ricordava che in un primo tempo le disse che sicuramente era una vendetta della moglie nell’ambito della separazione; successivamente le disse che Mariella era diventata matta o qualcosa del genere. I suoi contatti con la Ciulli erano stati piuttosto sporadici. L’aveva rivista nel 2000 al matrimonio della figlia e nell’occasione le parve provata. Dopo la separazione ebbe modo di vederla soltanto una volta essendo capitata al negozio in Via Pindemonte, dopo il 1990, facendo riferimento all’età dei suoi figli, nel senso che si era recata per comprare del materiale per qualche lavoretto scolastico.
Mariella viveva in Via San Niccolò dopo che si era definitivamente separata dal Calamandrei perché la convivenza si era rivelata ormai impossibile. Era al lavoro in negozio e non le parve affatto disturbata, comunque non entrarono in discorsi più particolareggiati. A quel punto il P.M. mostrava l’album fotografico n. 4 del 2003 in atti e la Bagnoli riconosceva la foto del marito, quelle di Francesco Calamandrei, mentre relativamente alle foto del Narducci, Lotti, Vanni e Pacciani dichiarava di averle viste solo sul giornale. Poi precisava che, dopo la perquisizione, le capitò di leggere un articolo nel quale il giornalista Mario Spezi diceva di essere amico sia di Calamandrei che di Sertoli e di avere le foto in cui queste persone erano ritratte insieme; lei ne chiese conto al marito ed egli lo escluse. Nell’occasione, poiché già si parlava della vicenda di Narducci, e poiché egli aveva avuto una costante frequentazione dell’ambiente perugino avendo fondato, col Prof. Lisi, una associazione di dermatologia tosco umbra, gli chiese se per caso avesse conosciuto Narducci. Egli le rispose di non sapere assolutamente chi fosse. Della vicenda della serata del marito e gli altri dal mago Indovino ne aveva parlato solo con i suoi genitori e con il suo amico Maurizio Cianferoni, Maresciallo dei Carabinieri al Galluzzo."
Rif.1 - Sentenza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze contro Francesco Calamandrei del 21 maggio 2008
Nella foto l'abitazione dove viveva Salvatore Indovino