domenica 30 novembre 2008

Guido Giovannini

Originario di Cosenza. Abitava a Borgo San Lorenzo, in via della Stazione, con la moglie Anna Bani e tre figli. Lavorava per la "Ferrero", una ditta fiorentina specializzata nella costruzione di bilance industriali. Nei giorni precedenti l'omicidio di Stefania Pettini e Pasquale Gentilcore , fu notato con la sua auto, una Fiat 127, sul luogo del delitto a spiare giovani coppie in atteggiamenti intimi. Il 18 settembre 1974 fu arrestato per porto di una roncola, detenzione abusiva di una carabina e minacce. Il suo avvocato, Sergio Casabianca riferì ai giornalisti: "Sono stato convocato in caserma su richiesta del mio assistito, della cui estraneità al duplice delitto di Borgo San Lorenzo sono pinamente convinto. D'altra parte fino a questo momento gli stessi magistrati non hanno rivolto contro di lui alcuna contestazione su quel fatto."
Fu in seguito riconosciuto estraneo alla vicenda e quindi prosciolto.
Rif.1 - Compagni di sangue - pag.8

Giuseppe Francini

Dopo il delitto di Borgo San Lorenzo, dove furono uccisi Stefania Pettini e Pasquale Gentilcore , Giuseppe Francini, ventottenne di Borgo San Lorenzo, si autoaccusò del duplice omicidio. Il 16 settembre 1974 fu eseguita una perquisizione presso l'abitazione ove abitava ma non fu rinvenuto alcun oggetto utile alle indagini in corso. Risultò essere un mitomane e fu rilasciato.
Rif.1 - Compagni di sangue - pag.8

Bruno Mocali

Nel delitto di Borgo San Lorenzo, dove furono uccisi Stefania Pettini e Pasquale Gentilcore, gli investigatori concentrarono la loro attenzione su Bruno Mocali, 53 anni di Scarperia (FI) sedicente guaritore. Pasquale Gentilcore, il 13 settembre 1974, aveva fatto visita al Mocali per farsi prescrivere un rimedio per problemi al fegato. Il Mocali venne indagato e sottoposto a perquisizione ma non furono trovati elementi utili alle indagini per cui fu rilasciato.
Rif.1 - Compagni di sangue - pag.8

sabato 29 novembre 2008

James Taylor

Fotografo americano in vacanza in italia, ospite presso un'amica a San Casciano in Val di Pesa, dichiarò ai carabinieri di esser passato la notte del delitto, intorno a mezzanote, davanti alla piazzola dove Nadine Mauriot e Jean Michel Kravechvili persero la vita ed aver notato, parcheggiata sulla strada, una Fiat 131 di colore grigio argentato.
Rif.1 - Il Mostro pag.75

venerdì 28 novembre 2008

Antonio Cafaro

Medico legale. Assieme al dott. Aurelio Monelli e al dott. Mauro Maurri redasse la perizia necroscopica relativa al duplice delitto di Nadine Mauriot e Jean Michel Kravechvili. Nella sentenza si legge: "La perizia necroscopica (periti prof. Mauro Maurri, dr. Aurelio Monelli e dr. Antonio Cafaro) svolta sulla donna, il cui cadavere era stato rinvenuto all'interno della tenda, aveva accertato che la vittima era stata raggiunta da quattro proiettili, di cui tre al cranio ed uno all'emitorace sinistro, mentre l'uomo era stato raggiunto da quattro colpi, di cui uno alla bocca, due all'arto superiore sinistro, uno al gomito destro: tutti i colpi erano stati esplosi da distanza ravvicinata, nell'ordine di poche decine di centimetri, ma non a bruciapelo, parte fuori e parte all'interno della tenda, con direzione dall'esterno verso l'interno e dal lato anteriore della tenda verso quello posteriore, mentre con ogni probabilità l'uomo era disteso supino a terra e la donna era stesa bocconi sopra di lui. La ragazza era stata uccisa dentro la tenda, mentre l'uomo, che era stato soltanto ferito e non gravemente, aveva cercato scampo nella fuga: era riuscito però solo ad uscire dalla tenda ed a percorrere circa 15/20 metri in direzione del bosco, poi era stato raggiunto dall'omicida che gli aveva inferto a più riprese, ma in brevissima successione di tempo, numerosi colpi di arma bianca che lo avevano fatto stramazzare al suolo, determinandone rapidamente la morte. Il suo corpo era stato poi sollevato e gettato nel sottostante ciglio cespuglioso, là dove era stato poi rinvenuto. A giudizio dei periti nella fase successiva l'omicida aveva trascinato parzialmente il corpo della donna, completamente nudo, fuori dalla tenda, afferrandolo per i piedi e, con l'ausilio di una sorgente di luce artificiale, aveva praticato un'ampia e decisa escissione del pube, passando poi all'asportazione della mammella sinistra, con tagli simili a quelli riscontrati sul cadavere della Pia Rontini. Infine il cadavere della donna era stato ricollocato all'interno della tenda, mentre quello dell'uomo era stato gettato nei cespugli sottostanti: i periti ritenevano che l'intero episodio potesse essersi svolto nell'arco di tempo di non più di nove minuti o in un tempo ancora inferiore."

Aurelio Monelli

Medico legale. Assieme al dott. Mauro Maurri e al dott. Antonio Cafaro redasse la perizia necroscopica relativa al duplice delitto di Nadine Mauriot e Jean Michel Kravechvili. Nella sentenza si legge: "La perizia necroscopica (periti prof. Mauro Maurri, dr. Aurelio Monelli e dr. Antonio Cafaro) svolta sulla donna, il cui cadavere era stato rinvenuto all'interno della tenda, aveva accertato che la vittima era stata raggiunta da quattro proiettili, di cui tre al cranio ed uno all'emitorace sinistro, mentre l'uomo era stato raggiunto da quattro colpi, di cui uno alla bocca, due all'arto superiore sinistro, uno al gomito destro: tutti i colpi erano stati esplosi da distanza ravvicinata, nell'ordine di poche decine di centimetri, ma non a bruciapelo, parte fuori e parte all'interno della tenda, con direzione dall'esterno verso l'interno e dal lato anteriore della tenda verso quello posteriore, mentre con ogni probabilità l'uomo era disteso supino a terra e la donna era stesa bocconi sopra di lui. La ragazza era stata uccisa dentro la tenda, mentre l'uomo, che era stato soltanto ferito e non gravemente, aveva cercato scampo nella fuga: era riuscito però solo ad uscire dalla tenda ed a percorrere circa 15/20 metri in direzione del bosco, poi era stato raggiunto dall'omicida che gli aveva inferto a più riprese, ma in brevissima successione di tempo, numerosi colpi di arma bianca che lo avevano fatto stramazzare al suolo, determinandone rapidamente la morte. Il suo corpo era stato poi sollevato e gettato nel sottostante ciglio cespuglioso, là dove era stato poi rinvenuto. A giudizio dei periti nella fase successiva l'omicida aveva trascinato parzialmente il corpo della donna, completamente nudo, fuori dalla tenda, afferrandolo per i piedi e, con l'ausilio di una sorgente di luce artificiale, aveva praticato un'ampia e decisa escissione del pube, passando poi all'asportazione della mammella sinistra, con tagli simili a quelli riscontrati sul cadavere della Pia Rontini. Infine il cadavere della donna era stato ricollocato all'interno della tenda, mentre quello dell'uomo era stato gettato nei cespugli sottostanti: i periti ritenevano che l'intero episodio potesse essersi svolto nell'arco di tempo di non più di nove minuti o in un tempo ancora inferiore."

Mauro Maurri



È stato medico legale presso l'istituto di medicina legale dell'università diretto dal professor Carlo Fazzari. Eseguì le autopsie e le perizie medico-legali sulle vittime degli omicidi attribuiti al "mostro di Firenze" dal 1974 al 1985. Assieme al dott. Aurelio Monelli e al dott. Antonio Cafaro redasse la perizia necroscopica relativa al duplice delitto di Nadine Mauriot e Jean Michel Kravechvili. Nella sentenza si legge: "La perizia necroscopica (periti prof. Mauro Maurri, dr. Aurelio Monelli e dr. Antonio Cafaro) svolta sulla donna, il cui cadavere era stato rinvenuto all'interno della tenda, aveva accertato che la vittima era stata raggiunta da quattro proiettili, di cui tre al cranio ed uno all'emitorace sinistro, mentre l'uomo era stato raggiunto da quattro colpi, di cui uno alla bocca, due all'arto superiore sinistro, uno al gomito destro: tutti i colpi erano stati esplosi da distanza ravvicinata, nell'ordine di poche decine di centimetri, ma non a bruciapelo, parte fuori e parte all'interno della tenda, con direzione dall'esterno verso l'interno e dal lato anteriore della tenda verso quello posteriore, mentre con ogni probabilità l'uomo era disteso supino a terra e la donna era stesa bocconi sopra di lui. La ragazza era stata uccisa dentro la tenda, mentre l'uomo, che era stato soltanto ferito e non gravemente, aveva cercato scampo nella fuga: era riuscito però solo ad uscire dalla tenda ed a percorrere circa 15/20 metri in direzione del bosco, poi era stato raggiunto dall'omicida che gli aveva inferto a più riprese, ma in brevissima successione di tempo, numerosi colpi di arma bianca che lo avevano fatto stramazzare al suolo, determinandone rapidamente la morte. Il suo corpo era stato poi sollevato e gettato nel sottostante ciglio cespuglioso, là dove era stato poi rinvenuto. A giudizio dei periti nella fase successiva l'omicida aveva trascinato parzialmente il corpo della donna, completamente nudo, fuori dalla tenda, afferrandolo per i piedi e, con l'ausilio di una sorgente di luce artificiale, aveva praticato un'ampia e decisa escissione del pube, passando poi all'asportazione della mammella sinistra, con tagli simili a quelli riscontrati sul cadavere della Pia Rontini. Infine il cadavere della donna era stato ricollocato all'interno della tenda, mentre quello dell'uomo era stato gettato nei cespugli sottostanti: i periti ritenevano che l'intero episodio potesse essersi svolto nell'arco di tempo di non più di nove minuti o in un tempo ancora inferiore."
Rif.1 - Il Mostro - pag.45
Vedi anche:
-Mauro Maurri - Deposizione del 26 aprile 1994
-Mauro Maurri - Deposizione del 27 aprile 1994
-Mauro Maurri - Deposizione del 29 aprile 1994
-Mauro Maurri - Deposizione del 3 maggio 1994
-Mauro Maurri - Intervista su La Città - 4 luglio 1982
-Mauro Maurri - Intervista su La Città - 7 agosto 1984

Giovanni Nenci

Il 13 settembre 1983, Giovanni Nenci dichiarò ai carabinieri della stazione del Galluzzo di aver notato vicino al furgone delle vittime, Rusch Uwe Jens e Horst Meyer, una Fiat 128 targata FI di colore rosso. La moglie di Nenci, Teresina Buzzichini, confermò d'aver sentito dal marito della presenza dell'auto ed aggiunse d'aver visto, nelle immediate vicinanze del furgone, una vettura di media cilindrata di colore bianco. Giovanni Nenci è deceduto il 9 agosto 1990.

Giancarlo Menichetti

Guardia Giurata, nel 1983 dopo il delitto di Rusch Uwe Jens e Horst Meyer dichiarò: "Alle ore 9,30-10 di ieri, io c.m., transitando sempre per detta via, notavo nuovamente il furgone al solito posto con le portiere chiuse. Vedevo però che accanto vi era un'auto Fiat 126 di colore bianco, senza scritte e senza portapacchi con il disco limitativo della velocità di Km 80, posto accanto alla targa sul lato sinistro. Mi sembrava che detto mezzo avesse anche la portiera sinistra un pò socchiusa. Non notavo nessuna persona accanto e quindi ho proseguito il mio giro di clienti. Aggiungo che l'auto era parcata con il motore spento, la testa rivolta verso la campagna e posta ad una distanza dal furgone tedesco di 3-4 metri". Davanti al giudice istruttore confermò le dichiarazioni a verbale ed aggiunse che dallo sportello aperto fuoriuscivano degli stracci. Giancarlo Menichetti è morto il 16 ottobre 1998, ucciso dai colpi di fucile sparati dall'ex-collega Lorenzo Boretti che a causa di una grave infermità mentale si convinse che Menichetti fosse il Mostro di Firenze.
Rif.1 - Il Mostro - pag.38
Rif.2 - Il Tirreno - 17 settembre 1999

Un amore all'inferno

Autore: Diego Cugia
Prima edizione : Mondadori Strade blu 2005 - 139p - brossura
Prima edizione : Mondadori Piccola biblioteca Oscar 2006 - 137p - brossura

Dalla presentazione:
Un incontro casuale in un hotel sull'autostrada alle porte di Firenze. Un uomo e una donna soli nella pioggia. Due destini incrociati nella notte, in questa storia talmente vera da sembrare un diabolico racconto. Perché lei, Francesca, è la protagonista di una vicenda di cuore, cronaca e sangue della recente storia di Italia. Otto coppie di giovani amanti cancellate dalla stessa Beretta calibro 22. Perché Francesca è la moglie del giovane medico scomparso nel lago Trasimeno e sarà inevitabilmente la testimone di un nuovo futuro processo al "Mostro di Firenze". Lui è lo scrittore che già conosciamo ed è qui per ascoltare con noi, dal vero, una storia che tutti abbiamo la sensazione di conoscere.

L'avvocato dei diavoli

Autore: Nino Marazzita e Matilde Amorosi
Prima edizione: Rizzoli 2006 - 203pp - rilegato

Dalla presentazione:
Nino Marazzita si è guadagnato il soprannome di "avvocato dei diavoli" per aver difeso alcuni degli autori dei delitti più celebri (ed efferati) della cronaca nera degli ultimi decenni. È l'uomo che ha fatto assolvere Pietro Pacciani dall'accusa di essere il mostro di Firenze, e che ha abbandonato l'incarico di difensore di Donato Bilancia, il serial killer che aveva ucciso diciassette volte, quando costui ha rifiutato di farsi sottoporre a una perizia psichiatrica. Ha difeso Gigliola Guerinoni e Katarina Miroslawa ed era avvocato di parte civile nel processo per il massacro del Circeo in cui fu condannato Angelo Izzo. In questo libro racconta le sue esperienze.

Inviato in galera

Autore: Mario Spezi
Prima edizione: Aliberti 2007 - 256pp - brossura

Dalla presentazione:
Pacciani e i compagni di merende sarebbero innocenti. Un solo uomo l'ha scritto. Ed è stato arrestato."Il più grave abuso contro la libertà di stampa perpetrato in Europa dalla fine della guerra." (The Guardian)"Mario Spezi ha un difetto. E' un giornalista all'antica, convinto che la verità non sia sempre e solo quella delle veline e delle carte ufficiali. E così, facendo il suo mestiere, un giorno si è trovato chiuso in una cella, umiliato, sospettato addirittura di essere una delle menti dei crimini alla cui soluzione ha dedicato tanta parte del suo lavoro. Un incubo, che in questo libro Spezi ci racconta da scrittore di razza. Una giustizia impazzita, ammalata di superficialità e protagonismo, circondata da un sottobosco di mitomani e approfittatori; un carcere dove l'umanità appartiene solo ai «delinquenti»; un mondo dell'informazione dai riflessi troppo spesso appannati dall'abitudine a registrare acriticamente giudizi, decisioni e illazioni del magistrato di turno. Una storia pazzesca, una trama inverosimile e grottesca. Una storia - incredibilmente - tutta vera." (Vittorio Feltri)

Storia delle merende infami

Prima edizione: Maschietto, 2005 - 448p - brossura

Dalla presentazione:
Il titolo fa pensare a una parodia della celebre opera di Alessandro Manzoni. E’ vero che la parola merenda dal significato gradevole che aveva ha assunto con l‘espressione compagni di merende, di cui s’è impadronito il linguaggio dei politici, un plusvalore sinistro, ma il libro non è un pamphlet polemico contro qualcuno o contro uno o più processi. Dopo "Pacciani Innocente", pubblicato nel 1994, l’autore affronta di nuovo la vicenda giudiziaria più longeva della storia processuale per affondare lo sguardo nella contemporanea ‘pratica penale’ italiana. Da un punto di vista storico, innanzitutto, perché si tratta di scoprire che nonostante le dichiarazioni dei legislatori, dei politici, degli studiosi del diritto positivo, i processi penali del Belpaese si nutrono ancora di una linfa nascente dalle radici, cattoliche ed ecclesiastiche, della Santa Inquisizione.I processi che dal 1968 fino a oggi, in un arco di tempo di 36 anni, si sono sviluppati sulla vicenda reale dei delitti del ‘mostro di Firenze’ scoprono una realtà in cui si utilizza un armamentario antico, una macchina difficile da rimodernare, impossibile da aggiustare perché fatta a suo tempo con i pezzi forniti dal solo Stato che abbia mai funzionato da noi, cioè dallo Stato della Chiesa.Il libro non è dunque neppure, o almeno non è soltanto l’analisi di un’’indagine infinita’, ma affonda lo sguardo sulle tracce di una ‘malattia’: il nostro sistema è malato e provinciale, ha detto il Procuratore Generale della Cassazione nel discorso inaugurale dell’anno giudiziario in corso. L’ipotesi delle ‘sette sataniche’ nascondono la ‘banalità del male’, le condanne, che secondo l’autore sono altrettanti errori giudiziari, rappresentano un’applicazione del principio religioso del ‘capro espiatorio’.

Compagni di sangue

Autore: Michele Giuttari e Carlo Lucarelli
Prima edizione : Le Lettere - 1998 - 237p -
Prima edizione : Superbur Saggi -1999 - 240p -

Dalla presentazione:
"Non è vero che un essere come "Hannibal the cannibal" sia soltanto un personaggio creato dalla fantasia di Thomas Harris: esseri come lui si sono macchiati, sulle colline fiorentine, di ben 16 delitti efferati attribuiti al "mostro di Firenze"... La realtà supera sempre la fantasia - è stato scritto - e questo libro è la cronaca puntuale ed esemplare di quelle storie di sangue. Ma siamo proprio sicuri che sia tutto finito? Siamo certi che altre vittime innocenti - condannate, come la precedenti, a un eterno silenzio - non saranno immolate per soddisfare fantasie e desideri inconfessabili e osceni? "Hannibal the cannibal" si aggira tra noi con il volto insignificante di uomini qualsiasi, che possono tornare a colpire in ogni momento... Attenzione! Come avvertono gli autori, i protagonisti di questa storia sono tutti indicati con i loro veri nomi. Questo libro, lucido e agghiacciante come "A sangue freddo" di Truman Capote, è nato dall'incontro di un giallista, Carlo Luccarelli, con Michele Giuttari, il padre dell'inchiesta bis sul 'mostro', che ha condotto le indagini portandole verso la soluzione. Una provincia stupenda e maledetta, l'enigma Pacciani, i 'compagni di merenda' e le loro donne, le diverse piste, le perizie psichiatriche, le ammissioni, le confessioni... Una caccia all'uomo serrata nella quale siamo, di volta in volta, prede e inseguitori. Quando avremo letto le pagine di questo libro sapremo tutto: tranne i pensieri di terrore e di orrore che hanno accompagnato gli ultimi istanti di vita delle vittime."

Dolci colline di sangue

Autore: Douglas Preston e Mario Spezi
Prima edizione: Sonzogno 2006 - 345p - rilegato

Dalla presentazione:
Firenze, 1973. La regista Cinzia Th. Torrini, interessata a realizzare un film sul Mostro di Firenze, contatta il giornalista Mario Spezi che ha seguito fin dall'inizio la terribile catena di omicidi. È appena stata massacrata la quinta coppia e questo fatto scagiona un innocente incarcerato poco prima con l'accusa di essere il serial killer. Il caso perciò si riapre e Spezi partecipa a ogni sua fase, vivendone direttamente i colpi di scena, assistendo in prima persona alle scene efferate... Il libro è un "real thriller", nato dalla penna dello scrittore Douglas Preston e dalla testimonianza di Mario Spezi, giornalista considerato tra i massimi esperti del caso, cui ha dedicato il libro "Il Mostro di Firenze" (Sonzogno, 1983).

giovedì 27 novembre 2008

Il Mostro

Autore: Michele Giuttari
Prima edizione : Rizzoli 2006 - 354p - rilegato
Prima edizione : BUR Narrativa maggio 2007 - 354p - brossura

Dalla presentazione:
Tra il 1974 e il 1985 una serie di atroci delitti sconvolge i dintorni di Firenze: sette coppiette di innamorati vengono massacrate nei luoghi isolati dove si erano appartate. Le indagini seguono diverse piste, poi si concentrano su un contadino, Pietro Pacciani. Le prove raccolte lo fanno condannare all'ergastolo nel 1994, ma non soddisfano il procuratore Pier Luigi Vigna. Michele Giuttari, appena nominato capo della Mobile del capoluogo toscano s'immerge nei faldoni e nei verbali di interrogatorio, indaga, interroga e si convince che la verità è ben diversa da quella stabilita dalla sentenza del tribunale. La storia di un uomo di legge che non si rassegna alle mezze verità e che ha il coraggio di voler fare finalmente piena luce su una delle più sanguinose serie di delitti che hanno sconvolto il nostro paese.

Francoise Walther

Cittadina svizzera, giunse in Italia il 12 aprile 1978. Presso la Camera di Commercio di Firenze risulta la sua iscrizione quale titolare di una impresa individuale con sede in firenze, via di Giogoli, 6 con inizio attività il primo settembre 1978 e data di cessazione il 31 marzo 1980, avente per oggetto "agenzia di commercio per viaggi studio all'estero". Nel 1983 viveva con Rolf Reinecke e la figlia in un appartamento di Villa La Sfacciata in Via di Giogoli 4/6. Interrogata dopo il duplice omicidio di Rusch Uwe Jens e Horst Meyer confermò la versione del compagno ed aggiunse "Il mio sesto senso mi diceva che erano morti e che erano due... pensai che ci potessero essere due morti perchè io sono sensitiva."
Rif.1 - Il mostro, pag. 37

Rolf Reinecke

Imprenditore tedesco, nacque in Germania nel 1937. Il 29 novembre 1958 costituì a Vaiano (PO) una società avente ad oggetto "la lavorazione di carbonizzatura lana e altre lavorazioni tessili". Il 15 giugno 1963 sposò Bartolini Lucia, sorella della moglie del socio con cui intratteneva affari. Dall'unione dei due nacquero tre figli, ...omissis..., nata il 30 settembre 1964, ...omissis..., nata il 29 dicembre 1971 e Marco, nato il 24 luglio 1966. Nei primi anni '80 si era separato dalla moglie ed alloggiava, assieme alla compagna Francoise Walther, in un appartamento a Villa La Sfacciata in Via di Giogoli, 4/6. L'abitazione si trovava vicinissima al luogo in cui persero la vita Rusch Uwe Jens e Horst Meyer. "La sera del sabato 10 settembre 1983, giorno successivo alla commissione del delitto, mentre passava di lì in auto, si era fermato avvicinandosi al furgone: si era allora accorto che vi era un finestrino forato da una pallottola ed all'interno aveva scorto il corpo del ragazzo biondo macchiato di sangue. Il Rolf aveva raccontato che la sera prima, passando dallo stesso luogo, verso le 19/19,30, non aveva visto il furgone, la cui presenza aveva notato invece la mattina dopo: era anche sceso per parlare con i connazionali, anche perchè dalla targa del mezzo gli erano sembrati della sua città, ma mentre si avvicinava, e stava per rivolgersi al ragazzo biondo che aveva visto appoggiato all'interno del furgone nella parte posteriore sinistra, era stato richiamato dal clacson dell'auto di un vicino che aveva trovato la stretta strada di Giogoli ostruita dalla sua auto lasciata in sosta: aveva dovuto quindi tornare indietro e si era allontanato senza accorgersi che gli occupanti del mezzo erano già morti."
La sera stessa del duplice omicidio, fu trattenuto dai carabinieri ed interrogato dai P.M. Vigna e Della Monica, essendo stata effettuata presso la sua abitazione una perquisizione con rinvenimento di armi, tra cui alcune pistole, venne inoltre processato e condannato, il 28 giugno 1985, per omessa denuncia di un fucile e perchè non in possesso di licenza per la collezione di armi. Martelli Martino, proprietario di Villa La Sfacciata con atto del 7 marzo 1984 convenne in giudizio il Reinecke per ottenere il pagamento dei canoni di locazione arretrati non pagati, relativi all'appartamento di via di Giogoli 4/6. Il tribunale civile di Firenze - Sezione II - con sentenza del 19 ottobre 1987 condannò il Reinecke al pagamento della somma di lire 40.000.000 più accessori. Dall'atto di citazione si evince che il Reinecke aveva preso in locazione l'immobile di quattro vani più servizi il 15 marzo 1978. Nel ricorso per sequestro conservativo, depositato dal Martelli il 5 dicembre 1984 si legge: "...sta di fatto che il ricorrente è venuto a sapere che il Reinecke, ospite di tale ...omissis..., è proprietario solo di un'autovettura, intende entro pochi giorni lasciare l'Italia, sottraendosi così all'eventuale soccombenza della causa."
Il 29 giugno 1987 Rolf Reinecke presentò ricorso al Tribunale di Firenze per ottenere lo scioglimento del matrimonio; il Tribunale, con sentenza del 16 novembre 1987 dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Nel 1996 è morto a Bamberg in Germania stroncato da un ictus.
Rif.2 - Sentenza della Corte di Assise dell'1 novembre 1994 contro Pietro Pacciani (testo in corsivo)

Francesco Fiori

Originario di Caprese Michelangelo, in provincia di Arezzo. Dal 1960 al 1969 fu in servizio presso la tenenza dei Carabinieri di Lastra a Signa. Nel 1982, dopo il duplice omicidio di Montespertoli, parlando con l'appuntato Ugo Piattelli, che aveva prestato servizio a Signa, ricordò l'episodio omicidiario in cui avevano perso la vita Barbara Locci e Antonio Lo Bianco avvenuto nel 1968, non tanto per l'arma usata quanto per la circostanza che anche in quell'occasione erano state uccise un uomo ed una donna con colpi di arma da fuoco.
In "Dolci colline di sangue", l'autore, Mario Spezi, indica invece che il giudice istruttore Vincenzo Tricomi, gli riferì che "Arrivò un biglietto anonimo, scritto in stampatello. Anzi, la scritta era su un vecchio ritaglio di giornale che parlava dell'omicidio del '68". Vi si leggeva: "Perché non andate a rivedere il processo di Perugia contro Stefano Mele?" Il ritaglio si è perso e non è mai stato ritrovato.

Rif.1 - Dolci colline di sangue pag.69
Rif.2 - Esame di testimonio senza giuramento del 28 novembre 1986 - Francesco Fiori

martedì 25 novembre 2008

Giovanni Calamosca

Nato a Imola il 23 agosto 1928 era un ex pastore e proprietario terriero. Fu arrestato negli anni '80 per sequestro di persona, nonchè indagato e poi prosciolto poichè sospettato d'essere il "mostro di Firenze". Conobbe Francesco Vinci a San Giovanni in Monti mentre scontava 18 mesi di carcere. Nel 1997, durante il processo contro i cosiddetti "compagni di merende", riferì aver conosciuto anche Pacciani in carcere, che stava scontando la condanna per le violenze alle figlie. Questi, a suo dire gli rivelò essere padre di un figlio maschio avuto dalla prima fidanzata, Miranda Bugli, nei primi anni '60. "Diceva che a differenza delle figlie questo figlio non gli aveva creato problemi, ma non si faceva vivo con lui". La reazione del Pacciani smentì le affermazioni del Calamosca: "Ma che date i numeri al lotto, qui son tutti grulli da manicomio, con la Miranda ci ho fatto all'amore ma poi ci si lasciò per il fatto che la acchiappai con un altro. La dovevo sposare, ma c'è stato il processo, s'è già detto tutto di questo. Un figliolo ma via, s'era vero l'aveva detto lei al processo. Io ci ho fatto l'amore, lei diceva che aveva fatto un aborto, ma non e' mica vero nulla."Durante la deposizione, durata due ore, Calamosca disse inoltre: "Vinci in piu' occasioni mi raccontò che il duplice delitto del '68 lo avevano commesso lui e Stefano Mele". Francesco Vinci, proseguì Calamosca, fu il proprietario della Beretta calibro 22 fino al 1968 quando la cedette ad altri che avrebbero commesso i sette duplici omicidi del Mostro, gli stessi, che nel 1993, lo uccisero poichè ricattati.
Rif.1 - Corriere della sera - 11 Ottobre 1997 - pag.14

Da dove cominciare?

Benvenuti.
La vicenda del "mostro di Firenze" ha inizio a Lastra a Signa nell'agosto del 1968 con l'omicidio di Barbara Locci ed Antonio Lo Bianco. Una terribile catena di omicidi che si conclude nel 1985 con 16 giovani vittime.
A 40 anni dal primo duplice omicidio, le indagini proseguono tutt'oggi, per quanto opinione pubblica ed inquirenti abbiano perso, ormai da tempo, ogni speranza di assicurare alla giustizia il serial killer di una delle più sanguinose vicende della cronaca nera italiana.

Gli omicidi:
22 agosto 1968 - Barbara Locci e Antonio Lo Bianco
14 settembre 1974 - Stefania Pettini e Pasquale Gentilcore
6 giugno 1981 - Carmela De Nuccio e Giovanni Foggi
22 Ottobre 1981 - Susanna Cambi e Stefano Baldi
19 giugno 1982 - Antonella Migliorini e Paolo Mainardi
9 Settembre 1983 - Rusch Uwe Jens e Horst Meyer
30 luglio 1984 - Pia Rontini e Claudio Stefanacci
07 settembre 1985 - Nadine Mauriot e Jean Michel Kravechvili

La pista sarda:
Salvatore Vinci
Francesco Vinci
Antonio Vinci
Stefano Mele
Giovanni Mele
Piero Mucciarini

I compagni di merende:
Pietro Pacciani
Mario Vanni
Giancarlo Lotti
Fernando Pucci
Giovanni Faggi

I testimoni:
I testimoni o Persone informate sui fatti (p.i.f.) sono così suddivise:
- P.i.f. Pista sarda (dal 1968 al 1989)
- P.i.f. Pacciani (dal 1985 al 1998)
- P.i.f. Compagni di merende(dal 1996 al 1999)
- P.i.f. Pista esoterica (dal 1991 al 20...)
Questa semplicistica suddivisione segue le indagini degli inquirenti che nel corso degli anni hanno cercato, in ambienti diversi, il movente per i duplici omicidi attribuiti al "mostro di Firenze".Tra questi ci sono, evidentemente, persone che dicono di aver visto, che hanno creduto di vedere o che avrebbero tanto voluto vedere qualcosa.

Le udienze:
Al momento sono disponibilii verbali delle udienze del:

Mi date una mano?

Ammetto in tutta onestà che martedì 25 novembre 2008, quando ho pubblicato il mio primo post non avevo affatto idea di ciò a cui andavo incontro. Ad oggi il blog ha ricevuto visite provenienti da tutta Italia e da tutto il mondo (in testa Germania, Belgio, Francia e Stati Uniti), commenti, mail e contatti di ogni tipo. Quasi 800 post che raccolgono tutto quel che ho trovato, fino ad oggi, su una delle vicende più tragiche ed inquietanti della storia criminale italiana. La passione è diventata presto un appuntamento quotidiano, un impegno talvolta oneroso (scansioni in biblioteca, libri, documenti, diritti di cancelleria) che, oggi, mi induce a fare un appello a quanti abbiano condiviso il percorso di Insufficienza di prove; lo so che il periodo non è dei migliori, ma vi chiedo di contribuire, in base alle vostre possibilità, alle spese che fino ad oggi sono riuscito a sostenere da solo, con una donazione tramite un conto Paypal gestito da un mostrologo che da tempo mi da una mano. A quanti invieranno un contributo fornirò l'accesso a tutti i contenuti di Insufficienza di prove e all'archivio dei quotidiani dell'epoca su Google Foto. Per il momento sono disponibili oltre 500 articoli tra quotidiani e riviste.
Vi ringrazio per la costanza, l'attenzione e la fiducia con cui seguite insufficienza di prove, rimango a disposizione per commenti, consigli, richieste e quant'altro: insufficienzadiprove@gmail.com

Grazie.
Ciao, a presto.
Flanz


Aggiornamenti:
14 agosto - Grazie a Claudia, Daniele, Fabio, Andrea, Diego, Ilaria, Luca;
08 settembre - Grazie a Paolo, Alessio, Giorgio, Agostino, Elena.
12 ottobre - Grazie infinite Antonino.
31 ottobre - Un grazie speciale a De Gothia
14 novembre - Grazie per la disponibilità Diego!
15 novembre - Grazie ad Alessandro, Michele e Stefano e Mario.
10 dicembre - Grazie ad Achille, Imma e Fabrizio.
13 dicembre - Grazie a Neri.
17 dicembre - Grazie a Straystudio.
24 dicembre - Grazie per l'opportunità Giuliano.
27 dicembre - Grazie Antonio.

Il mostro di Firenze

Benvenuti. 
La vicenda del "mostro di Firenze" ha inizio a Lastra a Signa nel 1968 con l'omicidio di Barbara Locci ed Antonio Lo Bianco. Una terribile catena di omicidi che si conclude nel 1985 con 16 giovani vittime. A 40 anni dal primo duplice omicidio, le indagini proseguono tutt'oggi, per quanto opinione pubblica ed inquirenti abbiano perso, ormai da tempo, ogni speranza di assicurare alla giustizia il serial killer di una delle più sanguinose vicende della cronaca nera italiana.  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
I compagni di merende: Pietro Pacciani Mario Vanni Giancarlo Lotti Fernando Pucci Giovanni Faggi  
 
 
Le udienze
Al momento sono disponibili i verbali delle udienze che seguono: