mercoledì 30 settembre 2009

Nino Filastò - Intervista su L'Unità - 5 febbraio 2004

Il giornalista Saverio Lodato raccolse l'intervista che segue per il quotidiano L'Unità.
Ma il "mostro di Firenze è ancora vivo?
Non glielo lo so proprio dire, perché non so chi sia. Ma una idea me la sono fatta. Ricorda il caso di Caryl Chessman, “Il bandito della Luce Rossa”? Prima di essere giustiziato scrisse: "Cella 2455. Il braccio della morte", in cui raccontò la sua storia. Era accusato di compiere i delitti fingendo di essere un poliziotto. Lui si avviò alla camera a gas ripetendo: "Non ero io che fingevo di essere un poliziotto, era un poliziotto vero, che abbagliava le future vittime, con il fanale rosso della polizia messo sulla sua auto macchina..."
Avvocato, si stanno cercando persino i mandanti.
Ma quali mandanti? Se lo immagina qualcuno che si soddisfa sessualmente per procura, mandando altri al suo posto?
E come è nata questa storia dei mandanti?
Queste cose cominciano per iniziativa di una signora che il 25 marzo ‘96 scrive una raccomandata
agli investigatori e ipotizza una «creatura a più teste, una vera e propria organizzazione facente capo a una mente. La stessa signora che ha provocato la riesumazione del cadavere di Walter Chiari, sostenendo che venne assassinato, che parla con la Madonna di Fatima, sa tutto del delitto di via Poma, sa tutto del delitto dell' Olgiata, ha accusato un noto scrittore italiano di essere il mostro di Firenze, che le ha fatto querela per diffamazione ottenendo la sua condanna. Sa anche tutto della morte di Lady Diana... Pacciani e i compagni di merende, però, vennero condannati. È di estrema improbabilità che più persone, tutte portatrici di questo tipo di perversione, si siano ritrovate e abbiano mantenuto un consorzio attivo dal ‘68, quantomeno fino all’85, continuandoa uccidere coppiette.
Perché esclude che potrebbero avere agito in diversi?
Perché è solo dopo l’85, dopo che gli inquirenti hanno già ricevuto lo studio dalla scuola di Quantico, in Virginia - la famosa scuola che si occupa della tipologia dei serial killer - che si cominciò a pensare a una sola persona che agiva per motivi di perversione sessuale, la forma erotica dell'odio... Stiamo parlando di qualcuno che sessualmente si soddisfava uccidendo.
Tutti i delitti sono collegati?
Ma certamente.
Però, dopo l’85 la catena di sangue si interrompe.
Macché. La catena non si è interrotta per niente. Gli inquirenti lo sanno benissimo: nell'agosto ‘93 vennero uccise altre due coppie, in auto, e con che arma non si sa, perché poi, alle auto,
venne dato fuoco.
Le sette sataniche, le messe nere?
Oggi questa pista dei mandanti e delle sette sataniche è un'escrescenza anomala degli errori giudiziari del passato, e delle più indigeribili. Ha la caratteristica perversa di allargare la rosa dei possibili colpevoli in una maniera grave.Che si stia per fare un processo per stregoneria a Firenze, nel 2004, mi umilia. Trovo questa vicenda ossessiva. Questa storia del mostro arriva sempre a rate.
Gli chiedo: avvocato Filastò, ma lei chi è? È l'avvocato del diavolo?
Non mi chiami l'avvocato del diavolo perché m'offendo, oltretutto non credo al diavolo. Non sono l'avvocato del diavolo, ci mancherebbe. Io sono l'avvocato di Mario Vanni, che è rimasto l'ultimo
condannato vivo, con una sentenza passata in giudicato, per il quale ho prodotto un'istanza di revisione del processo, respinta dalla corte d'appello di Genova. E che ora si trova in Cassazione.
E sulla base di che, avvocato?
Di acquisizioni nuove, dalle quali risulta «per tabulas» che Giancarlo Lotti, l'unica fonte dell'accusa nel processo ai compagni dimerenda, aveva detto un sacco di fandonie, non so fino a che punto indotte.
Me ne dica una.
Il fatto che il delitto dell’85, a esempio, quello dei francesi, fosse stato commesso nella notte fra domenica e lunedì. In una attenta analisi degli atti e delle foto del delitto fatta dal professore Introna -una delle massime autorità di entomatologia forense in Europa, scienza che si occupa della ricostruzione della cronologia del delitto - è detto nettamente che c'erano larve di mosca già
sviluppate, in grado di cibarsi dei due cadaveri. Secondo le sue considerazioni non possono svilupparsi in meno di trentasei ore. Quindi il delitto era avvenuto nella notte fra sabato e domenica.
Cambia molto?
Sì. È una delle tante fandonie ripetute in processo da Lotti.
Perché parla di errori giudiziari sin dall'inizio?
Nel ‘68 nessuno ha mai cercato seriamente il serial killer. Prima si inquisisce StefanoMele, il marito della Barbara Locci, sulla base di un delitto di relazione perché sarebbe stato geloso. Mele, fra l'altro, confessa. Poi ritratta la confessione al dibattimento, poi ritratta la ritrattazione, anche per intervento dei suoi avvocati. Quando poi, dopo il delitto dell’ 82, ci si accorge che la pistola è la stessa, e anche il munizionamento è identico, e soprattutto è identico il «modus operandi» del killer...
In che senso?
Si uccidono sempre queste coppie nei preliminari amorosi, lo si fa prima uccidendo l'uomo e compiendo successivamente atti di mutilazione sul cadavere della donna. E anche quando non ci
sono amputazioni, c è però il rivestire il corpo della donna: un modo come un altro per coprire l'organo femminile che, nella forma psicotica del criminale, è ragione di scandalo. Insomma: abbiamo sempre avuto a che fare con una persona iposessuale, impotente funzionalmente. Ma lo sa che non si è mai trovata sul luogo dei delitti una sola traccia di sperma?
Stava dicendo di Stefano Mele.
Stefano Mele, secondo la perizia psichiatrica, era una specie di scemo del villaggio. Nessun testimone e nessuna circostanza obbiettiva confermarono Stefano Mele. Quello secondo me è il
primo errore giudiziario. Le dicevo: successivamente, quando il quadro diventa più chiaro, prende piede la pista sarda. Il clan, la faida ancestrale.
Era sbagliata la pista sarda?
Non ci sono mai entrati i sardi nella vera storia del mostro di Firenze. La pista sarda nasce da un ritardo culturale: dal non avere ammesso che il primato per riuscire a districare questa matassa
era di tipo psichiatrico.
E gli altri errori giudiziari?
Torniamo per un attimo alla sentenza di secondo grado per Pacciani. Nell' aria c'è un'atmosfera pesante di assoluzione annunciata...
Perché pesante?
Eh perché... perché, come si leggerà nella sentenza, i giudici non solo diranno che Pacciani è innocente, ma che gli indizi emersi a suo carico erano stati sistemati da qualcuno che voleva che le indagini andassero in una certa direzione. E questo qualcuno si identifica con la polizia. È scritto nella sentenza. Allora, si riprende in mano la prima sentenza, quella di condanna del Pacciani. Il
giudice estensore, nel momento in cui sostiene la condanna, si trova di fronte a una traccia obbiettiva: aveva agito una persona molto alta, 1metro e 85. E questo non collima con Pacciani. È allora che il giudice scrive: questo significa che le indagini sono state fatte male, bisogna cercare anche i complici, che ci sono. Vedrete che il cerchio quadrerà. È allora, non sulla base di rilievi obbiettivi, ma per ordine del giudice, ci si mette a cercare i complici. E con un tale accanimento
che nell'arco di due mesi gli inquirenti compiranno qualcosa come 250 atti istruttori. Da pensare che non ci dormissero la notte. E si vanno a cercare i complici fra gli amici di Pacciani. E si trovano. Ma erano persone che vivevano in paese, che magari si vedevano per sbevazzare
vino, fare qualche partita a carte. Poverepersone.
Avvocato, Pacciani l'abbiamovisto tutti in tv.Pacciani aveva alle spalle un delitto: nel ‘51 aveva
sorpreso la fidanzata con un altro. Ma è accertato che il serial killer era un iposessuale e tutto si può dire di Pacciani tranne che fosse un iposessuale.
Ma gli altri? Vanni innocente?
Fin dall'inizio disse: «Io con Pacciani? Io non so nulla. Io con Pacciani ci andavo solo a fare le merende». Da questa frase nacquero i compagni di merende. Nessuno li ha mai periziati. Come
mai, a un tratto, queste persone si mettono insieme? E nasce l'ipotesi del delitto su commissione: sarebbero stati pagati per fornire i feticci.
Non è impossibile.
Mi creda. È un ipotesi residuale che viene a coprire un vuoto, ma che non ha nessun addentellato obbiettivo. A un certo punto, nelle sue dichiarazioni, il Lotti dice che gli assassini scavavano
una buca sul posto e nascondevano feticci che poi qualcuno andava a riprendere. Sono cose che fanno male al cervello. C'era qualcuno che pagava questi feticci, ma per farne che? E così nascono le messe nere...
Ma di mandanti e riti satanici parla con molta convinzione il superpoliziotto Michele Giuttari.
Lo so. Giuttari addirittura chiese attrezzature per guardare oltre i muri della cosiddetta villa dei misteri, per scoprire questo tempio. Per fortuna non vennero concessi. Soldi mi pare che ne siano
stati spesi abbastanza. Ho letto il suo romanzo in cui afferma che Vanni ha fatto delle vittime, èmalato,ma sta bene in galera. Questo non mi piace. Come non mi piace che sia stato lui a andarlo a prenderlo la prima volta, per arrestarlo. Abbastanza strano che un capo della mobile si muova lui per andare a arrestare un povero cristo... C'è questo suo accanimento.
Come sta Vanni?
È completamente andato: non cammina, non si alimenta, è afasico. Sto cercando di tirarlo fuori dal carcere. Il nuovo sviluppo della pista dei mandanti avviene una settimana prima che il tribunale di sorveglianza dovesse decidere proprio il suo ricovero in una casa di cura. È la terza volta che poco tempo prima dell'udienza salta fuori qualche «imprevisto».
Secondo lei perché?
Perché Vanni fuori dal carcere annebbierebbe un tantino tutta la storia...
Il killer come faceva a esser sempre al momento giusto nel posto giusto?
Perché seguiva in macchina le vittime designate. Faceva sempre una sua istruttoria preliminare.
Come faceva da solo a uccidere con tanta facilità?
Era una persona del mestiere, allenata al corpo a corpo. Si avvicinava alle auto delle vittime con un' auto della polizia. E chiedeva prima i documenti. Mai un cenno di resistenza. Quando le
vittime capivano ormai era troppo tardi: le uccideva a bruciapelo.
Rif.1 - L'Unità - 5 febbraio 2004 pag.8

martedì 29 settembre 2009

Francesca Marianna Baldacci

Figlia di Francesco e nipote di Rolf Reinecke. Fu sentita dalla Polizia giudiziaria il 9 ottobre 2003, relativamente allo zio riferì: “Di quello che ricordo il matrimonio è durato circa 14 anni, anche se dopo i primi due anni mia zia si lamentava del carattere di Rolf, in particolare della sua rudezza. Negli anni lo stesso Rolf peggiorava e sempre da racconti fatti da mia zia, a volte rimproverava e picchiava i figli anche senza valido motivo; eccedeva nel bere e per tali motivi diventava violento (…) nel 1977/1978, mio zio Reinecke abbandonò l’abitazione di Via Susini e non so se andò ad abitare subito dalle parti del Galluzzo, in via di Giogoli, io non ci sono mai stata. Noi in famiglia apprendemmo nel 1983, dai giornali che aveva rinvenuto due ragazzi tedeschi morti all’interno di un camper nei pressi della sua abitazione di via di Giogoli. Ricordo che in famiglia commentammo il fatto, pensando al dispiacere che aveva potuto avere nel ritrovare i cadaveri di due persone. (…) Non sono a conoscenza se mio zio Rolf avesse l’hobby delle armi, ricordo soltanto un episodio, riportatomi da lui e da mia zia, nel quale mi raccontarono di un litigio avuto negli anni ‘70, con dei vicini in quanto Rolf aveva sparato o impallinato un gatto, in quanto gli dava fastidio, io non ho mai visto armi in casa anche perché all’epoca della mia frequentazione vi si trovavano i figli piccoli e quindi anche se le avesse avute non le avrebbe certo tenute in giro. (…) Sono a conoscenza che negli anni ’90 dal momento che Rolf aveva dei problemi finanziari tali, che decise di tornare definitivamente in Germania. Con lui si trovava anche la seconda moglie, che so essere una signora di origine svizzera, che insegnava tedesco a Firenze, dove si erano conosciuti. Non sono a conoscenza del suo nome. So che da questa donna Rolf ha avuto una bambina, io l’ho sentita nel 1996, quando ha telefonato a casa e piangendo mi disse che Rolf era a Bambergh e che aveva lasciato lei e la figlia in precarie condizioni economiche. Da quella volta la seconda moglie di mio zio Rolf, non si è fatta più sentire. Credo che i figli abbiano avuto dei contatti successivi per la questione legata all’eredità. Per quanto ne so io tali contatti si sono limitati a quelli tenuti dai rispettivi legali. (…) Che io sappia mio zio Rolf era una persona molto solitaria, gli piaceva molto andare a mangiare in ristoranti di campagna e specialmente nel Chianti. So che andava anche spesso ad acquistare del vino nel Chianti, ma non so dire in che luogo di preciso. (…) Ricordo che negli ultimi tempi e cioè alla fine degli anni ’70, Rolf nonostante la sua altezza, si era molto appesantito ed aveva messo su pancia, aveva la barba bianca e grigia, era stempiato ed i capelli erano striati di bianco, portava spesso gli occhiali da sole, che se non sbaglio erano con la montatura marrone rettangolari in quanto aveva gli occhi chiari e delicati ed era alto circa 1,95m. Ricordo che si vestiva molto casual, indossava spesso giacche di pelle e mi pare ne avesse una anche con delle frange, ricordo che in alcune occasioni indossava un cappello a tesa larga tipo cow boy e spesso indossava anche degli stivali tipo buttero.”
Rif.1 - Assolto perchè il fatto non sussiste pag.107

lunedì 28 settembre 2009

Mascia Rossana

Originaria di Napoli, nei primi anni ‘90 aveva avuto una relazione con Francesco Calamandrei che si era protratta per un paio di anni. Il 19 agosto 2003 fu sentita dalla Polizia Giudiziaria. Riferì che “all’inizio della frequentazione con il Calamandrei, la mia amica, Tamara Martellini di S. Casciano, che conosceva bene la famiglia Calamandrei, mi mise in guardia sul soggetto dicendomi che era una persona pericolosa anche perché c’erano stati dei sospetti su di lui relativi alla vicenda del “mostro di Firenze”, che faceva parte della Massoneria, che maltrattava la moglie e i figli, usava psicofarmaci e aveva dei comportamenti violenti, io non diedi credito a queste che mi sembravano dicerie. Nel novembre del 1991 fu ricoverato alla clinica di Fiesole per depressione. Nel febbraio del 1992 il Calamandrei si trasferì presso la mia abitazione di via Pisignano n.XX. Sempre nello stesso mese mi aprì un conto corrente presso il Monte dei Paschi di Siena a San Casciano depositando circa 200.000.000 di lire, dicendomi che servivano per la mia sicurezza, nel senso che con quei soldi avrei potuto far fronte ai miei impegni di lavoro senza affrettarmi a vendere casa. (…)Voglio raccontare un episodio successo dopo la Pasqua del 1992. Ricordo che Francesco ricevette una telefonata in farmacia dal sig. Rontini che lui conosceva come il padre di una delle vittime del “mostro di Firenze”. Lo stesso chiedeva di incontrarlo per un colloquio. Francesco chiamò l’avvocato Corsi, suo cugino, al quale chiese consiglio se presentarsi o meno al colloquio. L’avv. Corsi gli consigliò di non presentarsi al colloquio con Rontini ma Francesco disattendendo il consiglio dell’avvocato, decise di andarci. Nell’occasione mi chiese di accompagnarlo al colloquio per apparire il più normale possibile, cosa che io facei. Ci recammo quindi a Vicchio, a casa del Rontini… Durante il colloquio ho avuto l’impressione che il Rontini lo avesse convocato per avere un confronto e una verifica sulla reazione di Francesco. Francesco rimase indifferente non affrontando più il discorso con me. Dava la colpa a sua moglie. Devo precisare che non ho assistito a tutto il colloquio. I due vollero rimanere da soli. Ebbi l’impressione che la mia presenza frenasse il Rontini nel dire tutto quello che voleva dire.(…) Francesco si mostrò alla fine quasi sollevato dagli esiti del colloquio, come se in pratica avesse scansato un pericolo. Ne trassi proprio questa netta impressione. Devo precisare che in quell’occasione Francesco mi portò con se al solo scopo di dare a Rontini l’immagine di una vita del tutto regolare che conduceva. (…) Ricordo un’altra circostanza che voglio raccontare. Francesco mi raccontò che verso la metà degli anni ’80, prese la pistola di suo padre (Gioacchino Calamandrei n.d.r.) che custodiva nella casa di San Casciano sita sopra la farmacia e si portò a Punta Ala dove prese la sua barca e in compagnia dell’Architetto Gianni Ceccatelli, marito della mia amica, Tamara Martellini, si recò al largo e buttò detta pistola in mare. Non mi ricordo l’occasione in cui Francesco mi raccontò questo episodio. Lui mi disse che buttò la pistola per non avere noie burocratiche.(…) Francesco dipingeva dei quadri che rappresentavano scene di sangue, siringhe infilate in masse di sangue; per me erano quadri ossessivi e violenti. Nei momenti di sincerità, Francesco diceva di avere il diavolo addosso di essere dominato e di aver bisogno di assumere farmaci e cocaina per combattere la sua depressione. Francesco aveva delle manifestazioni schizofreniche, sembrava dominato da qualcosa più forte di lui: in questi frangenti diventava violento tanto da spaventarmi.(…) Ricordo che circa nel 1993-1994, Francesco frequentava un mago, di cui non so il nome, ma che dall’accento mi sembrava pugliese. La loro frequentazione, in quel periodo, era continua, addirittura Francesco lo ospitava a casa; questo mago sembrava alle dipendenze di Francesco. Non credo che questo mago fosse conosciuto a San Casciano, bensì credo che fosse un’esclusiva frequentazione di Francesco. Posso descriverlo come una persona che all’epoca aveva circa 40 anni, magro, alto circa m. 1,70, capelli scuri, vestito in maniera modesta. Non posso essere più precisa su questo mago perché all’epoca non frequentavo più Francesco avendo in corso con lui una vertenza legale… Francesco era comunque molto interessato alla magia e devo dire che anche Gianni Ceccatelli era un’altra persona frequentata da Francesco che era interessato alla magia.(…) Ricordo che Francesco prestava dei soldi alla gente che si trovava in difficoltà finanziarie speculando sui loro bisogni economici; aveva un particolare atteggiamento di piacere nel rovinare la gente. Ebbi l’impressione vivendo con lui che in paese fosse noto che Francesco era disponibile a dare soldi in prestito. Anzi più che un’impressione di questo ne sono convinta per avere assistito ad alcune telefonate giunte a casa mia durante il periodo di convivenza con le quali gli interlocutori, per me rimasti sconosciuti, gli chiedevano soldi in prestito. E da quello che potevo capire Francesco glieli dava. Da qui intuii che Francesco era in grado di esercitare un certo potere dal momento che a lui si rivolgevano persone che si trovavano in stato di bisogno. Circa il potere di Francesco, mi risulta che lo stesso fosse legato alla Massoneria Fiorentina, anche se non sono in grado di essere più precisa sul punto. Di questo però ne sono sicura per avermelo confidato lo stesso Francesco durante la nostra convivenza, oltre che, come accennato, per averlo appreso dalla mia amica Tamara… nel breve periodo in cui siamo stati insieme, lui cercò di apparire normale ma non ci riuscì e si ricalò nella sua dimensione di assuntore di alcool e psicofarmaci.”
Rif.1 - Assolto perchè il fatto non sussiste pag.

domenica 27 settembre 2009

Daniele Assirelli, Alvaro Bruni, Walter Calzolai, Alfredo Pierotti

Il 18 settembre 1974, dopo il duplice omicidio di Stefania Pettini e Pasquale Gentilcore, si recarono presso la stazione dei Carabinieri di Borgo San Lorenzo per riferire in merito ad un auto di grossa cilindrata, una Giulia o una Simca, avvistata sul ciglio della strada nelle immediate vicinanze, ove la mattina successiva, erano stati trovati uccisi i due ragazzi. Riferirono che l'auto aveva la luce interna all'abitacolo accesa ed era occupata da una sola persona.
Rif.1 - La Nazione - 19 settembre 1974 pag.5

sabato 26 settembre 2009

Udienza del 20 maggio 1999 - 1

Quella che segue è una sintesi dell'udienza del 20 maggio 1999 relativa al Processo d'appello per i delitti del "mostro di Firenze" davanti alla prima sezione della Corte d'Assise d'Appello di Firenze.

Espletate le formalità di rito il Presidente concede la parola al Procuratore Generale
Procuratore Generale: - "L'attendibilità dei testimoni va riscontrata anche sulla base di riscontri esterni, riscontri esterni che non devono essere fatti sulle singole circostanze ma sul racconto del collaborante che può anche ispessirsi strada, strada. In questo caso, per venire alla sentenza, i riscontri per Vanni e Pacciani, è proprio un capitolo della sentenza, do per certa l'attendibilità del Lotti, vediamo se i riscontri esterni individualizzanti, cioè riferiti alle singole persone, ci sono o non ci sono. Vanni, dice la sentenza, era il migliore amico di Lotti, quindi Lotti non aveva motivo di accusare ingiustamente il Vanni. La sentenza fa riferimento ad un episodio che ci racconta la Bartalesi Alessandra, con la quale il Lotti qualche volta è uscito, si è appartato sulla piazzola degli Scopeti, Lotti voleva soldi in prestito, Vanni non glieli ha dati, è il periodo in cui Vanni gira con biglietti da centomila in tasca, questi soldi, insomma, non glieli ha dati. Lotti avrebbe detto: "ora ci penso io". Si dice in sentenza "non è un elemento tale da far ritenere che da questo mancato prestito si sia scatenata la furia vendicativa di Lotti che accusa Vanni" così sembra anche a me ma è un episodio che va registrato. Allo stesso modo si parla di Pacciani e si dice "stavano sempre insieme" e il rapporto omosessuale, che c'è stato o non c'è stato, non è scatenante nei suoi confronti. Un mezzo riscontro oggettivo di astio nei confronti di Vanni e Paccia non si riscontra. Si dice ancora "non è emerso alcun dato negativo che possa aver indotto lo stesso Lotti ad accusare gli altri" infatti la prima accusa nei confronti del Vanni e del Pacciani parte dal teste Pucci Fernando e scrive la sentenza, "il Lotti ha resistito a lungo prima di accusarli". Questo argomento della Corte mi lascia perplesso perchè le posizioni Pucci e Lotti sono strettamente concatenate tra di loro; è vero che formalmente ha reso per primo dichiarazioni alla polizia giudiziaria il Pucci però sono dichiarazioni rese nel 1996, cioè non sappiamo il retroterra. Pucci, dice: "io non ho voluto avere a che fare più nulla con Lotti" ma in un altro momento dice: "il Lotti mi ha parlato degli altri omicidi dopo gli Scopeti". Questo la dice lunga sui rapporti che continuavano ad esserci tra Pucci e Lotti. Si passano la palla vicendevolmente. Si parla del programma di protezione, esso non lo esenta certo dalle conseguenze penali per i reati ai quali ha collaborato, s'è discusso a lungo di questo programma di protezione e in effetti davanti al giudice del merito il programma di protezione ha poca influenza ma scatta ai meccanismi interni suoi, che sfuggono alla cognizione vostra, e che riguardano il Tribunale di sorveglianza. Dire che non ci siano vantaggi da un programma di protezione non è del tutto esatto. Per i precedenti riscontri siamo ancora a livello minimale che a mio avviso non sono sufficienti per ritenere riscontrata la posizione di Vanni. Si fermano qua gli argomenti di riscontro esterni: nessun motivo di astio, nessun motivo di accusare per trarre vantaggio dal programma di protezione. Un argomento che almeno dalle pagine che ha dedicato la sentenza, sulla posizione del Vanni, si dice: "lo stesso Lotti ha detto la verità anche in ordine alla provenienza delle cartucce" a me questo punto mi pare non possa dirsi provato, addirittura si anticipano conclusioni che dovevano essere evitate, Lotti ha detto: "so che il Toscano forniva i proiettili e li dava a Vanni che li poretava a Pacciani, proiettuili Winchester con l'H sul fondello." Fino al 1981 i proiettili portavano impressa l'H poi la W. A Toscano sono stati trovati, mi pare, 200 e più proiettili con la lettera W, quindi proiettili che non sono quegli degli omicidi. La sentenza sviluppa tutto un argomentare sul perchè sia stato Toscano a dare i proiettili H al Vanni, ma è un argomentare che non è fondato. Omicidi commessi, forse per vendere i feticci, ma che necessità c'era che si dovevano essere invaghiti proprio delle cartucce H quando il Toscano aveva altre cartucce? Si può replicare che le cartucce gliele ha date in un momento un certo numero e quindi chi le aveva ha utilizzato sempre queste. La prova che Toscano avesse cartucce H, si ritrova in sentenza dalle dichiarazioni di Mocarelli Lorenzo, fanno un controllo, andava a sparare al poligono fino al '78/'79 poi però ha venduto la pistola. Toscano tutte le sue pistole le ha dichiarate, ha dichgiarato i proiettili e quindi siccome Mocarelli si è ritirato dall'attività di poligono a quell'epoca i proiettili con la W che hanno trovato in casa a Toscano non potevano provenire dal Mocarelli che ha dichiarato di aver dato proiettili al Toscano, però in una deposizione in cui non si ricorda nulla, ha circa 80 anni il testimone, quindi deve riferire fatti del '78/'79 non se ne ricorda. Quindi questo riscontro non mi pare sia sufficientemente provato.
La Corte ritiene intrinsecamente credibile il Lotti quando parla del Vanni e del Pacciani come suoi complici nei quattro duplici omicidi di Scopeti, Vicchio, Giogoli e Baccaiano, quando riguarda i riscontri oggettivi, sulla credibilità intrinseca è un pò avare la sentenza perchè dice che Lotti è stato sempre fermo nel suo racconto, non ha motivi di rancore e quindi è credibile e i riscontri oggettivi li ricava. Pucci, dice la Corte, ha visto poco ma ha visto poco perchè si è tenuto lontano. Vi ho ricordato le dichiarazioni di Pucci, un testimone, ai sensi dell'art 500 comma 3 del codice di procedura penale, dice che ciò che serviva era ciò che si diceva in dibattimento e che il resto poteva essere valutato, adesso l'articolo è cambiato, quello che è stato detto prima e che contrasta con le dichiarazioni rese al giudice insieme ad altri elementi può diventare prova. Ma io vi ho letto le differenze che passano tra le dichiarazioni Pucci nella fase istruttoria e le dichiarazioni in dibattimento, Pucci in dibattimento non ha detto nulla, "si, no, no, si, icchè c'è scritto?..." ma a mio avviso per recuperare il già detto bisognerebbe trovare riscontri anche a questa testimonianza e riscontri a questa testimonianza, diversi dalle dichiarazioni di Lotti non se ne trovano e quindi è il cane che si morte la coda. Presenza della Ford Fiesta, lo dicono Nesi, Pucci e Lotti, del Nesi vi ricordavo la differenza di colore dell'automobile che lui ha visto, rossiccia/amaranto, del Pucci ho già detto e il Lotti non è ancora un riscontro esterno altrimenti diventa sia testimone che riscontro. Avvertimento del Vanni al Pucci per ricordargli che se avesse in qualche modo parlato, rivelato qualcosa il Pacciani avrebbe potuto usare la pistola anche nei suoi confronti è una circostanza che è rimasta solo affermata ma non provata. Questi riscontri li ferisce all'omicidio degli Scopeti che chiama in ballo la questione della 128. Come si poteva immaginare Lotti è venuto davanti a voi e di fronte alla nuova emergenza processuale ha dato la risposta più logica: "le usavo tutte e due". Ma bisogna andare a rileggere le dichiarazioni del Lotti su ciò che riguarda l'automobile 128. Lui quando ha consegnato il certificato di assicurazione fino al settembre '85 sulla Fiat 128 mentre non ha consegnato il contrassegno, quando lo ha consegnato ha impostato le sue dichiarazioni su quel presupposto. "Io fino al 20 settembre non circolavo con la 124 perchè avevo l'assicurazione sulla 128". Si legge da più parti nel verbale dibattimentale "io non avevo i soldi per far andare due macchine. Perchè usavi due automobili? Perchè mi garbava così." A mio avviso non è una risposta valida quando la risposta sia stata data dopo pagine e pagine di domande sulla 128, impostate sul presupposto "io ci ho il certificato di assicurazione, io giravo con quella macchina". I vari testimoni vicini di casa e lo stesso Lotti, parlano di "qualche mese" di aver avuto contemporaneamente 128 e 124. Nel primo dibattimento quando gli hanno fatto qualche domanda, alla fine ha ammesso di essere uscito con la 128 ma ha detto "qualche volta", a voi direttamente ha detto la usavo per i viaggi più vicini, non lontano, combinazione, a Firenze lui ha fatto due incidenti entrambi con la 124. E' credibile che per andare alla piazzola degli Scopeti piglia la 128 e lascia la 124? Ma perchè mai doveva decidersi a comprare un' automobile i cui soldi glieli ha dati il datore di lavoro? Lui non ce li aveva, segno è che la 128 o non funzionava completamente o comunque era diventata una carretta. E' questo il punto da valutare e che ha incrinato certe mie convinzioni. Perchè si assiste a un Lotti che modifica le risposte a seconda delle necessità. La 128 l'hanno vista i coniugi Caini/Martelli ma danno un certo orario e su quell'orario a lungo non s'è saputo nulla, soltanto alla fine, Pucci, dice che hanno spiato la coppia nel pomeriggio ma di questo spiare la coppia nel pomeriggio il Lotti non ne parla, quindi se si son fermati o non si sono fermati è una circostanza completamente dubbia."

venerdì 25 settembre 2009

Giovanni Ceccatelli

Architetto. Ex-marito di Tamara Martellini ed amico di vecchia data di Francesco Calamandrei. L’8 ottobre 2003 davanti alla polizia giudiziaria riferì: “Non ricordo in che occasione mia moglie mi aveva riferito di aver saputo dalla moglie del Calamandrei di essere a conoscenza che il marito era il “mostro di Firenze” e che della cosa ne avrebbe parlato con la moglie del dottor Vigna, del quale era amica, io non detti molto peso alla cosa, in quanto sapevo che la Ciulli aveva un carattere molto particolare. (…) Non ricordo se tali notizie mi sono state riferite anche dalla Ciulli stessa, in occasione di qualche incontro, io comunque non ho mai dato peso più di tanto, in quanto tali fatti mi erano stati riferiti in un contesto generale ed io li supponevo legati alla separazione in atto fra lei e Francesco.” Mostratagli una foto di Francesco Narducci dichiarò: “La persona raffigurata nella foto numero 10 ha un volto a me conosciuto, lo associo ad una persona vista, se non sbaglio a Viareggio insieme a Calamandrei, in occasione di una visita di una barca che Francesco voleva acquistare.”
Rif.1 - Sentenza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze contro Francesco Calamandrei del 21 maggio 2008
Nella foto Francesco Narducci

giovedì 24 settembre 2009

Francesco Baldacci

Il 7 ottobre 2003 riferì alla Polizia Giudiziaria: “Alla fine degli anni ’70, inizi anni ’80, sono stato titolare di una ditta ubicata a Vaiano in località La Briglia. Tale società, che si occupava della lavorazione per conto terzi di stracci, i quali venivano “carbonizzati” e cioè lavorati con l’acido cloridrico e con apposite macchine dai quali ne usciva la cosiddetta lana meccanica e cioè non lana di pecora. Tale società la gestivo io e mio cognato, successivamente l’abbiamo ceduta ad un terzo cognato, un tedesco di nome Rolf Reinecke, il quale aveva sposato la sorella più piccola di mia moglie. Attualmente questa è morta da circa 5 anni di leucemia. (…) Negli anni ‘60/’70 il padre di Rolf, rappresentava una grossa azienda della Baviera e noi eravamo uno dei tanti fornitori. In occasione di uno dei viaggi il padre fu accompagnato da Rolf. In uno di questi viaggi in Italia il Rolf conobbe mia cognata. Si innamorarono e successivamente si sposarono, credo alla fine degli anni ‘60. La coppia non volle mai stare a Prato e fu così che il padre di Rolf acquistò per loro una casa a Firenze in via Pietro Tacca, nella quale attualmente vive una delle figlie.(…) Mio cognato Rolf, fino al 1977/1978, ha sempre abitato con la famiglia, in via Pietro Tacca a Firenze, dopo la separazione credo fosse andato ad abitare in affitto in qualche posto nei dintorni di Firenze, ma non so dirvi dove di preciso, in quanto dopo la separazione i rapporti si sono rotti ed io non l’ho più visto. I motivi per i quali si è arrivati alla separazione tra mio cognato e mia cognata sono stati legati più che altro alla differenza caratteriale che vi era tra il Rolf e mia cognata. Mi spiego meglio, il Rolf, per come mi ricordo io era un tipo molto autoritario e strano, aveva un carattere molto burbero, al quale non piaceva molto lavorare, gli piaceva molto di più andare a fare girate per il Chianti e stare lontano dalla famiglia. Infatti durante il giorno lui era spesso in giro e rientrava solo la sera per cena o non rientrava affatto. Mia cognata invece era di carattere opposto a lui, in quanto era una donna che si perdeva dietro alla famiglia ed ai figli.(…) Di mio cognato Rolf mi ricordo che era un omone alto circa m. 1,90/2,00, pesava circa 90/100 kg, aveva capelli corti e biondi, riccioli, occhi azzurri e per un certo periodo ha portato barba e baffi, aveva i lineamenti molto regolari.(…) Sono a conoscenza che il Rolf, circa dieci anni orsono è tornato in Germania, non so dirvi dove, ed ha allacciato una relazione con una donna di laggiù dalla quale ha avuto anche una figlia. Non sono a conoscenza dove il Rolf vivesse in Germania dopo aver lasciato l’Italia. Sono a conoscenza soltanto che la sua famiglia viveva a Bambergh in Baviera. Sono altresì a conoscenza che lo stesso, circa sei anni orsono, è deceduto per motivi di cuore. Questa notizia credo che l’abbia comunicata la madre a mezzo telefono a mia moglie.(…) Non sono a conoscenza di eventuali amicizie che il Rolf aveva, ricordo soltanto che per un periodo lo stesso ha frequentato un mio dipendente, il quale è deceduto qualche anno orsono. Ripeto non sono a conoscenza di altre amicizie anche perché come ho detto con il carattere che aveva non legava molto con la gente.(…) Il Rolf non aveva hobby particolari o praticava sport, io non ho mai saputo che avesse una passione per le armi. Mi sembra di ricordare che per un periodo ha frequentato il Mugello, se non ricordo male Scarperia, dove aveva acquistato un elmo con due spade incrociate, del quale andava molto fiero e teneva appese nella casa di via Pietro Tacca.”
Rif.1 - Assolto perchè il fatto non sussiste pag.106

mercoledì 23 settembre 2009

Giuseppe Barrui

Pastore sardo. Fu arrestato per rapina e condannato a 7 anni per tentata violenza carnale ma venne recluso anche per detenzione di banconote false e armi, furto, sequestro di persona. Tramite l'amico Francesco Vinci aveva conosciuto Giovanni Calamosca a cui aveva venduto delle pecore. Entrò nell'inchiesta sul "mostro di Firenze" quando Franco Mandelli fece il suo nome relativamente al gruppo di sardi che avevano ricevuto agevolazioni dal magistrato Pier Luigi Vigna. Mandelli dichiarò d'aver saputo che fu Barrui a cedere a Pacciani e a Vanni la Beretta Calibro 22 usata fin dal primo delitto e sempre Barrui, per sviare le indagini, avrebbe nascosto il proiettile calibro 22 nell'orto di Pietro Pacciani in Via Sonnino a Mercatale .
Morì a Pisa a 57 anni, il 27 agosto del 1998.
Rif.1 - Panorama - 06 dicembre 2001

martedì 22 settembre 2009

Cui prodest

Autore: Alessandro Bartolomeoli
Prima edizione: Aiep editore - 2009 - 448pp - brossurato

SINOSSI
Strategia della tensione, delitti del mostro di Firenze e Rennes le Chateau ruotano attorno al personaggio di questo romanzo: Alex, giovane scrittore costretto dal destino a dover smascherare e affrontare il male che accomuna questi eventi, distinti ma collegati tra loro da una “cupola diabolica” denominata Rosa Rossa. Il detto latino Cui Prodest (a chi giova?) è la domanda fondamentale del libro. Dopo anni di ricerche Alex si troverà costretto ad affrontare una realtà sconvolgente, al limite della comprensione umana. Una setta millenaria guida la storia e lo fa attraverso un libro rinvenuto in Francia sud occidentale. È un libro diabolico, scritto da una mano non umana, ma che si serve degli uomini per arrivare allo scopo finale: sacrificare vite umane e richiamare così la protezione degli inferi per costruire un nuovo ordine sociale e politico. Partendo da fatti realomente accaduti le analogie tra il terrorismo e i delitti seriali sembrano ricondurre a un’unica mano omicida.

lunedì 21 settembre 2009

Pietro Pacciani e la Ford Fiesta

Pietro Pacciani in sede di dichiarazioni spontanee rese in dibattimento nell'udienza del 18 ottobre 1994 dichiarò: "Io ci avevo quella 500, andeo a lavorà con quella 500 e compagnia.... Poi ci aveo comprato quell'altra per andare in giro a il paese. Anche la macchina nova l'ho comprata diversi anni fa, ma non avea fatto... l'adopravo solo a andare a i'mercato una volta la settimana, quando si quando no, e poi l'adopravo per andà a qualche festa locale dì paese, lì. E la fanno una vorta l'anno. Per esempio una corsa dei somari a coso, come si chiama su... alla festa dell'Impruneta della mongolfiera, la festa de'ciuchi su a S.Donato in Poggio, così. E poi la festa .... Insomma, tutte queste feste locali e le fanno una vorta l'anno, e non l'avevo più riadoprata. lo l'adopravo solo a qualche festa e poi l'adoprai solo quando si andette laggiù alla Sambuca, insomma, alla festa e si guastò. E un'altra volta l'aveo adoprata quando andeo a lavora'da i'mi'padrone, non mi voleva partì quella. Degli anni la gli ha, però come chilometri n'ho fatti pochi. Icchè gli hanno fatto? Hanno preso, gli enno andati su, gli hanno preso, spiombato il sigillo di' contachilometri, hanno fatto girare í'contachilometri avanti. Da 700 chilometri che avevo fatto, eh? L'hanno portati a 7000. Hai capito? Quando si compra le macchine, il sigillo gli è ... La Ford l'è sigillata co'i'piombino, e lì gli è stato rotto e compagnia bella. C'è poi, se uno si verifica, gli è tutto novo. Le gomme nove, c'è le spazzole nove, tutto l'affare. Sicché si vede subito se l'è stata adoprata. E io, come ho detto, l'ho adoprata solamente a andare a qualche festa, a andare a far qualche interesse".
Rif.2 - Sentenza della Corte di Assise dell'1 novembre 1994 contro Pietro Pacciani

sabato 19 settembre 2009

Udienza del 19 maggio 1999 - 12

Quella che segue è una sintesi dell'udienza del 19 maggio 1999 relativa al Processo d'appello per i delitti del "mostro di Firenze" davanti alla prima sezione della Corte d'Assise d'Appello di Firenze.

Segue dalla parte 11
Procuratore Generale: - "Quali sono i riscontri? Esatta indicazione della posizione e di alcune caratteristiche del furgone. Avvalorano le dichiarazioni del Lotti l'esattezza delle modalità degli spari, gli spari iniziarono sulla fiancata destra, proseguirono sulla fiancata sinistra e terminarono sulla fiancata destra all'apertura dello sportello centrale. Quanto alla presenza del Lotti, secondo il giudice di primo grado è provata la necessità di un palo per l'esecuzione del duplice omicidio. La piazzola di giogoli era frequentata da coppiette. Questi riscontri dimostrano che Lotti era presente.
Baccaiano di montespertoli. La coppia c'era ma non ci sono state escissioni. Perchè l'operazione viene resa impossibile dal fatto che il ragazzo, Paolo Mainardi, s'è accorto di qualche cosa e cerca di mettere in moto l'auto per fuggire. Siamo alla mezzanotte del 19 giugno 82. Quando passano dei giovani, nove, vedono un'auto su un lato, tirano avanti, poi gli vengono dubbi, fanno marcia indietro, vanno a vedere cosa è successo, scattano i soccorsi. La fiat 127 aveva uno sportello per fiancata e si trovava con le ruote posteriori nel fossetto laterale destro di via Nuova Virginio, fossetto laterale destro con riguardo alla direzione di marcia verso Baccaiano. Parte anteriore sul ciglio della strada in posizione obliqua, la stessa auto si presentava con un foro di proiettile sul parabrezza, all'altezza del posto di guida, col vetro del finestrino sinistro, completamente frantumato, freno a mano tirato, marcia indietro inserita, due fari anteriori rotti da colpi di arma da fuoco, anche le lucine sono rotte ma con qualche strumento diverso, sedile anteriore sinistro macchiato, inzuppato di sangue, con la spalliera parzialmente reclinata indietro con la mancanza delle chiavi di accensione del quadro, pulsanti di luci tutte accese, chiave che è stata rinvenuta a poca distanza. Poichè non parlo della tesi alternativa, la posizione dei due ragazzi possiamo ometterla. Da come vengono trovati i bossoli viene poi ricostruita, dai periti, la dinamica dei fatti. Tre bossoli e frammenti di vetro nella parte sinistra della piazzola, altri due bossoli si trovano sull'asfalto della strada, però vicinissimo a questa piazzolina, altri tre sono davanti alla fiat 127 sulla strada e ancora un bossolo all'interno della stessa auto sul tappetino posteriore destro. Il testimone Carletti dice di esserci passato poco prima e di aver notato una lucina accesa e di aver visto al posto di guida il ragazzo. Dalla perizia medico legale emergeva che la ragazza era stata raggiunta da due colpi di arma da fuoco, quattro colpi di arma da fuoco, tre alla testa e uno alla spalla sinistra il ragazzo. I periti fanno delle considerazioni, delle ipotesi, ma risulta dimostrato che il ragazzo non è stato attinto mortalmente dal primo colpo che l'ha raggiunto alla mandibola ed ha quindi avuto il tempo di tentare questa fuga che purtroppo non gli è riuscita. Dichiarazioni del Lotti, da quanto verbalizzato il 21 febbraio '96 in cui Lotti dice di non aver mai guardato coppiette a Baccaiano. Il 26 aprile vengono contestate a Lotti le dichiarazioni di Pucci, "in un altra occasione mi disse che avevano ammazzato anche la coppia di Montespertoli, ma io non c'ero". In un primo momento Lotti non risponde poi inizia a parlare, Lotti dice che Vanni lo conosceva già da 25 anni, Pacciani lo conosceva da un paio d'anni lo costrinsero ad andare con loro, e ancora non vuole parlare delle avances del Pacciani, ne parlerà il 23 dicembre '96, quando conduce il PM prima a Baccaiano e poi a Giogoli. Su come lo costrinsero lui risponde "lo sanno loro, mi dissero di andare anch'io, mi minacciarono, mi dissero che mi facevano fuori, mi dissero che se non andavo mi venivano a prendere a casa" e poi precisa "fu il Vanni che mi disse che si doveva andare con Pietro in un posto a Baccaiano, poi arrivò Pietro e fui costretto ad andarci, fu Pietro che mi costrinse era nel piazzone di San Casciano e mi disse : tu devi venire con noi, io non sapevo niente di più finchè non si arrivò sul posto." Sotto Natale del '96 parla del rapporto omosessuale con Pietro Pacciani, e dice che per questo Pietro Pacciani lo teneva in pugno, "dice vieni con me perchè sennò tu sai che ti ho fatto, io che potevo dire? Non potevo dire altro". E Vanni lo sapeva di questa storia ? Vanni non mostrava di sapere di questo rapporto. Ritornando alle prime dichiarazioni su Baccaiano, riferisce Lotti che Mario gli diceva che lui e Pacciani seguivano le coppie prima di ucciderle e lui Lotti non ci credeva perchè Vanni ne parlava come se fossero cose normali. "Accennavano Pacciani e Vanni che volevano ammazzare? Accennavano ed è segno che sapevano che quel giorno c'era quella macchina, ne aveva parlato il vanni nei giorni prima, erano sicuri di andare lì". Però non sa se conoscessero la coppia "ma Mario mi disse che saremmo andati in quel posto ma io la coppia non l'avevo vista prima". Nel corso dell'incidente probatorio Lotti passa senza domande al fatto del 1982, "io non sapevo niente quando successe quel fatto lì, io andetti nel posto e basta." "In quale posto?" gli chiede il PM e il Lotti "il fatto dell'82 io non sapevo mica nulla se si andava lì io era la prima volta, come facevo a saperlo, mi disse si va in un posto, dice tu vieni con noi, e io andetti con loro"
-"Ma perchè ci doveva andare per forza?" chiede il PM;
-"Sarà stato per via di quel giorno che mi fece... insomma quel giorno che ha voluto fare le cose con due uomini".
In dibattimento il primo contatto Lotti lo spiega in questi termini: "mi accennonno che dovevano andare a fare un lavoretto, io lì per lì non credevo che gli andessero a fare così, queste cose, a me mi dissano dei lavoretti e basta, non arrivonno al punto preciso di coso, no mi dissan così: si fa il lavoretto però si deve fare questo omicidio".
Chiede il PM: "Questo omicidio, le spiegarono perchè dovevano fare questo omicidio? Cos'era questo lavoretto? Perchè lo chiamavano lavoretto? E lei gli chiese che cosa voleva dire lavoretto?Capì che andavano ad ammazzare?"
-"No".
-"Lei capì così..."
-"Per l'appunto c'era delle feste io credevo che gli andessino a una festa invece gli andettano a questo posto..."
-"Ma lei perchè non ci credeva che avrebbero ammazzato? Perchè loro gli dicevano che avrebbero ammazzato?"
-"Mha, lì per lì non mi orizzontavo su quello che volevan dire loro".
-"Però le avevano detto che era loro intenzione ammazzare fare omicidi?"
-"Mha, lì per lì non credevo a questa cosa qui e ci andai lo stesso. Poi c'è stato le cose co i Pacciani..."
-"Ma perchè ci andò?"
-"No, mi minacciavano e insomma e se unnandavo facevano fuori anche me."

Successivamente sempre in dibattimento ritorna al discorso che "gli andavano in un posto a una festa, così mi dissan a me e poi la festa la unnera gli era un'altro fatto, gliera un'altra cosa, al principio mi dissero si va a festa, così e così, poi dopo quando s'arrivò laggiu, dice c'è da fare un coso, un lavoretto, mentre si fermò".
Per quello che rigiuarda il percorso Lotti descrive la strada, "più avanti, sulla sinistra, lungo il lato della strada era parcheggiata l'auto dei ragazzi, con il davanti in direzione di montagnana, era rasente un fossetto" non ricorda il tipo e il colore dell'auto dei ragazzi. Nell'incidente probatorio, più o meno dice le stesse cose: "io andetti dietro a loro, si fece la strada per San Casciano si scende in giù, in Ponterotto, poi si sale San Pancrazio e si va eccetera." Poi spiega come si sono fermate le macchine: guardando Baccaiano, automobile dei fidanzati sulla sinistra, Lotti si ferma sulla destra, più avanti si ferma l'automobile degli altri, "io fermai la macchina un pò più giù, vidi che scesero loro e andettero a questa macchina, poi andettero vicino alla macchina, erano fermi, non so se erano a fare l'amore, questo non l'ho visto mica bene, io ero più distante a 4/5 metri sempre dalla parte opposta di qua andando verso Baccaiano". Modalità dell'azione, prime dichiarazioni: "sentii che sparavano dentro la macchina, era Pietro che sparava, non li aveva presi tanto bene e volevano uscire di macchina, per me i due avevano riconosciuto le persone, volevano ripartire ma c'era un fossetto, e la macchina durò fatica a sortire." Ha disegnato uno schizzo di questo fatto però si vede la macchina disegnata, poi si vede un trattino che unisce i due lati della strada e non si vede altro. "Sparò solo il Pacciani davanti al vetro, ero più dietro non ho visto i particolari, non so dire con precisione se Pacciani gli andò dentro dopo che gli sparò la prima volta." Nell'incidente probatorio:
-"Vi eravate messi d'accordo quando eravate sul posto cosa doveva succedere?"
-"A me non mi dissero niente, poi scesero di macchina e andettero verso la macchina, però la macchina non mi ricordo che macchina l'era quella. Poi di lì cominciarono a sparare io ero sulla strada non ero proprio lì."
-"Passavano o non passavano macchine?"
-"Può darsi siano passate, ora non me ne ricordo di preciso, poi cominciarono a sparare io ero fermo lì".
-"Ha sentito dei colpi di poistola? E dove venivano sparati?"
-"Verso la macchina sul davanti della macchina"
-"Sul vetro?"
-"Sul vetro, poi dopo gli spari mi allontanai non stessi lì. Di lì la macchina si spostò e venne verso la parte opposta di qua e poi credevano che non avesse sparato eppoi si spostò la macchina e li ripresero per bene".
-"Cosa vuol dire per bene? Gli spararono ancora?"
-"Aspettavano andar via la macchina a muoversi la mnacchina e allora andettero di là e di lì, lì li fermarono lì, non si mossero più"
Non si capisce troppo bene... Poi si è allontanato:
-"Chi è che ha sparato?"
-"E' stato Pacciani."
Finito il giro delle domande del PM, Lotti dice che gli spari furono esplosi anche dopo che l'auto era finita nella cunetta, gli viene fatta la domanda "nella strada fu continuata l'azione di sparo dopo che i ragazzi avevano fatto retromarcia?" Allora lui dice di si. A domanda dell'avvocato Colao, "Ai fari della macchina anche?" Lotti risponde "sul davanti". Il gip: "ai fari della macchina fu sparato prima o fu..." Lotti replica: "al vetro della macchina, non ai fari". In dibattimento dirà che a lui i fari sembravano spenti. La descrizione di questa sparatoria resta complicata anche in dibattimento ma è una descrizione molto più completa di quella resa nelle precedenti occasioni, voi ne avete il riassunto a pag. 156 della sentenza, vi risparmio la ripetizione. Nel 1993, Carletti Francesco ha dichiarato di aver visto, passanto tra le 23 e 30 e le 23 e 35, che il ragazzo era seduto sul sedile di guida e c'era questa luce interna accesa. Tornando al lotti, il presidente gli chiede se l'auto dei due ragazzi avesse le luci accese o spente, lotti dice di non ricordarsi "perchè la macchina l'era un pochino nascosta, durante la marcia indietro, si, luce accesa qualcheduna ne aveva accese," segue spiegazione, "qualche luce accesa sennò s'arrivava macchine..." commenta il Presidente "quelli stavano per morire figurati se pensano alla macchina che sta per arrivare...". A conclusione di queste domande Lotti dice "una lucina l'ho vista accesa" e dopo gli spari che successe? "Poi gli stettero un pochino lì fermi e poi io andetti via, con la paura che avevo addosso presi e andetti via con la macchina". Nell'incidente probatorio l'avvocato Colao, chiede "i due montarono in macchina?" "No" risponde Lotti, aggiungendo che era andato via e non sa quello che è successo. Nulla sa dire sulle chiavi, l'avvocato Filastò in dibattimento: "Lei vide se uno dei due o Vanni o Pacciani prese le chiavi dal quadro di questa macchina e le buttò via?" "Mha, un l'ho visto bene, un l'ho visto un son sicuro di dire proprio preciso". Ancora in dibattimento: "quando veddi che avevano finito di sparare presi e andetti via e mi fermonno, Pietro dice te un tu vvai via, e come un vo via?! E prese... a questo punto io che facevo lì? poi piano, piano mi fecero andar via". Sui fatti successivi al delitto. Incidente probatorio.
"Parlò di questo fatto con Vanni e Pacciani?"
"Dopo una settimana qualcosa in più dissi del fatto di quel coso lì".
In dibattimento quando gli viene chiesto dall'avvocato Filastò:
-"Poi ne parlò con Vanni di questo fatto? Non gliene ha parlato mai?"
-"No."
E poi gli vengono ricordate le precedenti dichiarazioni e allora ritorna al si.
Si incuriosisce Filastò: "Perchè lei ha aspettato tutto questo tempo a parlarne con Vanni?"
-"Perchè io sono un tipo... un parlo io, io sono uno che un parli tanto".
Sul motivo degli omicidi, che è una domanda ricorrente, "perchè facevano queste cose?"
"Questo non me l'hanno spiegato."
In dibattimento: "perchè andaste a Baccaiano? Andaste anche lì per togliere il petto e compagnia o no?" E' il presidente che chiede.
Lotti: "Quello come m'hanno parlato loro gliera quello lo scopo lì"
-"Lei lo sapeva questo?"
-"Me lo avevano citato però io lì per lì..."
-"Non ci credeva..."
-"Un cosavo, un mi riusciva, un mi orizzontavo tanto bene".
-"Senta e quando gliel'hanno spiegata a lei questa cosa qua? Il motivo, prima di Baccaiano o prima degli altri delitti".
-"Prima, sempre il giorno innanzi mi parlavano di queste cose. Però io l'ero all'oscuro di tutto dal principio, sicchè..."
Del perchè del suo coinvolgimento e compiti del Lotti. Incidente probatorio: "Non ha chiesto spiegazioni, non denunziò la cosa?" lui risponde: "Non lo so perchè non so spiegarmelo". Gli chiede il PM: "Forse la paura?" "Avevo paura che facessero qualcosa a me, se uno accorda non so come se la mette a volte". Sui suoi compiti nell'economia del delitto: "mha, mi chiedevano di star fermo lì, ma fermo lì, passa le macchine, l'è un posto che unn'è, l'è un posto che ci passa le macchine quel punto lì". Il Presidente vuole risposte più chiare e Lotti risponde: "per star lì a guardare se non veniva macchine". L'avvocato Filastò: "Pacciani e Vanni le hanno detto che doveva fare qualche cosa se passavano delle macchine?" Lotti in dibattimento: "No, a me ummhannodetto nulla". Poi parla dello spolverino di Vanni. Questo è il materiale da valutare per decidere sulla partecipazione o meno di Lotti anche a questo duplice omicidio in funzione di palo. Secondo i primi giudici Lotti ha messo a fuoco particolari che una persona non presente, mai avrebbe potuto raccontare e ha svolto con piena consapevolezza e coscienza il ruolo importante di palo. Sulla sentenza si legge una spiegazione, sul perchè della necessità del palo in questo posto è un rettifilo lungo, chilometri, la sentenza spiega perchè occorrese il palo, la difesa contrasta questa posizione. Su questo ho concluso.
L'udienza viene sospesa ed aggiornata al giorno successivo.

venerdì 18 settembre 2009

Udienza del 19 maggio 1999 - 11

Quella che segue è una sintesi dell'udienza del 19 maggio 1999 relativa al Processo d'appello per i delitti del "mostro di Firenze" davanti alla prima sezione della Corte d'Assise d'Appello di Firenze.

Segue dalla parte 10
Procuratore Generale: - "Omicidio dei due ragazzi tedeschi, anomalo, l'arma è sempre la stessa, non ci sono le escissioni i corpi vengono trovati alle 19e45 di sabato 10 settembre 1983. La morte risale alla notte tra venerdì 9 settembre e sabato 10 settembre. Ricordo 3 bossoli calibro 22 trovati sul posto, uno sul sedile anteriore destro nella cabina di guida, un altro sul pianale del furgone in prosimità dello sportello centrale laterale destro e della spalliera del sedile di destra della cabina di guida, un altro sul terreno alla distanza di metri 1,10 dalla ruota posteriore sinistra del veicolo. Lo stesso furgone presentava 5 fori da arma da fuoco, 3 sulla fiancata laterale sinistra e due sulla fiancata laterale destra qui l'altezza approssimativa da terra varia da 137 a 140 cm. I due sportelli laterali anteriori della cabina di guida erano entrambi chiusi a chiave, parzialmente aperto lo sportello della fiancata centrale destra. Elemento da tener presente i due cadaveri giacevano sul pianale posteriore del camper distesi su di un materasso a due piazze in posizione trasversale e aventi uno la testa all'angolo posteriore sinistro del furgone e gli arti inferiori poggiati alla fiancata laterale destra del veicolo. Mayer, con i capelli corti era stato attinto da tre colpi di arma da fuoco al fianco destro alla testa e al gluteo sinistro. Rush il ragazzo dai capelli lunghi era stato raggiunto da 4 colpi di arma da fuoco, uno alla mano sinistra, uno alla coscia sinistra, due al volto. Secondo i periti il giovane aveva tentato di sottrarsi a questi colpi rifugiandosi verso la parte posteriore sinistra del furgone e proprio in quest'angolo sinistro del furgone era stato poi finito con due colpi alla testa. Lotti inizia a parlare di questo duplice omicidio il 26 aprile '96 e ammette di avervi assistito. Il primo racconto, ammette di avervi assistito, era distante e non sa quanti colpi vennero sparati da Pacciani, vide che i due del furgone erano a sedere e ricorda che uno dei due aveva i capelli lunghi. "Prima del fatto Pacciani e Vanni mi dissero che dovevo andare con loro per fare un altro lavoro, ricordo che questo omicidio avvenne dopo quello di Baccaiano, non mi ricordo se nello stesso anno o l'anno dopo". Il 12 giugno '96 gli viene chiesto se abbia sentito dire che questo omicidio era stato fatto perchè qualcuno era in carcere e doveva usciree e Lotti dice: "Io di questo non ho sentito parlare"; il 15 luglio è Lotti che chiede di parlare col PM, parla di Vinci, che lo ha visto due volte, una volta da solo, con la barba, poi l'ha visto col Vanni e il Vanni gli disse quella era la persona che doveva uscire. In dibattimento Lotti conferma questa circostanza di Vinci. In un interrogatorio del 16 novembre '96 dice che fu lui a sparare ai tedeschi, fa il nome di Butini e poi "mi trovavo dalla parte destra del furgone con Pietro vicino a me e sparai verso il vetro, quello dello sportello, ricordo due o tre colpi ma ero come imbambolato, poi Pietro prese la pistola si portò dalla parte sinistra del furgone, sentii altri colpi. Poi Pietro tornò sulla parte destra del furgone aprì lo sportello, guardò dentro, girò i corpi e vide che erano due uomini." Si arriva all'incidente probatorio. La prima risposta sull'argomento è "si, ma lì ci fu una cosa di una persona. M'avevano visto così... una via... che ero andato con un uomo, non lo so..." parla di Fabrizio Butini, cioè per l'omicidio di Baccaiano Lotti comincia a dare una spiegazione col rapporto impostogli dal Pacciani, una volta è un rapporto una volta sono due rapporti, non è chiaro. Lotti ha vergogna a parlare. Per l'omicidio dei tedeschi il contatto, la presa in carico da parte di Vanni e Pacciani avviene per questa storia di Fabrizio Butini, con il quale, dice Lotti "ero in macchina c'è stato qualche avance", anche sui ruoli giocati in questa vicenda Lotti una volta dice una cosa, una volta ne dice un'altra, una volta uomo, una volta donna... ...insomma era passato Pacciani, lo aveva visto e questo argomento costituiva motivo di ricatto con il quale lo costringeva poi ad andare a Giogoli. In incidente probatorio, lui dice di non sapere da chi sia stato visto, da Vanni o da Pacciani, però fu Pacciani a minacciarlo di rivelare la cosa. Questo Butini è stato sentito e sono stati sentiti pure quelli che lo vedevano al bar, in conclusione si può dire che uno, venire in udienza di fronte a una Corte, e parlare delle proprie preferenze sessuali effettivamente è un argomento un pò delicato, per cui su questo versante non si può dire nulla di certo.
Nell'incidente probatorio dice i due,Vanni e Pacciani, si presentarono a casa sua all'improvviso, era la prima volta che andavano a casa sua e dissero che si doveva andare a fare un lavoretto, lui aveva capito cosa volesse significare però aveva paura che svelassero quella storia del Butini. Poi racconta del viaggio e si arriva al punto dove c'è il furgone fermo. Anche questa località è cambiata completamente, arrivando da via di Giogoli, andando verso Scandicci, sulla sinistra c'è questo spiazzo, ora c'è un muro e subito dopo c'è la piazzola sulla sinistra. Lotti colloca la sua macchina sul primo spiazzo, colloca la macchina di Pacciani e Vanni sulla sinistra più avanti. Questo spiazzo attualmente è stato anche rialzato, ci hanno buttato materiale ed è cambiato completamente però ci sono degli alberi di ulivo che possono dare ancora dei punti di riferimento. A domanda del PM, lui dice che non c'era mai stato in quel posto, dirà che ogni tanto ci passava perchè c'ha una cugina che abita da quelle parti. S'è fermato a 3/4 metri, gli altri scesero di macchina e andarono verso il furgone, "di lì poi vo su a piedi anch'io dalla macchina, vo subito verso di loro, Pacciani ha la cosa in mano, io non so come si fa a sparare". Gliela mette in mano Pacciani "e di lì cominciai a sparare però se li abbia presi o meno questo non lo so", dopo l'intervento del PM: "mi dette la pistola in mano, così, però io non ero pratico della pistola e cominciai a fare, però non sono sicuro se ho preso". Dice di aver sparato nella parte del vetro 2 o 3 colpi, non sa di preciso, "poi mi prese la cosa in mano e sparò da se, lui, dalla parte opposta alla mia, fece il giro e sparò lui poi aprì gli sportelli". "Ma dentro cosa succedeva?", chiede il PM, "qualcuno gridava o erano subiro morti?"
-"No, si sentiva dei lamenti, non è che... da quando sparai io, sparai si, io credo che non li abbia preso nemmeno, non lo so di preciso perchè non ero nemmeno pratico delle pistole, sicchè non è che...".
-"Ma sentì che il vetro si bucava? Vide che il vetro cadeva?"
-"Sparai però non so se si era rotto o no, a quel punto ero impaurito e non so se era rotto o no il vetro."
Continua dicendo che rimase immobile, Pietro prese la pistola, andò dalla parte opposta e lui principiò ad andarsene piano, piano. Dialogo nella notte e Pietro dice: "Che vai via?" e lui rispose, "bha, a questo punto vo via, ero come cosato, cioè spaventato"ed il PM:
-"Ma perchè sparò?"
-"Mi hanno dato la pistola loro e che facevo? Non potevo mica fare diversamente?!" A richiesta del PM: "Vanni era fermo dalla parte che va a sinistra", comunque Lotti dice di aver visto Pacciani aprire lo sportello e vide che erano due uomini dei quali uno con i capelli lunghi, fu Pacciani a vedere che i due erano morti.
-"Lo vide anche lei?" chiede il PM
-"Il posto lì, quasi vicino, sicchè... non è che..."
Quindi lui dice che comincia ad andar via e Pacciani gli disse di star fermo però lui prese ed andò via muovendo verso Chiesanuova, stette un mese o più senza frequentare i due, comunque non volle parlare di quella cosa. Pacciani gli diceva di non dire nulla e di star zitto. Su domanda dell'avvocato Colao, si apprende che dopo la scoperta dell'errore, che donne lì non ce n'erano "ad arrabbiarsi non fu vanni, già pronto a tagliare con il coltello in mano, ma Pacciani". Vogliono una descrizione della pistola e Lotti dice che era "una pistola normale, senza tamburo, tutta liscia". Su domanda dell'avvocato Santoni, i giovani a lui parevano seduti "a vederli così poi non so se erano giù o no, mi parevano seduti però io non ero tanto vicino", i periti dicono si è sparato ad una quarantina di cm dalla fiancata, "sicchè cominciai a sparare così senza orizzontarmi se avevo preso o no". A una domanda del difensore di parte civile "erano seduti, risponde lotti - e sparò da circa tre metri, non si è alzato sulla punta dei piedi e vedeva delle ombre". Gli chiedono se ha sentito musica perchè quando il giorno dopo trovano i cadaveri c'era la radiolina accesa che faceva musica e il Lotti su questo è stato fermo, lui non ha sentito musica, ha sentito dei lamenti ma la musica non l'ha sentita. In dibattimento Lotti conferma la storia del Butini, l'ordine di seguirlo, dice della sua cugina, non aveva visto il furgone. Riprende ad esporre la dinamica del duplice omicidio, si fermò ad una certa distanza dal furgone, poi vennne chiamato da Pacciani, non fu una decisione presa a monte ma arrivati sul posto, commenterà la sentenza, quell'omicidio doveva far uscire qualcuno di prigione, quindi non bisognava sbagliare, nonostante questo viene affidata la pistola ad uno non esperto di pistole. Seguita:
-"Sparò però il vetro sul davanti, sulla parte in do un c'è il volano, c'era vetro che pareva opaco". Questa è una circostanza precisa perchè i finestrini laterali del furgone avevano per metà il vetro opacizzato. L'avvocato Filastò chiese:
-"Avete fatto un indagine chimica sulla vernice?" Non è stata fatta, non credo potesse giovare a qualcosa.
-"il vetro sul davanti era opaco a metà sicchè io ho visto una lucina dentro però ho visto bene la persona o due, dentro, non le ho viste bene"
-"Erano sdraiate, sedute?"
-"Mha, io le ho viste dopo quando gli ha aperto lo sportello e l'uno era piegato in qua e uno in là verso il coso. Uno era morto così da una parte verso lo sportello e l'altro... Che gli hanno aperto e quell'altro vorsano, quell'altro sportello di là..."
Domanda del Pm: "Verso il dietro del furgone?
-"No dalla parte di là, dalla parte del volano".
Chiede conferma il PM: "Dalla parte del furgone dove c'è il volano?"
-"Si".
-"Ma dietro o sul posto di guida?"
-"No, dalla parte della guida".
Perchè il PM chiede? Perchè ha visto le fotografie, ha visto quella povera testa del ragazzo tedesco e sa che la testa del ragazzo sta qua.
-"Queste due persone erano coricate? Lei le vide bene?" Questa volta che prima ha risposto no adesso dice si.
-"Vide se avevano i capelli corti o lunghi?"
-"Quando ho aperto lo sportello uno gli aveva i capelli lunghi."
-"Qual'era dei due che aveva i capelli lunghi lo ricorda?"
-"Ma a me mi pare dalla parte del volano."
-"Cioè quello che stava più avanti e l'altro era sul dietro?"
-"Si"
-"Ma rispetto al furgone, dalla parte dello sportello davanti o dalla parte dello sportello dietro?"
-"No dallo sportello davanti"
E qui bisogna chiarire che è una confusione di terminologia perchè Lotti dice sembre di non aver mai sparato nella cabina di guida. Poi risponde: "...ho sentito sparare altri colpi".
All'avvocato Mazzeo che ha chiesto: "Ma quando Pietro aprì lo sportello, sparò altri colpi?" Lotti risponde: "No in quel momento lì non ho sentito dei colpi, li ho sentiti quando gli è andato dalla parte opposta"
-"Poi non ha più sparato?"
-"No"
E gli spiega l'avvocato Mazzeo: "Sa perchè glielo dico? Perchè sotto il sedile anteriore sono stati trovati due bossoli sicchè anche dentro sono stati sparati dei colpi".
-"Io mi sono allontanato".
-"E chi li sparò?"
-" Pietro. Poi dopo quando gli hanno aperto lo sportello erano vicini al furgone, dopo, quando gli ha finito di sparare, non lo so quanti colpi gli è partito, questo di preciso, diversi, parecchi, un lo so, 4 o 5 non posso giudicare di preciso quanti."
-"E Vanni?"
-"Poi aprirono lo sportello, credevano che fosse una donna, quella con i capelli lunghi e invece gli era un uomo, erano tutti e due uomini."
-"Ma ve ne accorgeste tutti o se ne accorsero loro?"
-"Se ne accorsero loro, poi me ne accorsi anchio, però finchè un tunnapri lo sportello un tu sai se c'è un uomo una donna o due uomini."
Il giorno dopo continua a riempire pagine, pagine e pagine. Ritorna a parlare di Giogoli. All'esito di queste precisazioni il Presidente commenta: "No io ho capito che ieri ha detto una cosa ed oggi ne ha detto un'altra, solamente questo ho capito io. Lei ha detto ieri che uno era sulla destra un pò rigirato, l'altro era sull'altra parte verso il volante. Questo ha detto lei" e Lotti: "Invece no, m'ero espresso male ieri, invece eran di dietro dallo sportello di dietro."
-"Lei parla delle due persone morte?"
-"Si, si, ieri dissi sul davanti, invece no, io son qui nella parte di dietro loro, di dietro la metà del... Quando hanno aperto lo sportello ho visto dalla parte di dietro erano, non davanti!".

giovedì 17 settembre 2009

Nesi Rolando, Marretti Carla, Massoli Pasquale e Rossi Carla


Lorenzo Nesi, l'8 giugno 1994, durante il processo a Pietro Pacciani dichiarò d'aver visto, la sera di domenica 8 settembre 1985, Pietro Pacciani ed uno sconosciuto passeggero, transitare con una Ford Fiesta all'incrocio con via degli Scopeti. Narrò che quella sera, alla guida della propria auto e con a bordo la moglie, una coppia di amici ed il bambino di questi, stava salendo per via degli Scopeti per far ritorno a casa a S.Casciano. "Tornavano tutti da una gita in una casa di campagna di proprietà di conoscenti nella zona di Roncobilaccio, dove avevano trascorso la giornata. Erano venuti via la sera all'imbrunire fermandosi in un paese nei dintorni a mangiare una pizza ed avevano poi ripreso l'autostrada uscendo a Firenze-Certosa. Tutti i testi hanno confermato concordemente e con assoluta sicurezza la versione data dal Nesi Lorenzo circa la gita fatta il giorno di domenica 8 settembre 1985 nella casa di campagna di proprietà del Massoli Pasquale e della moglie di questi Rossi Carla sita in località Madonna dei Fornelli: la sola Rossi, pur ricordando il fatto, ha detto di non saperlo collocare esattamente nel tempo, ma che quella era l'unica volta che il Nesi Lorenzo era venuto a trovarli. Nesi Rolando (semplice omonimo ma non parente del Nesi Lorenzo) e la di lui moglie Marretti Carla hanno confermato anche di aver viaggiato, con il loro bambino di quattro anni, nella Ritmo bianca del Nesi Lorenzo che aveva a bordo anche la moglie, e di essere passati in effetti dalla strada degli Scopeti, dopo essere usciti a Firenze Certosa, pur non avendo fatto particolare caso al percorso, perché era il Nesi Lorenzo che guidava. Mentre il Massoli Pasquale ha affermato di non ricordare nulla di preciso, ma che di solito prima di partire la sera o facevano una merenda, o mangiavano a casa sua o si fermavano lì nella zona in qualche pizzeria, e la Rossi ha detto che qualche volta era capitato di fare uno spuntino prima di andare via; il Nesi Rolando ha invece escluso che essi fossero restati a cena dall'ospite, sembrandogli ricordare di essersi fermati ad un ristorante della zona per mangiare qualcosa."
Furono ascoltati nell'udienza del 15 giugno 1994, nel processo a Pietro Pacciani.
Rif.1 - Sentenza della Corte di Assise dell'1 novembre 1994 contro Pietro Pacciani (testo in corsivo)
Vedi anche:
-Rolando Nesi - Deposizione del 15 giugno 1994
-Pasquale Massoli - Deposizione del 15 giugno 1994
-Carla Rossi - Deposizione del 15 giugno 1994

mercoledì 16 settembre 2009

Irene Michele Kraveichvili

Sorella di Michel, venne sentita il 14 novembre 1992 dal PM, davanti al quale si era presentata spontaneamente trovandosi di passaggio a Firenze per motivi turistici. Riferì le sue perplessità circa il fatto che Nadine e suo fratello si fossero trattenuti in Italia anche la domenica, giornata che avrebbero invece dovuto dedicare al viaggio di ritorno. Nadine non avrebbe mai potuto trattenersi in Italia anche la domenica 8 settembre 1985, poiché il giorno 9 settembre era il primo giorno di scuola ed ella non avrebbe certo mancato di essere presente a casa per portare a scuola i due figli o, se non avesse potuto farlo, quanto meno avrebbe telefonato per avvertire. Aggiungeva poi che il fratello, quando era fuori in viaggio, non aveva l'abitudine di telefonare ed affermava che avrebbe fatto sapere, interpellando i parenti suoi e di Nadine, quale avrebbe dovuto essere il giorno esatto della loro partenza e se qualcuno di loro avesse ricevuto telefonate dai due e quando fosse stata l'ultima di queste. Sentita il 20 gennaio 1993, in sede di rogatoria internazionale, la stessa teste, dopo aver esaminato con esito negativo le foto di oggetti e capi di vestiario sequestrati nell'ambito dell'inchiesta, ebbe ad aggiungere espressamente di non essere in grado di fornire agli inquirenti elementi utili per il prosieguo delle indagini.
Rif.1 - Sentenza della Corte di Assise dell'1 novembre 1994 contro Pietro Pacciani

martedì 15 settembre 2009

lunedì 14 settembre 2009

Nello Petroni

Negli anni '70 aveva preso in affitto una casa colonica a Badia a Bovino, a duecento metri dall'abitazione dove viveva Pietro Pacciani. Nella deposizione, davanti al PM, del 6 novembre 1991 dichiarò d'aver visto spesso Pacciani con un fucile da caccia, una doppietta a retrocarica che teneva in casa, questi gli aveva anche raccontato che andava a caccia di frodo la sera ed aveva invitato anche lui ad andarci, ma egli aveva rifiutato: le loro case infatti erano all'interno di una riserva di caccia.
"Petroni Nello narra che tra il 1965 e il 1970, essendosi fermato un giorno nella piazza di Vicchio presso l'officina di un meccanico di biciclette, certo Paoli, aveva visto sul banco una pistola a tamburo e il Paoli gli aveva detto che a portargliela era stato il Pacciani per far allargare i fori del tamburo, in modo da poter utilizzare delle cartucce da guerra che aveva e che non entravano nei fori. Va ancora aggiunto che il Petroni racconta che una volta (intorno alle 18,00 del 3 Ottobre 1970 n.d.r.) era stato affrontato e quasi malmenato dal Pacciani, il quale lo accusava di aver sedotto sua moglie ed aveva poi costretto la Manni Angiolina, picchiandola selvaggiamente con pugni e calci, a confessare di essere andata a letto con lui. Poi aveva ingiunto al Petroni, sotto minaccia di morte, di portargli sua moglie, perché egli si potesse divertire a sua volta. Il Petroni aveva in seguito fatto intervenire un comune conoscente, certo Baroni Alfredo, per cercare di convincere il Pacciani a desistere dai suoi propositi, ma il Pacciani gli aveva risposto che se il Petroni non gli avesse portato sua moglie lo avrebbe ammazzato con una pistola a tamburo ed uno stiletto che faceva vedere al Baroni. Costui confermava la sostanza dei fatti per i quali il Petroni aveva nel frattempo sporto denunzia ai C.C. di Vicchio, pur precisando che il Pacciani non gli aveva menzionato né fatto vedere stiletti o pistole a tamburo, ma dando in escandescenze gli aveva detto tra l'altro: "Diglielo pure al Petroni che, se lo piglio, lo ammazzo col fucile, e se non basta il fucile ho anche qualcos'altro!".
Rif.2 - Sentenza della Corte di Assise dell'1 novembre 1994 contro Pietro Pacciani (testo in corsivo)

sabato 12 settembre 2009

Udienza del 19 maggio 1999 - 10

Quella che segue è una sintesi dell'udienza del 19 maggio 1999 relativa al Processo d'appello per i delitti del "mostro di Firenze" davanti alla prima sezione della Corte d'Assise d'Appello di Firenze.

Segue dalla parte 9
Procuratore Generale: - Riscontri sul racconto del Lotti, c'è questa conoscenza da parte dello stesso Lotti del luogo del delitto, conoscenza che risale a data anteriore al duplice omicidio, conferma altro elemento da parte del Vanni, del discorso fattogli dal Lotti circa la piazzola di Vicchio, Vanni ha reso pochissime dichiarazioni, in una negazione di essere coinvolto nei fatti, della piazzola di Vicchio dice che "se ne parlò con Lotti". In due occasioni ha riferito di aver parlato con Lotti della piazzola di Vicchio però ha detto che la cosa non gli era interessata e comunque non era mai stato a Vicchio. "Il Lotti di questa piazzola me n'ha parlato ma io non ci sono mai stato, c'erano due che facevano l'amore, lì in una Panda celestina". A un certo punto il Vanni si è avvalso della facoltà di non rispondere ad un interrogatorio del PM, in sentenza si scrive "raccogliendo un suggeriumento velatamente fatto dal difensore, che un attimo prima aveva osservato: mi sembrava che avesse detto che non voleva più rispondere..." Verbale del 16 febbraio '96. In questo verbale ha confermato la circostanza di aver impedito una volta al Lotti di parlargli dell'avvenuto delitto di Vicchio che se ne parlava al bar, dice "perchè ci può essere qualcuno in borghese". Il Vanni alla domanda postagli dal PM sulla base delle dichiarazioni del Lotti ha risposto dicendo: "può darsi", quindi non ha escluso il fatto, non ha fornito chiarimenti. Terzo elemento presenza del Lotti sul posto la sera del delitto. In sentenza si pone il lotti ad una quarantina di metri dalla Panda dei due giovani, perchè solo da una quarantina di metri la sua azione di palo poteva essere ancora efficace. Lotti non ha visto niente perchè faceva da palo, ma con il vizio di guardare si avvicinava per guardare. Si dice ancora che Lotti è riuscito a cogliere la rottura di un vetro dell'auto e tale rottura rappresenta un riscontro di natura oggettiva delle sue dichiarazioni. All'udienza del 28 novembre Lotti ha parlato di colpi sul vetro davanti dell'auto e quindi sul parabrezza, nel corso dell'esame e delle domande incrociate, questo colpo davanti finisce con lo spostarsi e va sullo sportello di destra della Panda che è l'unico sportello che c'ha i vetri rotti. Lotti ha parlato del trascinamento del corpo per alcuni metri e qusto trascinamento trova riscontro nella perizia autoptica. Poi c'è la famosa questione dello strillo, l'ha usato il termine "strillare" Lotti, ma voi lo avete sentito ieri come si esprime Lotti. Dopo il colpo mortale che è stato quello dell'arma da fuoco che ha colpito la ragazza alla testa, i periti non escludono che possa aver emesso dei lamenti e un lamento di questo tipo a quanti metri di distanza si sente? Altro elemento di riscontro, presenza in zona quella notte della Ford Fiesta del Pacciani e della Fiat 128 coupè del Lotti secondo i testi Caini/Martelli che partono alle 23,30/23,45. La signora dell'orario si dice sicura, si fermano a prendere acqua, vedono queste due macchine, dice "notò che le persone a bordo erano di una certa età" il lotti aveva 42 anni. Dice dei fari di posizione della seconda macchina, non ci sa dire se sulla prima macchina ci fossero una o due persone. La prima auto aveva i fari rettangolari, poteva essere una due volumi oppure anche tre.
Il suocero, che è morto, diceva che la prima delle due vetture era un'auto rossa tipo Lancia Delta a coda tronca. Questo signore ebbe come l'impressione che stessero scappando come se avessero visto qualchecosa. Bertaccini Giampaolo, marito della Frigo, conferma il racconto della moglie ma nulla sa dire sulle auto. Questa testimone diventa più precisa via, via che è interrogata. Alla polizia giudiziaria riferisce la marca dell'auto una Ford di media cilindrata, un'utilitaria abbastanza recente e dice che la targa era FI e poi solo numeri. La Ford Fiesta del Pacciani è targata FI D26185. La Frigo, tornata qualche giorno dopo dai parenti, vede arrivare una 126 di un verde stranissimo, guidata da quello che la domenica era alla guida della macchina bianca con la differenza che era vestito diversamente. La signora Frigo dice di aver visto lo stesso autista "il giorno prima o la settimana prima verso le 7 e mezzo o le 8 meno un quarto di sera, c'era una persona giovane sui 35/40 anni, con una camicia scozzese sui toni rossi e verdi, una persona sui 90 chili, capelli marroni, un faccione bellino, pieno, insomma, giovanile" Alla signora sono state mostratre delle fotografie vedendo Lotti ha detto "somigliantissimo con una decina di chili in meno". C'è poi come riscontro l'individuazione del casolare, dove fu occultata la pistola, si tratta del Podere Schignano numero 54. Un casolare abbandonato in caduta di proprietà della curia di Fiesole, la località è Badia a Bovino, questo podere si raggiunge dopo una biforcazione della strada sterrata e Lotti ha fornito queste indicazioni, questo casolare c'è, l'intercapedine nella finestra c'è, quando mettono dentro la pistola un pò dice che non c'è stato un pò dice che c'è stato e comunque lui questa pistola non l'ha vista nemmeno quando è indagato perche si è confessato della sparatoria a giogoli. Pucci, testimone principe su Scopeti, parla anche su Vicchio, parlerà di meno sui tedeschi, parlerà di meno su Baccaiano. 18 aprile '96 esame del testimone, racconta della gita a Vicchio, dell'avvistamento della macchina dei due giovani poi uccisi. In istruttoria Pucci dice: "dopo pochi giorni seppi dell'omicidio dai giornali e dalla televisione e spontaneamente lotti gli disse che erano stati uccisi quelli che avevano visto loro e che era stato presente all'omicidio commesso da Pacciani e Vanni". Dice Pucci: "io credetti al racconto di Lotti ma non ricordo se mi disse come era avvenuto il fatto. Il Lotti non mi disse se erano stati prima a spiare la coppia nè mi disse come li avevano ammazzati, io gli chiesi se era andato dai carabinieri ma lui mi disse che aveva paura. Io gli chiesi perchè era andato dietro a loro e lui mi disse che era andato a vedere cosa facevano" il Pucci quindi conforta la prima versione Lotti, quella di averli seguiti per curiosità. "Mi disse anche che nelle sere precedenti a quella in cui io e il Lotti andammo a guardare la coppia di vicchio, lui il Pacciani e il Vanni erano stati a vedere come potevano fare per ammazzarli. Mi disse che li avevano seguiti per strada avendo così scoperto dove facevano l'amore". Chiesto al Pucci se conosce il motivo per il quale Vanni e Pacciani volessero ammazzare i due giovani, ci pensa a lungo chiedendo al PM se il Lotti avesse già raccontato qualche cosa in proposito, avuta risposta negativa, Pucci dice, li hanno ammazzati perchè anche loro volevano fare l'amore con quella figliola, "Lotti mi disse che Pacciani e Vanni avrebbero ucciso quella ragazza ancora prima che venisse commesso l'omicidio". Qualche pagina prima pucci disse: "me l'ha detto dopo". Però non sa come Pacciani e Vanni conoscessero la ragazza uccisa a Vicchio. "Il Lotti mi disse solo che Pacciani e Vanni l'avrebbero ammazzata perchè non voleva fare l'amore con loro. Lotti mi diceva che Pacciani e Vanni non sapevano se ammazzare o meno anche il ragazzo". Aggiunge: "Lotti mi diceva che era Pacciani che aveva conosciuto la ragazza per primo ma non mi disse come, aggiungeva che Pacciani e Vanni andavano a Vicchio a trovarla ma lei non cedeva alle loro proposte e per questo la volevano ammazzare, erano stati gli stessi Pacciani e Vanni a raccontare questa storia a Lotti. Così una sera andarono e ammazzarono i due giovani e portarono Lotti con loro".
Dice Pucci: "Lotti mi disse se volevo andare a vedere anch'io ma io non ci volli andare. Ricordo che una sera i tre erano in piazza a San Casciano, quando li vidi gli chiesi dove andate? Non ricorda chi rispose, ma ricorda la risposta, si va a dare una lezioncina a quelli lì di vicchio".
Non sa dire che facesse la ragazza al bar, "Già quando sono andati la prima volta a Vicchio a guardare la coppietta nella macchina, Lotti mi disse che la ragazza era quella che non voleva fare l'amore con Pacciani, capii dai discorsi dei tre che la ragazza l'avevano conosciuta una settimana prima dell'omicidio, quando andammo a Vicchio, Lotti mi mostrò il bar e mi disse la ragazza è quella che lavora al bar. Non mi spiego perchè erano finiti a Vicchio e perchè avessero preso di mira quella ragazza". Racconta poi dei lavoretti che faceva a casa del Vanni circa una imbiancatura. Queste le dichiarazioni in sintesi in istruttoria durante le indagini preliminari. Le risposte in dibattimento di Pucci sono di questo tenore:
PM: "lei ricorda di essere stato con il Lotti nel luogo dell'omicidio di vicchio?"
- "No"
- "Non lo ricorda?"
-"Io un ci sono mai stato là"
-"Il lotti le ha mai raccontato che a Vicchio era stata ammazzata una coppia che voi avevate visto in una panda celeste?"
Si legge "espressione di diniego".
-"Lei però ha raccontato questo"
-"Icche ho raccontato?"
Il PM gli legge le dichiarazioni istruttorie e il Pucci: "si, me lo disse a me ma io le coppie un le vidi, ecco perchè, io ci andai a fare una girata e basta".
Si ha l'impressione che Pucci ha paura di essere coinvolto nell'omicidio di Vicchio.
-"Scusi come c'è scritto lì perche non mi ricordo mica icchè c'è scritto, l'abbia pazienza..."
Il PM gli legge le dichiarazioni e Pucci conferma.
-"Chi aveva fatto quell'omicidio?"
-"Come mi disse, ummenericordo!"
Il pm: "Lei poi con il Lotti ha parlato degli altri omicidi del mostro?"
-"espressione di diniego", "mha, io, ma che c'è mica scritto costì, no, lo voglio sapere perchè vu scrivete un monte di robe, io un me lo ricordo! Non me ne ricordavo nemmeno prima, sicchè, ora, che vuole è da tanto tempo! Chi se ne ricorda, bha! Ma allora, la mi legga perchè io non me ne ricordo mica... io non mi ricordo nemmeno icchè mangiai ieri sera, la si figuri se mi ricordo dell'anno scorso".
Allora, dice il PM:
-"Lei sa se Pacciani e Vanni nei giorni precedenti l'omicidio di Vicchio erano stati a vedere il posto? Lotti le ha mai fatto un racconto simile?"
-"Mha, no... non è possibile"
-"Che vuol dire non è possibile? Lei ha detto..."
Gli legge le dichiarazioni "Lotti mi disse solo che Pacciani e Vanni l'avrebbero ammazzata perchè la ragazza non voleva fare l'amore con loro".
-Mha, io... un me lo ricordo se me l'ha raccontato o no."
-"Si ricorda se il Lotti le ha raccontato perchè fu uccisa quella ragazza?"
-"Io..."
-"Ricorda se il Lotti le ha raccontato di aver saputo dove lavorava?"
-"No, no, no."
-"Ricorda se il Lotti le ha detto che il Pacciani e il Vanni volevano fare l'amore con quella ragazza e lei non voleva e per questo l'hanno ammazzata?"
-"No non me lo ricordo nemmen codesto, gliel'ho detto, non me lo ricordo, è inutile eh! Si, ma io non me lo ricordo icchè dissi!"
-"Hai pasura di qualche cosa?"
-"No, non è questione di paura, non mi ricordo nemmeno icchè mangiai ieri sera a cena, glielo dico un'altra volta!"
-"Che l'avevano conosciuta in un bar?"
-"L'avevano conosciuta loro, io no, perchè io non c'ero, poi io smisi di andare col Lotti, capito?"
Le risposte sono di questo tono.
Chiede il presidente: "Gli hanno parlato di questi omicidi prima degli Scopeti o dopo?"
-"Dopo.
-"Anche del fatto di Vicchio gliene parlò dopo?"
-"Si"
-"Quindi voi non siete mai stati a Vicchio prima dell'omicidio?"
-"Prima dell'omicidio no, comunque io sono stato a fare una girata a Vicchio".
-"Qualcuno le disse qualcosa di questi ragazzi?"
-" No, Lotti mi diceva che questa ragazza l'andava con delle persone che voleva lei, ecco, insomma! E c'era anche qualcuno che voleva andare con questa ragazza ma lei non voleva? E si eh!"
-"E chi era?"
-"Ma, codesta chill'era, io... ummi raccontava ogni cosa il Lotti!"