mercoledì 15 aprile 2009

Lorenzo Nesi - Seconda parte

Segue dalla prima parte.
Il 28 febbraio 1996, il capo delle squadra mobile, Michele Giuttari, fece perquisire la sua abitazione, senza trovare alcunchè di significativo. Seguì un colloquio in cui Lorenzo Nesi, in merito ai suoi rapporti con Mario Vanni, dichiarò: "Lo conosco fin da quando ero ragazzo. Era amico di un mio zio, ora deceduto e che faceva anche lui il postino. Stando con mio zio, conobbi Vanni. Anche se tra di noi c'era una notevole differenza d'età col tempo diventammo amici. La nostra vera frequentazione incominciò nella prima metà degli anni Settanta quando io, lavorando nel settore tessile, giravo con il furgone o con la macchina per visitare i clienti di Firenze e dintorni. Mi capitava così di incontrare Vanni mentre faceva l'autostop per venire a Firenze da parenti oppure da puttane. In quelle occasioni gli davo un passaggio e durante la strada mi parlava delle prostitute che frequentava, tra cui una certa Gina della quale elogiava la bravura nel rapporto orale. Gli dissi che avrei voluto provare anch'io. (...) In una occasione lasciai Vanni dalla Gina (Manfredi ndr) e andai a sbrigare delle pratiche. Tornai a prenderlo dopo una mezz'oretta e non lo trovai in strada. Salii allora a casa della donna. Non trovai nessuno nella sala d'aspetto e, convinto che Vanni fosse ancora nella camera da letto con Gina, aprii la porta. Vidi che c'era una persona con un mantello nero (Salvatore Indovino ndr), di quelli che indossano i magistrati, e vidi pure che c'era una lampada di forma rotondeggiante che emanava una fievole luce rossa. Questa persona mi sembrò un mago. Era solo e alla mia vista ebbe un gesto di stizza. Chiusi subito la porta e andai via. In strada adesso accanto al furgone c'era Vanni che mi stava aspettando. Gli raccontai l'accaduto dicendogli che non sarei più tornato da Gina." Circa le prostitute da cui andavano disse di aver frequentato una signora in via della Scala ed una di San Casciano che però praticava in alberghi a Firenze (Gabriella Ghiribelli ndr). Aggiunse: "Ricordo che quando passavo con Mario da un casolare vicino a San Casciano, vicino al luogo dell'ultimo delitto, me lo indicava dicendomi «Lì si tromba». Mi diceva che lui era solito andare lì a trombare. In questo posto ritengo però che Mario andasse per Antonietta (Sperduto ndr) e non per Filippa che invece la caricava Garibaldi (Giancarlo Lotti ndr)." Riguardo Antonietta Sperduto disse: "Mario la conobbe quando lei stava al Ponte Nuovo e incominciò a frequentarla. Mi raccontava che all'inizio Antonietta non «gliela dava» e che lui si masturbava mentre la donna cercava di sfuggirgli girando intorno al tavolo da pranzo. Poi però alla fine lei gli «allargò le gambe» e Mario così iniziò la relazione che proseguì anche quando la donna andò a vivere nel casolare vicino a quello di Filippa. Voglio far notare che Mario con Antonietta si comportava sempre bene, nel senso che era solito farle dei regali, e non mi riferisco a anelli o cose del genere, ma a roba da mangiare, tipo bistecche, pollo, braciole... Mario mi disse anche che aveva parlato con Pacciani della sua relazione con Antonietta e che Pietro l'aveva convinto a portarlo con sè dalla donna. Iniziarono così quelle che Mario chiamava le «famose spedizioni», che in linea di massima avvenivano nel pomeriggio di sabato o di domenica. Mario mi diceva che da quel momento non era riuscito più ad avere rapporti sereni con Antonietta perchè Pacciani buttava fuori il marito di lei e voleva toccare anche le figlie creando problemi. In pratica, per come intendo io, quando c'era Pacciani non c'era la «caricata» tranquilla che invece Mario, da solo, riusciva a fare. Mario mi diceva che non poteva fare a meno di portare con sè Pacciani perchè non era capace di dirgli di no. Mi diceva che Pacciani usava violenza fisica nei confronti del marito di Antonietta, che lo minacciava e addirittura che lo cacciava da casa per poter avere un rapporto sessuale con la donna. A un certo punto mi disse che non potevano andare più dalla donna perchè avevano saputo che il marito si era munito di un arnese da difesa, tipo una falce o una roncola o qualcosa di simile. Mario temeva che potesse succedere qualcosa di grave. Questi fatti si verificarono tra il 1979 e il 1980. Mario però continuò a frequentare la donna anche nella nuova casa, ma non so se ancora insieme a Pacciani o da solo." Circa la morte del marito di Antonietta, Luciano Malatesta, riferì: "Sentii parlare della morte del marito di Antonietta, che venne trovato impiccato e voglio manifestare una mia impressione che ho ricavato anche per aver notato un cambiamento di comportamento di Mario dopo questo evento. In pratica ho notato che Mario diventò particolarmente nervoso ed era in uno stato di evidente soggezione nei confronti di Pacciani. Ipotizzai che l'uomo potesse essere stato ucciso magari col coinvolgimento di Mario che così rimase strettamente legato a Pacciani." Disse che Mario Vanni "era un uomo buono e tranquillo che però diventava violento quando beveva o quando una donna non «gliela dava», una volta assistetti ad un episodio di violenza. Accompagnai Mario a casa di Pacciani a prendere la legna e poi a casa, dove la scaricò mettendola in un ripostiglio vicino alla cucina. Poi cominciò a rimproverare la moglie perchè non voleva «trombare» costringendolo a andare a prostitute, non considerando che lui era un brav'uomo tanto che faceva quei sacrifici per prendere la legna e salirla a casa con grande sforzo e sacrificio. La moglie andò in bestia e cercò di chiamare i carabinieri. Mario prese un pugnalone o una baionetta e la minaccio tirando fuori «l'uccello» e dicendole: «guarda che uccello che ho». Al che la donna fuggì gridando e io mi adoperai per calmare Mario. Mi stupì in questo episodio abbastanza tragico il fatto che Mario avesse «l'uccello eretto»." Nello stesso colloquio, Lorenzo Nesi ricordò quanto già narrato durante il processo a Pietro Pacciani: "Pacciani era in carcere. Vanni venne a trovarmi in evidente stato di agitazione, tanto che la prima impressione che ebbi fu che avesse bevuto. Mi chiese di accompagnarlo dalla moglie di Pacciani. Gli risposi: «Ma cosa vai a fare a quest'ora? Puoi allungarti domani mattina quando fai il giro della posta». Mi rispose che era urgente perchè gli era giunta una lettera da Pacciani che conteneva «fatti brutti, fatti di sangue, cose grosse». Mi aggiunse che lui si era «bello rotto i coglioni» perchè Pacciani una volta gli diceva di fare una cosa e un'altra volta un'altra cosa facendomi capire che aveva ricevuto più lettere. Io non conosco il contenuto della lettera perchè non mi fu fatta leggere, ma vidi solo la busta quando eravamo nel furgone e stavamo andando a casa Pacciani. Giunto a Mercatale lo lasciai in Piazza e gli chiesi se dovevo aspettarlo. Mi rispose di no." Il capo della mobile gli chiese quindi se conoscesse Fernando Pucci e Giancarlo Lotti. Nesi rispose: "Fernando solo di vista. Lo vedevo in paese in compagnia di Lotti e anche di Vanni. Conosco invece molto bene Lotti. E' una brava persona, buona di carattere e silenziosa. Di lui una volta Vanni mi disse che aveva «trombato» molto Filippa e che aveva avuto con questa un rapporto anale, tanto che fu costretto a ricoverarla in ospedale."
Nel maggio del 1997, poco prima che iniziasse il nuovo processo davanti alla Corte di Assise di Firenze, Lorenzo Nesi, si presenta, con un suo legale presso l'ufficio di Michele Giuttari, dove riferì in merito alla frequentazione di Mario Vanni di una prostituta di nome Clelia Cuscito, il cui corpo senza vita era stato trovato all'interno della sua abitazione il 14 dicembre 1983.
Il 22 maggio 2003, Lorenzo Nesi torna a parlare con gli inquirenti. Nel verbale redatto si legge: "Ho voluto spiegarvi queste cose per poter fornire un contributo alle vostre indagini, che secondo me sono mirate nella maniera giusta perchè i mandanti esistono. E per far qualcosa di ancor più utile vi faccio presente di essere disponibile ad avere un colloquio in carcere con Vanni, per vedere se, data la nostra amicizia e la stima di Vanni nei miei confronti, possa confidarmi i suoi segreti, non so se riuscirò in questa mia opera, però devo dirvi che al processo, quando io testimoniavo, Vanni col capo assentiva a tutto quello che io dicevo e questo può vedersi anche nei filmati, quanto finì l'udienza mi strinse la mano. Ebbi l'impressione in quell'occasione che stesse per dirmi qualcosa che nel frattempo due carabinieri lo allontanarono e se lo portarono via." Lorenzo Nesi ebbe due colloqui con Mario Vanni, uno il 26 ed uno il 30 giugno 2003. Nel verbale di quest'ultimo colloquio si legge quanto segue.
Nesi: "Vuoi fare mente locale e dire... fra costretto a far delle cose che tu non volevi fare?"
Vanni: "Si."
Nesi: "L'è ventanni che un tu le dici. Le merende, le merende, le merende... le si fanno con il Corpus Domini."
Nesi: "Ma qualcosa t'avrà detto «ho ammazzato due persone» Dio bono! Qualcosa t'avrà detto, «l'ho ammazzato per un motivo!»"
Vanni: "Ma... eh gliè stato il mostro, hai capito?"
Nesi: "Come?"
Vanni: "E' stato Ulisse che ha ammazzato tuta questa gente, nero."
Nesi: "Chi gliè il nero?"
Vanni: "E' un americano."
Nesi: "Un americano? E chi ammazzava? Ulisse."
Vanni: "Ulisse si chiama."
Nesi: "Un l'ha ammazzati il Pacciani? O un l'ha ammazzati il Pacciani?"
Vanni: "No."
Nesi: "E indo gli era quest'americano?"
Vanni: "E indo gli era? Nel bosco lo trovi. Lo trovò nel bosco. Ogni cosa gl'aveva. Che l'era stato lui a fa questi delitti."

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