mercoledì 30 settembre 2015

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 4 marzo 1998 - Quinta parte

Segue dalla quarta parte

Avvocato Mazzeo: E quindi le distanze. Dice: a che distanza erano Vanni e Pacciani quando minacciarono il Lotti che si era portato dietro il Pucci? Incidente probatorio, volume II, pagina 39. Risposta del Lotti: "A tre-quattro metri il massimo." Cioè, da qui a lì. “Tre-quattro metri il massimo." Invece poi, all'udienza del 09/12/97, fascicolo 63, pagina 17, risposta del Lotti alla stessa domanda: "No, no, io ho detto una distanza di 12 metri." Come? Tre-quattro metri: "12 metri." Sta cominciando, si potrebbe dire, a prendere le distanze. Visto che si parla di distanze... Proseguiamo con le situazioni di contorno. Già 17inverosimiglianza diciamo di base: palo, che non è un palo perché non lo considerano neanche loro un palo; palo che si porta un testimone, non si è mai visto in natura; testimone che dovrebbe far fallire il piano, tant'è vero che loro si arrabbiano in effetti quando lo vedono, e che il piano invece non lo fa fallire perché loro lo vedono, si arrabbiano, ma continuano a fare quello che dovevano fare; testimone che, come era più che prevedibile, insieme al palo un po' meno prevedibile, il giorno dopo, la sera stessa, ne va a parlare al bar dicendo: 'ma eravamo agli Scopeti', facendo chiaramente intendere, gli Scopeti significava l'omicidio in quel contesto, in quella situazione. Ulteriore, straordinaria inverosimiglianza, ma ci vorrebbe una prova più efficace di inverosimiglianza per dire... assurdità. E quindi, in questo quadro di premessa, va bene, luce agli Scopeti. Sappiamo come ha parlato della situazione di assoluto buio. Qui c'è la questione della luna nascente, crescente, io non ci voglio neanche entrare. Queste sono le parole del Lotti. Allora, si parla della luna, a incidente probatorio, volume II, pagina 41. "Lotti, c'era la luna?” "Ci sarà stata la luna." Non: c'era. "Ci sarà stata la luna.” Poi, all'udienza del 09/12, fascicolo 63, pagina 34. Lotti più preciso, anche qui: "C'era un po' di luna.” Io non sto dicendo, non sarò io a chiarire – voi lo dovrete valutare dalle carte processuali, dalle testimonianze, Osservatorio di Arcetri, quello che vi pare - se la luna c'era o non c'era. Io mi sto fermando su quello che lui dichiara. Guardate la progressione, si direbbe, guardate l'aggiustamento. Da un contesto iniziale, come è successo negli altri casi, di buio totale, quando si capisce l'assoluta falsità e inverosimiglianza di qualunque racconto in un contesto, piano piano comincia a emergere qualche luce. La pila elettrica a Vicchio. Ora, all'udienza del 09/12: "C'era un po' di luna". Poi gli si chiede: "Ma la tenda era illuminata?” Perché magari, se c'era un po' di luna, poteva non bastare quel po' di luna che c'era per fare quello che si doveva fare, come gli si è chiesto a Vicchio. "La tenda era illuminata?" "Lotti: No, non vedevo luci dentro." Poi dice: "Non lo so." In un unico contesto dice queste due cose. Pagina 41, incidente probatorio, volume II. Insiste, invece, all'udienza del 09/12. Guardate l'aggiustamento, guardate l'aggiustamento. Dalle luci, dal buio totale, ecco, nasce la luce. Dal buio emerge la luce, piano piano. Perché, mentre all'incidente probatorio aveva detto: "Io non vedevo luci dentro la tenda. Non so." Alla stessa domanda fattagli il 09/12, fascicolo 63, dice Lotti: "Sì, c'era la luce dentro la tenda." Stessa domanda sulla pila. Gli chiedono: "Ma ce l'avevano la pila?" E siamo nel contesto delle udienze dibattimentali, quando finalmente emerge a Vicchio, per la prima volta, una pila elettrica e quindi chiaramente fioccano le domande anche sugli altri episodi omicidiari, no? Pagina 80, fascicolo 60, udienza 5 dicembre: "Ce l'avevano una pila agli Scopeti?" "No. Agli Scopeti no." Perché siccome ha detto una grossa bugia a proposito di Vicchio, un istinto proprio elementare gli impone di limitarla questa storia delle pile, perché è un terreno paludoso questo qui; sabbie mobili sono. Allora la prima risposta: "No." Poi dice: 'Madonna, come si fa? C'era un po' dì luna, non basta'. Perché poi dentro la tenda non è possibile che non si vedesse nulla. Allora, udienza 09/12, fascicolo 63. Stessa domanda: "Ce l'avevano una pila...?” Dice: "Non ho visto nulla."È questo il refugium peccatorum. "Non ho visto nulla", fate voi. Dunque, i Magistrati, a proposito di luci, e mi limito a riferire cosa ha scritto uno dei Magistrati che si sono occupati di questa vicenda, con riferimento a Pacciani, prima di noi. A proposito degli Scopeti, dice, commenta così: "Questo, completamente al buio. Perché, per quanto il Giudice di I Grado dica che c'era la luna che mostrava metà della sua faccia, in realtà risulta, senz'ombra di dubbio, dalle attestazioni dell'Osservatorio di Arcetri, che era iniziato da un giorno l'ultimo quarto di luna. E che l'8 settembre la luna sorgeva alle 23.14 con ora solare e quindi a mezzanotte e un quarto con l'ora legale, che al momento vigeva. "Era buio pesto. E anche una certa luce, anche secondo i periti di Modena" - De Fazio e compagni - "ci sarebbe stata solo a partire dalle due di notte." Non aggiungo altro sulla luce agli Scopeti, perché a me interessa quello che dichiara il Lotti. A me interessa soprattutto - poi voi valuterete anche il resto, valuterete questo, valuterete le testimonianze e tutto - in questo momento deve interessarci, Signori della Corte, come direbbe qualcuno, dice: la progressione, no. Ha da interessarci i successivi aggiustamenti, in modo tale, come dice la Suprema Corte delle Sezioni Unite, a far quadrare la propria versione a dati, con dati che con essa sarebbero incompatibili. Dati naturali: la pila in mano, il coltello. Dati naturali: l'illuminazione. Dati accertati da perizie e da sopralluoghi. Come morì la Pia Rontini, alla fine dice: ‘boh, l'avrà anche presa, qualche colpo gliel'avrà anche sparato'. Questo, Signori, non è semplicemente - insisto -un sintomo, diciamo così, che non possono essere utilizzate queste affermazioni per dire che la sua versione è intrinsecamente credibile. No, no. Questa è la prova provata della falsità intrinseca della sua dichiarazione, eh. È la prova provata, questa. Non è un indizio. Quando c'è la prova che il ripensamento, la ritrattazione, l'aggiustamento, non è genuino, ma è conseguenza di contestazioni, ma è conseguenza di incompatibilità con dati acquisiti processualmente, uguale: ciò vuol dire che è falso il racconto. Scopeti: falsità obiettive. Allora, a proposito del taglio della tenda, incidente probatorio, incidente probatorio volume I pagina 79. Dice Lotti: "E poi sento tagliare la tenda lì, sul davanti..." Sul davanti, tenete presente quello che dice. Questa è la prima affermazione che fa nell'incidente probatorio. "Sento tagliare la tenda lì, sul davanti, che viene dalla strada andando in su" - è un po' arzigogolato, ma si capisce - "sul davanti che viene dalla strada andando in su." Lui sta salendo la strada, c'è la tenda lì, sulla piazzola. E lui parla di taglio sulla tenda sul davanti, che viene dalla strada. Cioè a dire: io l'ho visto, perché... Perché dice poi varie volte che lo ha visto tagliare. E quindi il taglio si presuppone che sia sul davanti; perché se il taglio fosse sul di dietro, non avrebbe potuto vedere tagliare. Noi sappiamo che questo è contro un dato oggettivo acquisito dalle perizie, dai sopralluoghi. Perché il taglio, quando poi il Lotti lo ha addirittura indicato con la penna, lo ha indicato in un punto completamente sbagliato e opposto. Cioè, lui non poteva vedere, salendo lo stradello, il taglio della tenda. E invece insiste e ci si infogna. Perché? Pagina 79, incidente probatorio, volume I: "E poi sento tagliare la tenda lì, sul davanti, che viene dalla strada andando in su", pagina 78. Poi, pagina 7 9, dice: "Io ho visto...” - "Ho visto", precisa - "Ho visto, c'era Mario che tagliava la tenda lì dentro.” Incidente probatorio volume II, pagina 37. Domanda dell'avvocato Santoni Franchettti: "Lei conferma che il Vanni entrò dalla parte posteriore della tenda?" Perché, ha detto prima: "Sul davanti che viene dalla strada andando in su”, poi dice lo ha visto. Se era sulla parte posteriore, non lo poteva vedere. Dice: "Sì." Pagina 37. Siamo al dibattimento. Udienza 28/11/97, fascicolo 54, pagina 62. Questa è ancora più chiara. Fascicolo 54, pagina 62: "Io l'ho visto tagliare da una parte la tenda, come uno strappo, così." Ancora: udienza 5 dicembre, fascicolo 60, pagina 53. Domanda: "Ma è sicuro di averlo visto?", perché la domanda è questa, no? Perché noi abbiamo il fascicolo fotografico della Polizia Scientifica che inquadra la piazzola, la inquadra proprio dalla posizione che aveva il Lotti, mentre saliva lo stradello, e non c'è versi, Signori. Questo è proprio impossibile in natura. A meno che non fosse Mandrake che vede attraverso le cose, dico, perché è proprio dalla parte opposta il taglio. E allora la domanda gliela fanno 25 volte. Fascicolo 60, pagina 53: "Ma lo ha visto tagliare la tenda?" Non poteva dire: l'ho sentito. E' già diverso, no? 'Ho sentito, ho sentito questi sinistri rumori di strappo'. Però poi, quando si tratta di dire quanti colpi di pistola sono stati sparati, sbaglia sempre regolarmente: 'ne avrà sparati due'. Porca miseria, ma un colpo di pistola sarà un po' più forte di uno strappo di tenda con un coltello! Dice: "L'ho visto si, tagliare la tenda." E insiste, lo ha visto, visto, visto, visto. Udienza 09/12, fascicolo 63, pagina 18: "L'ho visto tagliare. E quanto lo devo ripetere?" 'E quanto lo devo ripetere? Basta, non me lo chiedete più. Quante volte ve lo devo dire? L'ho visto'. E noi quante volte glielo dobbiamo ripetere? Sei un bugiardo, perché non lo potevi vedere. E sei cosi bugiardo che te la sei firmata la tua bugia. Ma che faccia tosta, se l'è firmata la bugia. Gli ho messo la penna in mano e lui, con molta tranquillità, ha segnato le crocine. Andate a vedere. Qui sono le falsità oggettive. Non è ridicola, questa è tragica ma è sempre una falsità oggettiva. Ci sono le fotografie. È la foto numero 7, se non vado errato - l'ho qui sottomano - è la foto numero 7 del fascicolo fotografico degli Scopeti, dove lui ha lasciato il segno indelebile dell'inchiostro penna biro, indicando il punto dello strappo della tenda in un punto in effetti compatibile col suo racconto, perché è sul davanti per chi sale lo stradello.Semplicemente, però, il punto è quello sbagliato. È esattamente opposto a quello vero. Falsità oggettiva. Dice: ma... Attenzione, perché questa è una falsità proprio callida, eh, se ci pensate bene. Non è una di quelle falsità cosi, eh. Perché il momento del Vanni, che col coltello - è tornato una marea di volte in questa storia - che col coltello, questi sinistri rumori di strappi di tende, del Vanni che col coltello taglia, beh, insomma, lì è Vanni, eh. Lì c'è Vanni: 'l'ho visto, era Vanni che tagliava'. 

martedì 29 settembre 2015

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 4 marzo 1998 - Quarta parte

Segue dalla terza parte.

Guardate, Signori, questa non è psicologia, diciamo a buon mercato o di bassa lega, è la legge che impone all'inquirente, come lo impone al Giudice - è il comma III dell'articolo 192 del Codice di procedura penale - che detta una regola di giudizio. Dice: quando arriva un chiamante in correità, cioè quando arriva da voi un signore, quando trovate uno che si dichiara colpevole e chiama come colpevoli a loro volta altre persone, la legge cosa dice? Lo dico per i Giudici non togati, ovviamente, l'ho detto ieri mattina. Dice: “c'è una presunzione relativa di non credibilità". Intanto io non ti credo. Infatti il comma III cosa dice? Dice: "Le dichiarazioni di colui che chiama in correità vanno valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne corroborano la veridicità,". Quindi l’atteggiamento psicologico - qui non si va a psicologismo - l'atteggiamento psicologico in questo caso è imposto dalla legge. Come è imposto al Giudice a maggior ragione è imposto all''inquirente che inizia un'inchiesta; che impegna, come si suol dire, i soldi dei contribuenti, montando... provocando a volte processi elefantiaci che durano anni, distogliendo dalle loro normali occupazioni persone che di queste cose non volevano magari neanche occuparsene ma che per dovere civico lo devono fare. Impegnando anche le coscienze, oltre alla sofferenza di una persona che, comunque vada, ha passato un anno e 8 mesi, eh. Come diceva Salvatore Saatta - e sanno chi è i Giudici togati - forse il più grande giurista di questo secolo insieme a De Marsico: ”Il processo è già la pena." 220 lettere in un anno e 8 mesi sono già la pena. Allora, siccome si sta parlando di carne viva, di persone vere, non si sta facendo finzione, spettacolo, maledizione, anche alle televisioni, tutto. C'è sempre una la sensazione... adesso ormai ci invade lo spettacolo, anche nella vita privata. Qui però non è spettacolo. L'atteggiamento dell'inquirente, intanto per una ragione morale, che va prima ancora della legge, di rispetto, di rispetto del prossimo, di conformità a quella vecchia regola che, prima ancora di essere una regola positiva, cristiana, è una regola di convivenza: non fare agli altri ciò che non vorresti che fosse fatto a te stesso. Che deve fare? Deve semplicemente avere un atteggiamento di sana diffidenza. Perché questo non è un testimone, è il Lotti: è molto peggio, è un colpevole perbacco! E noi sappiamo, no? Prova infida, prova aggravata di sospetto; lo abbiamo detto ieri. E quindi in un atteggiamento di sana diffidenza, imposto dalla legge - presunzione relativa di non credibilità', dice quell'articolo 192 comma III; regola positiva di giudizio, ora per voi, ma prima anche per loro - deve cominciare a mettere sotto chi parla. Ma metterlo sotto per davvero. Fare, cioè, quello che impone di fare, in applicazione della legge, proprio la Corte Suprema, Sezioni Unite. Quindi: la personalità. La personalità. La personalità già deve mettere ancora di più sull'avviso 1'inquirente, in questo caso. E sappiamo, 1'abbiamo detto ieri. La personalità, le sue condizioni socio-economiche. Che rischi corre a parlare, questo? Nessuno, tutti vantaggi. Questo è uno che non c'ha passato, non c'ha niente dietro, non ha da rendere conto a nessuno. È ospitato per dormire. E familiari non ci sono. Il suo passato, affetti, credenze religiose: niente. I rapporti con i chiamati in correità: zero. Tipo ideale, si diceva ieri, di calunniatore professionista, per tornaconto. Allora, un inquirente, che si fosse posto in questo sano atteggiamento, sarebbe stato un inquirente come — perché a volte le esemplificazioni letterarie, a modestissimo avviso di chi vi parla, evidentemente sono molto più efficaci per rendere un'idea delle modeste parole dell'avvocato - "Delitto e castigo”, qualcuno di voi l'avrà letto, Dostoevskij. Anche lì c'è uno che confessa. C'è un inquirente. C'è il giudice Porfiri che a un certo punto si vede arrivare un tizio che dice: 'io, io sono colpevole, io ho ucciso la vecchia, l'usuraia, io ho ucciso sua sorella. Sono io, sono io, sono io'. E sapete, siccome il Giudice è una persona che ragiona, che si pone senza che ci fosse, forse, a quell'epoca, nella Russia dell'500, l'articolo 192 del Codice di procedura penale che c'abbiamo invece oggi e che è una conquista di civiltà giuridica, non ce l'avevano allora, avevano le mani molto più libere di adesso; lui, quando poi parla, parla con quello che lui ritiene essere il colpevole vero, guardate un po' con che atteggiamento si è messo di fronte a uno che è venuto a confessarsi colpevole. Dice: "Lui stesso mi racconterà tutto. Verrà da me. Credete che resisterà? Aspettate. Si disdirà ancora. Da un'ora all'altra aspetto che venga a ritrattare la sua confessione." Non ci crede alla confessione: sano atteggiamento di diffidenza. "Io a quel Mikolca ho messo affezione e lo studierò, lo studierò sino in fondo." Io non ho visto nessuno studio sul Lotti. Si sta facendo in questo processo, ma mica l'hanno fatto gli inquirenti prima. "Lo studierò sino in fondo" - ci sono le repliche eh, Pubblico Ministero - "e che cosa credereste? Su certi plinti..." Attenzione, qui ci sono delle analogie impressionanti. "Su certi punti mi ha risposto in modo molto sensato, evidentemente aveva ricevuto le necessarie informazioni e si era preparato abilmente." - Lo stesso non si può dire del Lotti - "Su altri punti, invece, cade subito in fallo. Non sa un bel nulla...." E quante volte lo stiamo vedendo per il Lotti, poverino: non lo sa cosa deve rispondere. Non c'era, non ha visto. Cosa ha detto nella telefonata alla Filippa? 'Ma io un c'ero, ma che gli dico? L'avvocato mi dice devi dire di più, ma che gli dico?' "Non sa un bel nulla, non è informato." Non era informato della posizione del cadaveri nel furgone a Giogoli. "E lui stesso non sospetta di non sapere", è bellissima questa. Guardate a Vicchio, quante volte non hanno sospettato di non sapere a tal punto che non capiva neanche le domande suggestive che gli venivano fatte dai difensori per metterci una pezza sulle falsità che aveva detto. "No, Mikolca non c'entra. Questo è un fatto fantastico" - e si potrebbe dire anche di questi fatti - "tenebroso, un fatto di attualità, un caso proprio di questo nostro tempo, in cui il cuore dell'uomo si è ottenebrato..." Eccetera, eccetera, eccetera. E io chiudo l'argomento atteggiamento psicologico degli inquirenti, di fronte a uno che non è un testimone, ma che è un colpevole, che si sta confessando colpevole e chiama altri. Atteggiamento psicologico che, secondo l'opinione modesta di chi vi parla, questo doveva essere. E secondo la legge, prima ancora che secondo la mia opinione, questo doveva essere e non è stato. Ma può essere il vostro. Deve essere il vostro. E quindi andiamo avanti, continuiamo a far parlare il Lotti. La luce a Vicchio. Gli Scopeti. Si comincia da alcune contraddizioni che riguardano le distanze. E qui ho già detto. Cioè, possono anche essere classificate come dati marginali, ma in una valutazione complessiva di credibilità di colui che narra, cioè di capacità -addirittura anche in buona fede - di capacità di colui che narra, di raccontare le cose per davvero come stanno, beh, deve influire questo. Domanda: a che distanza erano Vanni e Pacciani quando minacciarono il Lotti che si era portato dietro il Pucci. Vi ricordate no? C'è questo strano palo che... poi, in questo caso non è neanche un palo. Lo notò, mi ricordo, anche il Presidente. Dice: come? Uno che fa il palo si mette d'accordo, ci si I ritrova, anche separatamente, ma ci si ritrova nello stesso momento, o, comunque, prima di cominciare ad agire si aspetta che ci siano tutti i complici sul posto. A Scopeti neanche questo è successo. Anche qui siamo a livello proprio terra terra, eh, voglio dire, dal punto di vista della credibilità. Questo arriva, loro non lo hanno neanche aspettato, tant'è vero che loro sono già in azione. Quando lui arriva dice che sta vedendo già il Vanni che sta squarciando la tenda, lui dice: “Sul davanti dello stradello per chi sale.” E dice un'altra palesissima falsità. E poi la illustreremo. Va bene? E quindi questo palo qui non è neanche un palo. Ma i che palo è? Questi hanno cominciato a fare senza di lui? Anche qui, causale: non si sa. Certo un palo non può essere. Perché a Scopeti, da un punto di vista di, voglio dire, della conformazione dei luoghi, in effetti un palo si poteva spiegare, giustificare. Non è come a Baccaiano, siamo sul rettilineo con le macchine che arrivano a 200 all'ora e quindi 11 un palo lo possono soltanto mettere sotto, non serve a niente un palo. Qui invece il palo poteva servire, perché era un luogo notoriamente frequentato da coppie, d'estate, a quell'ora, più che verosimile, sabato o domenica che fosse - si parlerà di questo, ne parlerà il mio collega - va bene?, e quindi fine settimana, sera di festa se non sbaglio in un paese vicino. Più che naturale che ci fossero altre coppie che potevano imboccare quella stradina che portava su quella piazzola. Lì un palo poteva servire, come deterrente. Madonna c'è già qualcuno, via via, andiamo via. E proprio quando il palo deve servire, in questo caso il palo non c'è. Perché Vanni e Pacciani hanno già cominciato. E lo vedremo, perché lui li descrive... descrive in particolare la prima cosa che ha visto: Vanni che squarcia la tenda. Quindi proprio di lui se ne sono importati il giusto, come si dice, cioè niente, i Addirittura poi lo considerano così poco palo e così poco complice che lui... immaginate voi un 1 palo che si porta dietro un testimone? Cioè, anche questo, questo... come si chiama? 
(voce fuori microfono)
Avvocato Mazzeo: Pucci. Questo Pucci, va be', è testimone. Poi arriveremo anche a lui. Di forma è testimone, no? I Voi vi aggrappate alle forme perché avete perso di vista i principi. Dico, ma ve lo immaginate voi un palo, . in un'associazione per delinquere - queste sono le contestazioni eh, i capi di accusa sono questi - un palo, in un'associazione per delinquere, che intanto non è un palo, perché arriva lì e quelli hanno cominciato tranquilli senza di lui, e poi che si porta dietro un testimone. Allora non era un testimone Pucci. Perché su un piano di buona logica, o si dice che Pucci era della combriccola, e allora si spiega che hanno continuato a fare lo scempio che hanno fatto alla presenza sostanzialmente del Pucci, come ci viene detto; oppure, se Pucci è un testimone, la cosa non si regge più, su un piano di logica elementare, anche qui, di buonsenso comune. Voi ce lo vedete tre che vanno a fare una rapina in banca, c'è il palo - quello che sta fuori della banca mentre i due con le pistole dicono 'in alto le mani', eccetera, eccetera - e il palo c'ha il suo amico, dice: ora stai a vedere che succede. Ma siamo impazziti? Ma dico, la prima risposta è: siamo matti? Ma non solo. Questi qui si arrabbiano - meno male, una reazione comprensibile - quando vedono un terzo estraneo, dice: ' che sei impazzito? ' Ma, nonostante l'arrabbiatura, proseguono nella loro azione omicidiaria e quindi cooptano un possibile delatore. Tant'è vero che poi: 'se ne parlò al bar', ci dice il Pubblico Ministero: tutti ne parlavano al bar, tutti lo sapevano, tutta San Casciano lo sapeva e nessuno ha mai parlato. E qui si arriva proprio nell'iperuranio. Questa come situazione di contorno, eh. La vogliamo chiamare di contorno? No, questa è decisiva, è fondamentale. Cioè, di assoluta inverosimiglianza. Questo fa parte del capitolo dell'inverosimiglianze. Assoluta, totale. Ma come si può giustificare una cosa del genere? Stiamo parlando di omicidi, di squartamenti. 

lunedì 28 settembre 2015

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 4 marzo 1998 - Terza parte

Segue dalla seconda parte.

Avvocato Mazzeo: E noi dobbiamo bere anche i moventi di questo genere, vero? Allora, Lotti poteva dire... un adulto, quando dice una bugia, non un bambino delle elementari, dice: 'va be', per forza, Pacciani tiene la pila e Vanni compie le escissioni. Ah, insomma. Ancora accettabile in natura. E invece non dice così. Ci casca proprio come una pera, come si direbbe. Perché dice: "Di notte qualcosa gl'avrà”, il Vanni. Dice: "Ma come la teneva, il Vanni", chiede il difensore. Domanda suggestiva, lo riconosco, ma eravamo in sede di controesame. Dice: flLa pila la teneva così, in mano." Per cui si arriva a questo assurdo in natura, a questo ulteriore attentato alla vostra intelligenza e alla vostra dignità di uomini -scusate, ma ci vuole ogni tanto - di uno che vi racconta che queste escissioni il Vanni le ha fatte in questo modo: con un coltellaccio da cucina, perché secondo gli inquirenti quello era il coltello delle escissioni, poi ci arriveremo. Con una mano teneva la pila e con l'altra faceva... Provate a immaginare, io... eh? Se non fosse terribile, tragico, orrendo, ributtante, sarebbe da sbellicarsi dalle risate. Siccome quando, poi, voi farete la sentenza dovrete prenderle in considerazione queste dichiarazioni, io non ho altre risposte, aspetto di conoscere le vostre. Allora, Vanni teneva con una mano la pila e con l'altra il coltello. E all'udienza dell'11 dicembre '97, fascicolo 64, pagina 30 e seguenti, sempre sulla lampada a Vicchio, in sede di controesame, i colleghi di parte civile. Beh, anche loro si inquietano, mi immagino, no, di fronte a una rappresentazione granguignolesca e ridicola di questo genere. E allora, in qualche modo, parte qualche tentativo -per carità, legittimo: le domande suggestive sono ammesse - in qualche modo di recuperare la situazione. Ma ancora una volta il rimedio si rivela peggiore del male. C'è una vecchia regola di pratica processuale -che riguarda noi avvocati, ma penso che riguardi anche i rappresentanti dell'accusa, che si impara prestissimo - secondo la quale non bisogna mai fare domande quando non si è certi della risposta. Perché se tu non sei sicuro di come ti risponde il testimone succede l'ira di Dio, succede che ti fai un danno, che fai un danno anche alla ricerca della verità. E quindi la lampada a Vicchio, pagina 30, si diceva, fascicolo 64, udienza 11/12. Avvocato Colao: "Allora, questa lampada com'era? Era un lampada? Si poteva appoggiare a terra? Pensi un po' bene." "Imputato Lotti: La tenevano in mano per vede' meglio quello che facevano, no? Un l'ho vista per bene com'era." Dice l'avvocato Colao: "Aveva una base per potersi appoggiare a terra?" Perché anche questa è suggestivissima, perché uno dice: va be', magari vediamo se si riesce a fargli dire che è una di quelle grandi, che si poggiano a terra e finalmente il Vanni ha appoggiato la lampada a terra. Guarda cosa bisogna sentire in un processo, no, di suggestioni di domande. Quello ha già risposto, lo valutate voi, eh, perché voi siete liberi di cercare la verità. Noi si ha un ruolo e quindi in qualche modo siamo sempre appassionati nella difesa delle nostre tesi. A volte si perdono di vista, come dicevo ieri, si corre il rischio di perdere di vista il buonsenso comune e anche la decenza. Ma voi dovete cercare la verità. Allora, voi sapete che lui, all'udienza precedente ha risposto che Vanni la teneva in mano: "così, in mano" - mi fece anche il gesto - "così, in mano", la pila, mentre faceva le escissioni." Ora qui si innesta, come già vi ho illustrato ieri in altri episodi, un tentativo di fargli dire una cosa che in qualche modo sia compatibile. E allora dice: ma magari non era ima pila di quelle che si tengono in mano, no? Gli suggerisce l'avvocato Colao. Di quelle che si mettono in terra. E così finalmente Vanni poteva agire con tutte e due le mani. Perché questo è sicuro, eh, rileggetevi le perizie, guardatevi le escissioni, come si chiamano con termine asettico, guardatevi gli squartamenti : non si possono fare con una mano sola. E allora dice: "La tenevano in mano", insiste lui. Mannaggia, non l'ha capita, eh? Quella che gli ha lanciata non l'ha capita. "La tenevano in mano per vede' meglio quello che facevano, no? Un l'ho vista per bene com'era." Dice: "Aveva una base per potersi appoggiare a terra e fare luce in alto?" Appoggiare a terra, guarda com'è sottile la domanda del collega. Una base. Sarebbe stata la lampada ideale in questo contesto, magari il "mostro" vero ha usato proprio una lampada così. Una base da appoggiare a terra e che lancia la luce in alto, in modo che lui possa lavorare, fare quello che fa. E allora lui, a questo punto, dice: "Ma perché..." "Ci sarà stata, un lo so io." "Ci sarà stata, un lo so io." E allora insiste l'avvocato Colao: "Non sarà stato con un neon?" Addirittura qui si arriva a stabilire, a tentare a stabilire il tipo di luce. "Lei conosce il neon?" "Imputato Lotti: Ma che ero vicino e vo a guarda' come l'era fatto ogni cosa?" "Avvocato Colao: Ma faceva una bella luce?" Perché lo sappiamo che ci vuole una bella luce per fare quello che è stato fatto. "E una luce la faceva." Non si sa che luce faceva. "Una luce forte?" Insiste l'avvocato. "Un po' faceva." "Forte o scialba?" Insiste ancora. "Come sarebbe a di' scialba?" E qui si... "Come sarebbe a di' scialba?" "Una luce forte o tenue?" Insiste. E lui: "Come fo a dillo se gl'era luce forte, o no." E invece no. Se tu hai visto lo fai a dirlo, eccomei Era a tre-quattro metri ha detto. Poi dice che era a 10 metri, ma insomma siamo lì, 10 metri sono da qui a lì. "Senta, Pacciani...15 Va be', qui il Presidente... No, niente Pacciani. "Scusi, avvocato Colao." Interviene il Presidente. "Lotti, questa luce che aveva il Vanni..." Il Presidente vuole ovviamente, ovviamente, correttissimamente, ma è inutile anche dirlo, che ben si ricorda che nell'udienza precedente lui ha detto: "No, la luce la teneva Vanni e la teneva così in mano." Allora il Presidente si rende conto dell'eccesso probabilmente di suggestione di queste domande e di questo che non recepisce, di questo che non risponde, allora dice: 'aspetti, avvocato Colao', dice il Presidente: "Questa luce che aveva il Vanni..." dice il Presidente. Dice il Lotti: "A me tanto forte la un mi pareva." Insiste il Presidente: Questa luce che aveva il Vanni, l'aveva in mano? La reggeva in mano, tipo coltello?" Come aveva detto all'udienza prima. La teneva in mano, così, e con l'altra usava il coltello. Dice il Presidente: "L'aveva in mano, la reggeva in mano tipo coltello, oppure?" "Imputato Lotti: No, la..." Sicuramente qui è completamente nel pallone, perché lui non lo capisce cosa vuole da lui. Dice: "Imputato Lotti: No, la reggeva in ma... o c'aveva qualche cosa, qualche...” Insiste il Presidente: "Reggeva qualche cosa che era più grande della mano? Come posso dire? Ha capito il discorso?" "Sì, ho capito." Dice Lotti. E il Presidente lo specifica: "Era una pila piccola, lunga, affusolata, oppure una luce più grossa?" "Imputato Lotti: No, una di quelle così, come si può di'? Normali." Come m'ha detto a me il giorno prima. "La teneva in mano, così, normale." Normale. No al neon, che s'appoggia a terra, che gli può lasciare due mani libere: normale. "Io non so come spiegarvi per bene." Poverino. Il sentimento del difensore del Vanni, nei confronti del Lotti, oscilla continuamente dalla rabbia nei confronti dell'impostore, alla pietà nei confronti dello sprovveduto. "Una di quelle così, come si può dire, normali. Io non so come spiegarmi per bene, era una torcia." "Oh, va bene. Torcia ha un significato ben preciso. Torcia." "Torcia." Torcia elettrica, ovviamente. "La torcia l'è un'altra cosa diversa, è più grande."Presidente: È una cosa piccola.” Giustamente, una torcia... Dice: "Imputato Lotti: Sì, secondo come le c'enno. E c'enno di quelle così, di quelle più grandi." Capito? Qui si sta ragionando di torce: grandi, piccole. Dice, il Presidente: "E quella che ha visto lei che era: piccola, grande?" "Imputato Lotti: Era giù per su così." Presidente: Tutto il palmo della mano ha fatto lei." Si è ricordato, il Presidente, di come aveva risposto a me. "La teneva così in mano." E quindi impegnava tutto il palmo di una mano. Infatti il Presidente insiste: "Tutto il palmo della mano ha fatto lei", ha fatto, cioè ha fatto il gesto. "Imputato Lotti: Quanto una mano, forse qualcosa di più." “Presidente: Bene." Allora, questa è una falsità oggettiva. Cioè, nei vari capitoli che mi sono permesso di predisporre per incasellare su fatti decisivi che riguardano questo processo, la verità o non verità della versione del Lotti, questo rientra nel capitolo delle falsità oggettive. Cioè delle cose impossibili in natura. Cioè non che teoricamente... No, proprio neanche un funambolo, guarda, neanche uno da circo, neanche un prestigiatore. Ce l'avete presente i prestigiatori cosa non fanno con una mano sola? Beh, neanche un prestigiatore. Provate, provate. Calatevi con la memoria, voi. Cosa è stato fatto? Tenete presente le foto di quello scempio di quella povera ragazza, il seno, quelle parti intime, delicate: con una mano sola, il Vanni, col coltellaccio della cucina. Secondo il racconto del Lotti. Questa è una falsità, in quanto è impossibile in natura e, a modesto avviso del difensore, è una di quelle falsità che addirittura superano quel famoso limite dell'assurdo ridicolo, dell'assurdo comico, cioè si va decisamente nel ridicolo, e come mi sono permesso, sommessamente, di pregare ieri: da un errore giudiziario, voglio dire, uno si può anche autoassolvere. E dice: è stato ciuco l'avvocato, il difensore, è stato bravo il Pubblico Ministero, me 1'hanno messo in un modo tale che sembrava... eccetera. Poi dopo magari si scopre, quante volte si è scoperto dopo, nella vicenda del "mostro di Firenze", di quanti errori - diamo atto all'onestà del Pubblico Ministero, ve l'ha sottolineato anche lui - è costellata questa indagine? Ma questo non è un buon motivo, vero, perché voi siate chiamati a dare una patente finalmente definitiva di assoluzione agli inquirenti che hanno sbagliato: sono uomini, come noi, come tutti, non c'è niente di male. Non mi fate tornare alla mente le parole del Manzoni, di quei Giudici della peste di Milano del 1630 quando dice: "potevano fargli tante domande, ma avevano paura di non trovarlo reo." E che le domande non gliele abbiano fatte al. .. Ora visto che si apre questa parentesi, chiudiamo anche subito, una volta per tutte. E che le domande non gliele abbiano fatte al Lotti, mentre invece era loro dovere di fargliele. Perché sta venendo da te non un testimone, ma sta venendo da te un colpevole, uno che si dichiara colpevole. Ma mica colpevole così, eh? Di cose, di cosette da bar. Quante volte entrano i bar in questa storia? No, no, colpevole di cose orrende, di cose che non ricorda la cronaca giudiziaria italiana, ma non di questo secolo, bisogna andare... Non lo so, a me mi viene in mente Gii de Rez (?), il Maresciallo di Francia della fine del '400, che era un pedofilo che uccideva i bambini, che però ebbe un bellissimo, catartico, pentimento, si dichiarò colpevole e andò, per espiare, sul rogo, pur essendo un pari di Francia. Qui purtroppo no, siamo proprio nella terra, terra. Qui di catartico non c'ho visto nulla. Ecco, allora, quando arriva un colpevole, da te inquirente, quale deve essere - e qui l'abbozzo, eh, signori, faccio solo un accenno, però ve lo propongo sotto un profilo di movente, di causale a cui arriveremo - quale deve essere, secondo voi che non siete poliziotti di professione, l'atteggiamento psicologico e intellettuale dell'inquirente nei confronti di chi si sta confessando colpevole - hai detto niente - di cose di questo genere? Deve essere un atteggiamento - la risposta che il buonsenso comune detterebbe - estremamente critico, per tutte le ragioni che abbiamo illustrato anche ieri mattina e che riguardano la Corte di Cassazione, la Giurisprudenza pacifica e il buonsenso comune. Che faccio, me lo bevo subito? Ah, finalmente. Come dice Alessandro Manzoni: "dissero: finalmente", quando trovarono uno che sotto tortura confessava. Invece avrebbero dovuto dire "siamo da capo". Deve essere quantomeno un atteggiamento di sana, realistica, razionale diffidenza. Ma anche perché glielo impone la legge, fra l'altro.
Segue...

venerdì 25 settembre 2015

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 4 marzo 1998 - Seconda parte

Segue dalla prima parte.

Avvocato Mazzeo: Giogoli: udienza del 3 dicembre, fascicolo 57. Anche su Giogoli viene interrogato su questo tema e dice: "Sì." La risposta è "sì", cioè: 'Sia io che Vanni e Pacciani spegnemmo i fari'. C'è un "sì" lapidario. Vicchio: udienza del 03/12, fascicolo 59. Lotti: "Io li spensi i fari." Domanda: "E quelli della macchina del Pacciani?" "Gl'erano spenti." Pagine 17 e 18. Domanda: "Era buio?" Risposta del lotti: “Dopo cena, anche se era estate, era buio." Insiste l'avvocato Filastò, se non sbaglio. Dice: "Ma uno dei due aveva qualche luce?” Allora, a Vicchio noi abbiamo una situazione di aperta campagna; non c'è illuminazione pubblica. Vi ricorderete che proprio il sottoscritto chiese a un testimone - non mi ricordo il nome...
(voce fuori microfono)
Avvocato Mazzeo: Il nipo... No. Un testimone che era arrivato sul luogo del delitto tra i primi, durante la notte, quando le famiglie dei poveri ragazzi si erano allarmate e avevano avvisato i Carabinieri. Non ricordo il nome del testimone, ma comunque è venuto qui e gli feci questa domanda: 'senta, dice, ma quando lei è arrivato lì, come ci è arrivato a quella piazzola?' Dice: 'ma ci sono arrivato perché sapevo dov'era, sapevo di solito si appartavano'. Dico: 'com'era la situazione del...' "Buio completo. Se non tenevo i fari della macchina accesi non si vedeva nulla." Questo è agli atti del processo. E allora, a Vicchio lui ci sta dicendo: "Io spensi i fari. I fari della macchina di Pacciani erano spenti, gl'erano spenti." Precisa anche che è il contesto della situazione era tale per cui, dopo cena... c'è sempre questo riferimento al mangiare, ai bisogni elementari del corpo, dice. Perché lo dice anche a Baccaiano: “Gl'è dopo cena, gl'è buio." E ancora per Vicchio, guarda un po', dice: "Dopo cena. Anche se era estate, era buio." Quindi, è chiarissimo. Non si parla di luna. Lo dice chiaro: "Anche se era estate, era buio." E allora, in un contesto di buio, illustrato in modo così esatto, mi pare, una volta tanto dal Lotti, si insiste con le domande. Perché uno dice: per uccidere, per muoversi in modo efficace, in modo puntuale... Qui, c'è una contestazione di associazione per delinquere, quindi fissazione dei ruoli reciproci, eccetera. Poi, operazione di omicidio che sappiamo poi, con gli squartamenti, con questi orrori che implicano evidentemente la necessità di vedere, no? Voglio dire, qui siamo ancora una volta nel campo del buonsenso comune. E quindi si insiste nella domanda e si dice: "Ma uno dei due aveva qualche luce?” Perché lui non aveva mai parlato di luci, prima, in tutte le sue precedenti dichiarazioni. Lasciamo perdere le progressioni, tra le primissime dichiarazioni e quelle a cui poi arriva in occasione dell'incidente probatorio, che è prova processuale a tutti gli effetti, e dell'esame dibattimentale. Risposta del Lotti: dunque, pagina 35, udienza del 3 dicembre, fascicolo 59. "Se gli avevano una luce è una cosa un po' difficile. Non ricordo se c'era o no." E già questo deve allarmare. Perché come fai a non ricordarti in una situazione di buio totale? Confermata anche da un testimone che è venuto, che è andato sul luogo del delitto a trovare quei cadaveri a pochissimo tempo dopo ; è stato il primo a scoprirli. In una situazione di buio totale, tu che stai raccontando un fatto... Già, come fai a raccontare un fatto se c'è una situazione di buio totale. Va be'. Ma in una situazione di buio totale come fai a non ricordarti se c'era un minimo di luce e da che parte veniva. Qualcuno, poi arriveremo a scoprirlo, infatti, ha parlato di "albore". Se ben ricordate, quanta polemica, quanta diatriba si è svolta su questo argomento. Ma poi lui è ancora più preciso. Prima dice: "Se gl'avevano una luce... È una cosa un po' difficile. Non ricordo se c'era o no." Pagina 35, sempre. Ulteriore risposta: "Mah, io non ho visto luce." Non è che non ricorda se c'era o no; nello stesso contesto di domande, nella stessa pagina, dice: 'no, io non ho visto luce, via, non mi fate dire cose... non ho visto luce. Non ho visto...' "Non ho visto luce", significa non c'era luce, eh. Perché, voglio dire, in una situazione di buio totale come quella che ha descritto lui - buio, perché i fari delle macchine erano spenti, buio ambientale, confermato da un testimone estraneo sicuramente - dire "Non ho visto luce", significa dire non c'era luce. No, che non l'ho vista, ma ci poteva essere'. Non c'era luce. Insiste, pagina 36. La pagina successiva: "Mah..." - perché le domande qui si accavallano, no? - "Mah, io luci un l'ho viste." Insisto io: dire "non l'ho viste" equivale a dire non c'erano. Perché non c'erano altre fonti di luce, nessuna altra fonte di luce. "Io, luci non l'ho viste. Io non ho visto luce. Luce non c'era." Insiste il Lotti... Poi, siccome la cosa anche qui diventa insostenibile, sotto un profilo proprio, no, ma insomma, voglio dire, è attentato all'intelligenza dei Giudici. Già prima ci sarà stato qualche attentato all'intelligenza degli inquirenti, ma intanto però questa storia è arrivata al processo. Quindi, parliamo di attentato all'intelligenza dei Giudici. Dice: "S'avrà avuto qualcosa." Guardate, guardate la progressione, direbbe il Pubblico Ministero. Io dico: guardate l'aggiustamento che serve a far quadrare una narrazione con dati oggettivi incompatibili con quella narrazione. Siamo in un contesto di buio totale, confermato anche dai testimoni sopraggiunti. E allora lui dice: "S'avrà avuto qualcosa per arrivare lì, per fare un po' di luce. Sennò..." E qui, no, ci arriva anche Lotti: 'sennò come si fa ad arrivare lì al buio?' E allora, giudicate voi, Signori Giudici. Stiamo parlando di dati, come dice la Corte Suprema di Cassazione, scusabili, di contraddizioni, errori e correzioni scusabili, di puro contorno, che fanno parte, diciamo, del bagaglio di fallacia e di debolezza della memoria umana, che è comune a tutti noi, o stiamo parlando di cose inammissibili? Perché riguardano il contesto dell'omicidio che sta per essere compiuto; e si sta parlando di un dato naturale: buio, o luce. E qui abbiamo uno che non sa niente. Perché dice prima buio, ma poi dice: '’mah, una luce l'avranno avuta'. Non ci si può spagliare su queste cose. Non ci si può correggere su queste cose. Quando si è capito che si è andati troppo oltre nella stupidità. Scusate, eh, perché di questo si tratta. Perché le bugie le raccontano i bambini che vanno all'asilo, e sono di un certo tipo. Le bugie le raccontano quelli che vanno alle scuole medie - avrete figli anche voi - e sono di un certo tipo. Poi le raccontano gli adulti e possono essere di un altro tipo. Chi non ha bambini piccoli, insomma, ecco... Io ce l'ho. La bugia che mi racconta la mia figliola di tre anni, è la bugia... e questa è la bugia di un bambino di tre anni. Non è neanche la bugia di un uomo adulto. E poi insiste, stesso contesto, stessa pagina, stessa udienza. Finalmente si è reso conto anche lui, no? 'io come faccio a dire che ho visto una serie di operazioni, una serie di cose, se la luce era buio totale?' Allora, aggiustamento progressivo non genuino. Dice: “Qualcosa di luce?" "Una pila, sì." Notate la "pila" - parola pila - interviene per la prima volta. Sono due anni, quasi, che sta parlando il Lotti. C'è un numero imprecisato, io non ne ho neanche fatto il conto, di verbali, di dichiarazioni. Dice: 'la progressione, prima non aveva preso ancora, diciamo, la deliberazione di parlare completamente. La piena del cuore frutto di un pentimento spontaneo e catartico e quindi di un desiderio di autoliberazione ancora non c'era stato, allora le cose le diceva a spizzichi e bocconi e non ha mai parlato prima della pila e della luce per questo… Mah, è un po' deboluccia. Perché, voglio dire, semmai, se prima doveva avere una preoccupazione il Lotti, era quella, come succede sempre, le abbiamo lette le massime della Corte Suprema, quella del chiamante in correità, essendo non un testimone, ma essendo un imputato, essendo un colpevole, confesso reo, è quella magari di limitare le sue responsabilità, no? Di dire: ma io ero lì, c'ero e non c'ero. Ho fatto il palo, non ho mai partecipato in modo particolarmente attivo... E questo è comprensibile. Allora, una progressione di rivelazioni che abbia, ecco, questa connotazione. Cioè, uno prima è testimone - e infatti, se non vado errato, lui all'inizio come testimone è comparso - e poi gli è stato contestato il concorso in questi delitti, l'associazione per delinquere. Perché è più spiegabile su un piano direi di logica elementare, anche questa deviazione umana. Cosa si diceva ieri? La confessione è una prova delicatissima, perché va contro natura – parole della Corte Suprema - va contro natura. Perché la natura dell'uomo è quella di respingere gli addebiti, di difendersi, non di accusarsi. Ecco perché è ima prova infida, che va riguardata con estrema attenzione. Allora io dico: la progressione del Lotti, di cui si parla tanto da parte dell'accusa, si spiega con riferimento a situazioni in cui lui deve minimizzare, per esempio, la sua partecipazione, l'attività della sua partecipazione. Ma situazioni di questo genere - perché lui di Vicchio ha parlato fin dai verbali e durante l'istruttoria prima del dibattimento - perché che motivo aveva di non parlare prima della pila elettrica e di parlarne dopo? Qui non si può spiegare con una progressione, con una rivelazione centellinata, perché questa non influisce sulla sua responsabilità, cioè sulla misura della sua partecipazione: la storia della pila elettrica se c'era o e non c'era. Questo è un aggiustamento. Siccome è insostenibile anche di fronte a un consesso di bambini delle scuole elementari, che uno abbia visto una dinamica di omicidio così complessa e articolata, fra l'altro, va bene, di duplice omicidio, in una situazione di illuminazione come quella che sappiamo, è insostenibile anche di fronte a un consesso di bambini delle scuole elementari che non ci fosse una fonte di luce, allora dice: eh, va bene, sì, è vero, non ci avevo pensato. Qualcosa... Notate anche il linguaggio, eh. Perché il linguaggio è importante: "Qualcosa di luce. Una pila." Sì, qualcosa.. . Non poteva mica dire una torcia come nel Medioevo, vero? Non so. Oppure una lampada a petrolio. Siamo alle soglie del 2000, sarà stata una pila elettrica. Non ci vuole un grande sforzo. E quindi diventa: "Una pila?" "Sì." "E quando sparavano" - gli si domanda - "a Vicchio?" Udienza del 5 dicembre, fascicolo 60, pagina 22. Perché, nella narrazione, c'è stato... Diciamo, nel succedersi dei movimenti dei protagonisti, c'è stato questo tornare indietro del Pacciani, prendere la pistola sotto il sedile della sua macchina, tornare verso l'auto dei ragazzi, i quali naturalmente stavano... loro recitavano la parte, no? Loro erano nella parte della vittima, quindi, giustamente, mica reagiscono in un contesto come quello che vi è narrato dal Lotti: stanno lì fermi per farsi sparare, ecco. E allora: "Quando sparavano" - dice - "che ha visto lei?" "Eh" - risposta a pagina 22 del 05/12 - "qualcosa avevo visto, una luce. Non luce dei fari delle macchine." Vorrei ben vedere, perché lo ha detto prima che erano tutti spenti. "Non luce dei fari delle macchine, una di queste cose per far luce." "Una di queste cose per far luce". Non ci ha neanche tanto il coraggio di chiamarlo col suo nome: pila. Il Pubblico Ministero ha fatto un po' di ironia a proposito del collega, il quale vi faceva notare, nel corso del dibattimento, che ci sono studi approfonditi sul linguaggio che hanno accertato questo: quando una narrazione non è genuina, quando una narrazione non è spontanea, l'uso di "cosa cosare", no? Ha tanto ironizzato il Pubblico Ministero. Io non sono un esperto di epistemologia, di glossologia, di fonemi, non so niente. Però un dato è certo, verificato da me nella mia relativa esperienza processuale; sicuramente dai Giudici togati nella loro ben più profonda esperienza processuale. Sintomo della genuinità di un racconto è anche l'uso del linguaggio. Perché se a un illetterato, no, come può essere il Lotti, noi gli vogliamo fare esprimere un concetto difficile, alto, è più che giustificato, che si impappini. Ma quando qui si tratta di chiamare una cosa col suo nome, e lui sistematicamente si rifiuta di farlo e dice "cosa, cosare...", questo è un sintomo di perplessità. Cioè, uno che ha paura a dir le cose, perché dice: 'Madonna, adesso ne sparo un'altra. Va a finire che mi ci attorciglio anche di più'. E allora dice: "Una di queste cose per far luce.” Ma che senso ha esprimersi così? Questa la offro, come direbbe il Pubblico Ministero, ve la offro così com'è. Io non ve la offro così com'è; la offro all'attenzione, all'esperienza specialmente di voi Giudici togati. E anche all'esperienza di vita quotidiana di voi Giudici non togati. I quali anche voi avrete le vostre attività, il vostro lavoro e sarete anche voi, nelle vostre attività e nel vostro lavoro, necessariamente - perché la vita è continua scelta, opzione - nella condizione di avere un interlocutore che si esprime in un modo o nell'altro e di apprezzare la differenza del modo di esprimersi. "Una di queste cose per far luce." E qui si arriva alla falsità, non alla inverosimiglianza, alla falsità obiettiva. Finora siamo arrivati agli aggiustamenti non genuini, che sono sintomo comunque di falsità del racconto; poi qui si arriva proprio al bianconero, che è bianco e non può essere nero. Domanda: "Vanni aveva una pila quando compiva le escissioni?" Gliel'ho fatta io questa domanda. Siccome lui ha parlato di pila, finalmente, dopo due anni che sta parlando, in un contesto di buio assoluto e ha parlato "Di queste cose per far luce", la domanda sorge spontanea, dice quello, ma insomma... Non si sa chi tiene la luce mentre quell'altro spara. Che fa? Pacciani spara, ma siamo in un contesto di buio assoluto; e Vanni, con la pila, oppure Pacciani con una mano ci ha la pila e con l'altra c'ha la pistola e spara? Perché siamo in un contesto di buio assoluto, eh. E questi sono stati presi, la povera Rontini, in testa, preciso, mortale. Anche il ragazzo è stato attinto. Quindi, qualcuno doveva pur avere qualcosa in mano. Allora, come ce l'aveva, Pacciani, una pila, e con l'altra mano la pistola, oppure lo guidava il Vanni con la pila elettrica e quell'altro sparava? Non si sa. Non interessa. Interessa, interessa a voi. A me in particolare interessava il momento ancora più delicato. Quello nel quale, proprio, se non c'è ima fonte di luce ferma, non si può fare quello che disgraziatamente è stato fatto. E quindi la domanda era: "Vanni aveva una pila, quando compiva le escissioni?" Risposta del Lotti: "Eh..." - e siamo sempre lì, no? apprezzate il linguaggio - "di notte, qualcosa gl'avrà..." "Ma come la teneva?" Ma come la teneva. Voi sapete tutte le ipotesi che si sono fatte, ipotesi di scuola. Qui non siamo per fare ipotesi di scuola, qui siamo per giudicare. E non si giudica mai in base ad ipotesi ed ai sospetti, ma in base ai fatti. E allora, la risposta era tale che lui poteva un momentino, in gualche modo, dare gualche risposta, diciamo, logica, comprensibile, diciamo, a una logica elementare. E invece risponde in un modo tremendo. Dice: "Vanni la teneva così in mano." Per esempio, lui poteva dire: ' no, guardi, c'era... siccome erano già morti i ragazzi, c'era Pacciani che gli teneva la pila’. Perché aveva finito la sua opera, no? Il "vicemostro" Vanni è quello che usa il coltello, secondo la... ecco, come diceva il giornalista: "Con le panze rasoterra e l'alito al Chianti, andavano a fare i Casanova, questi sessantenni, con le ragazze di 20 anni fidanzate. E quando queste gli dicevano di no, si vendicavano e le uccidevano." 

giovedì 24 settembre 2015

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 4 marzo 1998 - Prima parte

Presidente: Lotti manca oggi? 
Avvocato Bertini: Non lo so, Presidente. Non l'ho visto. 
Presidente: Ah. Per ora non c'è. Allora, Vanni con il difensore. Pubblico Ministero... Allora, avvocato Mazzeo, può iniziare. Grazie.
Avvocato Mazzeo: Grazie, Presidente. Signor Presidente, Signore, Signori, stamattina continuerò a sottoporre all'attenzione delle Signorie Loro, la versione del narrante Lotti, con le sue parole, senza commenti...
Presidente: Con le sue---?
Avvocato Mazzeo: Con le sue parole e senza commenti, riferita ai fatti, agli episodi omicidiari di cui è il processo. E questa prosecuzione, ribadisco, ha lo scopo di evidenziare, sempre seguendo l'insegnamento delle Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione e la regola positiva di giudizio introdotta dal Legislatore: è l'articolo 192 - quindi legge; legge - dell'articolo 192 Comma III del Codice di procedura, allo scopo di dimostrare, intanto la non credibilità del Lotti sotto il profilo personale, perché persona assolutamente negativa, la più negativa - come illustravo ieri - che possa presentarsi mai a un Giudice nella veste di chiamante in correità. In questa seconda fase, sempre seguendo il dettato della Suprema Corte Sezioni Unite, da cui credo sia molto difficile potersi discostare se non andando contro la legge, il profilo della intrinseca attendibilità: intrinseca attendibilità del racconto del Lotti. Cioè a dire: la Suprema Corte ribadisce, come ha già fatto in moltissime occasione e poi addirittura a Sezioni Unite, cioè tuta la Cassazione; tutte le Sezioni hanno fatto Giurisprudenza perché non ci siano dubbi. Dice che va valutata, appunto, la consistenza del racconto. Abbiamo visto la persona; adesso guardiamo la consistenza del suo racconto. La consistenza del suo racconto, quindi, con riferimento alla... Io ho diviso in quattro capitoli, sostanzialmente, riportandomi anche qui alla costante Giurisprudenza: contraddizioni nei racconti, inverosimiglianze nei racconti, falsità oggettive nei racconti. Qual è la differenza fra inverosimiglianza e falsità? Falsità è quando uno dice è bianco e invece è accertato che era nero. Non c'è versi. Poi si travalica e si supera il limite del ridicolo, addirittura. Questi sono i quattro capitoli, le quattro poste del rosario dei racconti del Lotti sotto il profilo della sua intrinseca attendibilità. E questo esame, questo esame condotto con rigorosissima attenzione alle carte processuali, quindi senza voli pindarici senza perdere tempo e far perdere tempo a voi in una esegesi, come dicevo... epistemologia del pensiero del Lotti, ecco, è utile anche con riferimento - e proprio vuole essere una risposta critica, anche, va bene? - a quanto vi ha riferito il Pubblico Ministero, laddove ha dichiarato, nella sua esposizione finale, dice: "Guardate, guardate, guardate la conferma, secca, precisa, puntuale, del racconto del Lotti e la sua coerenza con riferimento ai dati oggettivi acquisiti al processo dalle perizie, attraverso le perizie, attraverso i sopralluoghi. E quindi dati oggettivi, dati certi." Ecco, il racconto del Lotti, secondo la versione del Pubblico Ministero, è assolutamente coincidente. E qui, la prima reazione è di meraviglia da parte del sottoscritto, perché finora abbiamo visto che non coincide proprio niente. Il Pubblico Ministero ha distinto i cosiddetti riscontri oggettivi, secondo la sua opinione dei riscontri oggetti, in riscontri documentali - vi ricorderete - che sarebbero rappresentati, appunto, dalle perizie, dai sopralluoghi, da tutti i dati scientifici, diciamo, della ricostruzione per esempio dei fatti omicidiari; già acquisiti al processo aliunde. Quindi, attraverso l'apporto della Squadra Scientifica della Polizia, delle perizie medicolegali, eccetera. E ha detto che questi dati documentali confermano la verità del racconto del Lotti, perché il racconto del Lotti si attaglia, si attaglierebbe perfettamente... eh, dice: 'guardate, si attaglia perfettamente a questi dati documentali'. 
(voce fuori microfono)
Avvocato Mazzeo: Dice: 'si attaglierebbero perfettamente'. E dice: "Questo è un primo riscontro della verità i del suo racconto." Poi ci sarebbero i riscontri, secondo il Pubblico Ministero, documentali. Quindi, riscontri. . . eh, testimoniali, chiedo scusa. Quindi, riscontri documentali della verità del racconto del Lotti; riscontri testimoniali, a cui arriveremo dopo, della verità dei racconti del Lotti. Quindi, questo esame, che io vado a proseguire, delle dichiarazioni del Lotti riferito ai vari episodi omicidiari, è una risposta critica al cosiddetto riscontro della versione del Lotti con i dati scientifici già acquisiti al processo. Per fare un brevissimo riassunto, per esempio, ieri si è parlato di Baccaiano; si è parlato anche di Giogoli. E' stato evidenziato come, i riscontri oggettivi delle perizie e dei sopralluoghi su Giogoli non sono assolutamente coincidenti col racconto del Lotti. A Giogoli è stato accertato che gli ultimi due colpi di pistola furono sparati dall'interno del furgone, e Lotti, abbiamo visto, cosa ha sempre detto. Sempre, con estrema convinzione. È stato accertato a Giogoli che la radio di quei poveri ragazzi era accesa e il Lotti non ha assolutamente mai detto di aver sentito la radio accesa. Il che è non solo inverosimile, ma falso. Supera il limite della inverosimiglianza, questo. È stato detto che le perizie e i sopralluoghi hanno riscontrato la presenza dei due cadaveri in alcuni punti del furgone, che sono quelli che, naturalmente, non ha indicato il Lotti. Quindi, dov'è questa coincidenza tra il racconto del Lotti e i dati oggettivi acquisiti - questi sì, dati oggettivi - acquisiti dalle perizie e dai sopralluoghi? Io, francamente, non... Ed è tutto così. Quindi, si parlava di Giogoli; eravamo arrivati a Vicchio. Basta dire un episodio per Vicchio. Sappiamo tutti com'è morta la povera Pia Rontini, dato oggettivo acquisito dalle perizie medicolegali, eccetera, eccetera; sappiamo benissimo la pertinacia con cui il Lotti ha sostenuto, contro ogni tentativo anche di suggerimento e di suggestione, la sua versione: la Pia Rontini non è mai stata attinta da colpi di pistola. Salvo cambiare opinione all'ultimo momento, quando era proprio insostenibile e avanzare, lumeggiare l'ipotesi che possa essere stata attinta anche da colpi d'arma da fuoco; ma questa è la classica pezza che è peggiore del male. Perché, come dice sempre e insegna la Corte Suprema, a cui voi dovete sempre avere riguardo, verso cui dovete avere riguardo: quando la correzione non è frutto genuino, spontaneo, di uno sforzo mnemonico, leale, sincero, di ricostruzione; ma è soltanto il frutto evidente, anche per il momento in cui è fatta, di una contestazione o di un dato già acquisito al processo e che quindi è noto a tutti, questa, non soltanto non può rappresentare riscontro alla genuinità del racconto, ma addirittura rappresenta la prova positiva della falsità di un racconto. Esattamente il contrario. E quindi proseguiamo. Capitolo contraddizioni. Premessa e ribadisco è insegnamento costante della Suprema Corte. Ho riportato massime che risalgono a 50 anni fa e arrivano fino ad oggi, secondo cui è ovvio che, siccome la memoria, come tutte le facoltà umane è fallace, è più che naturale e ammissibile che il Magistrato prenda in considerazione e assolva, diciamo, errori da parte del narrante su particolari, ripensamenti, imprecisioni, contraddizioni. Purché - perché nei processi non ci deve essere spazio ai sospetti, ci deve essere spazio per le certezze e per la verità, altrimenti non si condanna - purché queste condizioni, purché questi errori, purché questi ripensamenti, riguardino - insegnamento costante della Suprema Corte - dati di contorno, dati secondari, elementi marginali del racconto; non l'elemento centrale del racconto. Noi abbiamo evidenziato ieri come invece, spessissimo, le contraddizioni e le falsità del Lotti riguardano, purtroppo per lui, proprio l'elemento centrale del racconto, la narrazione della dinamica dell'omicidio. E quindi anche queste contraddizioni, che potrebbero in qualche modo... Quella per esempio che riguarda la luce, che è un tema tremendo questo qui, con riferimento a tutti, io mi limito a riportare quello che ha detto. Perché, c'è un problema sì di errore, di contraddizione, di ripensamento, di correzione, che la Corte valuterà laddove è giustificabile e laddove, a sommesso parere di chi vi parla, con riferimento a tutto quello che ho detto finora, non è mai giustificabile, sempre secondo l’insegnamento della Suprema Corte. La ira anche poi pesata, voglio dire, la qualità Sei dichiarante, sotto il profilo anche della sua attendibilità. Cioè, se questo è un dichiarante che è continuamente impreciso, che è programmaticamente impreciso, che infarcisce il suo racconto continuamente: di aggiustamenti, di aggiunte, di correzioni, beh, insomma, voglio dire, ecco, anche questo ha un peso. Tanto è vero che, tra i criteri di valutazione della intrinseca attendibilità di un racconto, la Corte Suprema di Cassazione ha sempre detto: bisogna guardare la coerenza, la costanza di una versione, sempre quella. La precisione. Precisione, coerenza, costanza, spontaneità, e così via. Guarda. Quindi, dico, in un quadro complessivo di incoerenza, di imprecisione, di incostanza, si inserisce, per esempio, quanto dichiara il Lotti a proposito della luce nei vari episodi. Allora, a Baccaiano, 1982, all'udienza del 3 dicembre fascicolo 57, dice così. Gli si domanda, dice: "Ma lei ha spento i fari della sua macchina?11 Dice: "Sì, io ho spento i miei fari." Voi ricorderete che lui dice che a Baccaiano, il famoso dirizzone, rettilineo, di cui vi parlavo ieri, dove la figura del palo c'entra proprio come il cavolo a merenda insomma, ecco. Per capirsi. Guarda: merenda; si parla di merenda... Dico, a Baccaiano, dove c'è questo rettilineo, dice: “Io arrivo con la mia macchina, sto seguendo loro, mi tengo a un certa distanza. Fermo la mia macchina dietro la loro..." Dice: "Ma che fa lei? Spegne..." Tenete presente che lì non c'è illuminazione pubblica, eh. Questo credo che possa essere acquisito, che sia già acquisito tra i dati pacifici del processo. È campagna, è un rettilineo. Dice : "Sì, spengo i fari. Spengo i fari anche della mia." Dice: "E Vanni e Pacciani?" Domanda l'avvocato del Vanni. Dice: "Sì, anche loro." Dice... E poi, sempre su domande che riguardano la visibilità complessiva del posto, lui dice: "Mah, gl'è dopo cena, gl' è buio..." Dice: "E lei dov'è, Lotti?" Dice: "Mah, di preciso ora non lo so. Mettiamo a 10 metri." E questa è pagina 47 del fascicolo 57, udienza del 12. Vedete, c'è un contesto di una situazione che lui va a illustrarvi di buio totale. Tutti i fari delle macchine sono spenti, l'ha spenta Pacciani, l'ha spenta Lui. Dice: "Gl'è dopo cena, gl'è buio.” Qui non lo ha detto che c'è la luna. Poi noi sappiamo, perché è un dato anche questo acquisito, che tutti i delitti sono avvenuti in momenti di novilunio. Poi qui è stato anche direi più preciso delle altre volte. Ha detto: "Gl'è buio, gl'è buio...", e tutti spengono le luci delle macchine. 

mercoledì 23 settembre 2015

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 3 marzo 1998 - Diciannovesima parte

Segue dalla diciottesima parte.

Avvocato Mazzeo: "No, alla donna no. No". Pagina 29-30, volume II dell'incidente probatorio. C'è un altro collega della parte civile, l'avvocato Pellegrini, che in quel contesto, insomma, la cosa è veramente indigeribile. È indigeribile. È vero, ha ragione il Pubblico Ministero che con queste dichiarazioni non si doveva arrivare a dibattimento, sono d'accordo con lui. Ma non nel senso che ha detto lui, che si doveva concludere con un rito abbreviato: si doveva concludere con un'archiviazione. Qui non si doveva impegnare il tempo delle Signorie Loro con situazioni di questo genere e con richieste di ergastoli correlate a queste. In un paese civile non si arriva al dibattimento con un chiamante in correità di questo profilo, di questa personalità, di questo interesse, di questa banalità. Povero disgra... Alla fine, guardi, veramente scatta la pietà cristiana. Oltre certi limiti di indignazione scatta la pietà cristiana. "No, no, alla donna no." Allora l'avvocato Pellegrini, sempre nel volume II dell'incidente probatorio, pagina 55, sì, 55, volume II, riprende l'argomento perché dice, questa non la può passare, qui bisogna metterci una pezza. E come sempre succede, le pezze sono peggiori del buco. Perché dice: "Ma alla Pia fu sparato un colpo di pistola, due colpi o nessun colpo?" Questa è un po' più corretta come domanda, perché perlomeno conclude dicendo nessun colpo. E Lotti: "No, alla ragazza no. Come, sparato alla ragazza? No." 'Non me l'ha detto nessuno che gli hanno sparato alla ragazza, come facevo a dirlo?' Insiste l'avvocato Pellegrini: "Non fu colpita alla testa con un colpo di pistola?” Questa è suggestivissima, perché voglio dire, quando tu, se sei una persona normale, ti accorgi che gli avvocati della parte che non ti dovrebbe crocifiggere, insistono tanto su questo e tu dici sempre no, un qualche dubbio di dire: non sarà meglio rifugiarsi in un 'non ricordo'? Invece no, qui è stato correttissimo. Vede che i semplici a volte, sia pure contro la loro volontà, aiutano la ricerca della verità: a contrariis, ma l'aiutano. Fosse stato uno più smaliziato. Invece no. L'avvocato Pellegrini dice: "Ma non fu colpita alla testa con un colpo di pistola?" "No, sparò all'uomo." Anche all'avvocato Pellegrini gli dice così. E insiste l'avvocato Pellegrini: "Non ci fu nessun colpo di pistola verso la ragazza?" Qui la cosa comincia a diventare una farsa, se non fosse una tragedia. Ma l'avete visto quante domande gli hanno fatto su questo argomento? Tutte che suggeriscono la risposta, tutte che suggeriscono la risposta. Una comunque callida persona capace, diciamo, di riflettere su quello che gli sta succedendo, si sarebbe rifugiato in un "non ricordo". E questo, no. Invece, no, lui dice: "Ma quale... Non ci fu nessun colpo di pistola verso la ragazza?" Ottava domanda, eh, su come morì la Pia Rontini; che lui era a due-tre metri, ha detto. Poi dice 10 metri, poi non tanto vicino... Però, questo, è sicuro : "No, non fu sparato." E infatti, la risposta, pagina 55 volume II, anche all'avvocato Pellegrini, è un secco "No". Poi da qui passiamo, dall'incidente probatorio, passano alcuni mesi, andiamo all'udienza dibattimentale del 28 novembre del '97, fascicolo 55. Pagina 47. Quindi pagina 47 del fascicolo 55 dell'udienza dibattimentale del 28/11/97; "alcuni mesi dopo..." Con tre puntini di sospensione. L'avvocato Bertini che, voglio, dire, che è il suo avvocato, domanda: "Ha avuto l'impressione" - qui siamo arrivati all'impressione - "che avesse colpito ambedue i ragazzi?" Dice: 'magari la rimediamo così. Lui ha sparato al ragazzo, però qualche colpo di scancìo può avere attinto la ragazza. Quindi, in fondo, non si contraddice Lotti quando dice, alla ragazza, no? Notate la callidità, diciamo... No, la callidità, la suggestione della domanda, no? Questa è la teoria della pallottola vagante che fu sostenuta dalla Commissione Warren, qui in dimensione molto più piccola, ovviamente, a proposito dell'omicidio di Kennedy, no - alcione sere fa hanno dato quel bellissimo film - per dimostrare che Kennedy fu ucciso da un unico sparatore. Siccome c'erano delle ferite che non si spiegavano, allora fu teorizzato, con le leggi della fisica, che una pistola orientata da una parte, poi era risalita, poi era andata a destra, poi era scesa a sinistra. E finalmente... senza neanche sciuparsi. E quindi l'avvocato Bertini dice: "Ha avuto l'impressione che avesse colpito..." -impressione, vai - "che avesse colpito ambedue i ragazzi?" E allora Lotti comincia a dire: "Mah, di colpi ne è partiti diversi. Li avrà presi di certo, di certo, tutti e due. E bene." Come dice quel proverbio? Oh, non mi entra in testa, eh.
Avvocato Filastò: (voce fuori microfono)
Avvocato Mazzeo: Eh? Sì, qui veramente brutta.
Avvocato Filastò: (voce fuori microfono)
Avvocato Mazzeo: Eh. questa è l'ennesima gigantesca offesa, offesa, offesa, alla vostra umanità, signori. Guardate, alla vostra intelligenza.
Avvocato Filastò: (voce fuori microfono)
Avvocato Mazzeo: La domanda è orrenda.
Avvocato Filastò: (voce fuori microfono)
Avvocato Mazzeo: E, dopo alcuni mesi, appunto noi abbiamo la progressione, per usare un linguaggio caro al Pubblico Ministero abbiamo una progressione delle rivelazioni. Voi la chiamate, Signori? Eh? Quando vi guardate nello specchio la mattina, dopo questo episodio della vostra vita, eh, e vi ricorderete, se mai ne avrete voglia, di queste situazioni, io non so cosa deciderete. Cosa direte? Siamo stati presi in giro? Avrete rispetto per la vostra intelligenza e prima ancora di avere pietà per l'infelice? "Ha avuto l'impressione di avere colpito ambedue i ragazzi?" "Mah, di colpi ne è partiti diversi. Li avrà presi di certo tutti e due." Bene, insiste l'avvocato Bertini, che sono convinto - non ho elementi per dirlo - non debba essere quell'avvocato - non lo so, comunque lo sottolineo - che, nella telefonata che Lotti fa alla Nicoletti, dice: "L'avvocato" - non so chi era. Si dirà, si dovrà dire, se quella telefonata è genuina - "mi ha detto che è poco, che devo dire di più.", ve lo ricordate? - "che devo parlare dell'84, dell'83, dell'82... Ma io un so nulla, che dico?”
Presidente: Ora non lo so, ma mi pare che fosse un altro...
Avvocato Mazzeo: Sì, Presidente. Ma siccome, Presidente, la ringrazio del richiamo, però... No, e torna anche a proposito, Presidente. Perché, vede, in questa - e apro una piccolissima parentesi con molta serenità, con molta pacatezza e magari col tono un po' sforzato solo dalla stanchezza, dopodiché, se non le dispiace, io smetto - dovuta... Io devo dire questo. E questo argomento mi pare che sia funzionale al discorso che stiamo facendo. Perché, vede, c'è stato finora, in sette giorni, in sette giorni di contumedia contro il Vanni -  tre giorni ha parlato il Pubblico Ministero che è la pubblica accusa; due giorni hanno parlato le parti civili, che sono la privata accusa; un giorno ha parlato l'avvocato Bertini che, in pratica, è un accusatore anche lui, no, evidentemente del Vanni - quindi, in sei giorni, ininterrotti, o comunque interrotti relativamente, le vostre orecchie sono state bombardate, eh? da una, per carità, legittima - correggo: legittima, legittima, previsto dalla legge, legittimo tentativo di disumanizzazione ingigantito dai mass-media - disgraziatamente il Pacciani è andato a morire proprio adesso - da un tentativo di disumanizzazione di una persona umana, che è una di quelle cose, signor Presidente, che uno se le deve ricordare poi quando si sveglia la mattina e si guarda allo specchio. E questo tentativo di disumanizzazione, addirittura, è stato così montante che è arrivato a lambire anche i difensori, sì, Presidente, di questa persona. Perché mi è stato riferito - e poi se qualcuno me lo contesta, io prendo dei verbali e glielo leggerò, ma voi ve lo ricordate sicuramente - che qualche collega - devo chiamarlo così, perché è un avvocato come me e come l'avvocato Filastò - è arrivato a dire in que... la calunnia, no, è un sentimento, un venticello, che questo tentativo... che noi si difende una persona che loro non avrebbero difeso, eh. Sono discorsi di questo genere che si sono sentiti dire in questa Corte. Eh? Ecco. Avvocato Filastò: (voce fuori microfono)
Avvocato Mazzeo: 'Perché io, uno che ha buttato la moglie,..', e poi è completamente falso, come sarà detto. Va bene? Questo significa non avere nozione di deontologia forense, perché avvocato significa chiamato, chiunque sia infelice, perché accusato, ha diritto ad avere un avvocato, da che mondo è mondo. La più antica professione del mondo, dopo un'altra, che non nomino. Ma in senso positivo, questa. Tutti, anche voi nella vita potreste aver bisogno dell'avvocato. E potreste essere sommersi da accuse, le più infamanti possibili. Sentirsi dire in Corte di Assise: 'ma io quello non lo avrei difeso', significa non sapere che cos'è un avvocato. Quindi, dice Bertini: "Ma ha avuto l'impressione che avesse colpito ambedue i ragazzi?” Insisto, Presidente. Insisto perché questa cosa, a sommessissimo parere di questo difensore, è veramente intollerabile, inaccettabile in qualunque consesso civile, eh. Dopo il rosario che vi ho recitato prima, eh. Dopo, questo arriva, come .colpo finale, dopo il rosario. E tenete sempre presente la Cassazione quando dice: "Le rettifiche, le modifiche, eccetera, devono essere genuine." Non devono essere suggerite, oppure correlate a fare entrare il quadro in una cornice che è quella dei dati oggettivi. La ragazza morì con un colpo di pistola in testa. Dice: "Ma di colpi ne è partiti diversi, li avrà presi di certo tutti e due...", bene. Bertini insiste: "Quando la Pia fu trascinata fuori, era ancora viva la ragazza?" Dice Lotti: "Eh, l'aveva ferita, la unn'era proprio morta in quel momento lì." Ma questo è un aspetto che mi interessa relativamente. Sono io a chiederglielo, a quel punto, il 09/12, fascicolo 62, perché mi interessa rilevare questo aspetto: se casuale, se casuale. Perché io ho dato il beneficio... gli ho concesso... Non me lo ricordavo. Sono io a fare la domanda qui. Udienza 09/12, fascicolo 62, pagina 42. Pagina 42. È il sottoscritto, avvocato Mazzeo, che dice: ma non è possibile che debba essere così sfacciata la cosa. Io non ci posso credere. Non ci credo io agli avvocati’ che dicono: ma tu devi dire di più. Non ci credo io a questo che oggi ha detto: dentro il furgone non starò, e domani mi dice, no, mi sono sbagliato. Può darsi che sia sincero. Può darsi che veramente lui, poverino, sta facendo imo sforzo. Si sbaglia e si corregge. Sono io a dargliela l'ultima carta. Dico, può darsi che mi dirà... Dice: 'no, effettivamente io non l'ho visto. Non l'ho visto se è stato sparato con la pistola, non lo so, non l'ho visto'. E io domando: "In che modo fu uccisa la ragazza?" Undicesima domanda, eh, sull'argomento. Pagina 42. Lotti: "Da principio con la pistola." Mi piace, quel "da principio". "Da principio con la pistola." Pagina 47. Lotti: "Gli hanno sparato e hanno preso anche lei." Tipico esempio di aggiustamento in conseguenza di contestazione. Cioè a dire, di aggiustamento non genuino, non spontaneo; di aggiustamento che rivela la callidità, la falsità del dichiarante. La sua bugia. Perché lui dice una cosa, poi si viene a sapere, si viene a sapere. Infatti questa proprio non la puoi mandare... Poi ci penso io e mi aggiusto. Presidente, io, se non le dispiace, avrei esaurito le mie energie.
Presidente: (voce fuori microfono)
Avvocato Mazzeo: Sono le due, Presidente. È dalle nove che sto parlando.
Presidente: (voce fuori microfono)
Avvocato Mazzeo: No, no. Ma stia tranguillo che domani sarò qui alle 9.00 in punto.
Presidente: (voce fuori microfono)
Avvocato Mazzeo: La ringrazio. A che ora, Presidente, scusi?
Presidente: (voce fuori microfono)
Avvocato Mazzeo: Alle 9.00. Benissimo.

martedì 22 settembre 2015

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 3 marzo 1998 - Diciottesima parte

Segue dalla diciassettesima parte.

Avvocato Mazzeo: Le distanze a Vicchio. Dov'era Lotti, durante l'episodio omicidiario, come si dice, durante quello scannamento infame, dov'era Lotti rispetto a Vanni e Pacciani? Allora, Lotti dice prima, a pagina 62, volume I dell'incidente probatorio : "Io non ero lì vicino, ero un po' più lontano." E fin qui abbiamo capito poco tutti quanti. 'Ero vicino, ero lontano', concetti vaghi. Poi a pagina 26 del volume II dell'incidente probatorio dice: "Io ero a due-tre metri di distanza." Allora qui cominciamo a preoccuparci, perché due-tre metri di distanza non è lontano; due-tre metri di distanza è da qui al Vanni, o all'avvocato Filastò. Dire 'non sono vicino, sono lontano', lontano posso essere io rispetto al Presidente, per esempio. Quindi, lo vogliamo giustificare? E' una persona che si muove male, che ha scarse capacità di valutazione spazio-temporale. Ma poi continua a insistere. Pagina 15 del volume III, sempre dell'’incidente probatorio. Cioè qui siamo in un unico contesto di strumento processuale, eh, non è che... Perché, avesse detto 'io non ero vicino, ero lontano' nell'incidente probatorio; poi dopo otto mesi viene al dibattimento e dice 'no, ero a due-tre metri'. Va be', ha riflettuto, c'è stata una macerazione, uno sforzo mnemonico sincero, genuino, spontaneo, una valutazione, una ricostruzione mentale, fotografica del momento, delle sensazioni provate, eccetera e dice: no, ma che castronerie ho detto, non ero lontano, perbacco, ero a due-tre metri. E allora si spiega. Ma quando tu, nello stesso contesto, nello stesso giorno praticamente, siamo sempre volume I, volume II e volume III dell'incidente probatorio, mi dici sempre la stessa... dici tre cose completamente diverse, eh, allora io posso dire anche che tu, in base a questo soltanto non sei falso, Dio bono, come la peggiore delle monete false, ma sicuramente sei uno che come attendibilità va preso proprio con le molle. A decidere del destino delle persone sulle tue dichiarazioni è come mettere in mano, voglio dire, il pulsante della bomba atomica, Dio bono, a un bambino, ehi Allora lui dice, nello stesso contesto probatorio: "Io non ero lì vicino, ero un po' più lontano.” Pagina 62, volume I dell'incidente probatorio. Poi dice: "Io ero a due-tre metri di distanza." Che è una cosa completamente diversa, a pagina 26 del volume II dell'incidente probatorio. Poi dice: "Io ero a tre-quattro metri", va be', ora si è avvicinato troppo due-tre metri, allora si incomincia ad allontanare, diciamo tre o quattro. Pagina 15 del volume III. E poi, all'udienza del 3 dicembre dice: "Io ero a 10 metri, via. Ero a 10 metri." Pagina 17, udienza 03/12, volume 59. Io aggiungerei: come faceva a sentire i gemiti di quella povera ragazza? Lasciamo perdere, ne parlerà il collega di questo. Dico, ma vi rendete conto signori? Questa è la materia. È la materia umana. In questo senso forse comincia a diventare non troppo difficile il vostro compito, se vi fate guidare da un sano buonsenso. Per una volta sposo io l'aggettivo usato dal Pubblico Ministero, ma dopo aver pensato, dopo aver riflettuto, non esimendovi dal pensare e dal riflettere, eh. Lui vi ha detto: voi avete la forma, potete lasciar perdere la sostanza. Eh, no. Io dico il contrario: guardate la sostanza, lasciamo perdere la forma e vedrete che il risultato poi non è così insormontabile per dire che questo non è uno strumento di prova utilizzabile, in nessun serio processo civile. Era meglio quando facevano la tortura, allora. Magari un torturato, sia pure sotto i tormenti, poteva dire la verità. Perché, non ci poteva essere un torturato che dice la verità? E dirla in modo chiaro, consequenziale, logico, connesso. Questo vi dice melma, vi dice stupidaggini, vi dice banalità, vi dice cose da bar. Si parla tanto dei bar e magari si mette anche, si getta un'ombra tremenda, no, su un'intera comunità. Io questo non lo condivido affatto. Si fosse parlato di delitti mafiosi - scusatemi lo sfogo - di delitti mafiosi, va bene, di organizzazioni mafiose, di delatori, e allora veniva fuori, con tutto il rispetto per gli abitanti di Montelepre, che sono straordinari sicuramente, di antichissima civiltà, un ri ferimento, Dio sa la situazione omertosa di Montelepre, che è la patria del bandito Giuliano. Qui siamo nella valle del Machiavelli, o dove ha vissuto, dove ha scritto "Il Principe" Machiavelli, c'è la casa del Machiavelli a San Casciano, dove ha scritto "Il Principe" - nel faro di civiltà della Toscana e si getta il discredito su tutta \ma comunità, dicendo: 'eh, loro sapevano perché ne avevano parlato al bar'. E poi anche questa storia, ma Signori, ma io non posso credere. Ma che peccato abbiamo fatto per sentirci dire queste cose? Che il Pubblico Ministero creda veramente a quello che dice, quando dice: "Ne avevano parlato al bar Vanni..." no Vanni. "Ne avevano parlato al bar Lotti e Pucci che erano stati agli Scopeti." O quando mai? Quando mai il colpevole va, dopo il fatto - perché mi pare che lui si sia dichiarato colpevole, no? - va, dopo il fatto, nella immediatezza, a parlarne al bar. E lui si arrabbia con gli abitanti di San Casciano, o con i frequentatori del bar, che è la stessa cosa e dice: 'eh, lo sapevano tutti, avevano paura'. Qui c'è l'associazione a delinquere di stampo "merendistico", eh. Ma come si fa? Ma come si fa? Ne hanno parlato al bar. E da lì si inferisce, si chiama inferenza la deduzione logica: poiché ne hanno parlato al bar, ma l'abbiamo saputo solo 12 anni dopo, sono tutti degli omertosi, che non amano la verità. E si perde di vista la premessa del sillogismo. Ma come si fa a parlarne al bar di una cosa del genere? Ma chi ci crede? Al bar. Io posso capire: chiamo una persona. Al bar. Luogo pubblico. Contraddizioni. Beh, qui veramente si dovrebbe intitolare "palese falsità". Come fu uccisa la povera Pia Rontini a Vicchio. Dunque, la prima volta che si occupa di questo argomento, episodio omicidiario, come fu uccisa episodio centrale della ricostruzione del fatto. Non si può dire che le contraddizioni, gli aggiustamenti, le correzioni, o le falsità su questo aspetto - sempre seguendo l'insegnamento della costante Giurisprudenza della Suprema Corte e delle sue Sezioni Unite - sono elementi secondari, di contorno, in ordine ai quali è possibile concepire, ammettere e giustificare un errore, no? Come fu uccisa la Pia Rontini è il momento centrale dell'episodio. E quindi, su domanda del collega Santoni Franchetti, che chiede: "Cosa fa Pacciani? A chi spara per primo?" Tenete presente, ovviamente - voi avete presente, Signori della Corte - tutte le risultanze delle perizie medico-legali che sono acquisite agli atti, dei sopralluoghi, ce n'è più di uno: professor Maurri, professor De Fazio. Dunque, questo è l'estratto sulla causa della morte. No, no, io mi riferisco solo a come fu ucciso, non a tutta l'altra problematica che riguarda la Pia Rontini. Redatta dai dottori Mauro Maurri, su richiesta della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze: Mauro Maurri, Giovanni Marelli e Franco Marini. Dato certo, quindi, dato inconfutabile, incontrovertibile. C'è un cadavere, no? E quindi dice così: "Conclusioni. La Rontini venne attinta da due colpi d'arma da fuoco. Poi due colpi d'arma bianca, nonché venne mutilata." Eccetera, eccetera, eccetera. "Non vi fu alcuna possibilità di difesa..." "Venne attinta da due colpi d'arma da fuoco." Elementare, lo sanno tutti. Domanda al Lotti: "Come fu uccisa la Pia Rontini?" Chiede nell'incidente probatorio, volume II, la pagina qui non è stata messa; l'avvocato Santoni Franchetti. E' il volume II dell'incidente probatorio. "Cosa fa Pacciani? A chi spara per primo?” Lotti: "Bah, spara all'uomo." E qui ancora si può reggere, eh. Anche se in realtà le risultanze oggettive dicono diversamente, come voi ben sapete. Avvocato Santoni Franchetti: "L'uomo sparò anche alla donna, prima che il Vanni...", puntini, puntini. Lotti: "No." Non è che dice 'no, non l'ho visto, no so'. "No, sparò all'uomo e basta." Avvocato Santoni Franchetti, poverino, lui insiste: "E alla donna quand'è che ha sparato?" Perché noi sappiamo che - mi si scusi la reazione nervosa, puramente nervosa e di stanchezza - noi sappiamo che la signorina Pia Rontini morì, prima di tutto in conseguenza dei colpi di pistola e che i colpi di coltello inferti nella regione della gola di per sé non erano mortali, lo dicono le perizie medico-legali. Quindi il collega Santoni Franchetti insiste, dice: ma come è possibile che lino che dice che è stato e che ha visto, che ha partecipato facendo da palo, va bene, molto più di un testimone che magari era lontano, era... uno che ha partecipato, un correo, che preso da questa catartica piena del cuore, che vuole dire tutto, mi viene a dire una castroneria di questo calibro. Dice: "No, sparò all'uomo e basta". Sparò all'uomo e basta. Insiste il collega: "E alla donna quand'è che spara?" Addirittura la domanda è suggestiva, eh. Voglio dire, perché 'alla donna quando spararono', non dice 'ma alla donna spararono o no', doveva dire. Invece domanda: "Alla donna quando spararono?" Che presuppone - è una domanda retorica - presuppone 'spararono prima', 'spararono dopo', ma spararono. È una domanda che invita alla risposta: spararono. Sapete che risponde il Lotti: "No, la donna la portarono fuori." Domanda dell'avvocato Santoni Franchetti: "E alla donna quando spararono?" Risposta del Lotti: "No, la donna la portarono fuori." E l'avvocato Santoni Franchetti insiste con la domanda suggestiva e dice: "Ma insomma, le spararono dopo?" Tutte domande che presuppongono la risposta 'spararono'. Perché ha detto: "E alla donna quando spararono?" Poteva dire prima o dopo, ma doveva dire 'spararono'. Poi quando dice: "Alla donna spararono dopo?". Poteva dire si, no, ma sempre di sparare si sta parlando. Sapete cosa risponde il Lotti? "No, cominciò col coltello a tagliare." "No, cominciò col coltello a tagliare." E allora, il povero collega Santoni Franchetti, non sa più da che parte... E domanda: "Quindi lei non ricorda se spararono alla donna?" Lo sta aiutando, gli vuol venire incontro, del resto è un legale di parte civile. Dice, ma buttiamola sul non ricordo, no? Quando uno le dice proprio grosse, ma via, su, di' che non te lo ricordi, così ci lasci un po' di materia anche a noi, per mettere la pezza che è peggio del buco. Ma notate la dialettica, sono sicuramente più avvezzi ovviamente i Giudici togati a questo tipo di dialettica. Queste sono le classiche domande da controinterrogatorìo, da controesame, sono le classiche domande suggestive, che sono ammesse solo nel controesame. Sono domande suggestive, che in gualche modo suggeriscono la risposta. Vietatissime nell'esame diretto, ovviamente, perché si inquina, no, si inquina la prova. E questo non sa più come fare, dice: "Ma gli spararono dopo?" "No" - dice - "cominciò col coltello a tagliare." Cioè la prese lui secondo... il "vicemostro". Che poi il "vicemostro", vero... uno che dice usava il coltello. E allora dice Santoni Franchetti: "Quindi lei non ricorda se spararono alla donna?" Cioè, gli dà proprio l'estrema unzione, no? Dice, va be', dimmi che non te lo ricordi. Pagine 29 e 30. Ecco, ci sono le pagine. Dice, allora, pagina 29 e 30, del volume II dell'incidente probatorio, dice: "Quindi lei non ricorda se spararono alla donna?" E sapete qual è la risposta, Signori? Cioè, proprio non l'ha colta questa. "No, alla donna no. No." Tre no. "No, alla donna no. No." "No, alla donna no. No." Io che devo dire? Che si dice in questi casi? Si dice che questa è una bugia, con molta serenità, senza arrabbiarsi, senza... Anzi, questo dovrebbe tenerci più tranquilli, no, Vanni? Si dice che questa una gigantesca bugia su un punto decisivo della causa e che chi dice le bugie è un bugiardo, e la gente non si manda in galera perché ci sono i bugiardi. Sono i bugiardi che devono andare in galera, è diverso. E non tenuti lì come i pulcini della stoppia. In galera devono andare. 

venerdì 18 settembre 2015

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 3 marzo 1998 - Diciassettesima parte

Segue dalla sedicesima parte.

Avvocato Mazzeo: Io vado avanti quanto vuole, Presidente.
Presidente: ... vada avanti.
Avvocato Mazzeo: Benissimo, la ringrazio. Capitolo contraddizioni: Vicchio, sopralluoghi. Domanda quante volte e con chi Lotti è stato nella piazzola di Vicchio prima dell'omicidio. E questo, Signori della Corte, non può passare come una contraddizione secondaria, perché è correlata alla versione del Lotti in ordine, con riferimento alla via di fuga dopo l'omicidio, di cui diffusamente parlerà il collega dopo di me. Io mi limito a riferire alcune osservazioni del Lotti. Anche qui si possono apprezzare i successivi aggiustamenti, diciamo così, propedeutici alla sua versione, che in sé e per sé — e lo dico forse per l'ennesima volta e chiedo scusa della ripetizione - non può significare proprio un bel niente. Né sotto un profilo di riscontro oggettivo, perché come dirò quando si arriverà alla disamina dei riscontri oggettivi, il riscontro oggettivo deve essere un elemento di fatto esterno - esterno - al dichiarante, che ne corrobora la credibilità. Quindi il Lotti che, sul posto, dopo che ha cominciato a fare le sue dichiarazioni, va lì e dice: 'si, allora, dunque, questa è la piazzola' -lo sappiamo tutti - 'siamo andati via per questa strada', è una cosa che è priva di qualunque significato e priva di qualunque rilevanza. Che doveva dire? Che sono andati via volando con l'elicottero? Non ho capito. E' chiaro che sono andati via, no, percorrendo una strada. 
(voce fuori microfono)
Avvocato Mazzeo: Quello che è. È ovvio, no? Non poteva mica dire: 'siamo andati via perché siamo stati rapiti dagli angeli, o dai demoni', non so. Quindi, voglio dire, queste cosiddette ricostruzioni di luoghi, non hanno nessun significato sotto il profilo dei riscontri oggettivi. Tant'è vero che lo dice anche, guarda un po', la Corte Suprema di Cassazione. E questa è una parentesi che apro. Da un lato Cassazione 19 febbraio 1990, Pesce. In Cassazione penale '91, 2, numero 14: "Se da un lato, il riscontro non deve necessariamente concernere il tema decidendum" - l'oggetto della decisione - "in guanto esso deve valere solo a confermare da fuori 'ab estrinseco'" - da fuori, quindi da fuori del Lotti -"l'attendibilità del chiamante, dall'altro però il riscontro deve centrare fatti che riguardino direttamente la persona dell'accusato." Vi ho detto prima: nessuno ha detto 'ho visto in quella macchina Vanni'. Se poi lo hanno visto cinque giorni prima o 10 giorni dopo al bar, va be', allora tutti quelli che sono andati al bar cinque giorni prima o 10 giorni dopo sono possibili sospetti. Vi ricordate l'indizio riscontrato della sentenza Bozano? Non hanno detto i testimoni: 'io ho visto Bozano cinque giorni prima vicino alla scuola svizzera'. Intanto hanno detto: 'io ho visto Bozano', e qui nessuno dice 'io ho visto Vanni. E poi hanno detto: 'io ho visto Bozano alle cinque del pomeriggio, davanti alla scuola svizzera', ora del rapimento. Quindi, il riscontro oggettivo - guelli che vi gabellano per riscontri oggettivi - deve centrare fatti che riguardino direttamente la persona dell'accusato, in relazione allo specifico fatto che gli viene addebitato. E poi dice: "L'oggetto della conferma dell'attendibilità” - il riscontro - "deve essere individuato in quei dati storici..." non chiacchiere o caroselli di macchine, in un paese che c'ha 20 milioni di macchine e in una zona geografica che è fra le più frequentate del mondo. Avesse detto 'nel deserto di Gobi ho visto due macchine'. "L'oggetto della conferma dell'attendibilità deve essere individuato in quei dati storici che attengono alla responsabilità del chiamato in correità e non già a quelli che risultino di mero contorno, descrittivo di luoghi o di persone". Quindi, i riferimenti del... E questa è, dunque, Cassazione Sezione II. II, non è la I, II. 7 febbraio '91, Vannini. In Cassazione Penale '92, numero 998, ripresa anche da stesso Massima e anche del Tribunale di Roma, 7 novembre '89, Canzulli. Allora, i riferimenti che risultino di mero contorno descrittivo di luoghi o di persone, sono acqua fresca. Cioè, vanno giù senza lasciare traccia. Non sono riscontri oggettivi, Signori della Corte, capito? Cioè, se voi continuate a ritenere, semmai riterreste - uso un'ipotetica di terzo grado -riscontri oggettivi cose di questo genere, voi fareste una sentenza errata. E non perché ve lo dice il sottoscritto che non conta nulla. Perché il riscontro oggettivo è una cosa seria. Il riscontro oggettivo non è il Lotti che dice: 'la fontana... e c'era più o meno acqua nel torrente 11 anni fa'. Quella semmai è la prova del fatto. Quella è la prova provata del fatto che lui non c'era, se proprio vogliamo dirla tutta. Esattamente l'opposto. Quella è il riscontro oggettivo della non presenza del Lotti 11 anni prima, per le ragioni che sappiamo, che vi ho spiegato prima. Uno che va in un posto alle 11 di sera, che ora era non lo so, buio di sicuro, con la sua macchina segue un'altra macchina davanti che, per sua stessa ammissione, solleva un tale polverone su queste strade secondarie che appena appena lui vedeva le luci di posizione della macchina che lo precedeva. Ma come fa a dire che c'era più o meno acqua, ovvia! Questa è un'offesa alla vostra intelligenza. Qui ci si prende gioco di voi. E poi i contorni descrittivi: la casa, che non è una colonica, ma è una casa in costruzione. Stessa cosa, non valgono niente. Sono moneta falsa. E noi siamo persone adulte, invece e, a Dio piacendo, non siamo oligofrenici e abbiamo molto spiccato il senso, anche, del ridicolo e dell'assurdo ridicolo e abbiamo un cervello che lavora e non ci facciamo gabellare. Allora, sopralluoghi di Vicchio. È stato chiesto al Lotti: "Quante volte e con chi lei è stato nella piazzola di Vicchio prima dell'omicidio?" E lui dice. Allora, incidente probatorio, volume I, pagina 52. "Con la Filippa Nicoletti, che conosceva guella piazzola", la Filippa. Poi, incidente probatorio, volume I, pagina 55. "Con il Pucci", vide per la prima volta la Panda celeste. Incidente probatorio, volume I, pagina 55, idem: "Con il Vanni". Inseguimento della coppia fino al bar di Vicchio. Nell'incidente probatorio, volume I, a pagina 65, a domanda dice: "No, no, da solo proprio no." Ecco, io a Vicchio, sopralluoghi da solo, o comunque visite a Vicchio da solo proprio no. "Da solo proprio no, non ne ho mai fatte." Poi comincia a dire, all'udienza dibattimentale. Anche qui, guardate gli aggiustamenti, eh. Guardate la progressione della teoria dell'accusa. Fascicolo 54, udienza 28/11, pagina 38. Dice: "Sì" - invece, da solo - "sì, sì, una volta sono andato da solo." Guarda, eh. Dice: "Questa era un'iniziativa mia", eh, lo spiega. "Un c'era altri con me." "L'ha già detto." "Sì, da solo. Era un'iniziativa mia. Non c'era..." "Abbiamo capito, Lotti, che c'è andato da solo." Quante volte... “Ero da me solo" - continua - "ero da me solo." "Sì, questa era un'iniziativa mia, un c'era altri con me, ero da me solo." Pagina 38, udienza 28/11, fascicolo 54. Domanda, all'udienza del 27/11, fascicolo 53, pagina 62: "E Vanni e Pacciani sono andati a fare un sopralluogo lì, prima dell 'omicidio, che lei sappia?" Allora, il 27/11, fascicolo 53, pagina 62, risponde : "Un lo so. Un m'hanno detto niente, un son sicuro." Invece il giorno dopo, guarda un po', il giorno, il 28/11, fascicolo 54, il giorno dopo, eh. Perché poi, voglio dire, uno dice va be', sei mesi dopo. 
Avvocato Filastò: (voce fuori microfono)
Avvocato Mazzeo: Si capisce sì. Dice... Ora ci arrivo. Il giorno dopo dice, per divinazione, per intuizione, forse non è tanto oligofrenico poverino, non lo so io. Però dice: "Sì, sì, Vanni col Pacciani c'è andato." E secondo voi, Signori della Corte, perché il giorno dopo vi dice questo, forza? Il mio è sempre un dialogo muto, quello del difensore, con la Corte, no? Un dialogo muto. Lui doveva dire così, perché sennò come faceva a spiegare che Pacciani conosceva la strada e la via di fuga - davanti c'era la macchina del Pacciani e dietro c'era lui - se prima ha sempre detto che sopralluoghi Pacciani e Vanni non ne hanno mai fatti? Ha capito lo sfondone, ha capito per divinazione lo sfondone e subito la pezza. Ma come dice quel proverbio e come dice la Cassazione... 
Avvocato Filastò: "Peso el taccon del buso."
Avvocato Mazzeo: "Peso el taccon del buso". È peggio è la toppa del buco, oh bellissimo. L'avvocato Filastò ha ascendenze venete, forse. 
Avvocato Filastò: No
Avvocato Mazzeo: È peggio la toppa del buco. Dice: 'no, ma guardi ieri mi sono sbagliato. Quelli, io poveri cada...', non dice neanche i poveri cadaveri, i ragazzi erano dietro. Ci ha detto davanti. Sui proiettili non se l'è sentita. Non l'ha notato. Qui dice la stessa cosa, no. Dice: "No, guardate, ieri mi sono sbagliato. No, no, l'hanno fatto il sopralluogo." "Come sarebbe a dire?" "Eh, certo che l'hanno fatto il sopralluogo, sennò come facevano a scappare dopo.” 'Io dovevo essere davanti a loro e io dovevo fargli da guida per andare e per scappare, perché l'ho cinque volte prima, cinque, che io ci sono andato: con la Filippa Nicoletti, con il Pucci, con il Vanni', poi dice da solo no e poi dice 'no, no, anche da solo, ci sono andato anche da solo'. Chi è che conosceva il posto? Lui lo conosceva. Allora lui non doveva seguire il Pacciani e lui doveva essere la guida del Pacciani. Allora, siccome questa cosa non sta né in cielo, né in terra, il giorno dopo... ma neanche alla prima elementare, ma che abbiamo fatto di male, signori, per berci questa roba. La mattina dopo... neanche la prima elementare, neanche nella prima si sentono queste fandonie. E dice: E no, no, fermi tutti, c'era stati. Sì, perché sennò come facevano a scappare e io a seguire loro?' Falsità obiettiva: bugia, bugiardo. Bugiardo! Siamo sempre a Vicchio, signor Presidente. E la voce dell’avvocato comincia ad affievolirsi, le gambe cominciano ad anchilosarsi, comincio ad avere un leggero calo di zuccheri e chiedo pietà alla Corte. Comunque... Questa è una contraddizione, che può essere spiegata umanamente con una, come dire, con una difficoltà spazio-temporale dovuta alle limitate capacità intellettive del dichiarante. Ma che però è sintomatica, perché lo rende comunque poco attendibile e quindi in quel giudizio di attendibilità, che si riferisce alla personalità del dichiarante, devono entrarci le contraddizioni di questo genere che sto per dire. Perché dice: uno che commette contraddizioni, che incorre in contraddizioni di questo genere, è una persona che bisogna prendere con le molle, è una persona che bisogna studiare a fondo.