giovedì 14 maggio 2015

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 19 febbraio 1998 - Terza parte

Segue dalla seconda parte

P.M.: Ma nei casi di confessione - e sto parlando per ora ancora in astratto, ovviamente, per facilitare poi l'introduzione degli argomenti successivi - può esserci una situazione ancora più delicata, ancora più complessa. Nel senso che, colui che confessa può fare la cosiddetta chiamata di correo. Può dire: c'ero io, ho fatto questo, ma c'era anche un altro, o altri. Eh, capite allora che in questo caso la verifica di cui si parlava, è una verifica che deve essere ancora più attenta, scrupolosa, perché nei casi di chiamata di correo non c'è solo da essere guardinghi per le responsabilità dell'autore, ma anche del chiamato. Eh, allora qui, questa verifica per vedere le ragioni che hanno indotto chi ha confessato a proclamarsi autore, eh, bisogna vedere se ci sono ragioni per le quali qualcuno ha fatto la chiamata di correo. Capite che dire: c'ero e c'era lui, è già un elemento molto forte rispetto a quello 'c'era lui e io no', su questo è pacifico. Però, anche nei casi di chiamata di correo, oltre la confessione, è chiaro che noi tutti, prima nel corso delle indagini e voi nel corso del dibattimento, e oggi al momento della decisione, dovete tenere presente benissimo queste emergenze, le caratteristiche di questi processi, la necessità di impostare il vostro lavoro e la vostra decisione su questi presupposti metodologici. Eh, allora forse, una volta visto che è necessario vedere i motivi per cui qualcuno ha confessato e in più ha fatto la chiamata di correo, la prima verifica che bisognerà fare, preliminare, è quella di verificare la capacità intellettuale, la capacità cosiddetta di intendere e di volere del chiamante, di quello che confessa, del teste. È un'operazione preliminare, perché è quella che ci mette un attimo con le spalle coperte, prima ancora di vedere cosa ha detto. E' questo ultimo, che io ho appena descritto, in astratto, un processo in cui c'è un confesso e un teste che raccontano la verità. Un processo che tutti vorremmo celebrare, perché, dicevo, è il processo più semplice, perché io non devo fare altro che stare a sentire e poi soltanto valutare. Non devo cercare di capire cose lontane, difficili. No, è tutta lì la ricostruzione, io devo solo vedere se le persone sono credibili. E tutto questo, il nostro ordinamento, prevede che venga fatto nel contraddittorio delle parti, no, come è successo. Cosa abbiamo fatto in questi mesi? Abbiamo fatto proprio questo. Abbiamo cercato, nel dibattimento, di fare questa valutazione. Presenti tutte le parti: ognuno ha la possibilità di incidere sulla formazione della prova. E, in un dibattimento come questo, che, ripeto, stiamo analizzando in astratto, ancora non siamo assolutamente al caso concreto. Ci arriviamo, ma è importante, per poi capire gli elementi veramente acquisiti, può accadere che la prova che il P.M. intendeva fornire è venuta meno, può succedere, perbacco. Cosa potrebbe succedere? Che la confessione venga ritrattata. Per carità, è una cosa possibilissima, no? E ' un confesso, poi arriva in dibattimento... per carità. Vi spiega il perché: ha mal confessato. Può un teste, un teste fondamentale, che non si presenta, o che dice 'no, le cose non sono così'. Un imputato, uno degli autori può presentare un alibi, un alibi di ferro, in cui vi dice, eh, hai voglia la confessione, ma io quel giorno ero da un'altra parte, eccovi il documento. Può essere che la difesa vi presenta dei documenti inoppugnabili, oggettivi, per dimostrare che la ricostruzione, nonostante la confessione e la testimonianza, è completamente non credibile. Può succedere. Quindi anche questa è una possibilità. Può darsi che, nel corso del dibattimento, nel contraddittorio, si riesca a vedere i fatti come se svolti in modo completamente diverso. Può avvenire - e questo è avvenuto invece nel nostro processo - che il materiale, che era stato raccolto nel corso delle indagini, nel dibattimento si arricchisca. Non solo diventa prova piena, ma nel contraddittorio si arricchisce di nuovi elementi e prende corpo nel modo in cui si era presentato nel corso delle indagini. Confessione confermata, testi che si presentano, che confermano, documenti a riprova. E questa è la situazione ideale. Signori, io credo di non sbagliare nel presentare a voi gli elementi di questo processo sotto questa ottica. Perché il processo, a carico degli odierni imputati, è un processo che ha avuto questo sviluppo: il dibattimento ha consentito innanzitutto di precisare interamente i fatti, così come sono stati contestati. Ha consentito di precisare le esatte responsabilità di ciascuno degli imputati; ma soprattutto questo dibattimento ha permesso di acquisire e di presentare oggi a voi per la decisione, un materiale più che sufficiente, direi abbondante, di provenienza certa e sicura, che vi permette oggi una decisione, qualunque essa sia, serena e tranquilla. Sarà una decisione che vi consentirà, in un caso grave come questo, di decidere sulla base di elementi certi, sicuri, provati nel corso delle indagini, confermati e arricchiti nel corso del dibattimento. Non ci sono - lo sapete - stati alibi infallibili, forniti da nessuno degli imputati. Tutti i testi, tutti, tutti quelli indicati dall'accusa, si sono presentati. Vedremo cosa hanno detto fra un po'. Addirittura - lo sapete - nel corso del dibattimento sono state acquisite ulteriori testimonianze, su fatti apparentemente marginali, però ulteriori testimonianze perfettamente in linea con quello che era emerso nel corso delle indagini. Vedremo dettagliatamente anche questo, ma sono venuti testi in quest'aula che non solo hanno aggiunto circostanze nuove, hanno precisato i fatti, ma hanno fornito elementi che l'indagine non era riuscita a ottenere. Per questo dico che il lavoro delle parti e quello vostro è un lavoro sicuramente tranquillo, non c'è e non ci può essere nessuna indecisione perché gli elementi ci sono tutti. Vorrei continuare un attimo nelle premesse, perché poi è sempre più facile, quando siamo davanti ai dati certi che io sottoporrò alla vostra attenzione, capirsi. Vorrei ripercorrere un attimo con voi quello che è emerso nel corso dell'istruttoria in merito all'origine del processo. Perché è importante, per valutare, come ci si è arrivati. Eh, oramai è di tutta evidenza che siamo arrivati a una situazione che ha passato le tre fasi di cui dicevo. Se le tre fasi di cui abbiamo parlato in astratto sono quelle: indagini a carico di ignoti, indagini con autore noto ma processo indiziario e indagini autore noto e processo a prova diretta. Vedete che in questo... per questi fatti, i cosiddetti delitti ai danni di giovani coppie, i cosiddetti delitti de "il mostro di Firenze", oramai è un termine fortunatamente superato, almeno con questa parola "mostro". Abbiamo percorso proprio queste fasi e c'è un perché. Ma il capire il perché abbiamo attraversato queste tre fasi è, secondo me, molto importante. Perché c'è stata una fase che - è noto a tutti, ricordiamocelo, lo sappiamo, non lo neghiamo, vogliamo che tutti lo abbiamo ben presente, lo sanno purtroppo le parti offese - in cui si brancolava nel buio: autore o autori completamente ignoti. Erano le indagini sbagliate, sicuramente. Sono indagini che hanno attraversato un arco di tempo lunghissimo. Forse gli apporti della scienza, che erano stati forse chiesti impropriamente, non sono stati, come vedremo poi, in concreto perfetti, tali da aiutare l'indagine. È chiaro che la fase dell'autore ignoto è stata lunghissima, altro che immediata, come si poteva auspicare. Quindi questo è un processo che, è un'indagine che è andata avanti a tappe, finché siamo arrivati - lo sappiamo, lo ripeto, ma è bene capire come ci siamo arrivati, per far vedere che è sicuramente un'indagine che così lunga e particolareggiata ha prodotto una verità - siamo arrivati a quel processo che, a questo punto, sembra intermedio, qualcosa del genere, se mi consentite il termine, un processo a carico di un autore, nel '94, a carico di Pietro Pacciani. Un processo caratteristico perché era proprio un processo a prova indiretta, un processo che ora sapete in fase di Appello, in cui la Corte di Cassazione è intervenuta annullando una sentenza, dicendo che gli indizi di quel processo, gli indizi che voi avete capito che cosa erano quelle prove indirette, sono oggi, ha riconosciuto la Corte di Cassazione, in una fase in cui è possibile ottenere qualcosa di più. E quindi in quel processo dovranno essere tenuti davanti... di fronte anche questi elementi. Quindi questo andare per gradi ci tranquillizza, perché non è un qualcosa che è uscito dal cappello dell'investigatore che ha detto una mattina: ecco qua, questa è la verità. No, ci siamo arrivati per tappe, lentissime, verifiche, contro-verifiche. E come è nata questa individuazione lenta delle responsabilità? Eh, perché in quel primo dibattimento si è individuato che c'erano la possibilità di identificare dei testi, che si presentarono spontaneamente, per tutti il Nesi Lorenzo. Il quale disse: ma no, io quella sera altro che il Pacciani da solo, io l'ho visto insieme a un'altra persona. Ecco che, l'elemento di novità. E come mai si è dovuto attendere ancora tempo e lo stiamo ancora cercando di costruire? Perché evidentemente sono dati eccezionali questi, c'è poco da fare. Lo sapete, lo vedete dalle imputazioni, lo sapete per conoscenze esterne, che è ovvio, lo abbiamo visto nel corso delle udienze: coloro che devono raccontare qualcosa, coloro che devono testimoniare, hanno un timore, hanno qualcosa, hanno qualche difficoltà, diffidenza, paura a raccontare. E quindi questa verità è venuta pezzetto dopo pezzetto. Però da quel dibattimento è emerso quel dato che ci ha portato oggi davanti a voi. Cioè quell'autore, così identificato e questo processo ci ha dato elementi ulteriori a suo carico, Pacciani Pietro, quell'autore quella sera non era solo. La sera, quantomeno del delitto di Scopeti del 1985, già in quel processo a Pacciani ci siamo accorti che non era solo. E quindi occorreva andare avanti. Fa bene ricordarselo questo, lo sappiamo, ma ridircelo tutti fa comodo ed è opportuno nel momento in cui dobbiamo valutare certe posizioni e certi fatti. Perché, cosa è successo? Punto fondamentale di quel dibattimento. E' venuto molto chiaro, chiarissimo, che non ci trovavamo più, assolutamente, non c'eravamo mai trovati, avevamo sbagliato tutti, davanti a un serial killer. Non era "il mostro di Firenze" unico, imprendibile, genio del male che si era dipinto, persona al di sopra di ogni sospetto, super-uomo, malato o non malato, psicotico, psicopatico. No, quella era un'impostazione - lo hanno detto dei Giudici, non l'ha detto colui che aveva indagato, non lo hanno detto gli investigatori -era un'impostazione sbagliata. Ci trovavamo, per questi fatti, per parte di questi fatti che sono oggetto delle imputazioni contestate agli imputati, non di fronte a "mostro", ma a degli uomini normali. È - era ed è, perché il dibattimento cui noi abbiamo quotidianamente assistito l'ha confermato - è una vicenda con contorni molto più terreni, altro che "mostri" altro che serial killer, provinciali, di campagna, di vita contadina, triste, che noi abbiamo, con difficoltà, cercato di investigare. E, lo sappiamo, il merito di questo va in buona parte a dei Giudici, ai Giudici come voi, di una Corte di Assise. A quella Corte di Assise che quattro anni fa, con l'autorità di Giudice, valutando quei fatti, ha maturato questa convinzione molto forte, che non ci trovavamo di fronte a un serial killer, ma a condotte di più persone. Che sia stata acquisita quella sentenza o no, non ha importanza, non è questo, perché è nel dibattimento nostro che è emerso. Perché è emerso chiaramente che la notte dell'85 Pietro Pacciani non era solo. La Corte di Assise parlava che in quel dibattimento era emerso un complice in posizione subalterna. L'abbiamo visto noi come stanno effettivamente le cose e quindi, facendo una cronistoria, sia pur breve, per capire perché siamo poi arrivati a questo, è chiaro che l'indagine è continuata. È nata questa nuova indagine e questo secondo dibattimento che, in sostanza, è indirettamente legato al primo e in buona parte per gli stessi fatti.ù

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