mercoledì 13 maggio 2015

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 19 febbraio 1998 - Seconda parte

Segue dalla prima parte

Presidente: Allora, Pubblico Ministero, a lei la parola.
P.M.: Grazie, Presidente. Presidente, signori Giudici, è noto a tutti e non solo a voi Giudici, ma anche ai non addetti ai lavori, che, in genere, quando viene commesso un omicidio, non è assolutamente impresa facile individuare l'autore o gli autori. Se la Polizia Giudiziaria vi riesce, vi è poi la necessità di acquisire prove certe. Se viene individuato l'ambiente in cui è maturato il crimine, è spesso difficile, come tutti sappiamo, trovare delle prove idonee ad ottenere una pronuncia di condanna. A sostenere, come si dice, l'accusa in giudizio. È altro principio di ogni ordinamento civile che, quando rimane comunque un margine di dubbio sulla responsabilità, prevale sempre il principio di innocenza, il principio di non colpevolezza. Ma per potere arrivare a un processo, come abbiamo fatto, nel caso che voi esaminate oggi e che avete esaminato in questi lunghi mesi, occorre prima fare delle indagini; e tanto più è facile arrivare a un processo giusto, voi lo sapete, quanto le indagini della Polizia Giudiziaria, le indagini del P.M. , sono accurate, minuziose, complete, ampie. Quando poi, dopo queste indagini, c'è stato il di un primo - Giudice, questo è il nostro ordinamento, che ha valutato gli elementi acquisiti. Cioè il Giudice dell'udienza preliminare. Che, con la sua autorità e indipendenza di Giudice, valuta se è il caso, se ci sono elementi, se ci sono indizi, per andare davanti alla Corte d'assise. E quindi teniamo presente che, è ovvio, ma lo. ricordo ai Giudici popolari, che non saremmo arrivati alla discussione in un dibattimento come questo, se prima non si fossero superate queste fasi. Superate positivamente. Però non è sempre così, lo sappiamo. Spesso, spessissimo, anzi, nella maggior parte dei casi dei delitti di omicidio, o in buona parte dei casi, è inutile negarlo, al termine delle indagini gli autori rimangono ignoti. È lo stesso P.M. che decide, valuta, che non è possibile celebrare un dibattimento, che non ci sono elementi per sostenere l'accusa in giudizio. È purtroppo, nei casi di omicidio, una ipotesi non rara. Se si guardano le statistiche, così, tanto per capire come mai siamo qua e in che modo ci siamo arrivati, vediamo che i processi per ignoti, omicidi nei quali non siamo riusciti ad individuare gli autori, sono moltissimi. Addirittura, nel 60 per cento dei casi dei delitti di omicidio, l'autore non viene individuato. E le statistiche ufficiali, tanto per avere un'idea, nel 1996 ci dicono che su 2842 casi di omicidio, sono 1741 ignoti: cioè circa due terzi ignoti. Capite voi quale è il tormento delle parti offese, quanto è difficile una constatazione per le parti offese, ottenere giustizia. Vi è poi un'altra considerazione da fare per capire il nostro processo. In genere, perché questo è un processo particolare? Perché in genere è più facile individuare gli autori nell'immediatezza del fatto, lo sappiamo tutti. Nei giorni immediatamente successivi, se non è possibile proprio il giorno stesso, è più facile, è più sicuro individuare la verità e gli autori. È strettamente legato, questo problema, alla celerità delle indagini, a quello del tipo di prova. Perché se ci sono - lo sappiamo tutti -testimoni oculari, se c'è - rarissimo - un arresto in flagranza nel caso di omicidio, se l'assassino o gli assassini lasciano una impronta chiara, certa, sul luogo del fatto, facilissimo individuare l'omicidio. Ma spessissimo la prova non è così immediata e le indagini sono lunghissime. Sono indagini lunghe, perché acquisire la prova quando non ci sono quelle situazioni di-immediatezza a cui accennavo, ottenere la prova è una situazione lenta, che matura nel tempo. E questo è ancor più vero in un certo tipo di delitti di omicidio: quelli a sfondo sessuale. È una constatazione, sto facendo delle constatazioni esclusivamente per entrare, per capire che tipo di processo è questo e che tipo di prova è stata offerta alla Corte. È nei casi in cui si procede ad indagini per delitti sessuali - penso a quelli ai danni di prostitute, ai danni di omosessuali - la possibilità di individuare gli autori è veramente remota. Ma c'è una situazione intermedia, cioè quella in cui si acquisisce una prova col tempo che è la cosiddetta prova indiretta, non la prova certa, la prova sicura, diretta. C'è una prova indiretta. E si celebrano i cosiddetti processi indiziari. Spesso nei casi dì omicidio, il processo è indiziario. Cioè, ci si trova di fronte, quando il Giudice è a valutare gli elementi, non a prove certe, ma a indizi raccolti nel tempo. Cioè, per capire - ovviamente mi rivolgo ai Giudici popolari in primo luogo - è la prova indiretta, cioè il fatto, la prova di una determinata circostanza non è diretta, ma si ricava da altre circostanze provate. È stata trovata una certa pistola in mano a una persona; e da quella pistola, siccome è la pistola del delitto, si pensa che possa essere, si deve provare se l'ha avuta solo quel determinato autore... Cioè, tutti elementi indiretti che il nostro Codice fa assurgere a prova quando, dice il Codice, sono univoci, numerosi e concordanti. Ovviamente capite che, quando il processo è indiziario, quando la prova è indiretta, il compito del Giudice è sicuramente più difficile. Perché deve valutare questi elementi senza avere la certezza; deve fare dei passaggi logici, il Giudice. Ma c'è una terza possibilità: è quella in cui vi trovate voi oggi in questo processo. C'è un processo in cui la prova è, dico io, fortunatamente da valutare; ma è una prova diretta. Sono casi più rari questi. Dico, prova diretta perché sono quei processi in cui c'è qualcuno che dice: io ero presente, ho visto, vi racconto com'è andata, sono un testimone oculare. Vi dico io come sono andate le cose. Non dovete fare dei ragionamenti per capire, per dedurre. L'ho visto io, ve lo racconto. Oppure, meglio ancora, quei processi in cui qualcuno si confessa autore di fatti. Questi sono i processi a cui un P.M., ma anche i Giudici, preferiscono trovarsi davanti. È una constatazione più ovvia. Più ovvia non la potrei fare. Però è bene, per poi valutare tutto ciò che abbiamo visto in quest'aula, avere davanti questo quadro di possibilità. Quindi, dicevo, nel normale accadimento del lavoro, in questo caso delle Corti di Assise, è raro, più raro, trovarsi davanti a una confessione, a uno degli imputati che ammette le proprie responsabilità. In cui spiega il perché; un autore che dà una spiegazione esauriente di come sono andati i fatti. È chiaro anche qui che è più facile avere e ottenere una confessione nei reati in cui, più semplici, il cui movente è semplice. Nei reati a sfondo familiare, economico, fra marito-moglie, un omicidio dovuto a motivi economici. Qui è semplicissimo, con le indagini, arrivare a una confessione. Più difficile la confessione nei casi in cui il movente è più complesso. Poi c'è un altro elemento da tenere presente in questa possibilità che ha davanti a sé una Corte di Assise: di trovarsi davanti a elementi di un tipo o di un altro. Anche quando c'è confessione, le confessioni non sono tutte uguali. A volte è una confessione spontanea. L'autore si presenta agli investigatori, naturalmente, dice: sono stato io, ho fatto questo. Cioè, una confessione nella quale è l'autore che si presenta e spiega come sono andati i fatti. E quindi l'indagine, il compito degli investigatori e del P.M. è quello - e del Giudice poi - di verificare, dopo la confessione, a posteriori, se dice la verità e se ci sono elementi per crederlo. Ma c'è la possibilità esattamente inversa. Cioè, sono le indagini che vanno avanti, minuziose, particolari; c'è acquisizione di elementi oggettivi da parte della Polizia Giudiziaria, c'è contestazione di questi elementi al presunto autore. E quindi confessione. Cioè, la situazione inversa; una confessione che avviene dopo che gli autori hanno acquisito elementi. Eh, qui allora, sia le indagini, che il compito del Giudice, di valutazione, ovviamente. Perché, a questo punto, è un compito di valutazione, è più semplice, perché abbiamo elementi oggettivi sulla base dei quali l'autore ha confessato. Dicevo, è più semplice rispetto all'altro caso. Perché ci sono due situazioni. Una, oggettiva: ricostruzione dei fatti. Una, individuazione dell'autore e l'autore che ammette. Capite che è una situazione ben delineata davanti al Giudice, perché il Giudice ha due elementi già pronti: una ricostruzione oggettiva e un autore che dice 'sì, le cose sono andate così'. È ovviamente una situazione semplice per il Giudice, ma altamente delicata. Perché l'operazione non è quella di ricostruire i fatti, ma è quella, si sposta, tutta di verifica, è una operazione di verifica della credibilità di colui che confessa, che ammette. Quindi si sposta su un problema di valutazione della credibilità, che può essere credibilità di colui che ha confessato; credibilità di eventuali testimoni che hanno detto: noi ci eravamo, le cose sono andate così. Capite che, con un quadro di questo tipo, noi - è ovvio - abbiamo già individuato che nel nostro processo siamo già partiti in una situazione, a mio avviso, per il Giudice facilitata. Perché il Giudice si è trovato, e voi, come coloro che hanno indagato, come il P.M., davanti ad una situazione in cui ci sono degli elementi di prova diretta molto forti. Quindi noi oggi siamo in una situazione in cui dobbiamo solo verificare con calma, con attenzione, quello che ci è stato raccontato per vedere se è la verità. Non dobbiamo affannarci a costruire, dedurre, vedere, capire. No, la situazione è chiara, è oggettivamente chiara. Dobbiamo solo verificarla, riscontrarla. Allora, se la situazione è di questo tipo, quando c'è una confessione, quando ci sono dei testimoni oculari, la prima cosa da fare nell'operazione di verifica è quella di verificare in primo luogo i motivi per i quali, colui che si professa autore, ha ammesso le sue responsabilità. Perché dobbiamo verificare. Ci potrebbe essere in astratto un interesse a mentire, un interesse a raccontare cose false. Ecco il vostro compito di verifica. Ci può essere la necessità di verificare se un teste che dice qualcosa sbaglia, o mente anche il teste, o dice cose non vere. Ci può essere ancora una possibilità che noi Giudici, voi Giudici dovete tener ben presente: ci può essere il teste, o l'autore che confessa, il quale è stato indotto da qualcuno - può essere benissimo, è una verifica che nel nostro caso dobbiamo fare - da qualcuno, a raccontare cose non vere. Oppure può essere indotto, anziché da qualcuno, da circostanze obiettive che lo hanno costretto a raccontare cose non vere. Noi questo lavoro abbiamo fatto nel nostro dibattimento. Abbiamo verificato questo e oggi siamo nella fase in cui dobbiamo controllare come sono andate queste cose, perché il nostro è un processo di questo tipo. 

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