venerdì 15 maggio 2015

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 19 febbraio 1998 - Quarta parte

Segue dalla terza parte

P.M.: Ecco, però, per valutare le prove che oggi abbiamo portato in quest'aula, bisogna vedere che cosa si è fatto per acquisirle queste prove. Avevamo questa indicazione: Pietro Pacciani non era solo quella notte, aveva un complice. E noi si è ricominciato da capo, onestamente. Si è cominciato da capo per vedere come stavano le cose, in un'ottica investigativa completamente diversa, basata su fatti, su dati oggettivi, non su impostazioni: "mostro", serial killer. Si è cominciato di nuovo e poi vi è stato descritto qua, dal dirigente della Squadra Mobile di Firenze, dottor Giuttari, come si è proceduto. Con una prova tradizionale, minuziosa ricerca, quotidiana, degli elementi. Non assolutamente tesi precostituite. E cosa ha fatto la Polizia Giudiziaria? Eh, ve l'ha descritto, in primo luogo, quella testimonianza, secondo me fondamentale, fatta all'inizio di questo processo, dal dirigente della Squadra Mobile, appunto. Il quale vi ha riferito come stavano le cose, quali erano gli elementi. Vi ha riferito - cito le sue parole, perché sono fatti oggettivi - dice: Leggendo e analizzando gli atti di Polizia Giudiziaria, esistenti a quel momento, al 1995, quando era stata pronunciata quella sentenza, ho constatato che, tra gli atti che c'erano, vi erano numerose testimonianze già allora importanti, che, nell'ottica dell'autore unico, erano difficili da interpretare. E si è capito, si è visto che, già nel momento in cui si cercava di acquisire elementi, per quel primo processo, vi erano testimonianze .molto utili, importanti, perché erano testimonianze acquisite al momento dei fatti, che indicavano in qualche modo, indirettamente, già allora, già al momento dei fatti - ecco qua il punto fondamentale - che in alcuni omicidi erano state viste più persone. C'erano sicuramente più macchine, più automobili che giravano intorno. Allora si è partiti proprio da quelle testimonianze: questo ha fatto la Squadra Mobile. E questo poi è quell'iter che ha consentito di arrivare a quella confessione, che voi sapete, a quella testimonianza fondamentale di quella persona, Pucci Fernando, che ha detto: io c'ero, io ho visto. Ma è attraverso questa verifica di testimonianze di persone che erano soprattutto presenti, di passaggio, nell'85, attraverso questa strada, si è individuato che questo delitto dell'85, il più vicino a noi, quello per il quale era più facile acquisire elementi, era un delitto in cui la presenza di queste persone aveva trovato in qualche modo una documentazione in verbali di Polizia. Quindi, capite che se noi, come è vero, abbiamo oggi davanti una serie di testimonianze, acquisite all'epoca dei fatti, 1985, disinteressate, tranquille, sulle quali poi abbiamo cercato man mano di capire di più, di approfondire. Non ci troviamo assolutamente di fronte a prove indiziarie, nessuno vi ha parlato in questo processo di oggetti appartenuti alle vittime, trovati in possesso del presunto autore, o dell'autore, non vi si è parlato di prove costituite da pezzi di arma o di bossoli con impronte, dalle quali si può dedurre che quel bossolo - come nel processo Pacciani - era in quell'arma e quindi il Pacciani, per quel motivo unico, per quegli indizi è l'autore. No, qui abbiamo elementi completamente diversi, che nascono proprio dalla lettura di atti che già c'erano, una lettura migliore. Chiaramente, finché qualcuno non si è deciso a raccontare meglio, non era possibile capirle quelle testimonianze. Solo perché qualcuno ha spiegato siamo riusciti a capire meglio. E' chiaro che, nel momento in cui tutti tacevano e nessuno voleva fare il passo, eh, al di là di quegli indizi, non si poteva andare. Chi avrebbe mai pensato che si arrivava a individuare qualcuno, una persona, poi imputata -mi riferisco a Lotti Giancarlo - come si poteva pensare, In una indagine di questo tipo, che qualcuno si presentava un giorno in un processo dicendo: si, io c'ero. Non era nemmeno immaginabile, è inutile negarcelo. Immaginare che qualcuno sarebbe arrivato e avrebbe un giorno detto, per fatti cosi importanti e gravi: io c'ero, ho fatto da palo, vi racconto la dinamica, vi dico chi sono gli autori, vi do indicazioni sui moventi. Per carità! Non era assolutamente immaginabile allora. Ma questo nuovo modo di procedere, cioè questo ulteriore approfondimento di fatti, che piano piano si sono spiegati, ci dà oggi quella tranquillità che cercavamo. Cioè, il vedere perché siamo arrivati lentamente alla conoscenza, sempre più ampia, di questi fatti molto lentamente, è un elemento di tranquillità. E' un elemento che ci mette - sicuramente gli investigatori, ma anche voi - di fronte a una situazione che man mano qualcuno comincia a spiegare, ma non si butta, non si tralascia niente. Tutto quello che man mano viene acquisito è completamente valido. È chiaro che, quindi, questa vicenda ha avuto -se si può usare il termine - un metabolismo lentissimo. Cioè, se il metabolismo è in una fase in cui si parla di processi, è chiaro che, andando così lentamente, è vero che la sensazione di lentezza non fa piacere, però è sicuro che, se gli elementi precedenti vengono confermati, siamo sulla strada della verità. Quindi, quando in quest'aula qualcuno più volte ha indicato che questo metodo non era altro che un accanimento investigativo, ha letto queste vicende in maniera non corretta. Voi, invece, avete quotidianamente potuto verificare che non c'è stato alcun accanimento. C'è stato soltanto una lettura quotidiana di elementi successivi che si costruivano, di chiarivano uno dopo l'altro. E devo dare atto che, a questa operazione, ha partecipato questa Corte, avete partecipato voi in maniera veramente rigorosa, bisogna riconoscerlo. Perché, avendo davanti un compito delicatissimo, che io ho cercato di delineare fino a ora solo nel metodo, lei signor Presidente e tutti voi Giudici con le vostre ordinanze quotidiane, avete dimostrato di dare la massima attenzione a tutti, di lavorare con scrupolo. Abbiamo messo tanti mesi: era un caso in cui era indispensabile una verifica attenta di tutti gli elementi. Chiunque di noi si è alzato e vi ha fatto proposte è stato ascoltato. Poi la Corte ha preso di volta in volta le sue motivate decisioni. Mi sembra che una premessa di questo tipo era indispensabile, soprattutto, mi rivolgo ai Giudici popolari, per capire esattamente la portata degli elementi probatori raccolti. Io quindi, una volta in cui ci siamo chiariti tutti le idee sul fatto che abbiamo un processo in cui dobbiamo solo verificare, sostanzialmente, una confessione e delle testimonianze, un processo in cui dobbiamo porre la massima attenzione sulla verifica poi se ci sono o meno elementi obiettivi di riscontro, abbiamo tutti presente che i punti fondamentali sono nei fatti in alcune precise dichiarazioni da cui siamo partiti. E da queste, passando all'oggetto di queste prove, di queste testimonianze, vorrei partire. E vorrei partire, con voi, dall'esame, direi, dettagliato, scrupoloso - quantomeno da parte mia, ma lo farete senz'altro anche voi - delle dichiarazioni di colui che si è dichiarato teste oculare: dalle dichiarazioni di Fernando Pucci. Perché ho cercato di ricordarvi, poi ne riparleremo man mano, che quel teste oculare viene individuato da indagini strettissime della Squadra Mobile, si arriva a identificare che attraverso quelle testimonianze che già conoscevamo ci sono state, per il 1985, presenti sul luogo dei fatti, altre persone, e siamo arrivati a Fernando Pucci. Quindi, attraverso elementi che è stato possibile chiarire man mano, siamo arrivati alla identificazione certa di una persona che è stata sentita, Fernando Pucci, e che ha dichiarato quel che ha dichiarato, nel dirci: 'io c'ero'. Vedremo pian pianino perché. Perché penso sia indispensabile una analisi minuziosa. E siamo arrivati a Pucci - lo sapete - attraverso quella testimonianza di due persone, cioè, Ghiribelli e Galli, quelle persone che avevano vis... Ci arriviamo eh, ora serve solo per darci l'indicazione, partiamo da Pucci, perché secondo me è più importante. E siamo arrivati a identificare Pucci sicuramente perché avevamo accertato - c'è anche una intercettazione telefonica, poi la vediamo - che Pucci, sicuramente, Pucci Fernando era lì quella sera. Insieme al Lotti, Lotti Giancarlo. Cioè, cos'è l'elemento forte che nel... nel capire come si erano svolte le indagini successive c'era un punto fermo? Quale era l'elemento? La presenza della FIAT 128 rossa, rosso sbiadito, a coda tronca, davanti alla piazzola degli Scopeti la sera dell'omicidio dell'8 dicembre dell'85. È un punto fermo. Cioè, è un punto fermo, chiarissimo, sul quale oggi noi non abbiamo niente da dire, non possiamo assolutamente, vedremo anche perché, nei dettagli, avere dubbi. C'era quella macchina. Allora, è un punto fondamentale. La presenza oggettiva, al di là delle dichiarazioni dei... degli occupanti quella macchina, che poi sappiamo sono Pucci e Lotti, noi a abbiamo una certezza che quella macchina era lì. Accantoniamo un attimo, diamo per scontato che ce lo abbiamo, poi lo verifichiamo, perché vorrei andare subito a vedere da questo punto fermo come siamo andati avanti. Vi dicevo di elementi oggettivi, questo è il primo. Allora, se sappiamo che c'è la 128 rossa, con Pucci e il Lotti, siamo andati a chiederlo a questi signori, no? È ovvio. Dice: ma voi ci eravate e come stanno le cose?. Mah, chiaramente ci siamo trovati, sentendo Pucci nel corso delle indagini, e in questo dibattimento, davanti a una persona particolare. Perché negarlo? È proprio nel momento in cui ci rendiamo conto di chi è Pucci che possiamo capire, crederlo, non crederlo, ognuno spenderà i propri argomenti. Io vorrei, però, davanti a voi oggi, proseguire, con calma, portando elementi oggettivi, le valutazioni poi le facciamo dopo, le fate voi. Pucci Fernando, dicevo, colui che è sicuramente quella sera lì, è una persona che ha tenuto un comportamento, continuo a dire, particolare. È giusto, tutti quanti ci siamo un attimo messi davanti a una persona... caspita, ma è credibile, non credibile, questa indagine, questo P.M. cosa hanno fatto? Hanno portato un teste che si comporta così? Vediamo, vediamolo, non c'è motivo di liquidare una situazione simile: Pucci Fernando è un teste - mi sembra di aver sentito in sede di Tribunale della Libertà - crollato paurosamente; da parte del difensore di Vanni. È un argomento legittimo usato dal difensore, però io vorrei arrivare oggettivamente a valutarlo, poi vediamo. Noi sappiamo che c'era, questo lo sappiamo da altri, vediamo questo signore. È una persona, Pucci Fernando, particolare, ma non è un incapace. Elemento obiettivo, è una persona dichiarata invalida civile. È un elemento oggettivo, dobbiamo tenerlo presente, nessuno può partire sul presupposto che Pucci è un direttore di banca, casualmente passato di lì, uno stimato professionista. Poi sappiamo perché... come sono andati i fatti, chi erano quelle persone. È chiaro che poteva esserci solo un tipo come Pucci. Ma noi, lui dobbiamo valutare. È un invalido civile ma abbiamo accertato con quella perizia e quei dati acquisiti obiettivamente che l'invalidità civile gli è stata riconosciuta sulla base di dichiarazioni che i familiari hanno fatto. È un ragazzo che non lavora. Non c'è nessun altro tipo di accertamento specifico se non quello di un'invalidità, incapacità di lavoro che è stata certificata in un lontano anno '74-'75. Quindi, a noi questo poco interessa che sia invalido civile, che abbia capacità o meno di lavorare, perché qui non è chiamato sicuramente a svolgere lavori di grande impegno. Lo abbiamo chiamato e portato in questa aula solamente per farci raccontare cosa aveva visto quella sera. Cioè, io lo ricordo a me stesso, non è un teste che va valutato sotto il profilo: non sarà capace di recitare a memoria un brano della Divina Commedia. Sicuramente non ne sarà capace. Non sa spiegare formule matematiche, sicuramente non ne sarà capace, ci ha spiegato che scuole ha fatto. Però è una persona che doveva solo spiegarci o raccontarci cosa ha visto lui, sotto i suoi occhi, in una determinata circostanza. 

0 commenti: