venerdì 22 febbraio 2013

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 23 maggio 1997 - Prima parte

A.Saldarelli: Presidente.
Presidente: Chi è che parla?
A.Saldarelli: Sono l'avvocato Saldarelli.
Presidente: Mi dica, avvocato.
A.Saldarelli: Le chiederei il permesso di un brevissimo intervento, che non ha nulla a che vedere con questo processo.
Presidente: Ecco, vogliamo però prima vedere se siamo tutti e poi do la parola a lei.
A.Saldarelli: Prescinde da questo, Presidente.
Presidente: Ah, va bene, mi dica.
A.Saldarelli: Poiché cinque anni orsono, in questo giorno, perdeva la vita Giovanni Falcone ed insieme a lui perdevano la vita altri servitori dello Stato. Poiché io ritengo che la memoria debba essere conservata per questi atti e perché in quest'aula di giustizia si celebra un processo che vede gli epigoni di quei fatti gravissimi che hanno insanguinato il nostro Stato, io le chiedo di voler ricordare quell'evento tragico sospendendo l'udienza per un minuto e mettendo a verbale questa mia dichiarazione di ricordo nella memoria di quel Giudice e di quei servitori dello Stato.
P.M.: Presidente, chiedo scusa. Il P.M. non può che associarsi a questa richiesta, soprattutto associandosi alle parole che relativamente a questo grave fatto ha pronunciato l'avvocato Saldarelli. Chiedo quindi una sospensione di un minuto.
PRESIDENTE: Va bene. Io personalmente non ho avuto la fortuna di conoscere il collega Falcone, comunque l'ho conosciuto attraverso gli atti, gli interventi che ha fatto, le opere che ha svolto in favore della Magistratura e della giustizia in generale. Mi associo alle belle parole dell'avvocato che ha parlato poc'anzi, del Pubblico Ministero. Sospendo l'udienza per 10 minuti in segno di solidarietà. 

« DOPO LA SOSPENSIONE »

Presidente: Allora, Vanni è lì presente con i suoi difensori. L'avvocato Fenies sostituisce l'avvocato Lena? 
Avvocato Fenies: (voce fuori microfono) Lena e...
Presidente: E Bagattini, bene. Lotti dov'è?
A.Carpelli: Non c'è, signor Presidente.
Presidente: Non C'è?
A.Carpelli: Non c'è neanche l'avvocato Bertini, lo sostituisco io, avvocato Fabio Carpelli.
Presidente: Non c'è, non comparso, va bene. Come si chiama lei avvocato?
A.Carpelli: Fabio Carpelli. Mi ha nominato la prima udienza l'avvocato Bertini.
Presidente: Sì, bene. Zanobini c'è. Poi abbiamo le parti civili. Ci sono tutte vero? Tutti i... 
Segr. d'udienza: (voce fuori microfono)
Presidente: Chi manca? 
Segr. d'udienza: (voce fuori microfono)
Presidente: Allora, Fabrizio Pellegrini sostituisce l'avvocato Emanuele Ciappi, per ora. Poi siamo tutti a posto, va bene. Se non ci sono altre eccezioni... Non c'è altro? Allora dichiaro aperto il dibattimento. Chiedo a voi, al Pubblico Ministero e a tutti i difensori se volete che dia lettura del capo di imputazione, oppure se si dà per letto. Come credete, lo conosciamo tutti.
P.M.: (voce fuori microfono)
Presidente: Come?
P.M.: Già per letto.
Presidente: Va bene ai difensori? Avvocato Filastò, si dà per letto il capo...
A.Filastò: (voce fuori microfono)
Presidente: Bene.
A.Filastò: Va bene, d'accordo.
Presidente: Avvocato Zanobini? 
Avvocato Zanobini: Va bene, Presidente,
Presidente: Bene. Allora diamo per letto il capo di imputazione. Quindi do la parola al Pubblico Ministero per la sua relazione introduttiva e per la indicazione dei mezzi di prova.
P.M.: Grazie, Presidente. Signor Presidente, signori Giudici, il processo che ha avuto inizio in questi giorni in quest'aula, davanti a voi, è un processo, come loro sanno, per una vicenda oramai nota, molto nota. È noto che i fatti oggetto di questo processo sono stati preceduti da numerose e complesse indagini, in varie fasi, se ne sono occupati Giudici Istruttori, Pubblici Ministeri diversi e sono fatti, lo dice il capo di imputazione che stamani è stato dato per letto, relativi, con le precisazioni che ora faremo, a una serie di duplici omicidi, per la precisione otto, con sedici vittime, tutti lo sappiamo. Lo ripeto, esclusivamente per inquadrare bene l'oggetto di quello che sarà questo dibattimento. Otto duplici omicidi ai danni di coppie appartate in auto. Oramai si dice così. Oggi davanti a voi ci sono tre imputati sostanzialmente per questi omicidi, che secondo l'accusa, secondo gli elementi di prova - che a parere dell'accusa sono stati raccolti - sono i responsabili di alcuni di questi fatti. Sono Vanni Mario, che risponde davanti a questa Corte di cinque dei duplici omicidi, quelli dall'81 all'85. Lotti Giancarlo che risponde di quattro duplici omicidi, quelli dall'82 all'85. E Faggi Giovanni che ha una posizione particolare perché risponde di due di questi omicidi, quello dell'81 e quello dell'85. Ho sentito in quest'aula dire giorni fa, che c'è un grande assente. Bah, direi che l'ha chiarito molto bene lei signor Presidente come stanno le cose. Qui ncn ci sono grandi assenti di pietra o non di pietra, ci sono degli imputati che sono giudicati in precessi diversi, perché lo consente il Codice di procedura in certi casi. Ci sono imputati in carne ed ossa, non di pietra. Ci sono soprattutto 16 vittime non più in carne ed ossa. Questo è il punto fondamentale che deve essere sempre davanti a voi. E quindi è una occasione processuale che qui ci sono oggi solo tre imputati, che c'è un altro processo in fase diversa per questi stessi reati, sono tutti imputati, ricordiamocelo, in qualsiasi fase, di pietra o in carne e ossa, che sono imputati. E quindi hanno diritto alla presunzione di innocenza tutti finché non sarà dimostrata - come il P.M. crede di poter dimostrare - la loro colpevolezza. Quindi è chiaro che è a tutti noto che c'è già stato un precedente procedimento tuttora pendente, in una fase diversa, ma qua oggi non interessa quella fase processuale. Oggi i fatti che voi dovete giudicare sono quelli di cui al capo di imputazione. È vero, c'è stato un altro processo, lo sappiamo. Però, lo dico subito - e vorrei richiamare subito l'attenzione vostra su questa caratteristica, il processo, che è stato celebrato e che è in corso di istruttoria dibattimentale in fasi diverse, siamo in grado di Appello, per Pietro Pacciani, e questo, sono due processi con caratteristiche fondamentali molto diverse, come vedremo tra breve. Sono processi legati indirettamente per i fatti e perché le imputazioni sono analoghe da un certo punto in poi ma in questo processo gli imputati rispondono anche di quel reato di associazione contestato, se non erro, alla lettera Q, ma soprattutto, oltre le fasi diverse di questi due processi, la caratteristica di questi è completamente diversa. Perché quel processo a carico di Pacciani, coimputato degli odierni Vanni, Lotti e Faggi, è stato un processo a prova indiziaria quello già celebrato. Questo è un processo a prova diretta. Ora vedremo di spiegarci per i Giudici popolari. Cioè, il processo odierno è un processo in cui il P.M. vi dice, nella sua relazione introduttiva, vi è la possibilità di dimostrare direttamente la responsabilità degli imputati con prove dirette. Non c'è bisogno di fare ragionamenti o deduzioni da elementi di fatti: proiettili, blocchi o cose del genere e poi risalire alla responsabilità, qui abbiamo la prova diretta che viene da alcune testimonianze, soprattutto testimonianze ancora di più prova diretta perché vi è quella prova che è costituita dalla confessione di uno degli imputati degli autori, secondo l'accusa. Vedete quindi come i due procedimenti, nella fase dei dibattimento e per quello che riguarda la prova che io intendo oggi illustrarvi, sono procedimenti e dibattimenti completamente diversi. Come nasce l'indagine e come si arriva all'odierno dibattimento? Come siamo arrivati ad individuare, dopo un processo indiziario a carico di una persona sola, altri imputati? Signori, la estensione della imputazione, il fatto che questi reati sono stati commessi da più persone nasce come ipotesi per la prima volta nel pubblico dibattimento celebrato a carico di Pacciani. Questa è la caratteristica. Cioè, come mai oggi siamo qui? Come mai siamo arrivati ad estendere l'imputazione, a pensare, a ipotizzare che c'erano dei complici? È stato proprio quel primo dibattimento di cui vi ho parlato finora a carico di Pietro Pacciani. Perché in quel dibattimento, grazie soprattutto alla collaborazione spontanea, gratuita, non richiesta, quindi ancora più vera, di alcuni cittadini che si sono presentati spontaneamente nel corso di quel dibattimento, si è cominciato a capire che non si trattava di fatti addebitabili a un solo autore. Loro oramai sapranno, perché è un fatto noto, che mi riferisco a testimonianze di persone sentite in quel dibattimento dei 1994 in I Grado, che si sono presentate e hanno detto: 'guardate noi, io - soprattutto un teste, Lorenzo Nesi - la sera dell'omicidio, all'ora dell'omicidio ho visto 'l'imputato Pacciani, che si processava in quella fase, che era in compagnia di un'altra persona. Quindi tenete presente questo fatto'. Quindi da una prima intuizione investigativa, che aveva portato a quel dibattimento degli investigatori di allora, del Dirigente della Sezione Omicidi della Questura di Firenze di allora, dottor Perugini, che aveva portato avanti un'indagine che era arrivata a ipotizzare che vi erano elementi gravi indiziari a carico di Pietro Pacciani, il dibattimento con quella caratteristica, cioè prova in dibattimento nuova, ha fatto capire che l'autore non era uno solo. È da quel momento che ci si è mossi ulteriormente, è proprio a seguito della celebrazione di quel primo dibattimento, per questo sono legati i due dibattimenti, solo ed esclusivamente per questo. Cioè, a seguito di quella nuova luce, soprattutto sull'omicidio del 1985, che si è avuto nuovo impulso per le indagini, si è avuto l'opportunità successiva - per questo siamo qua e siete qua oggi - di chiarire meglio i fatti, di acquisire ulteriori, nuove testimonianze oltre quelle di allora, del '94. Si è avuto la possibilità soprattutto di comprendere meglio la portata, il valore probatorio di alcune testimonianze di allora. Si è avuto la possibilità di approfondire, ripeto per quel dibattimento del '94, di approfondire la conoscenza di taluni episodi. Di chiarire meglio il contesto in cui essi erano avvenuti. Ma soprattutto, da quel momento, si è passati da una situazione probatoria in cui avevamo da offrire alla Corte degli indizi, si è passati a delle prove di diversa portata. È vero, è un modo di andare avanti caratteristico di questa vicenda. È il dibattimento che ci aiuta a andare avanti nel chiarimento. Normalmente il percorso è diverso o si scoprono subito gli autori e gli si fa il processo, o rimangono del tutto ignoti. Qua sembra, anzi è la realtà, siamo andati per tappe. Forse stiamo andando ancora per tappe, ma questo processo è quello relativo a questa tappa, se è giusta la ricostruzione che fa il P.M… E perché siamo andati così lentamente? Ma perché i fatti che sono oggetto delle imputazioni sono particolari, sono eccezionali e quindi è chiaro che anche chi li doveva raccontare, testimone o protagonista, ha avuto difficoltà immani, timori di varia natura per raccontarli. Questo è il motivo per cui siamo andati piano. La vicenda è talmente grave che anche chi la doveva raccontare ha avuto difficoltà a dirla. Lo vedremo nel ricostruirlo in questo dibattimento. Semplificando quindi, per avere chiaro come mai siamo qui con tre imputati oggi, le cose semplicemente sono andate in questo modo. La Polizia Giudiziaria, il P.M. individuano un autore, con le difficoltà e con i limiti, se limiti sono, che tutti conosciamo, quell'autore Pietro Pacciani, imputato, non condannato. Dopo che la Polizia Giudiziaria e il P.M. hanno individuato quell'autore, il dibattimento pubblico - insisto su questo fatto - del '94, di una Corte di Assise come la vostra ha permesso di capire, di ipotizzare e di chiarire già allora che vi erano dei complici. Quindi c'è stata, su sollecitazione della Corte di allora, una nuova inchiesta e si è acquisita la prova diretta, per la quale siamo oggi davanti a voi. È stato chiaro in quel dibattimento che l'ipotesi di un autore unico era quella relativa a una fase di conoscenza dei fatti. Si è capito da quella testimonianza e da altri elementi che ora vedremo, e che sono stati ben sintetizzati nella sentenza della Corte, che la vicenda aveva contorni diversi. Non erano omicidi connessi da una sola persona, ma erano frutto della azione di più persone con ruoli diversi fra loro. Ecco perché siamo arrivati poi, a contestare anche il reato di associazione per delinquere. La persona individuata oramai, è nota. i complici, individuati nel corso di questa successiva indagine, sono davanti a voi come imputati oggi. È chiaro che per il lavoro di quella Corte di Assise abbiamo raggiunto, soprattutto i Giudici di allora, il P.M., gli investigatori, la convinzione che non eravamo davanti a un mostro, superuomo imprendibile, unico, genio del male, persona al di sopra di ogni sospetto, malato o no. Ma è venuto avanti chiaramente, è venuta l'indicazione che la realtà che sta dietro alla commissione di questi delitti è molto più modesta, più terrena, più provinciale. Si tratta - lo ricostruiremo in quest'aula - di una vicenda nata in campagna, posta in essere da persone tangibili, che si vedono, è questo che ha lasciato perplessi. Pensavamo a un superuomo, a una persona dotata di chissà quali capacità e quindi siamo stati un attimo perplessi tutti in quel dibattimento. Oggi non lo possiamo più essere, vedremo. Quando abbiamo visto la realtà in cui i delitti sono maturati, abbiamo visto la realtà di quelle testimonianze di allora e abbiamo visto quali erano gli uomini. Quindi è stata una difficoltà allora, oggi questa difficoltà è completamente superata dagli elementi di prova che io ritengo di potervi offrire e illustrare. Ma subito quindi è chiaro, e dobbiamo ringraziare apertamente quei cittadini che si sono presentati allora, il Nesi Lorenzo che senz'altro, che sa fino a che punto ha conosciuto, conosce la vicenda. Io ho depositato ulteriori atti in cui questo teste, anche lui con quel timore che ho cercato di descrivere, ha man mano chiarito quanto a sua conoscenza. Dobbiamo ringraziare testimoni come lui, come altri che poi indicherò, per l'apporto che hanno dato alla conoscenza della verità. Però dobbiamo ringraziare ugualmente, perché è questo il dato di fatto univoco, i Giudici della Corte di Assise di I Grado che nel 1994 hanno seguito e giudicato in quel dibattimento. Perché è grazie a quei Giudici e non solo all'attività del P.M. che si è andati avanti. Grazie quindi all'attività di terzi, di persone che sono istituzionalmente al di fuori delle parti, che non sono portatori di un interesse come quello dell'accusa. I Giudici della Corte di Assise di I Grado hanno individuato col loro dibattimento e con quella sentenza questa circostanza: non autore unico, più autori. Hanno ipotizzato, hanno dato un'indicazione molto forte all'indagine, ecco perché siamo qua. Non è una iniziativa isolata del P.M.. No, siamo andati avanti perché quella sentenza è stata chiarissima, ma è stata chiarissima perché quel dibattimento aveva dato, aveva fatto luce maggiore su quei fatti. Un pezzetto di quella sentenza è quello determinante, è quello che ha come conseguenza il dibattimento di oggi. Dice quella sentenza: "La Corte ha ben presente la qualità e la caratura di certe amicizie del prevenuto di Pietro Pacciani, l'altissimo livello di sospetto a cui talune di esse sono collegate" - le amicizie - "lo sfacciato mendacio di alcune deposizioni testimoniali". Fa riferimento la Corte a quelle deposizioni testimoniali di due degli odierni imputati, Vanni e Faggi. "E il loro valore sintomatico nell'economia delle vicende oggetto di questo processo", quello di allora. Ma su tutto ciò non è la Corte, ma il Pubblico Ministero, al quale sono stati trasmessi i relativi atti, a potere e dovere indagare, inquisire al di fuori di questo processo. Ecco la spinta, ecco perché siamo qui. Quali erano gli elementi gravi già allora: "Semmai" - dice la Corte - "ci si può interrogare sul ruolo che il misterioso complice di quella notte" - riferito dal Nesi relativamente all'85 - "può avere avuto" - insieme a Pacciani "nell'assassinio dei giovani francesi ed, eventualmente, in occasione di altri duplici omicidi". Cioè, le acquisizioni dibattimentali del '94 non solo chiariscono che c'è un complice, ma si fa già, una ipotesi da parte della Corte, che viene girata al P.M., che il complice c'è anche per i fatti del passato. Ecco come nasce poi la confessione di Lotti. È da quello spunto, da quella vicenda processuale che si parte. È un invito che la Corte, come avete visto, fece all'epoca al P.M. trasmettendogli gli atti. La Corte non credeva e non ha creduto più, per elementi oggettivi acquisiti allora, nell'autore unico. Non è ovviamente che il P.M. era stato a guardare questa attività dibattimentale e che ha aspettato la Corte. Si era mosso, aveva raggiunto già il P.M. la stessa convinzione che poi è stata trasferita nella sentenza di allora, perché era proprio il dibattimento che faceva capire di come le cose fossero diverse. Era allora che la convinzione maturava non a livello di ipotesi, ma a livello concreto e il P.M. già nella sua requisitoria di allora, aveva fatto propria quella emergenza dibattimentale. Io ricordo che conclusi proprio in linea, perché quelli erano i fatti oggettivi, con la motivazione poi della sentenza, chiarendo che l'imputato di allora si era contornato di altri uomini, come lui vecchi, squallidi dentro, che ha dominato come ha voluto, dicevo, i cosiddetti compagni di merende; perché in quel processo il Vanni, odierno imputato, ebbe quella espressione subito 'andavamo a fare merende', è venuto da quel momento lì il fatto che gli odierni imputati vengono cosi etichettati. E io dissi perché questo emergeva: erano compagni, amici, complici, Pacciani ha dominato come ha voluto, i quali hanno condiviso sicuramente parte delle sue perversioni - lo dimostreremo in questo dibattimento - un mondo sconosciuto, fino ad allora, triste, pericolosissimo, dicevo, nel quale Pacciani ha sicuramente primeggiato divenendo la figura trainante. Lo dicevamo allora, la Corte, il P.M., quando non conoscevamo Lotti, non conoscevamo la sua vicenda, non conoscevamo, né potevamo mai immaginare la sua confessione. Qualcuno, Pacciani che primeggiava, le altre figure alle sue dipendenze. Quindi, allora, in quel processo, in quel dibattimento, fu chiaro che non si trattava di un serial killer. È da quello scorso del '94, da quella attività dibattimentale com'è la vostra oggi, e non da una iniziativa della Polizia Giudiziaria che si è maturata la convinzione che i fatti erano diversi. No serial Killer. È questo il motivo oggettivo per il quale siamo andati avanti. Era una impostazione non corretta, non completa, parziale. Per i motivi lenti, di lentezza di raccolta della prova che ho cercato di evidenziare, solo successivamente in pubblico siamo andati avanti. E da quel momento Lotti che è investigativa - questo sì - con quella indicazione è cambiata completamente. Non più intuizioni, ipotesi, valorizzazione degli indizi, ma esame, ricerca di fatti obiettivi, di dati oggettivi non criticabili da nessuno, che hanno un'unica spiegazione. E questo è il processo dal punto di vista del tipo di prova che oggi offriamo alla Corte d''Assise, che l'accusa offre alla Corte d'Assise. Cioè una indagine basata su fatti esclusivamente, sulla cosiddetta prova tradizionale, sulla indagine minuziosa, capillare su tutti i risvolti della vicenda fatta da parte della Polizia Giudiziaria. Quindi, non una ipotesi investigativa ferma, blindata della accusa che non ha il coraggio di farsi dire da un dibattimento: 'guarda, la tua indagine è parziale'. No, un dibattimento, una Corte, hanno dato le indicazioni giuste; il P.M. se n'è accorto da solo e ha capito subito: l'impostazione era parziale. Sarebbe pericoloso, sarebbe stato pericoloso assolutamente se l'accusa si fosse arroccata su quella impostazione. Anzi, era una indagine dibattimentale che proprio l'accusa aveva voluto e favorito per vedere di chiarire meglio. E quindi è una indagine, questa, che da quella prima intuizione si è estesa grazie all'attività della Squadra Mobile della Questura di Firenze successiva a quella indagine e del suo dirigente e dei suoi uomini. Una attività che si è estesa su fatti concreti. Ampia, completa, per cercare riscontri testimoniali a fatti. Fino ad arrivare alla confessione di uno degli imputati. E alla scoperta poco prima di testimoni oculari. E vediamo un attimo questa confessione che, come cercavo di spiegarvi, nasce in una situazione di raccolta di prova minuziosa. Come mai abbiamo una confessione? Cerchiamo di capirlo, perché poi dovremo valutarne l'attendibilità.

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