martedì 2 febbraio 2016

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 11 marzo 1998 - Seconda parte

Segue dalla prima parte

Avvocato Filastò: L'ultimo riscontro obiettivo, secondo il dottor Giuttari, sarebbe la posizione del cadavere del giovane francese trovato con i piedi sollevati da terra di 50 centimetri. Perché sarebbe questo un riscontro obiettivo non lo sappiamo, perché il Pubblico Ministero, quando ne incominciava a parlare il dottor Giuttari, lo ha interrotto invitandolo a parlare d'altro. E mi pare che avesse anche ragione, perché sostanzialmente non capisco che razza di riscontro sia, non sono riuscito a capirlo. Maria Grazia Frigo. Maria Grazia Frigo - lo vedremo un po' meglio occupandocene più approfonditamente, con riferimento al delitto di Vicchio - dovrebbe essere una testimone di ferro che chiarisce come la macchina del Lotti e la macchina di Pacciani erano lì in quei paraggi, vedremo dove e tutto il resto, quel giorno. La Maria Grazia Frigo... Va be', a parte che esordisce affermando: "Sono ossessionata" - a pagina 12 del suo verbale dibattimentale - "Sono ossessionata da otto anni da un episodio che mi è capitato", e ripeto: "Ossessionata". E che l'ossessione non è mai un indizio di serenità di spirito di un testimone, è un aspetto psicologico che non conferma l'attendibilità di una testimone, tutt'altro. Ma questa testimone, a guardar bene, e il di lei marito, hanno visto in una posizione, che poi vedremo non collima affatto né col delitto, né con l'ipotesi di una fuga dal luogo del delitto - lo vedremo meglio dopo esaminando anche sulla carta la situazione dei luoghi - questa testimone vede, prima, un'autovettura, che lei in un primo momento dice era di un certo colore: rossa; poi dice che è bianca. E poi spiega perché aveva detto rossa, perché ha detto poi bianca e chi le ha fatto cambiare il colore della vettura. Insomma, riferisce - poi lo avete a verbale di dibattimento - una circostanza molto sgradevole, in cui si avverte come da parte degli inquirenti si è intervenuti sulla prova e la si è modificata. Perché è una cosa. . . Appena uno si accorge di una cosa di questo genere, prende subito il testimone, quello che ha detto e tutto il resto e lo butta nella spazzatura. Perché quando c'è la prova provata, detta al dibattimento, di una contaminazione della prova in questo senso, è evidente: non ci si può più fidare di questa persona. Ma a tutto concedere, se voi guardate la testimonianza della Frigo, voi vedete che lei vede una certa macchina che va in su e ci riconosce dentro Pacciani. Va be', poi vedremo come, in che modo, a che distanza e tutto il resto; a che distanza di tempo avviene questo riconoscimento, e via di questo passo. Poi dopo, passato un chilometro e passa, nell'atto di prendere una certa stradetta laterale che conduce verso una casa colonica, tanto che lei ritiene che si tratti di un contadino - non solo lei, ma anche il marito ritengono si tratti di un contadino - vede una macchina rossa. Quindi due macchine che non sono appaiate come quelle che vedranno dopo a distanza... che vedranno dopo. Chissà se poi le vedono nello stesso giorno, fra l'altro, eh. Perché il dato cronologico qui è importantissimo ed è incertissimo. Vedono i testi Caini e l'altra, come si chiama? 
(voce fuori microfono) 
Avvocato Filastò: Martelli, che invece vedono due macchine appaiate. Queste non sono appaiate, sono a distanza: una va in un posto, un'altra va in un altro. Ma la cosa importante che dice la Frigo è questa: sulla macchina bianca c'è solo il guidatore. E da qui non si scappa. A tutto concedere, ammettendo che davvero su quella macchina ci sia il Pacciani, non c'è nessun altro che lui su quella macchina. E Vanni che ha fatto? È tornato a piedi? Noi sappiamo, nella ricostruzione che ci dà il Lotti, che sulla macchina dovremmo trovarci il Vanni, no? Perché lui non dice che: il Vanni è tornato con me. Senza contare che anche sulla macchina rossa c'è un solo guidatore, c'è solamente il guidatore, il guidatore e basta. Dice: ma l'osservazione disattenta... Disattenta? Accidenti! Questa signora, quando descrive questo guidatore, si espone al punto di dire che, addirittura, evidentemente si era fatto i capelli di fresco, che doveva essere andato dal parrucchiere quel giorno stesso, che nei paesi i parrucchieri sono aperti anche il sabato e la domenica. . . Veramente non solo nei paesi, anche nelle città, a quanto mi risulta. E dà una descrizione così particolareggiata di questa persona e tutto il resto, lo sguardo... E non si accorge, dobbiamo dire che non si è accorta che accanto c'era un altro? Ma nemmeno per idea. È una situazione perfettamente equivalente a quella della coppia De Faveri e Chiarappa, in cui il marito vede una sola persona e quindi non c'è versi: c'è una sola persona. Del resto una sola persona, ammesso che queste due macchine siano poi quelle che vedranno la coppia Caini-Martelli, anche la coppia Caini-Martelli, c'è una sola persona. Allora voi dovete registrare subito che, a tutto concedere, considerando la tesi più favorevole all'accusa, a Vicchio Vanni non c'era. E qui, come vi dicevo alla fine della discussione di ieri, cessa l'avvocato Filastò e subentra il terzo difensore di Vanni, per quelle ragioni che vi ho detto. Io, come dicevo prima, tutto questo, alla ipotesi della coppia criminale Pacciani-Lotti non ci credo affatto. Cioè, io sono convinto che non sia così. Convinzione assoluta. Credo di avervi indicato tutta una serie di dati, anche soprattutto di carattere scientifico, tratti da quegli studi fatti da De Fazio, dall'equipe De Fazio, dottor Nocentini, lo stesso Perugini. Per cui, l'ipotesi anche della coppia, oltre la coppia proprio non si può andare, diventa... Parlare invece di tre-quattro persone, gli "amici di merende", per piacere, no, non ne parliamo più. Non possiamo parlarne. Poi vedremo meglio approfondendo altri aspetti. Ma, insomma, non è possibile. La coppia, la coppia omosessuale; il Pacciani che ha questo rapporto omosessuale con Lotti, rispetto al quale c'è questo rapporto di sudditanza, succube. Come ce lo descrive in quel momento lì lui, quando va a casa e questo lo violenta. . . Mah, insomma... Che questi, ci siano queste due perversioni che, per uno scherzo della sorte, a San Casciano-Mercatale, si sono incontrate... Non ci credo affatto. Ma siccome io faccio il difensore di Vanni, mi preme Vanni. Lui è il mio paziente e le cure che gli devo prestare sono tutte quelle che posso prestargli. Tutte, nessuna esclusa. E c'è bisogno della chemioterapia? Chemioterapia anche? La chemioterapia a Vanni, qualsiasi cosa. Ne ha diritto. E allora devo parlarne. E ne parlo, prima di tutto, affrontando il tema, anche qui come ho fatto prima, guardando obiettivamente tutto il processo, affrontando la consulenza tecnica di Lagazzi e Fornari. Beh, intanto, prima di cominciare ad approfondire questo argomento, io vi devo dire che il Pubblico Ministero si è accontentato dell'esame psichiatrico di Lotti. Io vi ho detto che questo non basta, non bastava. E la lettura della consulenza e le precisazioni al dibattimento dei professori Lagazzi e Fornari mi hanno confortato in questa convinzione. Ed è una convinzione che è all'origine anche del Pubblico Ministero, il quale sente la necessità di approfondire l'aspetto psichiatrico e psicologico di Lotti. E io domando... Perché è una necessità, ovviamente nascente dall'esame, dalla constatazione, da tutto quel che riguarda i delitti. Le loro connotazioni di carattere obiettivo, il loro aspetto fondamentale di delitti aventi natura sessuale. E quindi, ovviamente, il Pubblico Ministero dice: 'beh, siccome qui si fa riferimento ad una persona che potrebbe essere impotente, prima di tutto accertino i periti se Lotti è impotente'. Sono delitti straordinari per tempi, per modalità di esecuzione, certamente riconducibili a quel concetto tecnico, giusto, di perversione, così come ho cercato con molta modestia di delinearvi e come invece vi hanno delineato, attraverso materiali che sono attendibilissimi e seri, i periti che hanno fatto lo studio sui casi considerati per intero, tutti, a partire dal 1968. Ecco, io mi chiedo: se questo era l'impegno del Pubblico Ministero di approfondire quest'argomento nei confronti di Lotti, per quale ragione questo non lo ha fatto nei confronti di Vanni? Io mi sono sentito dire, quando ho fatto una richiesta di perizia psichiatrica, dice: 'no, non ci interessa, non possiamo farla', addirittura. Ma come no? Ma come no! Lo scopo della perizia su Lotti lo dicono i quesiti e il primo è: "Se è impotente". Eh, va be', perché? Perché i delitti hanno questa componente patologica psicosessuale, in cui si intravede prima di tutto una situazione di, come dire, di distacco, di freddezza, quello che vi ho descritto. Assenza di sperma, le persone tagliate, spogliate... Le donne spogliate a punta di coltello. E tutto il resto. Quindi, da questo punto di vista qui, abbiamo a che fare con una persona il cui impulso sessuale è men che mediocre, da questo punto di vista. E che proprio per questa ragione - perché mediocre dal punto di vista di normalità, di rapporto sessuale normale - e proprio per questa ragione, sublima, trasferisce sadicamente in quei comportamenti perversi che noi sappiamo. E poi il Pubblico Ministero, al secondo quesito che pone ai signori Lagazzi e Fornari, chiede la causa di questa impotenza. Eh, vuol dire approfondire tutto questo. E poi, alla fine, perché non ci siano dubbi, il terzo quesito recita testualmente: "Quale ruolo la stessa” - vale a dire impotenza -"abbia esercitato nella dinamica dei reati, per cui il medesimo è indagato." Secondo me, questo è un quesito mal posto, tautologico come di più non potrebbe essere-, però corrispondente analogico rispetto a quella indagine che questo difensore di Vanni vi ha chiesto di fare su Vanni. Valutiamo se anche questo signore aveva, ha delle tare di carattere psicosessuale. Il Pubblico Ministero dice: 'no, a me non mi interessa, non l'ho voluta fare la consulenza su Vanni, son fatti miei'. No, fatti suoi entro certi limiti, perché quando si imposta un'accusa si imposta da tutti i punti di vista. Voglio dire, gli imputati sono due, se si fa un accertamento su uno, va fatto anche sull'altro. Poi, il difensore, qui, aprendo una polemica con l'altro difensore, chiede la perizia - come è previsto dal Codice, in questo senso - e c'è l'opposizione del Pubblico Ministero, opposizione delle parti civili, la ordinanza della Corte che respinge l'istanza. E l'obiezione che ho sentito fare dal Pubblico Ministero, rispetto a questa iniziativa del difensore, dice: perché non l'ha fatta il difensore la consulenza, non l'ha fatta fare il difensore la consulenza? E glielo dico subito perché. La ragione si chiama in francese, "faute d'argent”, va bene? Mancanza di danaro, son cose che costano. E quest'uomo un po' di soldi da parte ce l'aveva, ma l'iniziativa di una parte civile glieli ha bloccati tutti o quasi. La seconda ragione voi la conoscete: il contrasto fra i difensori. Io sono tornato il 30 settembre e ho trovato un Vanni cambiato rispetto al primo. L'avevo già visto molto male prima, ci ragionavo malissimo prima, non riuscivo proprio a ricavarne niente dai colloqui che avevo con lui in carcere. Quando l'ho ritrovato il 30 settembre l'ho trovato diverso, proprio, ridotto una larva. Proprio non c'era verso... ma ancora oggi; forse da quando è tornato a casa, dopo... insomma, che ha avuto quel colpo, poi ha ripreso un po'. Ora, stamattina si è sentito male, tutta la notte, che non respirava e tutto il resto. Insomma, questo poveromo, proprio è ridotto male. E vi dirò… vi dirò che quando che quando avevo ricevuto quel teleqramma suo, questa richiesta di ritornare, sono andato a trovarlo a Prato con l'intenzione di dirgli che non accettavo. Che non accettavo. Lui il suo difensore l'aveva e fine del discorso. M'ha fatto una tale compassione che ho detto: va bene, sia, allora torno. Sperando, fra l'altro, di affiancarmi con il collega, perché questa è una delle ragioni - l'assenza del collega - per cui io parlo del processo nel senso in cui sto parlando ora, sennò io non avrei parlato in quel senso di etti sto parlando in questo momento. E l'unica cosa che lui ha continuato a dire, beh, da questo punto di vista: 'no, no, io non sono matto, io sono innocente e basta'. 

lunedì 1 febbraio 2016

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 11 marzo 1998 - Prima parte

Presidente: Zanobini, chi c'è per Zanobini? 
(voce fuori microfono) 
Presidente: Già. Sì, sì, non c'è. Allora, ci siamo per la posizione delle parti; c'è l'avvocato Curandai per le parti civili. Allora, prego, avvocato Filastò. 
Avvocato Filastò: Grazie, Presidente. Si stava esaminando, Signori, quelli che vengono definiti dall'accusa, riscontri obiettivi e testimoniali e che la difesa, invece, vi dice mancati riscontri. Uno dei quali sarebbe, da un punto di vista oggettivo - sempre seguendo la esposizione che appartiene prima al dottor Giuttari, qui, a pagina 30 della sua deposizione, e poi al Pubblico Ministero - uno di questi riscontri sarebbe il taglio della tenda dei due francesi nella parte posteriore. In effetti il taglio c'è, quel taglio che si ipotizza essere stato fatto, in un primo tempo, con l'intenzione di introdursi da quel lato; intenzione frustrata dal fatto che, come sappiamo, quella tenda prevede, è composta di due teli, solamente il primo dei quali - quello esterno - è tagliato; il secondo, no., i E di questo taglio lo sanno tutti, ne hanno parlato tutti. Ne parlai persino io alla televisione, durante una trasmissione avvenuta alla fine del 1987, "L'Interno Giallo", quando ipotizzai, forse così un po' fantasticamente, che questo taglio della tenda fosse in qualche modo collegato ad un film, "Nightmare", dove appunto il mostro, quello che uccide delle coppie, taglia una tenda prima, un lenzuolo dopo, eccetera. Quindi, che lo dica il Lotti, lo dica il Pucci, non è certamente una di quelle cose che possano garantire della loro attendibilità. Ma, vista nel suo complesso tutta questa storia del taglio della tenda, della possibilità di vedere l'operazione da parte di Lotti, dal punto in cui si trovava - o ha detto di trovarsi, come io ritengo - e del Vanni che si introduce nella tenda dall'apertura praticata col taglio. Perché sono queste le prime dichiarazioni che fanno questi signori. E non sono dichiarazioni che poi possiamo dire: sono state corrette in un momento successivo, all'interno di una progressione, per cui queste persone correggono il tiro perché prima dicono poco e poi dicono di più. No, no. Correggono perché non sta in cielo e né in terra, questa introduzione del Vanni dall'apertura praticata col taglio. Perché lo abbiamo visto che non sta né in cielo e né in terra; e che questa introduzione da parte del Vanni, sarebbe avvenuta - dice ancora il signor Lotti - prima degli spari. A rischio di essere colpito da Pacciani che sta... da Pacciani o da quest'altra persona insomma, che sta sparando, in quel momento, dentro la tenda. Il bersaglio è la tenda; gli occupanti della tenda... uno entra dentro la tenda a rischio di fare una brutta fine, lui. Che tutto questo venga considerato un riscontro obiettivo è, secondo me, straordinario. Perché realmente, in realtà, tutto il complesso della questione del taglio della tenda diventa, è in realtà una smentita grave, una delle tante prove che Lotti racconta fandonie. Ancora, il quarto riscontro cosiddetto "obiettivo": questi due coltelli. Ma i due coltelli, suppongono, come abbiamo visto ieri, questa operazione compiuta da due persone, di escissione all'interno della tenda. E lì siamo, come abbiamo visto, alla vertigine della forzatura, alla totale inattendibilità, alla totale inverosimiglianza a termini di senso comune. E questo, invece, ci viene gabellato come una conferma obiettiva della veridicità delle dichiarazioni di Lotti. In realtà, l'ipotesi di un secondo coltello, affacciata nella sentenza di I Grado, come viene affacciata nella sentenza di I Grado? La sentenza di I Grado, il Giudice lì vede queste lesioni che sono intorno al seno e dice: ''probabilmente qui c'è due armi che agiscono'. La ragione è quella. Ma noi abbiamo visto, abbiamo constatato che, attraverso la perizia, attraverso le perizie, le osservazioni fatte da De Fazio e anche da Maurri, con la maggiore attendibilità possibile, queste graffiature che si trovano intorno al seno asportato dalla Nadine Mauriot non possono altro che essere messe in relazione con la zigrinatura di un coltello, tipo quello che vi ho mostrato, che voi mi avete cortesemente restituito - non so più che farmene, per dire la verità; mi fa un po' impressione quell'oggetto che taglia, fra l'altro, solamente a guardarlo - perché, cioè, come si dice, insomma: nel giro che viene fatto dalla mano, poi, a un certo punto, passa. . . la mano provoca una inversione, diciamo così, della parte del coltello che, in quella zona, finisce per andare ad incidere la cute con la costola. Costola che è zigrinata. E perché si dice questo? Si dice questo perché queste incisure, come risulta dalle foto che voi avete, sono esattamente parallele l'una all'altra e si trovano a esatta distanza l'una dall'altra. Quindi non può essere un atto volontario di chi ha fatto per prova, come si ipotizzava, queste incisure prima sul seno ; ma è un atto, sono segni che vengono lasciati in maniera meccanica da questa... Sennò, altrimenti, non troveremmo questa perfetta parallelità e questa perfetta corrispondenza dello spazio che esiste fra incisura e incisura. L'altra affermazione, dalla quale si ricava l'ipotesi di due coltelli, è che una di queste lesioni, la lesione al seno, appare come una lesione più netta rispetto a quella che riguarda il pube, dove i margini sembrano un po' più sfrangiati, al punto che si dice che il coltello potesse aver perso il filo. Allora dice: 'no, qui c'è due coltelli; uno con un filo più tagliente e un altro con un filo meno tagliente'. Questo perché lo si dice? Da parte... lo si ipotizza. Perché si parte dal presupposto che il primo taglio sia avvenuto al seno, quando il coltello era ancora affilato, e il secondo taglio sia avvenuto... O il contrario, ora non ricordo esattamente. Sono più sfrangiate quelle al seno. E' al contrario, sì. È vero, è così. È al contrario, proprio ho invertito 1'ordine. Dice, allora: il primo taglio avviene al seno e quindi lì c'è una maggiore... una minore, scusate, una minore taglienza della lama; e il secondo avviene al pube in cui, a un certo punto... Il primo avviene al pube, scusate, in cui invece il coltello è più affilato. E il presupposto è che prima si tagli il pube e poi si tagli il seno. Invece no: prima si taglia il seno e poi si taglia il pube, così dicono, così ipotizzano i periti. Ma perché? Io ve l'ho già detto ieri: . che è molto più probabile, viceversa, che la prima escissione sia avvenuta in rapporto al pube, come sempre era avvenuto prima. E che poi si sia escisso il seno. All'interno di quella ritualità che vi ho descritto, mi sembra che questa sia l'ipotesi più probabile. E allora si può anche capire che questo coltello che è già servito per uccidere il giovane francese, che poi è servito per escindere il pube e poi, al momento di escindere il seno, abbia perso in .parte - molto, direi, quasi impercettibilmente - la sua capacità di taglio. L'altro riscontro è Chiarappa e De Faveri. Ne abbiamo parlato ieri. E quindi, voglio dire, che a me, l'ipotesi più probabile, che quella sia una macchina qualsiasi. Che sta lì per cinque ore e mezzo per i fatti suoi. D'altra parte sappiamo che vicino c'è la festa degli Hare Krishna; che qualcuno sia andato alla festa, si sia soffermato prima, abbia lasciato poi, durante la festa, per lungo tempo, questa macchina in questo posto è più che possibile. Come si fa a dire che quella è la macchina di Lotti? Come si fa ad essere certi che quella è la macchina di Lotti, quando in definitiva, a guardare bene le cose, non sappiamo nemmeno se Lotti, in quel periodo di tempo... non sappiamo, non abbiamo la certezza che Lotti, in quel periodo di tempo, possedesse ancora la macchina 128 rossa. E questo lo dico per un motivo molto semplice. Eh. . . la certezza. Se poi il Pubblico Ministero vuole integrare la prova, lo può sempre fare. Lo ha fatto per il signor Faggi, lo può fare anche da questo punto di vista. Attualmente, con riferimento ai dati obiettivi, certificati da parte degli enti che sono chiamati a questo, non c'è questa prova certa. Perché? Perché questa macchina al Pubblico Registro Automobilistico risulta cancellata alla data dell'aprile del 198 6, i primi di aprile. Ed è la certificazione che, a quella data, viene fatta al Pubblico Registro Automobilistico. Ma l'esperienza ci dice che per arrivare a quella certificazione la trafila è abbastanza lunga. Bisogna portare la macchina al demolitore; il demolitore poi la demolisce e ti consegna la targa. Andando poi all'ufficio con la targa e con il libretto di circolazione e facendo una domanda apposita, poi dopo, passato un certo periodo di tempo - perché sono uffici che non lavorano per niente speditamente, forse qualcuno di voi l'avrà fatta questa esperienza - poi dopo si arriva alla cancellazione. Ma un tipo come Lotti, il quale non naviga nell'oro, prima di decidersi a buttar via la macchina l'avrà tenuta forse da qualche parte, in qualche garage chissà dove, o chissà per quanto tempo, per vedere se per caso c'era eventualmente un qualche possibile acquirente. A Lotti anche le 500.000 lire possono andare bene. Ecco perché dico il tempo, che è abbastanza ravvicinato fra il settembre dell'85 e l'aprile, primi di aprile del 1986, quando su quel registro si fa questa annotazione, mi lascia ipotizzare una cosa di questo genere. Allora, quale potrebbe essere il dato significativo dal quale ricavare la prova che Lotti ancora aveva quella macchina? Quando Lotti immatricola a suo nome la macchina successiva. E la macchina successiva è una 124. Ora, questa macchina successiva, immatricolata successivamente, a me non è stato possibile sapere quando il Lotti l'ha immatricolata. Ho atto fare un accertamento a Roma, perché al PRA di Firenze questo non risulta, non te lo fanno l'accertamento. E dal computer del PRA di Roma questa macchina 124, alla data di immatricolazione di Lotti, risulta "0000". Per qualche ragione questo dato non c'è. Probabilmente è sparito. Può capitare. Allora ho fatto fare delle ricerche alle varie compagnie di Assicurazione, per sapere quando il Lotti aveva assicurato sia la macchina 128 rossa, che quella successiva, questa 124. E non è stato possibile saper nulla, perché il Lotti le macchine non le assicurava. Mah! Così mi è stato detto da varie compagnie di Assicurazione. L'unica assicurata, di macchine di Lotti, risulta quella che ha avuto nel periodo di tempo in cui era sottoposto al Programma di Protezione. Beh, comunque, se queste cose... Naturalmente sono accertamenti fatti da chi, a un certo punto, non ha gli strumenti, tutti gli strumenti possibili. Se poi, invece, questa prova può essere integrata dal Pubblico Ministero, ne prendiamo atto. Ma, insomma, non è un prova, non è una prova. Non è nemmeno un indizio. Perché, anche ammesso, sarebbe di una ambiguità terribile. Voi fate un esperimento: andate in giro, come ho fatto io e guardatevi intorno. Guardate su un viale, da una parte, dovunque stiate camminando e dovunque vi troviate, andate a vedere e fate il conto di quante macchine bianche ci sono e di quante macchine rosse, rispetto al totale. Su 20 macchine ce n'è: dieci bianche, almeno sette rosse e tre di altro colore. Quindi, dire: c'è una macchina rossa di tipo sportivo, con una coda tronca non dice assolutamente niente. Non identifica per niente la macchina del Lotti. Forse il Lotti, se qualcuno avesse visto il Lotti sopra quella macchina, allora sì. Allora potremmo parlare di un benché minimo elemento che ha valore di indizio; ma in quel modo no. E comunque resta il fatto, con riferimento a questa circostanza, di quello che dicevo ieri: questa macchina, che sia del Lotti, sta lì che sosta per cinque ore e mezzo. 

venerdì 29 gennaio 2016

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 10 marzo 1998 - Tredicesima parte

Segue dalla dodicesima parte.

Avvocato Filastò: A proposito, tornando un attimo indietro, a proposito del riscontro dell'orefice Zanieri, sentite cosa dice lo Zanieri. Torno indietro: "L'ho sentito dire da qualcuno del bar." "Da qualcuno del bar." A verbale del 24 gennaio del '96. Dopo aver detto, in precedenza: "Questo discorso lo hanno fatto diverse persone e anche il Lotti." Quindi, diverse persone che dicono: 'siamo passati di lì'. E passare di lì è più che normale. Per uno che va a Firenze quel giorno, per tornare si passa assolutamente da lì. Benissimo. Ma quel che mi interessa, a questo punto, commentare e discutere in modo approfondito, sono le testimonianze di due testimoni veramente attendibili, veramente seri, che non prestano il fianco, come il De Pace, a nessun tipo di obiezione e che sono i testimoni De Faveri e Chiarappa. Allora, chi sono? Sono due coniugi, come voi ricorderete - è per rammentarvi la circostanza - i quali sono andati a trovare quel giorno, domenica, degli amici che si chiamano Rufo; i quali Rufo abitano - tra l'altro mi pare che il Rufo è morto - i quali abitano in una casa che sta dalla parte opposta rispetto alla piazzola degli Scopeti dov'è avvenuto l'omicidio dei francesi. Questi signori vanno a trovare questa persona. A che ora? Alle 14.30. Lo dicono tutti e due. Sono là, su quella strada, provenendo da Firenze. E devono fare una curva un po' a secco per entrare nel cancello e salire su alla casa dei Rufo. E sono le 14.30 del pomeriggio di domenica. Domanda a loro, come a tutti i testimoni di questa natura: "Come fate voi, signori, a ricordarvi che era quella domenica lì?" Giusto, no? Perché un testimone parla a distanza di diverso tempo come loro e bisogna chiedergli come fanno ad avere l'addentellato del riferimento cronologico. Risposta che proviene dal signor Chiarappa: "Perché" - non è chiara, non credo che sia esplicitata, ma è implicita come risposta -"Perché quel giorno lì io ritornai a Firenze per scrivere un necrologio nei confronti di un, riguardante un mio ex collega" - perché è un musicista, il signor Chiarappa - "morto." Un certo musicista Ferrara, se non ricordo male. No, ma me lo ricordo bene: Ferrara. E quindi ha questo addentellato cronologico che è quello. Questo signore, nell'agire e nell'andar su, non nota niente lui. È la moglie che fa caso alla presenza di questa automobile che lei, in un primo momento, ritiene essere bianca, ma che poi, ripensandoci bene, ritiene essere rossa. Va be', c'è una automobile lì, ferma, che infastidisce nel fare la manovra. E lei dice: 'ci sono due persone vicino alla macchina'', ma ne descrive una sola bene. Tipo, del classico contadino toscano, dice, in un certo modo, lo descrive. Il marito di questa persona, della macchina, non se ne accorge. Lui sta guidando, va su. Però il marito, Chiarappa, proprio quel giorno sta inaugurando un apparecchio fotografico munito di un teleobiettivo. Arrivato su alla villa col teleobiettivo si diverte a guardare col teleobiettivo la zona dalla quale è transitato fino a quel momento. Ed ecco lui vede col teleobiettivo di nuovo la macchina. Immaginiamo che sono le ore... 14.30, sono arrivati; diciamo le 15 e un quarto, quando fa questo giochetto col teleobiettivo? 15 e un quarto, benissimo. La macchina è sempre lì e c'è una persona sola, però. Lui vede una persona sola. Vede questa persona col teleobiettivo; la guarda, ci si diverte a inquadrarla col teleobiettivo. Bene. Alle 16.00, verso le 16.00-16.30 - 16.30, anzi lui dice - il signor Chiarappa deve tornare a Firenze per fare questo necrologio. Prende la macchina e torna per andare a Firenze. Rivede la macchina. Sempre lì, no? Da Firenze... Gli vogliamo dare mezz'ora per arrivare a Firenze? Si fa le 17.00; gli vogliamo dare un'ora per scrivere il necrologio? Si va alle 18.00. Ritorna per prendere la moglie: 18.30. 18.30-19... 18.45, sette meno un quarto, rieccolo dai Rufo, ripassa con la macchina. E questa macchina è sempre lì ferma. Possiamo dire che questa macchina la troviamo in questo posto ininterrottamente, perché abbiamo questi orari: 14.30, 15.30-15.00, quando guarda col teleobiettivo, 16.30 quando va a Firenze, 18.30 quando torna. Guarda la macchina, la macchina c'è sempre. E questa volta il testimone Chiarappa, questa volta lui prova il fastidio della manovra. Perché la macchina gli intralcia la manovra. Sempre lì. Stesso fastidio che ha provato, pur non guidando lei, la moglie. La prova lui, però, questa volta. Dice: 'questa macchina dà fastidio'. Torna su, prende la moglie, sale con la moglie. Vengono via alle ore 20.00. Scendono giù alle 20.00, dicono tutti e due: 'e la macchina è sempre lì'. Allora guardate: 14.30, 15.30, 16.30, 17.30, 18.30, 19.30, 20.00. Cinque ore e mezzo che quella macchina è lì, ferma, sempre in quel posto. Che vogliamo dire? Due cose e non ce n'è versi, non c'è verso: o quella macchina lì non è la macchina del Lotti... Perché? Perché Lotti ci ha detto che con quella macchina è andato a Firenze, no? Insieme a Pucci, no, quel pomeriggio. È vero, sì, che ci ha detto di aver fatto prima un salto lì alla piazzola a guardare questi francesi che facevano l'amore. Ma quanto può esserci stato? 20 minuti. Poi, certamente, cinque ore e mezzo lì a guardare i francesi che fanno all'amore non ci poteva stare, anche perché i francesi cinque ore e mezzo a far l'amore non ci possono stare. Perché va bene la performance sessuale della gente, ma acciderba, eh! Allora? Allora non è vero nulla; non è la macchina di Lotti, è un'altra automobile e chissà di chi è. Bah! Circostanza che va buttata via. Ma c'è una alternativa, ovviamente, che il Lotti racconti un sacco di fandonie. Perché se quella è la macchina del Lotti, il Lotti è stato lì nei paraggi, in quel posto, per cinque ore e mezzo. Allora: subito in galera il signor Lotti. Una volta interrogati i signori Chiarappa e De Faveri: il signor Lotti subito a Sollicciano, di corsa. Vada! Si accomodi, signor Lotti, a schiarirsi. . . o a schiarirsi le idee, a raccontarci dopo che tutto quel che dice sono tutte fandonie, oppure, oppure a schiarirsi le idee per dire il suo ruolo effettivo in questo fatto. Eh, non c'è versi. Il programma di protezione al collaboratore? La questione di legittimità costituzionale di una norma per cui, a un certo punto, cos'è che è venuto fuori? Non c'ero... No, no, no. Non ci siamo affatto. No, non ci siamo proprio, non ci siamo. Non ci siamo proprio alla radice di queste indagini. Veramente è la radice che è marcia, qui. La pianta non fiorisce perché la radice è marcia. Se si ritiene Lotti un mentitore come è, come lo ritengo io, allora poi siamo tutti d'accordo, fine del discorso. Va be', insomma, si piglierà un processo per calunnia, autocalunnia. E vediamo un po', e ba... Ma se si ritiene che è vero e che quella è la macchina sua, questa macchina che sosta qui cinque ore e mezzo; e lui che viene a raccontare le fandonie della Ghiribelli, di essere andato dalla Ghiribelli col Pucci che si è ricordato... Come, te stai lì, invece, cinque ore e mezzo lì intorno a fare che? A spiare? Forse a prendere le misure, a valutare... È tutto un altro discorso. Capite? È tutto un altro discorso! È un processo da fare di sana pianta, col signor Giancarlo Lotti assicurato alle patrie galere, per prima cosa! Altro che riscontro i signori Chiarappa e De Faveri: testimoni puntuali. Altroché! Pagina 46. La moglie dice: "Da lì, poi, siamo andati via verso le otto circa e la macchina era ancora lì." I testi De Faveri e Chiarappa non danno alcun riscontro alla pretesa confessione di Lotti, nella parte in cui dice di essere andato a spiare la coppia nel pomeriggio. Il racconto di Lotti è assolutamente diverso. Le conclusioni sono soltanto due, "tertium non datur": nei paraggi, a poca distanza dalla piazzola, domenica, c'è una macchina che non è quella di Lotti; la seconda: Lotti, con la sua macchina, è stato lì per almeno cinque ore, dalle 15.00 alle 20.00. La gita dalla Ghiribelli è una fandonia, oppure avviene dopo. Tutto il suo racconto non quadra. Cinque ore per spiare due persone che fanno l'amore sono troppe. Tutta la posizione di Lotti e di Pucci, e in particolare la sua chiamata di correo, va rivista totalmente. Domanda al signor rappresentante dell'accusa, in questo processo, che conduce le indagini, che fa le domande a Lotti: se n'è accorto di queste cinque ore almeno di sosta di una macchina che lui ritiene essere - lui, il Pubblico Ministero - ritiene essere la macchina di Lotti? E che domande gli ha fatto a Lotti sul punto? Almeno le domande. Diciamo che in galera non ce l'ha voluto mettere, ma le domande. 'Guardi, signor Lotti, che a noi ci risulta che la sua macchina ha sostato lì per cinque ore. Che ci può dire?' Io non le ho viste queste domande. Non le ho viste perché non ci sono. E vorreste mandare all'ergastolo questo poveruomo sulla base di un materiale probatorio di questo genere? In cui, non solo non si perquisisce la casaccia di Lotti al Ponte Rotto, dove potrebbe averci nascosto 30 cadaveri, il signor Lotti. Altro che la pistola calibro 22 o i proiettili. Lo spazio c'è, è infinito. E la casa è abbandonata dall'88, da quando se n'è andato via lui. Non solo. Non si chiamano, non si interrogano, nel corso delle indagini preliminari, eh, di questo processo. Io non sto parlando del dibattimento, eh. Al dibattimento, questa gente, è bell'e... è ultradimenticata. No, quando si fa la ricerca delle automobili che appartengono agli "Amici di merende", quando siamo lì a cercare riscontri sulla macchina rossa, sulla macchina bianca, sulla macchina argentata, su quella color indaco, su quell'altra non so come, 15 testimoni che sono lì, nel momento in cui... 
(forti rumori in sottofondo)
Presidente: (voce fuori microfono)
Avvocato Filastò: Allora ditelo, se devo smettere, posso anche smettere. Ne avrei anche voglia, perché sono stanco da morire. Comunque, eh, insomma...
Presidente: Ma c'è un... 
(forti rumori in sottofondo)
Avvocato Filastò: Dicevo, questi 15 testimoni, meglio di loro non c'è proprio nessuno, perché bastava leggere. Penso che nessuno lo abbia fatto, sicuramente il dottor Giuttari non l'ha fatto, altrimenti leggeva quelle carte e diceva: 'ma, diamine, ma questi eran lì in quel momento. O perbacco! Ora sì che si trova quello che ha visto la macchina del Pacciani, la macchina del Lotti... E come no? Erano lì. Uno di qua, uno da quella parte, uno da quell'altra, che si incrociano. Eh, perbacco!' Ecco. No, nulla. Niente, niente, nessuno. Ma addirittura sentite due testimoni che vi dicono che c'è quella certa macchina che voi ritenete essere la macchina del Lotti, che sta lì ferma cinque ore e mezzo e al signor Lotti: 'scusi, signor Lotti, lei dice che è andato dalla Ghiribelli quel pomeriggio. A noi non ci risulta mica, sa'. Ora mi diranno, dice: 'ma avvocato, lei ci vuole insegnare a fare le indagini?' No, no, io sto criticando un certo materiale probatorio. Non voglio insegnare nulla a nessuno, per carità di Dio! Figuriamoci. Lotti è, come dire, a questo punto diventa una specie... prima si è detto che era un giudice; poi si è detto che era il perito dei periti; poi diventa un angelo. Ora lui diventa una sorta di personaggio metafisico che non si discute quello che dice lui, per carità di Dio! Ipse dixit, genuflessione, ristoranti scelti, coccolato, come vedremo fra poco. Portato in giro, adulato... Non c'è nemmeno stamani, vero? E invece, no. E non ci siamo, non ci siamo. E qui, ecco, ed è a questo punto, signor Presidente e Signori Giudici, che voi farete conto che, da questo momento, non parli l'avvocato Nino Filastò. Vi prego di fare questo sforzo di fantasia. L'avvocato Nino Filastò si fa da una parte con le sue convinzioni, con la sua onestà intellettuale e subentra il terzo difensore di Vanni, che potrebbe anche essere l'avvocato Pepi. Perché no? 
(voce fuori microfono)
Avvocato Filastò: Non c'è più. È perché se l'è presa a male, di non so bene che cosa. Però io, fra l'altro, io me n'ero preso a male, avevo ragione, detto fra di noi. Avevo ragione nei confronti del Pubblico Ministero e nei confronti suoi Ma come, se ne parla, dice: guarda, si chiede la perizia psichiatrica... Dice: 'no, non si deve fare. E come si fa? Ma io poi, quando il signor Vanni mi ha mandato il telegramma, la lettera, dice: ‘ Venga, eccetera', sono venuto qua, e io per me - che andava via l'avvocato - Pepi, non mi sarei mai permesso di dire una cosa del genere. Ci mancherebbe altro! L'avvocato Pepi ha preso il cappello e se n'è andato poi dopo, definitivamente. Ma proprio per questo, motivo, perché se n'è andato, proprio perché parlando o impostando, io sapevo quale poteva essere una sua impostazione difensiva, io sono obbligato a percorrere anche questa strada. Però dicendovi : "fate conto che qui - via i baffi, via la barba, i capelli lunghi, via la fede poolitically correct, francamente siamo come il diavolo e l'acqua santa, da questo punto… Ma poi, non esageriamo, eh Presidente. Perché oggi le cose stanno un po' cambiando, per fortuna. E certe contrapposizioni non. si capiscono più. E se non si… 

Continua ma non dispongo delle ultime due pagine dei verbali d’udienza.

giovedì 28 gennaio 2016

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 10 marzo 1998 - Dodicesima parte

Segue dall'undicesima parte

« DOPO LA SOSPENSIONE » 

Avvocato Bagattini: Mi scusi, signor Presidente.
Presidente: Sì. 
Avvocato Bagattini: Prima che il collega riprenda la sua discussione, è possibile sapere dalla Corte quale sarà il programma per i prossimi giorni? Voglio dire, se ci sarà udienza...
Presidente: Bene. 
Avvocato Bagattini: No, al di là dei tempi.
Presidente: Mi piacerebbe saperlo anche a me. 
Avvocato Bagattini: No, ma dico, ci sarà udienza comunque tutti i giorni, o ci sono degli impegni...
Presidente: No, tutti i giorni, tutti i giorni. 
Avvocato Bagattini: Tutti giorni.
Presidente: Sì, tutti i giorni. Sì, sì. 
Avvocato Bagattini: Bene.
Presidente: Ora vediamo, al termine dell'udienza, quanto tempo mi dice l'avvocato...
Avvocato Filastò: Eh, Presidente, ce n'avrò ancora per domani, io penso.
Presidente: Domani, eh. Infatti, pensavo anch'io per domani. Va be', domani possiamo già sapere gli interventi, le repliche che ci sono, chi le fa, che tempo e si può fare un programma di massima. Avvocato Bagattini: Grazie.
Presidente: Prego. Prego, avvocato Filastò.
Avvocato Filastò: Grazie, Presidente. Mi premeva dire una cosa: con questo, il massimo della solidarietà, della comprensione, anche direi dell'affetto per il signor Renzo Rontini e per l'impegno che ha profuso in questo processo per riuscire a scoprire la verità. Ho una figlia anch'io e che se gli fosse capitato quello che è capitato alla povera Pia, questa deliziosa ragazza, allegra ragazza, con questa sua anche innocenza che traspare dalle fotografie, le ho viste, avrei fatto anch'io come lui. Sarei andato forse anch'io a rifugiare persino nello spiritismo, nello... Chi lo sa cosa può fare un uomo, una persona quando si trova in quelle strette! Però, dice ancora il dottor Giuttari a pagina 5, all'udienza del 25 giugno del '97, riferendo questa deposizione di Lotti: "Stanno un po' chinati in questo posto che indica e poi dopo alcuni minuti, 10-15 minuti, li vede andare via, tornare indietro." Accidenti, 10-15 minuti chini? "Attraversare la strada San Casciano-Firenze e prendere la macchina del Pacciani, che era parcheggiata dietro un muretto." Ma allora il Lotti ci sarebbe stato fino alla fine e oltre, penso. E qui, fra l'altro, ho l'impressione che in questo trasferimento di circostanza da una fonte a un'altra sia avvenuto anche, forse, un infortunio. Che in realtà, sia il signor Rontini che la signora Rontini ci hanno parlato di una buca: ma a Vicchio. E coiti'è che questa buca poi è andata a finire anche agli Scopeti? Che abbia capito male, il Lotti? "Si perquisisce" - dice il dottor Giuttari "bonificando questa zona del bosco, cioè si ripulisce la zona dai cespugli" - deve esser stato fra l'altro un gran lavoraccio, deve essere stato - "e si scopre la buca completamente mimetizzata." Siamo all'udienza del 26 febbraio... No, no. All'udienza del 25 giugno del '97 - io non c'ero - a pagina 10, interviene il Presidente che dice: "Sono passati 10 anni, 11 anni dalla buca..." Beh, Presidente, mi scusi, ma lei forse voleva dire sarebbero passati.
Presidente: Va be', sì.
Avvocato Filastò: Eh, certo. Perché come si fa a dire che una buca ha 10 o 11 anni? Le buche non hanno età.
Presidente: No, si parlava della...
Avvocato Filastò: Sì, sì. No, ma certo, Presidente. Per dire... A me mi serviva questa cosa per dire che la buca si è trovata. E si capisce che si è trovata la buca, siamo in una zona con i cinghiali, che volete non trovare una buca da qualche parte? La buca si è trovata. Certo, ma dire che è vecchia di 11 anni non si può proprio dire, perché la buca, le buche son come le pietre. Le pietre non hanno età. Nemmeno facendo l'analisi all'atomo di carbonio arricchito si può arrivare a stabilire l'età di una buca, perché ci vuole la sostanza organica per fare quel tipo di valutazione. Eh, insomma, tutte le pietre e tutte le buche son vecchie chissà quanto. Poi prosegue, il dottor Giuttari, a darci un'altra conferma, un altro conforto delle dichiarazioni di Pucci e ne parla per ben tre pagine, riferendo la testimonianza del signor De Pace, cercatore di funghi. E ve lo descrive sottolineando il senso - fra virgolette - "civico della persona anziana", che è un pensionato del '24. Che riferisce questa circostanza strana, anomala, dell'incontro con un'altra persona, che poi lui identifica con Pacciani. E questa identificazione con Pacciani il signor De Pace la fa a distanza di 11 anni, perché l'incontro sarebbe avvenuto nel mese di settembre del 1985. E perché si parla di De Pace in questa sede, parlando della buca? Perché il signor De Pace vede che questa persona che incontra tiene qualche cosa sotto il braccio. Allora si ipotizza che qui il Pacciani sia andato a riprendere dalla buca qualche cosa che avrebbe lasciato. Ma la domanda immediata e spontanea che viene - e che ci riferisce del resto anche il dottor Giuttari - che viene rivolta a questo testimone De Pace, è questa: 'come fa lei, a 11 anni di distanza, a ricordarsi tutto questo incontro, che avvenne nel mese di settembre del 1985?' Lasciamo da parte che questo signore dice di aver riconosciuto Pacciani e si presenta a dire di aver riconosciuto Pacciani quando vede che Pacciani è stato scarcerato- Vale a dire, lui va a riferire questa cosa il 26 febbraio del '96, dopo la sentenza di assoluzione della Corte di Assise di Appello e la scarcerazione di Pacciani. Dice: 'io fino a questo momento non avevo detto nulla' - dice l'adamantino signor De Pace - 'però quando ho visto che gli avete dato il via, allora sono venuto a dire che l'ho incontrato in questa zona, in questa data', eccetera. Va be', come fa lei, signore, a dire questa cosa? E il signore De Pace dice il dottor Giuttari -perché qui sta parlando il dottor Giuttari, non il signor De Pace; che poi il signor De Pace verrà a parlare qui al dibattimento - riceve la conferma, il conforto, il riscontro del riscontro, rappresentato dal fatto che il signor De Pace fa riferimento al fatto che c'erano le sorbe che sono un frutto settembrino. Ora, se c'era una cosa, qui doveva immediatamente... questo fatto del riferimento alle sorbe doveva subito far mettere un campanello di allarme all'inquirente, dottor Giuttari e agli altri inquirenti. Perché se c'è una cosa, un punto di riferimento più ambiguo di questo mondo, da un punto di visto cronologico, son proprio le sorbe. Tant'è vero che, io mi ricordo ancora il mio professore di greco e di latino che, quando eravamo in terza liceo e ci preparavamo all'’esame di Maturità, ci diceva: 'voi non maturerete mai, perché voi siete come le sorbe', ci diceva. Perché le sorbe, per l'appunto io sono andato a fare una ricerca in materia. Voi sapete che quando si fa, si scrive, si fa dei racconti, ci si occupa di narrativa, abbiamo, io almeno, una specie di bibliotechina in cui c'è tutto: c'è i cani, c'è le armi, c'è gli alberi, c'è i frutti, c'è i fiori. Perché può capitare di dover parlare di qualche cosa e allora ci si va a documentare. E quindi c'avevo anche questo libretto che è intitolato così: "30 0 piante, fiori e animali" - europei naturalmente - "Guida essenziale al riconoscimento. E da questo libretto, alla voce sorbo, io trovo che c'è due tipi di sorbi: uno che si chiama il sorbo degli uccellatori, "sorbus aucuparia"; e poi c'è il "sorbus domestico" che invece è la "sorbus domestica". E che questi due alberi, i quali poi fanno queste bacche, tipo bacche, non so cosa siano di preciso, son frutti tipo bacca, fioriscono a maggio. A maggio fioriscono e quindi il frutto si forma sull'albero da agosto. E poi, come si sa, vero, direi da un punto di vista proprio di memoria collettiva, ci mette un accidenti a maturare, tanto che non matura nemmen sull'albero. Il frutto della sorba per maturare deve cadere a terra - e comincia a cadere a terra dalla fine di settembre a tutto il mese di ottobre - poi va raccolto, va messo da una parte a maturare su delle ceste, e solo verso fine di dicembre, primi di gennaio diventa mangiabile. Ed è fra l'altro un frutto gradevole, consigliabile, perché ricchissimo di vitamina C. Ma se qualcuno intendesse di mangiare la sorba prima, gli diventa la bocca così, perché allappa, è terribile. 
Avvocato Colao: (voce fuori microfono)
Avvocato Filastò: È vero questo... Oh guarda, ho trovato l'approvazione, sulle sorbe, dal collega avvocato Colao. Allora se c'era una cosa proprio da dire: 'scusi, abbia pazienza, faccia un altro riferimento cronologico, proprio le sorbe no; scelga un'altra cosa'. Era questo. Invece il dottor Giuttari, eh, insomma, immediatamente: ecco, guarda l'attendibilità del testimone, prova ne sia che parla delle sorbe. Poi dopo quando, avete visto al dibattimento, questo personaggio voi lo avete visto, ha fatto la fine che ha fatto. È stato, come dire, l'inizio di una certa discesa che hanno preso certi testimoni dell'accusa, che poi culmina con lo Sgangarella. È venuto fuori che era un delirante, un delirante, un paranoico; proprio uno di fuori come un terrazzo, come si dice. Di fuori come un'antenna parabolica, non c'è niente da fare, vero. Comincia a dire, si era appena messo a sedere, e dice: 'a me mi pedinano. Sono pedinato'. Pedinato lui? Come no! Il De Pace: 'sono pedinato'. E poi giù, tutta una cosa, tutto un affastellamento di discorsi: 'eh, ma lo so io, perché...', lasciamo perdere, è meglio lasciarlo fare. Il De Pace lo avete liquidato. Però una cosa, vorrei sapere io: arrivato al termine di questa débàcle del De Pace, totale, per cui è apparso veramente indecente come testimone da portare ad un dibattimento penale, in un processo penale di questa gravità, il Pubblico Ministero si è riservato di produrre una documentazione medica in cui si attestava che questo De Pace era diventato tale, vale a dire così di fuori, in epoca successiva. L'ha depositata poi il Pubblico Ministero? Mi pare di no. Allora io ho il diritto, a questo punto, siccome la cosa, questa certificazione da cui risulti che questo signor De Pace non è diventato nelle more del processo, di fuori come le antenne, eh, ho il diritto di ritenere che, insomma, la possibilità di rendersene conto c'era anche prima. E che, in definitiva, questa prova in questo processo, questi riscontri, vengono affidati a personaggi di questa natura, perché si tratta un po', come dire, di rimpolpare una accusa che, veramente, altrimenti è molto scarna. Voglio dire: la storia dei moccoli e dell'andare a letto al buio. Se a un certo punto si deve attenerci ad un De Pace, al moccolo del De Pace, è molto meglio andare a letto al buio. E se anche è dovuto che si porta il de Pace, vuol dire che proprio abbiamo bisogno, come dire, di arricchire un certo discorso, il quale è di per sé abbastanza scarno, diciamo così. Prova ne sia che il secondo riscontro che ci produce, che ci viene prodotto dall'accusa, in particolare dal dottor Giuttari, è la signora Sharon Stepman. La quale è una americana, va bene, del tutto inesperta dei luoghi, come può essere una americana, che avrebbe visto una macchina bianca che fa l'atto di uscire dalla piazzola. Quale piazzola? Questo è il punto fondamentale. Per modo di dire, perché insomma, una macchina poteva anche uscire, mentre lei tornava con questo Raspollini Valeriano - fra l'altro li conosco, fra parentesi - eh, tornava da dove erano stati, da Perugia. Eh, poi erano tornati a casa del Raspollini, che sta verso San Casciano, no? Lei lascia il Raspollini e poi torna verso Firenze. 
(voce fuori microfono)
Avvocato Filastò: Eh? 
(voce fuori microfono)
Avvocato Filastò: No, no, no. No, no. No, ho ragione io. 
(voce fuori microfono)
Avvocato Filastò: Grazie. Come... Eh? 
(voce fuori microfono)
Avvocato Filastò: No. No, no e no. Erano insieme all'andata; al ritorno, quando fa questo avvistamento, la signora Sharon Stepman è sola. Tanto è vero che non ho capito perché il Raspollini sia stato chiamato a testimoniare qua. È venuto anche il Raspollini, ha fatto tutti quei discorsi. È un tipo... Cioè, è un personaggio che si occupa d'arte e tutto il resto. Insomma, che è venuto a fare, questo non l'ho capito, il Raspollini? Perché lui la macchina non l'ha vista. Ne ha sentito parlare dalla signora. La signora c'è li, lo racconta lei, che ha visto questa macchina.. . Ma dove l'ha vista questa macchina? Nella piazzola, questa piazzola? Quella che ci interessa a noi? No. Sul punto la signora è abbastanza chiara. Vediamo un po' se la trovo. La signora Stepman Sharon, eccola qui, guardate: udienza 7 luglio '97: "La sera dell'8 corrente, verso le ore 23.00, alla guida della mia autovettura, percorrevo la via degli Scopeti diretta verso Firenze. Giunta poco prima del ristorante denominato La Capannina...", vede quest'autovettura, eccetera. Va bene? Allora, avete presente la zona? Questa certamente l'avete presente, voglio dire. Venendo da Firenze s'incontra, sulla destra, prima la strada che porta alla piazzola; poi dopo si incontra La Capannina, il ristorante. Quindi, se lei venendo dalla direzione opposta, vale a dire da San casciano dove ha lasciato il Raspollini, vede questa macchina che esce dalla piazzola, prima della Capannina, non è la piazzola che ci riguarda. E non c'è niente da fare. E sicché bisogna prendere anche la signora Sharon, americana, poco esperta dei luoghi... Non so se era carina, ma insomma, questo non ha molta importanza. Mi sarebbe piaciuto vederla e dirle: signora, si accomodi, grazie tante. Molto gentile, molto cortese. La sua collaborazione ci commuove, però a noi non ci serve a nulla. A nulla. Proprio zero. 

mercoledì 27 gennaio 2016

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 10 marzo 1998 - Undicesima parte

Segue dalla decima parte

Avvocato Filastò: Passiamo ad esaminare tutti quelli che io mi sento di definire... qui siamo, con riferimento a tutto quell'aspetto scientifico che abbiamo descritto ieri. Con riferimento all'episodio di Baccaiano, siamo nell'ambito del contrasto netto con le dichiarazioni di Lotti. Qui siamo di fronte ai cosiddetti, a quelli che io definisco "mancati riscontri". Ieri si è visto come questa indagine sia a senso obbligato, "ius sub iudicis". In cui, non solo per comando del Giudice, c'è l'ipotesi dei complici, ma addirittura si individuano: Vanni, Faggi. E questo lo abbiamo visto analizzando l'esame di Vanni al dibattimento Pacciani. I cosiddetti riscontri non solo non sono tali, per quelle ragioni giuridiche che vi ha così dottamente e congruamente illustrato il collega avvocato Mazzeo, ma costituiscono, in alcuni casi, addirittura clamorose smentite direi da galera immediata per Lotti e per Pucci. Fino al punto che, alla fine: o calunniatori o "mostri di Firenze", una delle due. Allora, vediamo che cosa dobbiamo cercare. E vediamo seguendo quella che è la relazione introduttiva del Pubblico Ministero ed anche la sua requisitoria orale, che più o meno si equivalgono. Prima di tutto, al Lotti, un primo riscontro è Pucci: lo rinviamo questo, lo vedremo dopo. E anche la lettera di Pacciani a Vanni la vedremo, brevemente, perché ne abbiamo già parlato, in un momento successivo. Beh, c'è poi il Lotti, il quale diceva di essere stato 11 la sera dell'omicidio e che sarebbe confortato dall'orefice. L'orefice è venuto qui al dibattimento e vi ha detto semplicemente che al bar lui ha sentito dire - e non si ricorda se da Lotti o da qualcun altro - che qualcuno quella sera era passato di lì. Bah, sarebbe un riscontro questo? Che qualcuno quella sera sia passato di lì è un dato storico, oggettivo. Sto parlando della domenica. Ma perché? Ma perché voi lo sapete da altre fonti. Lì, a poca distanza, c'era la festa degli Hare Krishna. Sapete quelli che si vestono tutti di giallo, con la testa pelata che dicono "Hare Krishna, Krishna Krishna, Hare Hare, Hare Hare, Hare Rama, Rama Rama...", "Chi mi chiama? Giovannino che poco ti ama", diceva una novelletta da bambini. Certo che c'è automobili che passano, c'è persone che passano di lì, si capisce. Qualcuno sarà anche qualcuno di questi che frequentano il bar. Eh, per forza. Ma dove siamo? Siamo a due passi da San Casciano. È la strada che si deve oltretutto fare in quel periodo di tempo per andare a San Casciano, perché c'è la superstrada che è interrotta. Che razza di riscontro sarebbe l'orefice? Poi ci sono altre persone che vedono la 128 di Lotti caratteristica e persone che vedono Lotti e Pucci guardare - alle cinque o alle sei - verso la tenda. La prostituta Nicoletti che conferma il precedente sopralluogo di Lotti in quella piazzola. Pucci idem, il passaggio dalla strada sopra, sterrata; e a questo ci sarebbe la conferma della Frigo. La Pia Rontini era seguita. Lotti era omosessuale, Pacciani lo sa. Tant'è vero che c'è l'intervista ai giornali. Io non li ho visti, non lo so se poi sono stati prodotti questi giornali dell'intervista a Pacciani. Poi ci sono i riscontri oggettivi, i due coltelli e... non mi ricordo l'altro, poi mi verrà in mente. Il primo riscontro obiettivo che vi propone nella sua prerequisitoria il dottor Giuttari, è un riscontro da raffreddore. Udienza del 25 giugno del '97, pagina 4, dice il dottor Giuttari: "Il primo riscontro che indico è il rinvenimento di una buca nel bosco degli Scopeti, in prossimità della tenda dei due turisti." Il primo. E qui bisogna esaminarla questa circostanza delle buche. Delle buche, o della buca, non ho capito bene. Eh, bisogna vederla un po' bene, prima di tutto sotto il profilo della attendibilità della circostanza- Perché la prima cosa è valutare se una cosa ha un minimo di serietà, non dico di tipo scientifico ma a livello di buonsenso. Insomma, l'ipotesi qui qual è? Che gli assassini, o l'assassino, immediatamente dopo aver compiuto quella azione, vadano a sistemare qualche cosa dentro una buca a poca distanza dal luogo dove è avvenuto il delitto. È questa, no? La prima domanda è questa: che cosa? Non c'è versi, delle due, una: o i feticci, o l'arma. L'arma? Se questo deve essere un riscontro, no, deve essere un riscontro di qualche cosa. Non deve essere il riscontro soltanto di un "flatus vocis" del signor Lotti. Deve essere un riscontro di una circostanza che io vi produco a suffragare una ipotesi accusatoria più generale, e mi sembra chiaro, no? E allora qui, me lo volete dire cos'è che ci mette questa gente dentro questa buca? Cos'è nella vostra impostazione. Io quando faccio... ho fatto anche qualche ipotesi, però l'ho esplicitata, no? Allora sono costretto io a dirvi una delle due: o l'arma, o i feticci, che altro? Non lo so io. L'orologio, l'oro... non lo so, il portafoglio, la carta d'identità, non lo so io, cosa? In una situazione in cui, con riferimento alla buca degli Scopeti, il signor Lotti parla addirittura di queste persone che stanno curve su questa buca per 10-15 minuti, capite? A far che? Ho sentito che - perché non c'ero - ho sentito che il collega ha citato Collodi, Pinocchio. Posso citarlo anch'io. Pinocchio è nel campo dei miracoli, semina le monete d'oro. Anche questa è un'ipotesi da scartare: a seminare cose di questo genere certamente questi non c'andavano, per vedere se spuntava l'albero degli zecchini. Allora cosa? Mettiamo l'arma. L'arma? Questa famosa Calibro 22 che nessuno ha mai trovato, a un certo punto questi qui, chissà perché, si mettono a depositarla a due passi dai cadaveri? Ma che scherziamo davvero! Ma avete mai sentito dire una cosa di questo genere? A un assassino gli può cadere un'arma di mano e può restare lì sul luogo del delitto, ma che ce la vada a metter lui sul luogo del delitto, a due passi! Ha ragione Hitler. I feticci. Allora no: l'arma no. I feticci. I feticci, nella costruzione accusatoria, sono il lucro, sono quello che si raccoglie da questa mietitura. E se devono andare al facoltoso, dovizioso dottore bisogna che gli arrivi questo pacco, eh. E si va a metterli in una buca in terra, anche questi a due passi dai cadaveri? Ma che scherziamo, ma che è questa storia delle buche! Ma a chi gli è venuta in mente questa panzanata, questa grossa panzanata!? Ecco che io vi ho portato, ho tentato di introdurre in questo dibattimento una circostanza che spiegava questa cosa. All'origine c'era un seduta spiritica, di una certa signora Torregiani, di Lodi, la quale, sentite certe dichiarazioni fatte in questo diba... 'ma Dio bono' — dice - 'avvocato, questa storia delle buche è una cosa che mi risulta a me. Ma mi risulta dal 1990', ha detto questa signora. Perché questa signora ha i suoi mezzi medianici, ha avuto, così, la voce... - ma lasciamo perdere di chi, perché è sgradevole parlare, quando c'è il padre qui a due passi, che gli ha detto: 'questo ammazza, poi scava una buca e ci mette dentro i feticci'. Questo, visto come seduta medianica, come fandonia che nasce da una seduta medianica, io l'accetto benissimo. Per carità di Dio, se ne sente dire di tutti i colori, se n'è sentite dire di tutti i colori su questa vicenda del "mostro di Firenze". Che ci sia una medium che dice una cosa di questo genere... Ma questa cosa questa signora la dice poi al signor Rontini, gliela comunica. Io ho cercato, tutto questo, di... questo naturalmente ne parlo perché fa oggetto di una mia istanza, un'ipotesi, eh. Se voi aveste ancora, cosi, il dubbio che questa storia delle buche vi possa portare e possa eventualmente motivare la vostra sentenza di condanna di Vanni, prima voi dovete sentire questa signora. Perché questa signora - come ho tentato di documentare producendovi un documento - è in grado di documentare che questa sua preventiva illuminazione medianica delle buche l'ha certificata in un documento, che io ho allo studio, che vi ho prodotto... ho cercato di produrvi, voi me lo avete reso. Si è fatto, come si dice in Toscana, "anda e rianda". Ma quel documento porta la data del '93. E la data è certa, certificata dal Comune di Lodi. Allora, chissà com'è, chissà come, questa storia esoterica della buca finisce a Lotti. Canali... mah! Tramite, ovviamente, la signora si trasferisce al signor Rontini. Il quale signor Rontini non venga a dire che con questa signora ha avuto una conoscenza appena appena superficiale, perché non è vero nulla. La signora è venuta da me e mi ha lasciato un malloppo di documenti così, fotografie, lettere, biglietti, foto, persino mentre stanno insieme su una nave olandese. Ma l'aspetto straordinario è, appunto, che questa che io considero una panzana va a finire a Lotti. I canali io non lo so quali siano, però son canali che evidentemente esistono. Presidente, mi farebbe fare altri cinque minuti dì pausa e poi si riprende fino alle 2?
Presidente: Va bene.
Avvocato Filastò: La ringrazio. 

martedì 26 gennaio 2016

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 10 marzo 1998 - Decima parte

Segue dalla nona parte.

Avvocato Filastò: Va be'. Torniamo a bomba, non lasciamoci inforbiare da altre cose. Allora, la circostanza è questa: sul posto, nella immediatezza degli spari, nel momento topico del delitto, immediatamente prima immediatamente dopo, non ci sono macchine su quella strada, salvo una: quella delle vittime. Lo potete dare come un elemento accertato. Sulla macchina, per allontanarsi dal posto, andare in un luogo più favorevole e compiere le escissioni, non ci si mette il povero Mainardi: ci si mette la belva, e finisce nel fossato. Confronto con la cosiddetta "generica" i dati obiettivi. Si esaminano qui - e vado tutto a memoria, con l'impegno di ritornarci sopra, domani, se è il caso, e se dico qualche cosa che è inesatta, per piacere, Pubblico Ministero me lo faccia presente - i dati obiettivi sono i bossoli. Primo: che indicano una certa collocazione dello sparatore, in un certo momento. Bossoli, cinque o sbaglio? Cinque, tutti intorno alla macchina, a dove si trovava inizialmente, presumibilmente, la macchina; in un arco, massimo, di un paio di metri. Ci sono due bossoli che sono sulla strada. E per forzai Perché siamo lì, sulla strada, attenzione, sull'asfalto, sul primo tratto del manto asfaltato; perché siamo lì, perché siamo in un fazzoletto e questi colpi vanno a colpire quasi mortalmente Mainardi, ma attenzione, perché questo è quello che, secondo me, emerge dalla perizia; non è stato detto in questo modo. Colpiscono alla testa sì, perché lui dall'81 di giugno in poi, lui mira alla testa; abbiamo visto che c'è questo perfezionamento. È andata male con la Pettini nel '74, con la povera Pettini, Stefania Pettini; a partire dall'81 si mira alla testa. E però il bersaglio della ragazza non l'ha presa come voleva lui; è scivolato via il proiettile, ha colpito al naso. Lesione traumatica molto, sanguinolenta molto, però non mortale; e la ragazza si muove e reagisce e forse urla. Perché dico questo? Me lo invento? No. Voi avete una conferma di questa ricostruzione che vi sto facendo; data da che cosa? Da un reperto di carattere obiettivo che voi trovate su uno stinco della povera Antonella Mainardi. C'è una ecchimosi evidente, provocata da che cosa? Guardino, è un'ecchimosi, è una lesione vitale; cioè non è una ipostasi, non è un travaso sanguigno che avviene dopo la morte, in conseguenza del fatto che il corpo non pompa più sangue e il sangue va a collocarsi in certe zone declivi del corpo. No. E' una ecchimosi, cioè a dire è un liquido che emerge immediatamente in seguito ad un colpo, ad una botta. E che colpo può essere questo? Quello della ragazza, poverina, che agitandosi è andata a sbatacchiare contro il sedile anteriore con questo stinco. Non c'è altra spiegazione. Ed è allora che questo feroce individuo ha questo momento di incertezza, perché questa ragazza si muove e allora esplode un colpo; e si trova il bossolo dentro la macchina. Esplode un colpo che, forse, è quello che prende in fronte, questa volta, la ragazza e forse no. Questo non lo so, come fa a dirlo? Nessuno lo può dire, certo che un colpo c'è in questo senso, dall'interno della macchina. Però tutto questo, tutto questo l'ha pagato in termini di perdita di controllo. Il tratto di strada da attraversare è quanto di qui a lì, eh. Dalla coda della macchina al fossatello c'è quanto da dove sono io a all'inizio dei gradini; mica di più. Andateci a vedere se è così. E immediatamente c'è il fossatello. In questo momento, ha perso... Questa persona si è mossa, lui ha sparato, ha perso il controllo ed è finito dentro il fossato. E questo, eh, la questione è grave; e questo per lui è grave. Qui ne va di esser presi, finalmente. Ma, allora lui, a questo punto - ecco, guardate la freddezza, la cattiveria di questa persona - è convinto di aver ucciso la ragazza, perché la ragazza probabilmente lui l'ha presa con questo colpo sparato dal di dietro; e allora scende, scende. Chiude lo sportello, forse lancia le chiavi in questo momento, via, lontano. Si sta per allontanare, con la coda dell'occhio: il movimento del povero Mainardi, che anche lui è rimasto vivo. La ragazza è morta dopo che lui gli ha sparato quel colpo dall'interno della macchina, ma allora eccolo... pim pim i due fari, perché danno fastidio, e non c'è tempo di tornare alla macchina, aprirla e finirlo da vicino, perché il tempo stringe, bisogna andar via, siam sulla strada... pam, pam! via i due fari. Pam! il terzo colpo sul parabrezza, che buca il parabrezza. Colpirà il Mainardi, non lo colpirà? Non lo so. E i bossoli eccoli lì, tutti e tre. Uno, due e tre, davanti alla macchina. E poi se ne va a piedi. A piedi. Bossoli, lesioni, questa lesione allo stinco della raqazza collimano; ci siamo. È l'unica ipotesi possibile; non è un'ipotesi, è una ricostruzione: l'unica attendibile, l'unica veramente seria. E a questo punto, anche da questo secondo punto di vista - non solo per l'assenza delle automobili ma anche per la ricostruzione attendibile, l'unica -e va bene, voi, a questo punto, Lotti lo avete già inquadrato. Ma dice: come mai gli inquirenti a questa impostazione, a questa ricostruzione che ha tutto il crisma - questo sì che ha il sapore e l'odore della verità - come mai gli inquirenti, invece... E' perché, tante volte, capita in una indagine, che qualcuno si innamora di una certa tesi. E qui, siccome ad un certo punto, noi, gli elementi più stridenti in tutto il fatto, in tutte le cose era per l'appunto questo aspetto, che questi ragazzi non era mai nessuno riuscito a tentare nemmeno una reazione, il che era straordinario, a questo punto, dice: 'Ah, questo il Mainardi c'è riuscito. Ha messo in moto e se n'è andato e questo gli ha sparato, gli è corso dietro'. Ha detto un difensore di parte civile: "Gli è corso dietro", corso, ma che corso. Ma dove si corre lì? Ma che c'è da correre? Sì, Colao, vacci Colao, vai a vedere se è possibile correre da quelle parti dietro all'automobile. È uno spazietto quanto da qui all'auto, lo vuoi capire? Allora, insomma, allora ci si innamora di questa tesi; e quando ad un certo punto... i Magistrati, quando si appassionano, purtroppo, su una determinata ricostruzione o tesi che sia, sono peggio degli avvocati. Perché gli avvocati possono, ad un certo punto, anche sballare... Sono molto peggio, non c'è niente da fare. Gli avvocati possono anche sballarle grosse, inventarsi le storie, e magari sposar le cause, ritenere fatti di un certo tipo che non son veri, tipo il trincetto dell'avvocato Colao. Avete mai visto nessuno che s'è incaponito più di lui su questa storia del trincetto? Il trincetto per l'avvocato Colao era diventato una specie di ossessione. Però dopo gli avvocati, poveracci, che posson fare più che sgolarsi, su questo siamo d'accordo, no? Più che sgolarsi noi che si può fare? 
Avvocato Colao: Non sono d'accordo.
Avvocato Filastò: Sul fatto che più che sgolarsi... 
Avvocato Colao: ...stai parlando te.
Avvocato Filastò: ... più che sgolarsi non si può fare. No, voglio dire... 
Avvocato Colao: No, stai parlando te.
Avvocato Filastò: No, voglio dire, ma sei d'accordo che più che sgolarsi non si può fare? 
Avvocato Colao: Ma io non posso dirti nulla.
Presidente: No, no, avvocato Colao, per cortesia, per cortesia. A
Avvocato Colao: Che ti devo dire, che son d'accordo?
Avvocato Filastò: No... 
Avvocato Colao: Non lo sono.
Avvocato Filastò: Ma su questo... per solidarietà nei confronti della categoria, abbi pazienza, tu potresti anche fare un benché minimo accenno di approvazione. In fondo, noi, non ci si può far altro che... vedi, almeno l'avvocato Curandai annuisce, invece. Perché effettivamente noi non possiamo fare altro questo, di sgolare. Noi sulla prova che si può fare? 
Avvocato Colao: Se una ricostruzione è sbagliata...
Avvocato Filastò: Sì, poi me lo dirai perché è sbagliata, eh. 
Avvocato Colao: (voce fuori microfono)
Avvocato Filastò: Sì, sì, tu lo dirai, tu lo dirai. Ma invece, purtroppo, i Pubblici Ministeri, gli inquirenti, i Carabinieri, la prova la stanno proprio... poi in queste contingenze, in questa immediatezza ce l'hanno sotto mano. Allora, quando urge, insomma, quando la cosa è così immediata, può scappare anche l'impegno tendente a deformare le cose. Insomma, è quello che è avvenuto, eh. E questa non è un'insinuazione; io qui non sto insinuando nulla, questa non è un'insinuazione, questa è una cosa documentata da un testimone: Martini. Questo è avvenuto. E proprio con riferimento a quella circostanza lì: l'amore per una certa ricostruzione, il fascino che dava... Ad un certo punto, qualcuno gli ha fatto un po' dimenticare che quando si interrogano i testimoni, non si tengono qui tre ore e mezzo e portarli poi al caffè, a dirgli: 'ma lei..' Tutto quello che ha raccontato Martini. No. Dice: 'lei dice così? Scrivo icché dice lei e fine del discorso'. Ecco. Quindi, una situazione, quella che ho descritto, e a questo punto possiamo cominciare veramente, con riferimento a questo aspetto, a ritenere che il signor Giancarlo Lotti è un solenne mentitore; un mentitore direi non spontaneo. Per carità, i canali per cui uno mente non spontaneamente possono essere tanti: si può andare dagli accompagnatori, mentre si va in un posto o in un altro, visto che siamo sottoposti -sottoposti per modo di dire - visto che siamo privilegiati con questo programma di protezione, mentre si va al ristorante... Oppure, c'è anche dei giornalisti, tante volte, che si interessano di questi rapporti con le persone e che non li dovrebbero avere, questi rapporti. Io vi ho già detto una volta, lo ridico adesso qui: insomma, lì c'è una trasmissione televisiva, che fra l'altro è stata riportata proprio recentemente agli onori dello schermo, in cui la mattina il povero Presidente Ferri e il povero Giudice a latere dottor Carvisiglia si arrabattavano a cercare di capire che cosa c'era dietro gli Alfa, Beta, Gamma e Delta, e intanto c'era un giornalista con la sua bella barbona grigia che intervistava il signor Lotti. E lo si vede, eh. Un'altra volta: 'Giovanni, tienti lontano dalla macchina da presa'. E tanto perché non ci siano equivoci: Spinoso, di cognome. E quindi ci possono essere tante di quelle cose, per cui a un certo punto la persona, la fonte di prova, decide di dire una certa cosa e va, guarda caso, a collimare con un errore, con uno sbaglio. Passiamo ad altro. 

lunedì 25 gennaio 2016

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 10 marzo 1998 - Nona parte

Segue dall'ottava parte.
Avvocato Filastò: Poi dice ancora Allegranti, a pagina... Leggetevelo tutto, perché vale la pena. Gli si contesta quello che dicono le altre persone. Il Pubblico Ministero: "No, sono addirittura intervenuti prima da soli e poi col signor Allegranti. Così dicono loro." E io dico: "Però non sono tra quelli della Croce d'Oro, vero?" "No, non sono quelli della Croce d'Oro." Dice il Pubblico Ministero. "Allora..." Interviene l'Allegranti, dice: "E allora io non li posso avere nemmen visti, no?" Poi c'è, lui riferisce di questa voce che circolava, di uno visto con le mani sul volante su questa automobile. Eh, se si fossero fatte le indagini su Baccaiano davvero! Si fosse approfondito tante cose, anche il perché di quel posto. Come mai questo qui è andato a colpire proprio lì, quella sera. Tra le tante cose che potevano essere indagate c'era anche questo personaggio visto con le mani sul volante, un po' prima, da qualcuno; sembra da due ragazzi in motorino. C'è una mia istanza in questo senso, chiedendo che la Polizia Giudiziaria li identifichi, che si portino qui a testimoniare. Va be ' questa è una delle cose che la Corte ha rigettato. Va bene, si vede che, effettivamente, qui non si tratta di scoprire chi è il vero e autentico "mostro di Firenze", ma si tratta di valutare - come dice il professor Voena - l'ipotesi del Pubblico Ministero e basta. Va bene, con questo posso essere anche d'accordo che non si debba scoprirlo noi qui, ci mancherebbe altro. Non si fa i processi per questo motivo. Però per, come dire, valutare una certa situazione poteva essere utile anche quell'accertamento. E il Pubblico Ministero alla fine, però, correttamente, a pagina 69, dice: "Ci sono delle deposizioni, ovviamente dell'Allegranti di cui ho parlato." La deposizione dell'Allegranti al Pubblico Ministero all'epoca, che sostanzialmente, devo dire la verità, nonostante le contestazioni del Pubblico Ministero, analoga, a parte gli orari, a quello che dice oggi. Poi, addirittura, si ipotizza di sentire la dottoressa Della Monica, non sarebbe stato male. Glielo chiesi anche io, non so se il Codice lo consenta, non l'ho guardato, ma insomma, forse sì. E poi, va be', e poi l'Allegranti racconta questa storia delle telefonate. La storia delle telefonate è importante, perché esclude nettamente che a fare queste... è importante, perché è possibile escludere nettamente, chiaramente, che a fare queste telefonate siano state uno: Pietro Pacciani; due: Mario Vanni. Pietro Pacciani, perché l'Allegranti la voce del Pacciani la conosce, l'ha sentita in televisione, l'ha visto un sacco di volte. E' una voce che -come certamente è esperienza comune di questa Corte, come di tutti i cittadini della Repubblica Italiana - è una voce con un forte accento, con una forte inflessione dialettale, chiariamola dialettale; insomma, dialettale toscana, fiorentina in particolare, come quella che ho io, che per quanti sforzi faccia non riuscirò mai a toglierla, me la porterò... Ma poi, perché mi devo sforzare, scusate? Non l'ho capito io. Si deve essere tutti qui a parlare con linguaggio radiofonico, in questo italiano assurdo che non esiste da nessuna parte? Calamandrei parlava come me e io sono orgoglioso di parlare come Calamandrei. Un amico milanese tutte le volte che mi vede, dice: "Ma corregiti la dizione!" Ma che corregiti la dizione; ma per quale motivo? Non l'ho capito, io. Perché non si sente di dove sono? Sono nato a Firenze, sono orgoglioso di essere nato a Firenze; amo questa città. Una delle ragioni per cui ce l'ho a morte con questa belva è che lui la odia, invece. La odia a morte come odia le donne; tanto è vero che la assedia, se guardate il giro che fa con i suoi delitti. E più ancora amo la campagna toscana. Insomma, Pacciani parla in un certo modo, non c'è niente da fare. E Pacciani non è; e Vanni? Vanni gliel'abbian fatto sentire. Eh: 'Vanni', si è detto. "Vanni, dica qualche cosa, lei'. Io avevo addirittura ipotizzato di farglielo sentire al telefono, insomma cose un po ' troppo complicate. E dice: "Vanni dica qualche cosa, lei. " Si aspettava Vanni che dicesse qualche cosa di nuovo, per dire la verità. Invece lei ha detto: "L'è du' anni che sono in carcere e sono innocente e ho tre operazioni da farmi. La mi' moglie, lei la cascò a terra e la non po vene' nemmeno a vedermi, sicché, io la senta, non ne posso più. La mi fa questa gentilezza di..." E poi infatti la gentilezza, che non era una gentilezza, secondo me, è un atto di giustizia, gliel'hanno fatta, benissimo è andata bene così, per ora. E, sentita la voce, risposta del testimone: 'No, no non c'entra proprio niente'. Allora sarà un altro, sarà il misterioso dottore, non lo so io. Il Lotti nemmeno lui dovrebbe essere, perché anche lui come inflessione dialettale ce l'ha abbastanza notevole. Sarà il mago Indovino, che lo so io, che fa queste telefonate? Un burlone non è di sicuro, Signori, perché l'ipotesi alternativa del Pubblico Ministero, veramente alternativa, è che sia un burlone. Un burlone da attaccare al muro, da imbullettarcelo, vero, per bene e che non si muova di lì come burlone. Perché accidenti a lui, vero! Telefonata alle due di notte a questo povero signore Allegranti, dicendogli: 'te sei un uomo finito, te muori; succede una strage a Baccaiano'. Una volta fa finta di telefonare dalla Procura. E che vuol sapere questo signore? Ce lo dice 1'Allegranti, per quello che intuisce lui: lui vuol sapere se il Manardi ha detto qualcosa. Torna? Torna. Ho depositato quei giornali, che una volta tanto sono utili in questa inchiesta. La stampa in questa inchiesta, in questa indagine non ha fatto un gran bel lavoro, per dire la verità; in questi ultimi tempi poi, non se ne parla. Lasciamo perdere. Ma lì non c'è nulla da fare, eh, i giornali parlano chiaro. Viene pubblicata la notizia che questa persona, il Mainardi, era vivo e aveva detto qualche cosa. Questo vuol sapere. Vuol sapere, teme, ha paura che il Mainardi abbia detto qualcosa; cosa? Abbia potuto dire... Certo, un poveraccio come Mainardi, nelle condizioni in cui l'ha lasciato, il massimo che può dire può individuare una qualità della persona che l'ha colpito a morte. Può dire un suo aspetto significante che lo identifica, che lo identificherebbe molto bene; che so io: una divisa, un distintivo. Ed ecco perché questo è lì: che le sue telefonate non sono - guardate - solo per sapere: soprattutto sono per intimidire, per impaurire la persona, terrorizzarla. Sono telefonate in cui si vuol sapere qualcosa e con delle frasi: 'sta attento, perché se tu lo dici, qui finisce male'. E signor Presidente e Signori Giudici, l'ultima di queste telefonate interviene nell'anno 1984 di agosto, a Rimini. Si credeva, e credevo io, che quest'ultima telefonata si fosse avuta nello stesso anno: nell'82. No, avviene due anni dopo, nel 1984; se non sbaglio il 18 di agosto, perché c'è il verbale dei Carabinieri. E cosa è successo il 29 di luglio del 1984, signor Pubblico Ministero? La burla, eh? La burla; altro che burla: sono morti altri due ragazzi, un po' meno di un mese prima. E l'inchiesta sta rivitalizzandosi, e c'è il rischio che qualcuno recuperi il signor Allegranti per chiedergli qualcosa. Ecco perché gli si telefona a Rimini, nella pensioncina dove lui va a passar le vacanze, appena due giorni dopo che è arrivato, perché è arrivato da due giorni; informato eh, il burlone, oltretutto. Informato bene, eh: quando è arrivato, dove è arrivato, a quale pensione è sceso, l'Allegranti. Meno di un mese dopo dall'omicidio Pia Rontini e Claudio Stefanacci arriva questa telefonata del burlone. E va be', lega? Ammettendo che questa telefonata, come io ritengo fermamente, queste telefonate, poi il Pubblico Ministero si affanna a dire: 'ma qui, questo signore, non si ricorda nemmeno quando è avvenuto l'omicidio; questo signore confonde: qui ci ha detto dieci telefonate, là ha detto due'. No, ai Carabinieri di Rimini non è che dica "due"; non vi sto a leggere il verbale, leggetelo da voi. Dice: "Ma io questo numero sul verbale non l'ho visto." Ed ha ragione, non c'è. I Carabinieri parlano di due telefonate, perché lui ne ricorda due; lui parla, anche a voi, se leggete il verbale, a voi vi ha raccontato due telefonate: quello del falso Procuratore della Repubblica, e quella di quello che dice: "una strage a Baccaiano." E poi c'è quell'ultima fatta a Rimini; lui ne racconta tre. E molte di queste telefonate - e per questo che il numero aumenta, dieci - lui non le riceve neppure. Lo sapete, l'avete letto? C'è scritto a verbale, rileggetelo. C'è scritto che molte di queste telefonate gli arrivano o a casa o nel posto di lavoro, quando lui non è a casa e non è nel posto di lavoro, gli vengon dette. Dice: 'guarda ha telefonato quel tizio'. Quindi, andare a inficiare l'attendibilità, la sicurezza, la genuinità di questo testimone che vi riporta una circostanza importantissima, che collima perfettamente con quel personaggio che abbiamo cercato di descrivere ieri: questo senso di onnipotenza, con la sua strafottenza, con la sua cattiveria, con la sua volontà di interferire nelle indagini. Cosa che fa fin dal 1981, nel mese di ottobre, quando lui ammazza a quattro mesi di distanza Susanna Cambi e Stefano Baldi; li ammazza, perché in galera c'è Spalletti e Spalletti vuol parlare. Se questo processo si fosse occupato anche di quel delitto, allora questo difensore avrebbe portato testimoni a confermare questa circostanza, sarebbe nato un altro caso Allegranti; persone che non solo sapevano questo. Primo: facciamo conto di averlo fatto questo processo, per dire che cosa avrebbe portato questo difensore a suffragare questa ipotesi, a questa ricostruzione; primo: avrei portato il signor Enzo Spalletti. Al signor Enzo Spalletti il difensore gli avrebbe fatto questa domanda: 'scusi, ma lei quando ha detto ai Giudici Izzo e Della Monica che loro sapevano benissimo che lui non era un colpevole? E che lo tenevano in galera, lasciando, ipotizzando, lo tenevano in galera, perché cosi...' Tanto questi due bravissimi, solerti, integerrimi magistrati si allarmano: ma allora cosa vuol dire, scusi, con questa frase? Ed è rimasto, questo, per aria, questo sospetto, questa idea. Cosa voleva dire questo signore? Ha visto qualcosa lui, quel giorno? Sì, che ha visto qualcosa. E poi lì interrogato. E poi avremmo sentito il fratello, avremmo sentito la madre, avremmo sentito un altro familiare; che ricevono telefonate, anche loro, da parte di una persona che parla un italiano corretto. E dice: 'dite al vostro familiare che non si allarmi, che prima o poi esce di galera'. 'Anche lui, però...', una volta, durante una di queste telefonate, questa persona dice: 'Anche lui, però, che si mette a parlare del giornale, che è uscito il giorno dopo? Gli sta bene se sta dentro.’ Ma tutte queste cose, voi... Ora ve le accenno io, sono tutte documentate però, sono tutte lì agli atti, eh, di quel processo. Però il dato storico, che avviene questo delitto a quattro mesi di distanza - questi due delitti avvengono nel periodo di tempo più breve, quattro mesi di distanza l'uno dall'altro - questo voi lo avete, non c'è niente da fare. E Spalletti è in galera. Poi si mette in galera Francesco Vinci. E come finisce in galera Francesco Vinci? Anche qui lo vedremo fra un po', parlando di un'altra questione; per ora accantoniamola. La pista sarda e tutto il resto. E Francesco Vinci è scelto male anche lui, per andare a finire in galera, perché anche Francesco Vinci ha visto qualcosa, guarda caso, nel 1968 alle Cascine del Riccio di Signa. Poi dopo Francesco Vinci fiondano in galera Mele e Mucciarini; la pista sarda pac ! delitto della Rontini. E poi, alla fine, si vede che alla fine gli è andata bene così come andava l'indagine, che la persona era giusta da metter dentro. Dentro al suo giustizialismo, il porcaccione - per modo da dire, parlandone da vivo - Pacciani gli stava bene. 

venerdì 22 gennaio 2016

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 10 marzo 1998 - Ottava parte

Segue dalla settima parte

Avvocato Filastò: Poi il teste Martini dice che è entrato lui e Gargalini all'interno dell'auto. E poi dice: "Ecco, l'Allegranti dov'era?" "L'Allegranti era, credo" - "credo" - "sia stato a preparare la lettiga per caricare." "Credo." "Però dice, siete entrati voi due?" E il teste Martini dice - sentano, Signori - è a pagina 10 di questo verbale del 19/12/97, dice il teste Martini: "Ci ha dato una mano sicuramente." "Ora, lì per lì cioè, ci hanno dato una mano a tirargli fuori il corpo da..." Quindi, ha "dato una mano" anche l'Allegranti a tirare fuori il corpo. "Ora io, chi c'era, chi un c'era, non me lo ricordo. Perché quando si fa...", eh, certamente, eh. Quando si fa un soccorso di questo genere, con questa urgenza con questa ansietà e tutto il resto, chi c'era e chi non c'era è molto difficile ricordarselo. Poi il teste Martini dice che la portiera fu sganasciata da tre o quattro persone. Presa, proprio tirata indietro. E niente, va bene. Il teste Martini... Non c'è niente da fare. A questo punto, il difensore di Vanni, eh, alla fine dice: "Signor Martini Marco, una domanda secca: lei è sicuro che il giovane era sul sedile dietro?" E il teste Martini risponde: "Si." "Sicuro?" "Sì." Pagina 15, verbale del 19 dicembre del 1997. Poi dice che il sedile venne spostato in avanti; lui se lo ricorda che era a 90 gradi. Non ha rilevato evidentemente l'azione fatta dal Gargalini di spostarlo un po' indietro. E fine. "Appena fu aperta la macchina, i due sedili erano regolari. Poi si fu noi a tirarli, a mandarli verso il parabrezza." Il ribaltamento dello schienale non lo ha visto. Dice, però: "Sarà stato un po' giù, così." Certo, quel "po'" che si vede anche dalle foto. E poi arriva il teste Ciampi Paolo, il quale teste Ciampi Paolo arriva, dice... Il Presidente gli chiede: "Ecco, può dire come trovaste la macchina e i cadaveri? Cioè il giovane e la ragazza che erano in macchina?" "Mah, la macchina era nel fossetto e i corpi erano dietro, dietro al sedile posteriore."
Presidente: "Tutti e due al sedile posteriore?" "Sì." Il teste Ciampi dice che entrarono i colleghi Martini e Gargalini: "Mi sembra, mi sembra." "Lei cosa ha fatto?" "Sono rimasto fuori, ho dato una mano a metterlo nella lettiga. C'era un sacco di persone. Fummo aiutati ad aprire questo sportello, a sganasciarlo un po' per entrare." Poi gli dice il Pubblico Ministero, gli contesta, dice: "Perché lei dice: 'erano sul sedile dietro, però io non li ho visti'? Come sa che erano i ragazzi?" Questa è una domanda sbagliata, perché non è vero che aveva detto: "Però io non li ho visti." A pagina 22. Me ne sono accorto leggendo questo verbale. Ma che si fa le domande così ai testimoni? Dice il Pubblico Ministero: "Due cose. Scusi, lei ci ha detto ora due cose che Io riesco a capire poco, perché lei dice che: 'erano sul sedile dietro, però io non li ho visti'." Come, quando mai lo ha detto: "Però io non li ho visti"? Il testimone risponde: "Perché, quando sono arrivato alla macchina, ancora i miei colleghi erano dentro e non erano stati estratti." "Erano indietro, ancora? Erano indietro ancora sul sedile?" E lui ripete: "Indietro." "Sono sicuro che è sul posteriore." Dice. Poi gli viene contestata la solita dichiarazione: "Non ho visto la posizione del Mainardi e nemmeno ho potuto estrarlo dal veicolo." E questo testimone, si vede un po' meno coraggioso di quell'altro, non spiega per quale ragione c'è questa dichiarazione, invece di quella che è la verità. Dice: "Sì, ma io volevo capire come mai, all'epoca, a domanda specifica" - dice il Pubblico Ministero - "le viene chiesto la posizione della ragazza e la dice; della posizione del ragazzo dice: 'io non ho visto la posizione del Mainardi', e oggi è così sicuro. Capisce?" "Certo." Dice lui. "Sicuro?" "Certo." Gli fanno vedere il verbale, se la firma è sua. E poi dice una cosa molto importante. "Dov'era l'Allegranti?" Domanda del Pubblico Ministero. "Mah, senz'altro non nella macchina, come le ripeto." "Lui non era nella macchina?" "No, non era nella macchina." "Non è intervenuto nella macchina?" "No, credo. Ora non mi ricordo se è rimasto o all'ambulanza, o era accanto a me fuori dalla macchina ad aspettare, insomma, ad aiutare gli altri due che erano dentro." Quindi pone una alternativa: 'o era con me, o era dentro ad aiutare gli altri due'. Ecco, poi c'è un'ultima domanda di questo difensore al Ciampi: "Il ragazzo era accanto alla ragazza?" "Per me, sì." E fine. E sono tre. Quattro, con il Di Lorenzo. Tutti quelli che intervengono con l'ambulanza, tutti quelli che vedono i corpi, a portiera aperta. Che hanno modo di constatare una situazione. Non c'è niente da fare: il ragazzo era dietro. E d'altra parte, poi, c'è l'Allegranti. L'Allegranti mi preme un attimo dire come mai interviene in questa circostanza, in questo processo. Mi occupavo di una trasmissione televisiva, perché l'origine di questa trasmissione, Mixer, era questa. Io avevo scritto quel libretto intitolato "Pacciani innocente". Il regista di una precedente trasmissione, ultracolpevolista su Pacciani, rispetto a Pacciani, Gianni Barcelloni - siamo diventati anche amici, dopo - legge questo libretto e dice: 'mah, forse le cose non stanno così'. Però, siccome è una persona di una certa onestà intellettuale, viene da me e dice: 'avvocato, lei ci sta a darmi una mano a fare un'altra trasmissione su questo argomento, in cui il discorso si pone in maniera diversa? Perché non mi piace, a me, aver fatto una trasmissione in cui davo addosso a una persona che forse è innocente'. 'Si figuri', dico, 'più che volentieri. Lo faccio di secondo lavoro, cose di questo genere. Perché no? ' E ci mettiamo lì a lavorare. Ci mettiamo lì a lavorare, si comincia a vedere... Io dico: 'guardi, però per correttezza, le persone io non voglio andare a sentirle. Perché non si sa mai, potrei un giorno dovermene occupare di questo processo. E' meglio di no. Vada lei.' E lui, un giorno, mi pare parlando con un collega qui di Firenze, non dirò chi è, ma insomma. . . Dice: 'ma guardate, c'è l'autista dell'ambulanza che si ricorda bene come stanno le cose. Si chiama così e così.' Dico: 'guarda, vacci a sentirlo'. Questo va a sentirlo. Sente l'Allegranti, torna, mi fa vedere la cassetta. Dico: 'ma accidenti, ma guarda questa storia', dico io. A me, fra l'altro, la cosa che mi colpì di più, era la storia delle telefonate, capito? E così è nata la faccenda. Io ho portato questo testimone, il Pubblico Ministero ha detto: 'eh, ma qui c'è la bellezza di 11 testimoni che dicono l'inverso...' Allora lo sapeva? Ah, lo sapeva, allora? E perché non li ha portati a parlarci delle automobili, sul posto, che non c'erano. E così è venuto fuori tutta la storia. Ma l'Allegranti è la persona più adamantina che si possa immaginare. Questo fascicolotto qua è tutto lui. Un tentativo, tentativi fatti... Intanto era il più anziano, lui. Parla della telefonata che, secondo lui arriva alle 23.15—23.20. Probabilmente sbaglia di 20 minuti. Certo, dice: "Era prima che io smontassi. Perché smontavo a mezzanotte. E quello che mi doveva prelevare" - dice puntualmente - "non era ancora arrivato, quindi era prima di mezzanotte." Infatti, benissimo. Perché lo abbiamo visto, attraverso le testimonianze di quei ragazzi che abbiamo percorso poco prima a proposito della questione relativa alla presenza di macchine oppure no sul posto, che l'orario siamo intorno alle 23.40. Questo è il momento storico degli spari. Mettiamoci 10 minuti per andare a telefonare all'ambulanza e siamo giustamente a mezzanotte meno 10. Poi racconta tutta la storia delle telefonate, su cui ritorneremo, perché sono abbastanza importanti. E poi dopo, sul punto del dove si trovava il corpo di questo ragazzo, lui è proprio sicuro al cento per cento. Perché c'era lui, perché è entrato dentro. Ma non solo lui è sicuro della posizione del ragazzo. Sicuro, perché lo ha constatato; anche lui è uno di quelli, e sono quattro, che vanno a togliere questo ragazzo da un posto... E che volete che non si rendan conto di dove si trova? Ma spiega anche il motivo per il quale una chiazza più ampia di sangue la troviamo piuttosto sul sedile anteriore che posteriore. Non è vero che sul posteriore non ci siano chiazze di sangue, nel posto dove sta Mainardi. Perché ci sono. Non solo, ma se osservate bene il verbale di sopralluogo, verbale, c'è anche un indumento, una maglietta intrisa di sangue, sul sedile posteriore, accanto alla ragazza. Ma spiega che questo ragazzo aveva la carotide perforata, che la posizione in cui stava la teneva chiusa; al momento di spostarlo, il getto di sangue. In più, lui dice: "Mi sono pulito le mani sul sedile anteriore", ecco spiegato il perché. Sangue ce n'era dappertutto. E schizza, schizza anche sulla portiera. Ma certo, la portiera è una sola di quella macchina. Affermare che gli schizzi di sangue sulla portiera sono l'indizio che il ragazzo si trovava sul sedile anteriore è proprio una cosa assurda. Perché di portiere ce n'era una sola. E non c'è niente da fare, lo hanno tirato fuori da quella portiera. Questo ragazzo pisciava sangue da una carotide bucata. E che volete? E sul fatto di essersi asciugato le mani sul seggiolino, lo dice a pagina 59, all'udienza del 16 dicembre 1997, fascicolo numero 67: "Io mi ci sono asciugato anche le mani." "Si è asciugato le mani a cosa?" "Al seggiolino." Dice. E se lui dice che il seggiolino aveva una inclinazione normale, è perché non l'ha fatta lui quell'operazione, come sapremo dopo da Gargalini, perché l'ha fatta Gargalini l'operazione di spingere un po' indietro il sedile.