Segue dalla dodicesima parte.
Avvocato Filastò: A proposito, tornando un attimo indietro, a proposito del riscontro dell'orefice Zanieri, sentite cosa dice lo Zanieri. Torno indietro:
"L'ho sentito dire da qualcuno del bar."
"Da qualcuno del bar." A verbale del 24 gennaio del '96.
Dopo aver detto, in precedenza:
"Questo discorso lo hanno fatto diverse persone e anche il Lotti."
Quindi, diverse persone che dicono: 'siamo passati di lì'. E passare di lì è più che normale. Per uno che va a Firenze quel giorno, per tornare si passa assolutamente da lì.
Benissimo. Ma quel che mi interessa, a questo punto, commentare e discutere in modo approfondito, sono le testimonianze di due testimoni veramente attendibili, veramente seri, che non prestano il fianco, come il De Pace, a nessun tipo di obiezione e che sono i testimoni De Faveri e Chiarappa.
Allora, chi sono? Sono due coniugi, come voi ricorderete - è per rammentarvi la circostanza - i quali sono andati a trovare quel giorno, domenica, degli amici che si chiamano Rufo; i quali Rufo abitano - tra l'altro mi pare che il Rufo è morto
- i quali abitano in una casa che sta dalla parte opposta rispetto alla piazzola degli Scopeti dov'è avvenuto l'omicidio dei francesi. Questi signori vanno a trovare questa persona.
A che ora? Alle 14.30. Lo dicono tutti e due.
Sono là, su quella strada, provenendo da Firenze. E devono fare una curva un po' a secco per entrare nel cancello e salire su alla casa dei Rufo. E sono le 14.30 del pomeriggio di domenica.
Domanda a loro, come a tutti i testimoni di questa natura:
"Come fate voi, signori, a ricordarvi che era quella domenica lì?"
Giusto, no? Perché un testimone parla a distanza di diverso tempo come loro e bisogna chiedergli come fanno ad avere l'addentellato del riferimento cronologico.
Risposta che proviene dal signor Chiarappa:
"Perché" - non è chiara, non credo che sia esplicitata, ma è implicita come risposta -"Perché quel giorno lì io ritornai a Firenze per scrivere un necrologio nei confronti di un, riguardante un mio ex collega" - perché è un musicista, il signor Chiarappa - "morto."
Un certo musicista Ferrara, se non ricordo male. No, ma me lo ricordo bene: Ferrara. E quindi ha questo addentellato cronologico che è quello.
Questo signore, nell'agire e nell'andar su, non
nota niente lui. È la moglie che fa caso alla presenza di questa automobile che lei, in un primo momento, ritiene essere bianca, ma che poi, ripensandoci bene, ritiene essere rossa. Va be', c'è una automobile lì, ferma, che infastidisce nel fare la manovra.
E lei dice: 'ci sono due persone vicino alla macchina'', ma ne descrive una sola bene.
Tipo, del classico contadino toscano, dice, in un certo modo, lo descrive.
Il marito di questa persona, della macchina, non se ne accorge. Lui sta guidando, va su. Però il marito, Chiarappa, proprio quel giorno sta inaugurando un apparecchio fotografico munito di un teleobiettivo.
Arrivato su alla villa col teleobiettivo si diverte a guardare col teleobiettivo la zona dalla quale è transitato fino a quel momento. Ed ecco lui vede col teleobiettivo di nuovo la macchina. Immaginiamo che sono le ore... 14.30, sono arrivati; diciamo le 15 e un quarto, quando fa questo giochetto col teleobiettivo? 15 e un quarto, benissimo. La macchina è sempre lì e c'è una persona sola, però.
Lui vede una persona sola.
Vede questa persona col teleobiettivo; la guarda, ci si diverte a inquadrarla col teleobiettivo. Bene.
Alle 16.00, verso le 16.00-16.30 - 16.30, anzi lui dice - il signor Chiarappa deve tornare a Firenze per fare questo necrologio. Prende la macchina e torna per andare a Firenze.
Rivede la macchina. Sempre lì, no?
Da Firenze... Gli vogliamo dare mezz'ora per arrivare a Firenze? Si fa le 17.00; gli vogliamo dare un'ora per scrivere il necrologio? Si va alle 18.00.
Ritorna per prendere la moglie: 18.30. 18.30-19... 18.45, sette meno un quarto, rieccolo dai Rufo, ripassa con la macchina. E questa macchina è sempre lì ferma.
Possiamo dire che questa macchina la troviamo in questo posto ininterrottamente, perché abbiamo questi orari: 14.30, 15.30-15.00, quando guarda col teleobiettivo, 16.30 quando va a Firenze, 18.30 quando torna. Guarda la macchina, la macchina c'è sempre.
E questa volta il testimone Chiarappa, questa volta lui prova il fastidio della manovra. Perché la macchina gli intralcia la manovra. Sempre lì.
Stesso fastidio che ha provato, pur non guidando lei, la moglie. La prova lui, però, questa volta. Dice: 'questa macchina dà fastidio'.
Torna su, prende la moglie, sale con la moglie. Vengono via alle ore 20.00.
Scendono giù alle 20.00, dicono tutti e due: 'e la macchina è sempre lì'.
Allora guardate: 14.30, 15.30, 16.30, 17.30, 18.30, 19.30, 20.00. Cinque ore e mezzo che quella macchina è lì, ferma, sempre in quel posto.
Che vogliamo dire? Due cose e non ce n'è versi, non c'è verso: o quella macchina lì non è la macchina del Lotti... Perché? Perché Lotti ci ha detto che con quella macchina è andato a Firenze, no? Insieme a Pucci, no, quel pomeriggio.
È vero, sì, che ci ha detto di aver fatto prima un salto lì alla piazzola a guardare questi francesi che facevano l'amore. Ma quanto può esserci stato? 20 minuti. Poi, certamente, cinque ore e mezzo lì a guardare i francesi che fanno all'amore non ci poteva stare, anche perché i francesi cinque ore e mezzo a far l'amore non ci possono stare. Perché va bene la performance sessuale della gente, ma acciderba, eh! Allora? Allora non è vero nulla; non è la macchina di Lotti, è un'altra automobile e chissà di chi è. Bah! Circostanza che va buttata via.
Ma c'è una alternativa, ovviamente, che il Lotti racconti un sacco di fandonie. Perché se quella è la macchina del Lotti, il Lotti è stato lì nei paraggi, in quel posto, per cinque ore e mezzo. Allora: subito in galera il signor Lotti.
Una volta interrogati i signori Chiarappa e De Faveri: il signor Lotti subito a Sollicciano, di corsa. Vada!
Si accomodi, signor Lotti, a schiarirsi. . . o a schiarirsi le idee, a raccontarci dopo che tutto quel che dice sono tutte fandonie, oppure, oppure a schiarirsi le idee per dire il suo ruolo effettivo in questo fatto.
Eh, non c'è versi. Il programma di protezione al collaboratore? La questione di legittimità costituzionale di una norma per cui, a un certo punto, cos'è che è venuto fuori? Non c'ero...
No, no, no. Non ci siamo affatto. No, non ci siamo proprio, non ci siamo. Non ci siamo proprio alla radice di queste indagini. Veramente è la radice che è marcia, qui.
La pianta non fiorisce perché la radice è marcia.
Se si ritiene Lotti un mentitore come è, come lo
ritengo io, allora poi siamo tutti d'accordo, fine del discorso. Va be', insomma, si piglierà un processo per calunnia, autocalunnia. E vediamo un po', e ba...
Ma se si ritiene che è vero e che quella è la macchina sua, questa macchina che sosta qui cinque ore e mezzo; e lui che viene a raccontare le fandonie della Ghiribelli, di essere andato dalla Ghiribelli col Pucci che si è ricordato... Come, te stai lì, invece, cinque ore e mezzo lì intorno a fare che? A spiare? Forse a prendere le misure, a valutare...
È tutto un altro discorso. Capite? È tutto un altro discorso! È un processo da fare di sana pianta, col signor Giancarlo Lotti assicurato alle patrie galere, per prima cosa!
Altro che riscontro i signori Chiarappa e De Faveri: testimoni puntuali. Altroché!
Pagina 46. La moglie dice:
"Da lì, poi, siamo andati via verso le otto circa e la macchina era ancora lì."
I testi De Faveri e Chiarappa non danno alcun riscontro alla pretesa confessione di Lotti, nella parte in cui dice di essere andato a spiare la coppia nel pomeriggio.
Il racconto di Lotti è assolutamente diverso.
Le conclusioni sono soltanto due, "tertium non datur": nei paraggi, a poca distanza dalla piazzola, domenica, c'è una macchina che non è quella di Lotti; la seconda: Lotti, con la sua macchina, è stato lì per almeno cinque ore, dalle 15.00 alle 20.00.
La gita dalla Ghiribelli è una fandonia, oppure avviene dopo.
Tutto il suo racconto non quadra. Cinque ore per spiare due persone che fanno l'amore sono troppe. Tutta la posizione di Lotti e di Pucci, e in particolare la sua chiamata di correo, va rivista totalmente.
Domanda al signor rappresentante dell'accusa, in questo processo, che conduce le indagini, che fa le domande a Lotti: se n'è accorto di queste cinque ore almeno di sosta di una macchina che lui ritiene essere - lui, il Pubblico Ministero - ritiene essere la macchina di Lotti?
E che domande gli ha fatto a Lotti sul punto? Almeno le domande. Diciamo che in galera non ce l'ha voluto mettere, ma le domande.
'Guardi, signor Lotti, che a noi ci risulta che la sua macchina ha sostato lì per cinque ore. Che ci
può dire?'
Io non le ho viste queste domande. Non le ho viste perché non ci sono.
E vorreste mandare all'ergastolo questo poveruomo sulla base di un materiale probatorio di questo genere? In cui, non solo non si perquisisce la casaccia di Lotti al Ponte Rotto, dove potrebbe averci nascosto 30 cadaveri, il signor Lotti. Altro che la pistola calibro 22 o i proiettili. Lo spazio c'è, è infinito. E la casa è abbandonata dall'88, da quando se n'è andato via lui.
Non solo. Non si chiamano, non si interrogano, nel corso delle indagini preliminari, eh, di questo processo. Io non sto parlando del dibattimento, eh. Al dibattimento, questa gente, è bell'e... è ultradimenticata.
No, quando si fa la ricerca delle automobili che appartengono agli "Amici di merende", quando siamo lì a cercare riscontri sulla macchina rossa, sulla macchina bianca, sulla macchina argentata, su quella color indaco, su quell'altra non so come, 15 testimoni che sono lì, nel momento in cui...
(forti rumori in sottofondo)
Presidente: (voce fuori microfono)
Avvocato Filastò: Allora ditelo, se devo smettere, posso anche smettere. Ne avrei anche voglia, perché sono stanco da morire. Comunque, eh, insomma...
Presidente: Ma c'è un...
(forti rumori in sottofondo)
Avvocato Filastò: Dicevo, questi 15 testimoni, meglio di loro non c'è proprio nessuno, perché bastava leggere.
Penso che nessuno lo abbia fatto, sicuramente il dottor Giuttari non l'ha fatto, altrimenti leggeva quelle carte e diceva: 'ma, diamine, ma questi eran lì in quel momento. O perbacco! Ora sì che si trova quello che ha visto la macchina del Pacciani, la macchina del Lotti... E come no? Erano lì. Uno di qua, uno da quella parte, uno da quell'altra, che si incrociano. Eh, perbacco!' Ecco.
No, nulla. Niente, niente, nessuno.
Ma addirittura sentite due testimoni che vi dicono che c'è quella certa macchina che voi ritenete essere la macchina del Lotti, che sta lì ferma cinque ore e mezzo e al signor Lotti: 'scusi, signor Lotti, lei dice che è andato dalla Ghiribelli quel pomeriggio. A noi non ci risulta mica, sa'.
Ora mi diranno, dice: 'ma avvocato, lei ci vuole insegnare a fare le indagini?' No, no, io sto criticando un certo materiale
probatorio. Non voglio insegnare nulla a nessuno, per carità di Dio! Figuriamoci.
Lotti è, come dire, a questo punto diventa una specie... prima si è detto che era un giudice; poi si è detto che era il perito dei periti; poi diventa un angelo. Ora lui diventa una sorta di personaggio metafisico che non si discute quello che dice lui, per carità di Dio!
Ipse dixit, genuflessione, ristoranti scelti, coccolato, come vedremo fra poco. Portato in giro, adulato... Non c'è nemmeno stamani, vero?
E invece, no. E non ci siamo, non ci siamo. E qui, ecco, ed è a questo punto, signor Presidente e Signori Giudici, che voi farete conto che, da questo momento, non parli l'avvocato Nino Filastò. Vi prego di fare questo sforzo di fantasia. L'avvocato Nino Filastò si fa da una parte con le sue convinzioni, con la sua onestà intellettuale e subentra il terzo difensore di Vanni, che potrebbe anche essere l'avvocato Pepi. Perché no?
(voce fuori microfono)
Avvocato Filastò: Non c'è più. È perché se l'è presa a male, di non so bene che cosa. Però io, fra l'altro, io me n'ero preso a male, avevo ragione, detto fra di noi. Avevo ragione nei confronti del Pubblico Ministero e nei confronti suoi
Ma come, se ne parla, dice: guarda, si chiede la
perizia psichiatrica... Dice: 'no, non si deve fare.
E come si fa? Ma io poi, quando il signor Vanni mi
ha mandato il telegramma, la lettera, dice: ‘
Venga, eccetera', sono venuto qua, e io per me -
che andava via l'avvocato - Pepi, non mi sarei mai permesso di dire una cosa del genere. Ci mancherebbe altro!
L'avvocato Pepi ha preso il cappello e se n'è andato poi dopo, definitivamente. Ma proprio per questo, motivo, perché se n'è andato, proprio perché parlando o impostando, io sapevo quale poteva essere una sua impostazione difensiva, io sono obbligato a percorrere anche questa strada.
Però dicendovi : "fate conto che qui - via i baffi,
via la barba, i capelli lunghi, via la fede poolitically correct, francamente siamo come il diavolo e l'acqua santa, da questo punto… Ma poi, non esageriamo, eh Presidente. Perché oggi le cose stanno un po' cambiando, per fortuna. E certe contrapposizioni non. si capiscono più. E se non si…
Continua ma non dispongo delle ultime due pagine dei verbali d’udienza.
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