lunedì 18 maggio 2015

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 19 febbraio 1998 - Quinta parte

Segue dalla quarta parte.

P.M.: E quindi, la nostra necessità di fare questa verifica della capacità a testimoniare del Pucci, è sotto questo profilo. Niente di più. E anche su questo il P.M. ha cercato, secondo me, doverosamente prima che correttamente, di fare anche una verifica scientifica. Cioè... ma quello che stiamo cercando di capire, cioè, questo è una persona che racconta la verità? È una cosa che risulta oggettivamente da qualche parte? C'abbiamo il conforto di qualcuno? Certo. Prima, e poi li abbiamo sentiti in questa aula, i professori Lagazzi e Fornari, che sono stati nominati come consulenti tecnici del P.M., hanno fatto quella valutazione che è necessaria, è richiesta dal Codice, dall'articolo 196 del Codice di procedura penale. Cioè, prima di dire, nella valutazione che voi dovrete fare al momento opportuno, se ciò che ha detto Pucci è vero e verificare se è capace, bisogna vedere se è capace al fine che noi ci proponiamo, quello di rendere testimonianza. E i consulenti tecnici... è un dato di fatto ma è emerso, chiaramente, lo abbiamo sentito. Cioè, sulle cose elementari come quelle che doveva descrivere le ha descritte con una chiarezza - lo vedremo fra un po7 - che non ha lasciato assolutamente perplessi. Le perplessità sono altrove, le vedremo. Ma la capacità di esprimersi, di raccontare, di memorizzare è chiarissima. Tant'è che l'esame dei consulenti tecnici non controbattuti da nessuno in questa aula e per questo solo da tenere ben presenti - ferma ovviamente il potere-dovere della Corte di pensarla come crede, perché è il perito dei periti - il Lagazzi e Fornari hanno concluso semplicemente: "La sua personalità difficile da esaminare non influenza la sua attendibilità." Parole chiare, semplicissime, spiegate nella risposta al quesito ancora meglio: "L'esame del Pucci" - ci hanno raccontato i periti - "ci consente di affermare con chiarezza, senza sostanziali riserve che, anche nel caso in cui eventuali, ulteriori indagini realizzate con la collaborazione del soggetto Pucci, ci consentissero di quantificare il suo obiettivo deficit intellettivo, perché questo deficit c'è, è un deficit che non costituisce, e non costituirebbe mai un disturbo psicopatologico tale da rendere inattendibili le sue dichiarazioni". Questo è il responso della scienza. Noi, anzi, voi, siete i periti dei periti e quindi lo prendete come un dato di fatto. Anch'io lo prendo come un dato di fatto. Per me la scienza ci ha detto qualcosa. L'abbiamo visto noi, in questa aula, a lungo, possiamo dire cosa abbiamo visto noi e cosa è emerso. Siamo d'accordo con questi periti, in questa aula è emerso qualcosa che ci consente di stare tranquilli su questa testimonianza. Beh, abbiamo innanzitutto visto il soggetto. Guarda che discorso complesso dobbiamo fare per valutare prima cosa ha detto. Vediamo la persona. Secondo me è un metodo correttissimo. Quando il difensore degli imputati, o qualche difensore vi ha detto: ma questo teste, prima vediamo chi è; ha fatto un lavoro corretto, ha fatto proprio bene a stimolarvi a verificare se Pucci, al di là di quello che ha detto è persona che... chi è, insonnia? Vediamolo prima, poi si crederà o meno. Non è il direttore di banca. In quel caso, forse, non c'era bisogno di consulente tecnico, non c'era bisogno di 196. Ma chi è questo Pucci? Perché per capire se possa veramente essere stato presente quella sera nell'85 a Scopeti, bisogna vedere chi è. Chiediamocelo. Abbiamo elementi? Certo, io vorrei che li vedessimo insieme prima di dire cosa ha detto. È una persona ce l'ha detta lui stesso e ce l'hanno detta i parenti. Abbiamo sentito i parenti, con dovizia abbiamo fatto tutte le domande ai parenti. Guardate, perché ci sono voluti otto mesi? Perché non ci siamo assolutamente... non vi siete mai rifiutati di approfondire. È una persona che tutti ci hanno detto concordemente, conduce una vita molto semplice. È - questo l'hanno detto sempre tutti, l'ha detto lui stesso - un amico del Lotti. Anche questo. Andavano... "Andavamo insieme dalle prostitute". Tutti ce l'hanno detto, dai parenti a loro stessi. È un omino... un omino, scusatemi il termine, che si muove con un motofurgone, da solo non va oltre San Casciano, torna raramente a casa tardi, avverte, la sorella lo controlla. Ma i parenti ci hanno tutti dato un elemento che a noi è importante acquisire oggi, per valutarlo: è un ragazzo che non è capace di inventare. Proprio non gli riesce materialmente. "Noi fratelli, da quando è morta la mamma, lo abbiamo sempre protetto." Ecco questo ragazzo-omino, facciamo una via di mezzo, come lo vogliamo descrivere, non ha importanza, si è presentato a voi come una persona sicuramente spaesata ma cosciente, uno che forse è stato troppo protetto e che quindi, quando aveva qualche ora libera, qualche pomeriggio libero, faceva quel che gli pareva, andava con il Lotti, i parenti non sapevano, non volevano, non hanno saputo, non ha importanza era l'uomo... che comunque era un uomo doveva andarsene per i fatti suoi. Nessuno, la sorella poteva controllare... quella sorella che qui ci è venuta a dire: "Ma cosa facesse la domenica io non lo so." Il fratello andava a prostitute e lo sapeva. È un uomo. Questo è il Pucci, eh. Io... è bene che tutti lo abbiamo presente. È chiaro che una persona di questo tipo, di queste dimensioni, di queste capacità, che si presenta un giorno alla Polizia Giudiziaria, che si mette lì e gli contesta che era lì quella notte, su quel 128 nei pressi, quando gli si fa le domande non è capace di inventare, o decide di stare zitto o, se racconta, dice la verità, è ovvio. È chiaro che sia pure un soggetto così, siamo stati indotti a crederlo subito, perché era un racconto talmente particolareggiato di quella notte a Scopeti, che era difficile non crederlo, fermo restando il dovere di verifica di quello che diceva. E allora vediamo questo racconto, perché è un racconto che... è un racconto sempre chiaro. L'ha fatto davanti a voi con una chiarezza, questo racconto, io mi ci soffermo a lungo, lo dico subito, e ha detto subito a cosa aveva assistito. E poi, siccome quello a cui aveva assistito è una cosa molto importante, molto grave, molto, sappiamo, sconvolgente, gli si è chiesto subito: "Come mai hai taciuto, come è possibile che tu abbia taciuto per tanti anni?" E lui ha detto subito: "Io avevo paura, mi avevano detto di non parlare, io volevo andare dai Carabinieri, io l'ho detto subito al Lotti, quello che abbiamo visto è una cosa importante, diciamolo." Ecco, un personaggio che vi fa un racconto e vi fa subito capire, attraverso un elemento che da lui stesso, che è una persona che ha capito, altro che incosciente. Tant'è che sta zitto. Lui tace per dieci anni perché ha capito a cosa ha assistito. Se fosse stato uno così, completamente incapace, l'avrebbe raccontato subito, la sera stessa ai Carabinieri, si sarebbe mosso. No, aveva paura, ha assistito a qualche cosa di importante. Ecco un elemento sul quale noi dobbiamo cominciare a valutare perché se vogliamo o dobbiamo credergli, abbiamo un elemento che è: è uno che per dieci anni è stato zitto volutamente perché ha ricevuto una minaccia. Guardate quante cose ha capito. Si è comportato in un certo modo perché ha capito. Cioè è una persona che capisce le cose, perché questo racconto lo poteva fare dieci anni prima. E poi ha capito talmente bene che alla Polizia Giudiziaria dirà dopo - e non ricordo se è stata fatta la domanda, però il verbale è stato prodotto perché sono state fatte le contestazioni e lui stesso ha detto: "Dopo che ho raccontato mi sono liberato di un peso. A me questi dieci anni, questo fatto che non riuscivo a dirlo e non lo dicevo mi hanno pesato. Hanno compromesso la mia amicizia con il Lotti." E lo racconteranno i parenti di come questo ragazzo non lo voleva dire e poi raccontandolo, con tutti i particolari, per cui i parenti stessi che lo conoscono meglio di noi lo hanno creduto, hanno capito che questo ragazzo aveva bisogno di liberarsi di qualche cosa. Questo è il personaggio, come si è comportato. Allora vediamo se questa persona, questo soggetto in dibattimento, ha tenuto un comportamento valutabile in modo diverso. O se il suo atteggiamento in dibattimento è perfettamente compatibile con questa persona, sempre al di fuori e al di là del racconto, che sappiamo tutti è un racconto importante. È un teste... dicevo, attenzione, ci sono i testi che ritrattano, i testi che non vengono; no, che questo racconto ha fatto alla Polizia Giudiziaria due o tre volte, l'ha fatto al P.M.; è venuto in dibattimento, e nei modi che Pucci Fernando è capace di raccontare e con quelle sue caratteristiche personali l'ha rifatto davanti a voi questo racconto. Quindi, ha raccontato queste circostanze e avete voi avuto la possibilità di valutarlo, di capirlo, non c'è in questo processo un verbale o più verbali del teste Pucci Fernando, teste oculare, messi lì alla Corte senza alcuna possibilità di critica perché nel frattempo il Pucci, magari, incapace di testimoniare, abbiamo introdotto questi verbali alla Corte, che sono importanti come elemento di prova, li abbiamo introdotti e avete i verbali. No, voi avete visto in faccia Pucci, tutti gli abbiamo fatto le domande, quindi, la valutazione è una valutazione che oggi possiamo fare perché è un teste che è venuto. Il P.M. non vi ha fornito dei verbali preconfezionati. Assolutamente. C'è stata la possibilità da parte di tutti di esaminarlo. E allora, durante questo esame, abbiamo potuto verificare tutti bene cosa... come sono andate le-cose. E io vorrei sottolineare, al di là dell'oggetto della sua testimonianza, che tutti conosciamo bene, perché cosa ha detto è quasi superfluo ricordarlo a una Corte che ha assistito a questo lungo dibattimento. Ma vorrei sottolineare un aspetto, perché ci consente oggi di valutarlo bene Pucci. Secondo me, se voi leggete, se tutti noi leggiamo con onestà, con obiettività, con il dovere che abbiamo di essere tersi, quella testimonianza, vediamo chiaramente a una prima lettura attenta che si divide in due parti secche, sono due atteggiamenti diversi quelli di Pucci, che probabilmente la dicono lunga, spiegano bene il perché. Eh, perché Pucci chiaramente dice subito, quando gli si contesta che era stata vista quella macchina... la macchina del Lotti: "Sì, è vero, noi ci eravamo. Ero lì col Lotti." E lui subito su questo, l'ha fatto durante le indagini, ma la prima domanda che gli è stata fatta al dibattimento, non ha avuto nessun problema a ammettere che lui lì quella sera, insieme al Lotti c'era. Capito? Insomma è... intanto, se lui c'era, allora dicono la verità la Ghiribelli, dicono la verità il Galli, quegli elementi che sappiamo sono seri, e Pucci dice: "Sì, c'ero." - ora si tratta di vedere che cosa ha fatto - "Quella sera noi eravamo lì..." - e comincia con la storia del bisogno - "Eravamo lì per fare un bisogno. Col Lotti ci siamo fermati." Però dice un elemento importante che emerge molto chiaro nel dibattimento: "Avevamo un appuntamento alle 23.00." Perché su questo, che la macchina di Pacciani e Vanni fosse arrivata prima o arrivata dopo, su questo ci arriviamo, la cosa sicura è che Pucci è tranquillo: 'avevamo un appuntamento’. E poi vi racconta, ci ha raccontato diffusamente tutta quella parte che erano stati... si erano avvicinati, erano stati minacciati da due, e che poi, da due persone. Il racconto che fa Pucci è di questo tipo. Poi erano tornati, siccome minacciati si erano allontanati, poi erano tornati sul posto, e poi volevano andare dai Carabinieri perché avevano assistito a delle cose tremende, il Lotti lo aveva sconsigliato, e dice... il punto fondamentale lo ha ripetuto qui, quello che ci mette un attimo in dovere di vedere se si crede o no. Ma il punto su cui Pucci non ha mai, non dico tentennato, ma avuto nessun tipo di dubbio è chi ha visto. "Abbiamo visto Vanni che aveva un coltello, con cui aveva tagliato la tenda, dal retro io avevo sentito il rumore. E poi c'era Pacciani che aveva la pistola in mano." Poi aveva visto uscire un ragazzo verso il bosco, dopo questa scena lui si era allontanato e Lotti era rimasto lì. 

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