Presidente: Signori, buongiorno.
P.M.: Buongiorno, Presidente.
Presidente: L'udienza allora è aperta. La parola ai difensori di parte civile. È presente l'imputato con i suoi difensori. Avvocato Santoni Franchetti, prego.
A.S.F.: Sì, Presidente.
Presidente: Io non debbo ripetere il concetto che vi ho già espresso abbondantemente...
A.S.F.: Finiremo.
Presidente: ... di essere, diciamo, sintetici.
A.S.F.: Oggi, oggi finiremo. Si può, Presidente? Questa parte civile interviene per la famiglia
Pettini, per il delitto del 1974 e per, 1985, le famiglie Mauriot e Kraveichvili. Io penso che coloro che si avvicinano a questa storia terribile, unica, come ha detto il Pubblico Ministero, assomiglino un po' a quel famoso archeologo, lo Schlieman, che andando a cercare la città di Ilio, in realtà ne trovò nove, se non di più. Così, coloro che hanno affrontato nel tempo questo processo, si sono ritrovati di fronte a una molteplicità di colpevoli e a una molteplicità di verità. Se noi pensiamo a tutte le persone che sono state arrestate - lo Spalletti, Francesco Vinci, il Mele, Mucciarini, il D'Angelo - o quelle sospettate - l'altro fratello, Salvatore Vinci, Chiaramonti, eccetera - ecco, noi ci accorgiamo di tante verità che si sovrappongono, si intersecano, si collegano. E infine, abbiamo oggi la discussione contro Pacciani Pietro, ultimo imputato, unico rinviato a giudizio. Ecco, ma una parte civile che significato ha in questo processo, così complesso, così difficile, condotto così dettagliatamente, così capillarmente, dal Pubblico Ministero? Noi non abbiamo giudizi da dare. Il nostro compito era seguire questo processo, collaborare con la giustizia, proporre esami, proporre accertamenti, testimoni, portare un contributo. E oggi, alla conclusione di questo processo, non penso che questo si possa spostare, noi abbiamo delle domande da fare alla Corte e vorremmo delle risposte. Perché ancora zone di ombre, a nostro avviso, in questo processo ci sono. A queste, a questo punto, può soltanto rispondere la Corte con la sua sentenza. Più che un dispositivo a noi interessa la
motivazione: perché Pacciani Pietro è colpevole? Perché Pacciani Pietro è innocente? Ma, soprattutto, la risposta ai tanti quesiti che sono in questa storia processuale e a cui noi chiediamo delucidazioni in questa sede. Partiremo, ripeto, non polemicamente con la difesa, che noi non siamo dalle parti di nessuno. La parte civile non è dalla parte del Pubblico Ministero istituzionalmente, come non lo è dalla parte della difesa: ha un suo ruolo critico, personale, culturale, di esperienza, e lo porta nel processo. Certamente poi, alla fine, dovrà decidere. Ma a noi, ripeto, interessano le domande da porre alla Corte. Inizieremo con la prova generica. Che cosa vuol dire? Divideremo il nostro intervento: la prova generica, cioè quella che
dall'analisi dei delitti va verso un probabile imputato, e poi seguendo la prova specifica, cioè le prove che dall'imputato vanno verso i delitti. E una premessa ulteriore si impone. Qui tutto è sempre stato contrario alla logica:ogni volta che uno prende una strada - e sono tanti i giudici, tanti i pubblici ministeri, tanti gli investigatori che hanno preso strade che sembravano sicure - si trovano da un'altra parte. Uno piglia il viottolo che va verso la montagna e si ritrova al mare; al mare poi vuol proseguire lungo la spiaggia e si ritrova un'altra volta in montagna. E gli errori che sono stati compiuti, proprio per eccesso di sicurezza e di razionalità. Partiamo col 1968. Si è sempre detto che questo delitto è la chiave di questa storia. Perché? Perché, per quanto noi ne possiamo sapere, lì si può per la prima volta vedere la presenza della pistola che poi sappiamo colpirà in tutti i successivi delitti. Lì, in quel delitto, vediamo per la prima volta uccisa una coppia. Come? In macchina, come in tutti gli altri successivi delitti. Però vi è anche una differenza enorme, una differenza abissale. Lo diranno i modenesi, ma non c'è bisogno di rivolgersi a uno psichiatra, a un criminologo per capirlo. In quel delitto non vi sono connotazioni psicotiche, mostruose, diranno loro. Cioè la donna viene esecutata, è un omicidio, un'esecuzione - 4 colpi - ma non viene fatto niente contro di lei. Dicono loro, a pagina 15 della relazione: "Non sembra sia stato mosso - l'omicida – da motivazioni sadico-sessuali, bensì da motivazioni comuni, motivazioni cioè che portano a desiderare l'eliminazione fisica delle vittime secondo una modalità e una dinamica psicologica del tutto, svincolata da elementi sessuali abnormi". Era evidente. E allora noi ci domandiamo: ma è veramente poi importante il '68 ai fini di questa ricostruzione? Ricordiamoci bene che il Pubblico Ministero, se non sbaglio - mi corregga, ma sostanzialmente comunque è esatto - nella richiesta delle misure cautelari nei confronti di Pacciani Pietro, non gli imputò il '68. E gli fu imputato soltanto nella richiesta di rinvio a giudizio; non prima. E per quanto ne posso sapere io fu anche una, come dire? una cosa tormentosa per loro. Fu molto difficile dire: è Pacciani colpevole nel '68. E non tanto perché vi è una sentenza contro Stefano Mele, ma per tutti altri elementi. Poi ebbero il coraggio, e questo va detto, il coraggio di dire no, noi lo rinviamo lo stesso a
giudizio anche per il '68. Ma soprattutto, e questa è una figura retorica - non sono il Pubblico Ministero, non posso parlar per lui - penso che loro non abbiano dato molta, importanza a questo fatto. Perché? Perché il primo delitto vero, mostruoso, è il 1974, che è l'epicentro di questa serie di delitti. Il 1974, 6 anni dopo, circa, il 1968; 6 anni prima, dopo la grande serie dei 6 delitti, '81-'85. E lì è l'epicentro, ne parleremo dopo. Ma ora vediamo il '68, velocemente. Il '68 è caratterizzato da questo: la coppia, Locci-Lo Bianco, è in macchina. Facciamo, questo è il posto di guida, questo è accanto al posto di guida. La donna è sopra l'uomo; posizione strana, perché abbiamo visto in tutto il processo che normalmente, in macchina, la donna è sotto e l'uomo è sopra. Però siamo tutti d'accordo.
Presidente: Avvocato, si vede che gli piaceva cosi.
A.S.F.: No, Presidente, perché il professor Montalto qui ha detto... ha detto: ci sono più ricostruzioni possibili e probabili, diverse, ma noi scegliamo questa. Ed è importante. Perché il Pubblico
Ministero è d'accordo che sia questa posizione, lo è d'accordo questa parte civile, ma soprattutto ricordiamoci che questa è la posizione che disse essere vera lo Stefano Mele. E quindi Stefano Mele aveva ragione. Ma vediamo un momentino come avviene il delitto. I colpi vengono - la donna è sopra, facciamo che il mio petto sia il dorso della donna - i colpi vengono da destra a sinistra, tre, e colpiscono la parte esterna del costato, quella verso la strada, con un tramite che va, per noi che si guarda, da destra a sinistra. Cioè così. Unico colpo alla spalla, va all'inverso, da sinistra a destra. Che cosa vuol dire questo? Ha un significato? Sì, ha un significato molto preciso. Se i colpi sono tirati qui, è evidente che chi ha sparato di là certamente, non c'è dubbio: i colpi vengono sparati da destra verso sinistra, dalla parte destra della macchina, per non colpire il bambino che è sul retro. Questa è una connotazione precisa, che non si può fare giuochi di parole per poterla scartare. L'assassino, nel momento in cui colpisce la donna ed è molto semplice, basta guardare i disegni, i tramiti che i modenesi hanno fatto nella loro relazione sugli omicidi, in fondo ci sono le figure con i tramiti e noi vediamo che i colpi vanno da destra a sinistra. Quindi per non prendere Natalino, perché evidentemente qualcuno affezionato al bambino, se avesse tirato al centro - abbiamo un colpo soltanto centrale, il più basso, quindi il più lontano dal bambino - poteva rischiare, se non esperto di armi, di poterlo colpire. Questa è la prima connotazione importante. La seconda è... Quindi si spara da destra e si spara per non colpire il bambino. La seconda connotazione importante è questa: non
vengono ritrovati bossoli dei quattro colpi fuori dalla macchina. I bossoli sono assenti. Ma ora giriamo intorno alla macchina e vediamo cosa succede all'uomo. L'uomo viene colpito esattamente dalla parte
opposta. Vediamo i tramiti: da sinistra verso destra, dall'alto verso il basso. Qui, sotto le ascelle. Ci sono i disegni con i tramiti. Che cosa vuol dire? Che l'assassino ha sparato dalla parte opposta della macchina, sull'ascella, dall'alto verso il basso. Quindi si pensa, possibile e vero, che abbia sparato dallo sportello posteriore destro, perché l'uomo è sdraiato. Bene. Che cosa vuol dire questo? Vengono infatti ritrovati 3 bossoli fuori e 2 bossoli interni. Se voi andate a rivedere la perizia, vi dirà che sono infatti una serie di 3 colpi e una di 2: quella di 2 dentro la macchina, quella di 3 fuori dalla macchina. Ma è strano allora uno comincia a ragionare e dice: ma perché? Ma scusa, allora ha ragione anche il Mele. I colpi vengono sparati al di là dalla macchina e di qua dalla macchina. Che cosa vuol dire? Che l'assassino ha girato intorno alla macchina, velocemente. Torna poco, tant'è vero - e poi lo diremo perché - i primi medici legali parlavano di pluralità di persone presenti e, forse, di pistole che sparavano. Tant'è vero che se noi dobbiamo dire un unico tiratore, la donna viene colpita da destra verso sinistra. Tanto che questa donna si alza. È sdraiata, si alza, piglia un proiettile nella spalla con un tramite completamente diverso. Anche l'uomo sotto non sarebbe stato fermo perché, evidentemente, passato il terrore dei primi colpi uno cerca di divincolarsi, togliere la donna, scappare. No, i colpi gli vengono tirati e lo colpiscono qui. Non alla schiena, non alla testa o nella parte alta, come potrebbe darsi da uno che si è alzato. Ma nella posizione in cui uno è abbracciato.
Vien proprio da pensare, se la scienza medico¬legale non è un'opinione, che i colpi vengono sparati simultaneamente. E d'altronde c'è da pensare che sulla destra bossoli non se ne trovano. E ora una parentesi. Io penso che in questo processo non si può dar sempre la colpa, e far quadrare il cerchio, ai Carabinieri. I Carabinieri hanno sbagliato: non hanno trovato i bossoli. E sarà sempre il leit motive di questo processo: i Carabinieri hanno sbagliato, gli investigatori ' hanno sbagliato, i pubblici ministeri hanno sbagliato. Non è vero: non c'erano. Se uno legge i verbali del tempo, chiamarono i sommozzatori, ci sono, dice: li cercammo approfonditamente. I bossoli non sono stati trovati. Dice: avvocato, ma lei che cosa ci va raccontando? Sta parlando di una pistola a tamburo? Sì. Perché vedono, nel 1970 - e se una cosa di buono
ha fatto questa parte civile, è depositare la sentenza di proscioglimento e di archiviazione del dottor Rotella - Francesco Vinci, che è uno dei protagonisti del '68, viene condannato per il possesso di una pistola 22 a tamburo. Già! Ma non solo, perché ho detto questo processo, per questa parte civile, è estremamente
tormentato, non ha logica. Anche Pacciani viene accusato indirettamente in questo processo, se non sbaglio, di aver detenuto una pistola 22 a tamburo. Talché dice un teste "de relato" che voleva far cambiare l'interno del tamburo per mettere proiettili più potenti. Vero? Possibile? Sì, io mi sono informato e ho saputo che le Long Rifle, se si fa un'operazione all'interno del tamburo, si può mettere le Magnum.
La Magnum è quattro volte più grossa di un proiettile Long Rifle. Quindi vero, possibile. A quei tempi c'erano le Magnum? Sì, c'erano.
Presidente: Quale Magnum, avvocato? Ci spieghi che cos'è questa Magnum.
A.S.F.: La Magnum è un proiettile 22 - che si chiama 22 Magnum - che ha una carica da sparo quattro volte superiore al Long Rifle. Quindi una persona che ama le armi, che vuole un effetto - pur avendo una 22 - più dirompente, è possibile, è vero che chiede una modifica per poter mettere dentro una Magnum. Queste sono connotazioni che noi dobbiamo dire, perché saranno importanti anche nel futuro. Noi vediamo quindi una scena che vede, secondo il profilo medico-legale, simultaneamente sparare da destra e da sinistra per evitare il bambino. Sulla destra non troviamo bossoli. Secondo noi è compatibile con più persone. Ma la domanda la rivolgiamo alla Corte. E ricordiamoci bene che le indagini erano dirette da un P.M. molto valoroso, un magistrato famoso: il dottor Caponnetto. E rinviò Stefano Mele a giudizio - avete gli atti - in concorso eventuale con altre persone. Quindi quando questa difesa ha parlato, durante il processo, di più persone, non è perché una mattina si è alzata, unico illuminato in un mondo di ciechi, ma perché, fin dal 1968 P.M. e investigatori, certamente di grande esperienza, di grande valore, hanno sostenuto questa tesi. Tanto è vero che poi furono arrestate altre persone, anche a coppia. Per esempio Mele e Mucciarini. Quindi addirittura si pensava fossero in tre, se non di più.
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