Gli altri giorni ripresi a lavorare alle fattorie, prima con M.D. alla villa di Montagnana a Mercatale, poi alla fattoria di Luiano di Mercatale col signor P.A., dopo Pianacci una villa del signor F.F., e infine a Sorripa di San Casciano a Torre Mozza col signor Aflo Gazzeri, operaio fisso. Che oltre a lavorargli il terreno con piante e giardino e orto, dovevo assistere il bestiame: 20 capre, suini, piccioni, polli e conigli, e due cani lupi. Andavo tutti i giorni, la quale ero unico operaio solo. Attaccavo a lavorare alle ore 8 precise tutti i giorni compreso il sabato, facendo pure gli straordinari che me li pagavano doppi e mi davano pure dei regali. Sono degne persone di rispetto e comprensione, gli unici datori di lavoro onesti che abbia trovato, specie la signora Paola sempre puntuale nella paga. Era lei che amministrava tutto, compresa l’amministrazione della fabbrica. Oltre il podere qualche giorno mi portava pure a fare qualche lavoretto pure in fabbrica a Calenzano: a imbiancargli il capannone quando gli prese fuoco. Ricordo era diventato nero dal fumo della gommapiuma bruciata; tutti i muri e il soffitto, e lo dovevano riconsegnare all’affittuario pulito come prima. Ci feci pochi giorni d’imbiancatura e pulizie della roba bruciata, e dopo non ci sono più tornato. Andavo giù dopo aver governato il bestiame la mattina alle ore 9. Mi portava la signora Paola con la sua macchina personale. Arrivati giù c’era un grosso cannellone di ferro che si apriva automatico, una volta entrati si richiudeva, e fino alla sera dell’uscita degli operai non si riapriva. Tutti gli operai, compreso io, si mangiava alla sua mensa che avevano nell’interno di sua proprietà, che in parte veniva rifornita con la produzione del podere che lavoravo io, specie la verdura, e carne dei capretti, polli, conigli, colombi ecc. La sera, finito l’orario di lavoro, gli operai uscivano dal portone con le loro macchine personali per il ritorno alle loro case, e io dovevo trattenermi ad aspettare la signora che finisse il suo lavoro d’ufficio che era compito suo (suo marito aveva altri impegni di lavoro, era sempre fuori per commissioni e acquisti dell’azienda). La signora mi diceva scusandosi: “Pacciani, stasera si farà un poco più tardi del solito perché ho molto lavoro d’ufficio. Se lei vuole continuare il lavoro delle pulizie mi segna le ore che fa straordinarie e gliele pago doppie.” Gli rispondevo: “Certo signora, sono qua per questo.” Oltre l’imbiancatura nelle ore di lavoro continuavo a pulire e a ammucchiare la immondizia. Pure gli operai si erano ridotti in pochissimi dopo l’incendio perché era cessata la produzione completa. Erano rimasti in pochi per ultimare dei lavori dopo le varie verifiche e richieste, compreso l’assicurazione che dovevano rifargli i danni. Dopo, ripeto, non ci sono più tornato, e gli continuai il lavoro nel podere, dove mi avevano assunto come operaio fisso, fino al 1985, quando presi le ferie per accomodare la casa dove abito al n.30 che ci avevo il muratore Pucci Giuliano che lo aiutavo come manovale. Poi continuai da me fino al giorno del mio arresto delle mie figlie nel 1987, che in parte la verità, ci fu tanta tragedia.
Pietro Pacciani – Memoriale del 7 marzo 1993 – Terza parte
Segue dalla seconda parte.
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