lunedì 9 febbraio 2009

21 agosto 1968 - Barbara Locci e Antonio Lo Bianco

Nella notte tra il 21 ed il 22 agosto del 1968
sulla via di Castelletti, che dal cimitero di Signa conduce a Lecore, furono uccisi all'interno di una Alfa Romeo Giulietta bianca, targata AR 53442, Barbara Locci e Antonio lo Bianco. I due giovani, mentre facevano l'amore, furono raggiunti da 8 proiettili Winchester serie H, ad ogiva ramata, sparati da una Beretta serie 70, calibro 22, Long Rifle. Dall'esame eseguito dal professor Biagio Montalto risultò che Barbara Locci fu colpita da 4 proiettili: 1 alla spalla sinistra in alto, 1 al centro dell'emitorace sinistro, 1 alla base dello stesso emitorace sinistro e l'ultimo tra la regione toracica e quella lombare sinistra. Antonio Lo Bianco fu raggiunto da un colpo all'avambraccio sinistro, da un colpo al braccio sinistro e da due colpi alla cavità sinistra dell'emitorace. I carabinieri intervenuti trovarono l'indicatore di direzione destro acceso, il finestrino dello sportello posteriore sinistro abbassato per metà e lo sportello posteriore destro semichiuso, sul pavimento dell'Alfa Romeo Giulietta, a lato del sedile anteriore destro, fu trovata una borsetta da donna aperta che lasciava intravedere il suo contenuto. Antonio Lo Bianco vestiva una canottiera di cotone bianco, una casacca chiara, slip bianchi, pantaloni scuri, calzini scuri ed era disteso sul sedile anteriore destro il cui schienale era stato completamente abbassato; Barbara Locci giaceva sul sedile di sinistra con la testa piegata a sinistra, indossava abito di stoffa variopinta, sottoveste chiara, reggiseno nero, mutandine bianche; le scarpe sotto il sedile anteriore. La borsa della vittima fu trovata aperta e al suo interno furono rinvenute 24.000 lire. Non furono trovate impronte digitali nè all'interno nè all'esterno dell'auto. A circa un metro dalla fiancata sinistra dell'auto furono trovati tre bossoli, altri due furono rinvenuti all'interno dell'auto sul sedile posteriore. Grazie all'autopsia e alle perizie medico legali si stabilì che l'assassino sparò attraverso il finestrino anteriore sinistro colpendo Antonio Lo Bianco a morte, Barbara Locci che si trovava sopra al Lo Bianco, ebbe il tempo di alzarsi e girarsi verso la portiera nel tentativo di fuggire ma fu colpita dai colpi sparati dall'assassino prima di riuscire ad uscire dall'auto. L'omicida rivestì i due corpi, li ricompose ordinatamente sui sedili, rovistò nella borsetta della donna e strappò dal collo della Locci una catenina d'oro.

Gli inquirenti pensarono ad un omicidio passionale, fu pertanto sospettato il marito di Barbara Locci: Stefano Mele. Costui si dichiarò innocente ed accusò altri amanti della moglie: Carmelo Cutrona, Salvatore e Francesco Vinci.
Rif.1 - La leggenda del Vampa pag.100
Rif.2 - Storia delle merende infami pag. 117



7 commenti:

mike ha detto...

Ciao Flanz

Volevo chiederti quale dei testi di cui disponi indichi con piu' precisione i riscontri di polizia scientifica sui delitti. Numero e topologia delle ferite, mappatura a terra dei bossoli, etc...

Ciao e ancora complimenti, anche se immagino che tu ci sia nabituato

Master

Flanz ha detto...

Ciao,
grazie per i complimenti.
"La leggenda del Vampa", "Storia delle merende infami" e "Il mostro" sono i testi con il maggior numero di informazioni. Dispongo però anche di diversi articoli di giornale che magari fanno luce su dettagli tralasciati dai libri di cui sopra. Ciao e grazie ancora.
Flanz

ilbravo ha detto...

Ciao Flanz, complimenti per il blog.Volevo osservare che Filastò asserisce che l'assassino in questa occasione avrebbe aperto lo sportello per uccidere.Inoltre, se ho ben capito,la Locci era posizionata, al momento dell'aggressione, su Lo Bianco.Sarebbe logico pensare che dovrebbe essere stata lei a venire colpita per prima.Gli slip dela donna sono stati parzialmente rimessi.Non so come abbiano fatto a giungere a una tale conclusione.Il bambino disse di essere scappato attaverso uno dei finestrini posteriori.Secondo me nella ricostruzione ufficiale di questo delitto, almeno secondo le mie fonti,c'è un po' di confuzione.Andrebbero letti i verbali dei carabinieri e il referto autoptico.Mi chiedo se negli atti del processo Pacciani ci sono e siano reperibili.O almeno in quello di Stefano Mele.

Flanz ha detto...

In nessun rilievo "ufficiale" ho trovato un riferimento relativo all'apertura dello sportello da parte dell'assassino. I Carabinieri quando giunsero sul luogo dell'omicidio aprirono la portiera anteriore sinistra e la scarpa sinistra di Antonio lo Bianco cadde a terra. Ho presunto che se la portiera fosse stata aperta dall'assassino i carabinieri avrebbero trovato la scarpa a terra. Non ci sono ad ogni modo rilievi oggettivi in merito ed ho pertanto preferito soprassedere.

In base alla posizione dei bossoli e ai fori di entrata sui corpi delle vittime fu stabilita la dinamica dell'omicidio descritta nel post. Nel 1968 non fu eseguita alcuna perizia sui cadaveri, solo sedici anni dopo, sulla base dei verbali autoptici e di alcune foto, fu possibile ricostruire la dinamica più probabile.

Le dichiarazioni di Natalino Mele dicono tutto ed il contrario di tutto, quando non ho dati certi preferisco evitare di riportare elementi discutibili.

Sono d'accordo con te sulla "confusione" degli inquirenti nel trattare la vicenda che ci appassiona entrambi, in 40 anni sono spariti reperti, perizie, prove, sono state indagate decine di persone, ascoltati centinaia di testimoni per poi giungere a conclusioni a dir poco opinabili.

Ti ringrazio per aver condiviso le tue considerazioni e per l'attenzione con cui segui il blog. Ciao, a presto!

ilbravo ha detto...

Grazie per la risposta Flanz.Ho riportato solo quanto letto su Storia delle merendi infami.Di una cosa io mi sento sicuro:questo è il primo delitto della serie.Se si fosse creduto alle parole di Natalino (in fondo si trattava di un bambino di sei anni, perché avrebbe dovuto mentire, perché attribuirgli una capacità recitativa di un adulto?), dicevo se gli si fosse creduto, questa vicenda sarebbe stata tutta un'altra storia.Involontariamente, a mio avviso,gli inquirenti hanno sempre fatto il gioco dell'assassino perché hanno fatto credere alle giovani coppie di avere sottochiave il vero colpevole.In questo modo i giovani che si appartavano abbassavano la guardia, convinti che il Mostro fosse stato catturato.L'errore del 1968 si è perpetrato anche dopo il delitto di Baccaiano, quando è stata teorizzata la pista sarda.Da quel momento sono iniziati gli arresti inutili per le indagini e dannosissimi per le vittime.

mike ha detto...

Suppongo che il libro dell'Alessandri sia quello piu' preciso, vero? Peccato che sia introvabile(sai per caso come ce lo si possa procurare?).
Il particolare della scarpa che cade all'apertura dello sportello poi da dove lo hai tratto? Da qualche articolo o da uno dei libri citati?
Comunque ti rinnovo i complimenti, e con l'occasione volevo indicarti una piccola precisazione giusto per la cronaca: Il metronotte testimone a Giogoli mori' nel 98 e non nel 93.

Ciao

Flanz ha detto...

Ciao Master,
scusa il ritardo nel risponderti ma sono giorni davvero densi. Ne "La leggenda del Vampa" ci sono dettagli molto precisi sui rilievi effettuati nei luoghi dove sono avvenuti i duplici delitti. Non è un libro facilissimo da rintracciare in effetti, prova in biblioteca o tieni d'occhio Ebay. Ciao e grazie per l'attenzione.