venerdì 11 dicembre 2015

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 9 marzo 1998 - Quinta parte

Segue dalla quarta parte

Avvocato Filastò: E da questo punto di vista della parzialità di questo processo ho espresso critiche riguardanti la impostazione del Pubblico Ministero, critiche che già avevo fatto a suo tempo, e mi sono richiamato da questo punto di vista allo studio, alla relazione comparativa che mette insieme tutto l'arco dei delitti seriali, svolta dall'equipe De Fazio, dal dottor Nocentini e dal professor Bruno. Mi sono riferito alla perizia De Fazio e all'esame testimoniale di De Fazio, Luberto, Beduschi e Galliani e vi ho fino a questo momento solamente accennato a tutto questo: all'udienza del 15 luglio del '94 l'esame dei suddetti professori in questo processo all'udienza 15 luglio ’94, processo Pacciani; udienza del 12 gennaio '98, questo processo, fascicoli 77 e 78. Mi sono richiamato all'esame anche del dottor Nocentini, all' udienza dell'11/12 — anzi meglio - mi richiamerò anche all’esame del dottor Nocentini: udienza dell'11/12/97, a fascicolo 65; e all'udienza del 16 dicembre del '97, a fascicolo 68. Dico subito che il dottor Nocentini io lo trascurerò un po’ non perché meriti questa trascuratezza, ma perché il suo esame fu parziale; cioè a dire limitato soltanto ai delitti del '74, dell'81 di giugno, e dell'81 di ottobre. Quando io dico che un esame serio, approfondito, vuole, deve essere fatto su tutti i delitti. Ma spero che voi integrerete questa lacuna, per il fatto di non parlarne approfonditamente, di quel che ha detto il dottor Nocentini, rileggendovi le sue dichiarazioni. Perché il. dottor Nocentini è molto interessante, e quello che disse all'epoca si è rivelato, purtroppo pre-cognitivo. Voglio dire, la sua attendibilità, l'attendibilità del dottor Nocentini è certificata, documentata dal fatto che egli, al termine della sua relazione, che ho allegato, disse: "Guardate, che quest'uomo colpirà ancora". Si era ancora alla fine del 1981, inizi del 1982, e questa osservazione fatta dal dottor Nocentini sulla base di un panorama di carattere psico-patologico, o meglio psichiatrico, psicotico, perché lui lo qualifica un "paranoico definito" - dice il dottor Nocentini nella sua relazione - tutto questo quadro lo condusse a dire: "Attenzione, perché colpirà ancora." Il che avvenne puntualmente. Quindi, è a dimostrazione, questo, del fatto che, come in altre cose, lo studio scientifico ci vede giusto. Gli scienziati e i tecnici sono gli auguri della nostra epoca, in definitiva. E voi sapete che gli auguri venivano interpellati anche nei processi, all'epoca degli antichi Romani. E questi nostri auguri, di questa nostra epoca, questi, nostri scienziati, tecnici, studiosi manifestano, tutto sommato, un certo progresso rispetto alla lettura delle viscere degli animali, del volo degli uccelli e dei tramonti. E qui, invece, rispetto a questo aspetto scientifico importante e significativo, vi si chiede di farne rigorosamente a meno. Ecco quella specie di invocazione che fa il Pubblico Ministero: "Guardate, che questa roba è sbagliata all'origine, sbagliata come impostazione." Abbiamo visto che non era affatto sbagliata come impostazione, che rifletteva una tecnica che appartiene al di là dell'oceano; però questo significa che appartiene a chi il fenomeno lo ha studiato e approfondito. E non solo oltreoceano, ma dovunque si studia e si indaga sul serial-killer, sulla base di quella impostazione. E più o meno eravamo arrivati qui, a parte molte altre cose che vi ho detto e che spero rileggerete in Camera di Consiglio, per lo meno tutto quello che riguarda le indicazione degli atti. Indicazioni degli atti. Perché io, come avete visto, mi sono sempre fondato su dei fenomeni processuali che si sono verificati davanti a voi, ritenendo importante il dibattimento che vi ha impegnato per otto mesi. Cioè a dire, eravamo arrivati all'esame dell'alternativa: unico autore, più autori; seguendo i contributi degli specialisti che sono nove, in totale, compreso il dottor Perugini. Nove specialisti, non uno: nove. Contributi che non consistono solo in un'ipotesi investigativa, attenzione, di stile americano. E comunque, se qualcuno di voi ritenesse di avere a che fare solo con una sorta di fiction del genere, tipo il "Silenzio degli innocenti" — tuttavia buon film fatto da un ottimo libro di Tomas Harrys, il quale non è solo un ottimo scrittore, ma è anche un attentissimo studioso della materia — comunque, se qualcuno equiparasse questi studi, o pensasse che delle analisi di questi studiosi si possa farne a meno in questo processo, perché tanto sono americanate, quasi fantasia, più vicino alla fiction che alla realtà; e che sia invece, più proficuo affidarsi allo stellone italiano, nel senso di pretesa intuitività, abborracciamento, quando non grave negligenza, nella raccolta delle prove, materiali; e- che sia più- proficuo affidarsi alla fede cieca -e acritica rispetto alle parole smozzicate, confuse e contraddittorie di due prostitute le quali, fra l'altro, non dicono niente, fra parentesi uno sfruttatore dichiarato come tale, il quale non dice assolutamente niente nemmeno lui, e di due oligofrenici — oligofrenici, nel senso di ipodotati intellettualmente — di cui uno, però tuttavia furbastro, una lenza furbastra, profittatore, bugiardo cronico, e va be', lo vedremo. Ebbene, se nella equiparazione dei materiali da esaminare e sui quali fondare una decisione serena, fondata, seria, la vostra bilancia pendesse dalla parte di questi signori, dalla parte di questa melma, di questo pattume probatorio, beh, secondo me sbagliereste, fareste un grave, gravissimo errore. Ecco. Vi ringrazio di avermi ascoltato fino a questo momento e spero che mi ascolterete ancora, perché ci sono molte cose ancora da dire. Allora, dicevo che Lotti in questo processo, oltre che giudice, sarebbe anche il perito dei periti con il suo sorridente faccione. Il complesso dei dati che sottopongo alla vostra attenzione, sono dati scientifici, nei limiti in cui si può parlare di scienza in cose di questo genere. Certamente, non scientifici come si può parlare di una formula matematica, o scientifici di come si può parlare di una proprietà riguardante un fenomeno di carattere fisico ma sono opinioni circostanziate di esperti, che si sono occupati dei casi, o meglio, del caso che è riconducibile ad unità sotto un profilo concettuale. Vedete, l'aspetto importante di questo esame e delle osservazioni che verranno fatte da questi signori che io vi sottoporrò, è questo: che queste persone hanno individuato un caso; un caso che ha queste tappe, ha questi momenti, ha queste cadenze: '68; '74; '81, di giugno; '81 di ottobre; '82, di giugno; '83, di settembre; 84, di luglio; settembre 1985, l'ultimo. Otto casi, otto delitti, una serie. E loro li hanno analizzati tutti. E loro, fra l'altro, rappresentano per voi, Corte di Assise di Firenze che deve giudicare Mario Vanni, l'unico elemento attraverso il quale voi potete recuperare questo, caso criminale, che è uno dei più atroci, dei più rilevanti di questo dopoguerra — in un paese che-, insomma, di cose criminali ne ha viste e piuttosto pesanti da un bel po', voi avete, la possibilità di approfondire questo caso criminale solamente attraverso questi materiali. Voi sapete, su questo c'è stata, una polemica da parte di questo difensore, il quale all'inizio di questo processo ha cercato di fare intervenire anche quello che riguardava gli altri delitti e non solo di quelli di cui vi occupate. Ma questo, è rimasto, come dire, è stato escluso dalle vostre ordinanze. Ma lasciamo da parte quello che è l'aspetto processuale di questo fenomeno e lasciamo da parte fino a che punto sia consono alla materia di questo processo questo voler, da parte del Pubblico Ministero, dividere questi fenomeni e questi processi. Oltretutto contraddittoriamente, perché così non aveva fatto durante il processo Pacciani, dove Pacciani era stato imputato di tutti i delitti; e non perché vi fossero degli indizi a carico di Pacciani relativi a tutti i delitti, ma soltanto dalla constatazione che la pistola era la stessa e che questa pistola, questa unica arma da fuoco, riconduceva ad unità tutti i delitti. Dicevo, non piangiamo sul latte versato perché questa non è la sede di lamentarsi di un punto di vista parziale di questo processo. Spero che non ci sarà nessuna sede per lamentarsi; spero non dovermi lamentare della vostra sentenza e quindi nemmeno delle vostre ordinanze, bah, lasciamo da parte. Resta il fatto che concettualmente questa unità prima o poi la dovrete recuperare, altrimenti, voi non capite niente. Scusate se ve lo dico: altrimenti voi non capite niente. Non solo non capite niente, ma danneggiate fortemente il mio cliente: il povero Mario Vanni. Voi lo danneggiate fortemente! Vi faccio un esempio: voi sapete che da un certo momento in poi, si prospetta la tesi dello scopo di lucro, no? Ad un certo punto si dice: 'questi delitti sono stati fatti per poi commercializzare quelle povere spoglie’. Io ho il diritto di dirvi: e come la mettiamo con il 1974? Come la mettiamo con il delitto che riguarda la Stefania Pettini, in cui l'assassino non toglie proprio niente e quindi non è in grado di vendere proprio niente? Non è in grado di commercializzare proprio niente ma si esprime sul cadavere di quella ragazza soltanto attraverso questo atto di disprezzo che lui ha per la donna? Eh, lo vedete, che da questo punto di vista, lo stralciare questo, esame, che è l'unico aspetto che riguarda la complessità dei delitti, dalle vostre valutazioni il ritenerlo il non cale, il trascurarlo, significa anche conflittare il diritto di difesa di Mario Vanni. Comunque, io vi ho parlato di opinioni di questi periti, di questi tecnici; ma sono opinioni soltanto? No. Sono anche esame e studio comparativo dei dati obiettivi. Per cui quando io vi ho parlato di questi periti, di queste relazioni, voi dovete immaginare... no, ritenere che a fianco a loro ci sono anche i medici legali. C'è anche Maurri, c'è anche la dottoressa Cucurnia, che voi avete ascoltato qui. Ci sono tutti i medici legali che hanno fornito, a volte addirittura affiancandosi a questi periti... nell'ultimo delitto, nel 1985, i periti De Fazio e l'equipe De Fazio hanno anche collaborato alle indagini necroscopiche, hanno visto concretamente i cadaveri e tutto il resto. Ecco, voi dovete ritenere che non c'è solamente questo gruppo di esperti con speciale riferimento all'aspetto della criminologia, ma accanto a loro ci sono anche i periti medico-legali. Quindi, non solo soltanto opinioni. È anche un esame comparativo di dati obiettivi che queste persone svolgono; intesa l'espressione "esame comparativo" nel suo significato letterale e autentico, non come l'intende il dottor Giuttari. Il quale, dottor Giuttari, viceversa, a me sembra proprio la quintessenza della soggettività sua, quando si esprime in termini di intuizione, intuitività, in termini di importanza che lui di essere rimasto colpito da... che fra l'altro sono tutte cose che a noi non ci interessano e non dovevano interessare nemmeno voi, essendo un testimone, ma insomma, salvo... Sono state lasciate andare un po' così, quella specie di prerequisitoria, il dottor Giuttari, sulla quale ritorneremo. Quindi, proprio risultanze. Queste persone fanno un esame comparativo - vale a dire, mettendo insieme questo delitto, quest'altro, quest'altro, quest'altro, tutti e otto - centrato sulla obiettività. Cioè a dire, proprio sull'esatto contrario della soggettività: della Frigo che sente un boato e lo considera una serie di colpi; del Lorenzo Nesi che vede Vanni sbiancare; della Ghiribelli ubriaca marcia, che a distanza di dodici anni riconosce la piazzola di Vicchio, o è la Filippa Nicoletti? Insomma, una delle due. Oppure anche del signor Renzo Rontini e della sua signora, che a distanza di undici anni riconoscono il Vanni. Ecco. Allora vediamole queste cose. Presidente, mi fa fare un riposino?
Presidente: Sì, di dieci minuti, un quarto d'ora.  

venerdì 4 dicembre 2015

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 9 marzo 1998 - Quarta parte

Segue dalla terza parte

Avvocato Filastò: Siamo a pagina 30 di questo verbale, 26 maggio del '94: "a dire poco". "Lei rischia l'incriminazione per falsa testimonianza, con tutti i guai relativi." Poi disse che lo portò il Nesi Lorenzo, dopo... "Ma lei ci è andato?", "Come ci è andato?" Perché lui prima, dice: "Ci sono andato con la SITA..." Il livello è quello là, anche gli aspetti mnemonici sono quelli. Poi . "A me mi ci portò il Nesi Lorenzo." Pubblico Ministero : "Lei ha un atteggiamento non solo di -reticenza, ma di paura." "Mah". - dice lui - "no, non ho paura di, nessuno." Dice Vanni. "Di che dovrebbe aver paura lei?" "Di nessuno." "E allora perché dice queste cose che non stanno né in cielo e né in terra?" Quali sono le cose che non stanno né in cielo e né in terra? Non ne ho mica viste qui dentro, io. "Ma io, insomma, col Pacciani...", perché è un uomo con quelle difficoltà che abbiamo visto, però è un uomo che, insomma, al mondo ci vive. La demonizzazione di Pacciani lui l'ha subita come tutti. È questo il punto. E questo è uno degli aspetti — è molto difficile ad esprimersi, perché non è facile - è uno degli aspetti che, più di tutto, a me mi convince - sono sempre stato convintissimo, ma insomma — mi conforta in questa fatica che sto facendo, per tentare di farlo assolvere, questo poveruomo. Perché, vedete, insomma, lui di Pacciani "mostro di Firenze" ne ha sentito parlare come tutti. La demonizzazione c'è per lui come per gli altri. E allora dice... Quindi lui non sa nulla di questi fatti, perché non sa nulla. Dice: 'ma io...', e lui dice: 'ma Pacciani sarà anche il "mostro", ma io ci ho fatto solo delle merende con lui', continua a dire cosi, eh. Non c'è mai un momento in cui, nemmeno in questo dibattimento, Vanni difenda Pacciani: 'ma guarda, ma che Pacciani. Pacciani non c'entra nulla, è un mio amico...'. No, a lui non lo riguarda questa cosa. E' chiaro che è così. 'Ma io, insomma, col Pacciani non ci ho nulla che vedere. All'infuori di aver fatto qualche’merenda, come ripeto...'.
Mario Vanni: Bravo.
Avvocato Filastò: Grazie. Ma il Pubblico Ministero gli dice: "Non sta che peggiorando una situazione per la quale valuterà il giudice competente." "Insisto perché lei andò di corsa a chiedere un passaggio al Nesi a portare questa lettera diretta a lei e alla signora Pacciani." "Perché la SITA subito non c 'era". Dice lui. "E perché, doveva andarci subito?" Ma si può sapere chi è che lo ha detto che ci è andato subito? Ecco una delle tante amplificazioni, anche del modo per me abbastanza. discutibile di interrogare del Pubblico Ministero. Dà per scontato una circostanza. E su questo, dar per- scontato una circostanza - che non può essere data per scontata, per niente - innestare immediatamente una domanda: "Perché ci è andato subito?" Ma chi lo ha detto "subito"? "Subito", significa appena ricevuta, no? No, non risulta da nessuna parte. La circostanza fondamentale più importante che riguarda questa lettera - ne parlerò poi brevemente perché è una cosa significativa - è che noi non abbiamo il dato cronologico : non sappiamo quando questa lettera è, arrivata a Mario Vanni. Quindi non possiamo sapere, attendibilmente, se in questa lettera, c'erano - come potevano esserci state, eh? - delle preoccupazioni di Pacciani, relative al processo per il "mostro"; o se invece non fosse soltanto una lettera in cui diceva: ‘mitengono in galera per la storia delle figliole -Guarda se tu vai dalla, mi' moqlie a dirgli che, insomma, alleggeriscano un po' la mano, come io ritengo che sia così...' Ma voi potete anche ritenere che questa lettera riguardi, invece no, un momento successivo in cui per esempio, Perugini è andato a interrogarlo in carcere per tutte quelle ore, perché già è sospettato Pacciani per il "mostro". E Pacciani dice, scrive all’amico e dice: 'oh, Vanni, siamo stati insieme tanto tempo a fare delle merende, oh, se ti interrogano e dillo, eh, che io un facevo altro che le merende'. Va be', può essere anche così. E questo signore qui, che viceversa è una persona per bene, e che lui storie di questo genere non ne vuol sapere, al momento in cui riceve una lettera di questo genere, o che si tratti delle figlie, o che si tratti dell'ipotesi "Pacciani mostro", cosa fa? Oh, insomma, eh, ne parla con tutti. Dice: 'mi ha mandato questa lettera, questo qui. Ma icché vuole da me? Io ci ho fatto solo delle merende con lui e basta. E perché scrive a me?' Come avranno fatto sicuramente tutte quelle persone a cui lui ha scritto dopo, vero, dal carcere. Fra tutte quelle persone, 200 quante sono, che hanno ricevuto lettere sue, qualcuno per bene gli ha risposto, tipo il parroco, tipo qualche altro, la maggior parte avrà detto: 'ma cosa vuole da me questo Vanni? Alla larga, per carità di Dio, non voglio sapere nulla'. L'ortolano, per esempio, di via... dove sta, lei? Di Borgo Sartiani, l'ortolano. Riceve una lettera anche l'ortolano. L'ortolano ha detto: 'per carità di Dio! non abbiano a mettermi anche a me nel collettivo amici di merende contro le coppie in amore'. "Questa lettera conteneva delle minacce?” «Eh?» "Questa lettera conteneva delle minacce?" Cioè le minacce della lettera, vero, supposte. Già anche qui siamo, ripeto, a quella data che ho detto: il processo è il processo Pacciani. "No, niente minacce." "È sicuro?" "Mah, sono sicuro." Dice lui. "Però dice che lei' aveva paura del Pacciani..." Insomma, la cosa va avanti in, questo modo fino al punto che a pagina 36 interviene il collega avvocato Bevacqua, che è un signore che l'avvocato lo sa fare, e dice: "Quando ci sono degli indizi a carico di una persona, si sospende l'esame, Presidente. È una regola del Codice." E qui interviene subito: 'no, macché, questo... gli indizi casomai riguardano una falsa testimonianza.' . Eh no, l'avvocato ha capito qualche altra cosa anche lui, come l'ho capita io e come spero l'avrete capita anche voi. Poi si parla della paura di Pacciani; la pistola vista a Pacciani. Dice: "Ma io non me lo ricordo di avergli visto delle pistole.” Lui addirittura ha detto di aver visto un involto bianco...
Mario Vanni: Ah un so icché c'era.
Avvocato Filastò: Insomma, non ha mai saputo icché c'era, vero Vanni? E questo è quello che continua a dire per tutta la sua vita, nonostante quello che dice... E poi si arriva a pagina 55, pagina 55 di. questo verbale. Molto, molto importante. Molto importante: pagina 55. E il Pubblico Ministero, il quale sta facendo domande ad un testimone, rispetto alla responsabilità di un certo signor Pietro Pacciani e. rispetto a delle circostanze che questa persona potrebbe sapere, circa la pistola di questo Pietro Naturalmente, in che senso? Lui c'ha questa donna, questa donna lo rifiuta, e lui se ne ha a male! Reagisce. Perché reagisce? Perché non sa che è malata, lo saprà dopo. Tanto è vero che dirà: "I parenti mi hanno imbrogliato." Dopo lo sa che è malata, dopo sa che non lo fa per disprezzo. Non lo fa per volerlo allontanare, ma lo fa perché c'ha questa situazione e quindi questa donna è così, è inavvicinabile per questo motivo. E dopo che lui ha saputo questo — come risulta a quel verbale dell'interrogatorio ai Carabinieri che vi ho sottolineato e che avete - lui a questo punto, dice: "Io preferirei non averci più a che fare, perché insemina, una donna così, è meglio perderla che trovarla." Però, capirai dice : "Ma e se volesse tornare a casa?" "Allora, se volesse tornare" — dice lui - "che venga a casa. Starà a casa" - dice - "insomma venga, io penserò a lei, la manterrò. E che devo fare?" E al momento in cui lui, poi, questa notizia, questa informazione, questo fenomeno della malattia della moglie l'ha saputo. Ma, insomma, questo non è tanto importante per questa battuta/ quanto per il fatto che, addirittura, il Pubblico Ministero, in questo procedimento, due anni prima che compaiano sulla scena del processo, di questo processo, i signori Lotti, Pucci e compagnia, intanto sta lì già a contestare a Mario Vanni di aver buttato la moglie dalle scale, quindi la perversione, la cattiveria, il sadismo. Probabilmente anche il fatto che... e non è vero nulla, come abbiamo appreso; è tutta una storia che nasce da una lettura disattenta di una carta processuale in cui c'è un vicino di casa che dice: "Ma quando finisce, sulle scale, questa storia?" Ecco. Per concludere in che modo? Questa è veramente un'indagine di tendenza. Questa - ... è veramente è una inchiesta mirata; ma non mirata soltanto ad un'ipotesi, mirata anche a delle persone determinate: abbiam visto Faggi e c'è Vanni.. Benissimo. En passant, o per lo meno così, trascorrendo, nel discorso, vi ho intrattenuti sulla assoluta inconsistenza dell'ipotesi accusatoria della setta satanica. E vi ho citato a questo proposito la Gabriella Ghiribelli, le sue non informazioni, perche una che dice: ' ho visto il cartellone, ho visto le candele, ho visto del sangue' — su un letto dove c'è uno che sta morendo di cancro - mi sembra che sia un'informazione di nessun genere. Ma, soprattutto, l'inconsistenza della fonte — vi ho citato — rispetto all'alcoolismo di questa signora Gabriella Ghiribelli. E quindi, per questo aspetto di alcoolismo, è una fonte da cui bisogna diffidare. Sulle informazioni che lei dà riguardanti fatti, o che non dà — perché in realtà non dà informazioni valide - e figuriamoci sulle illazioni, sulle sue impressioni esoteriche. Vi ho sottolineato l'indigenza del Salvatore Indovino, che allontana assolutamente l'ipotesi che possa essere questo misterioso acquirente di feticci. E questo nascondervi che la casa di Faltignano sarà, con buona probabilità, un gran postaccio. Essendo abitata da uno sfruttatore della prostituzione, in formato sia pure squallido e meschino e da altri personaggi ai margini, quando non..... stavano addirittura dentro, del carcere: tipo il "Manuelito" con il suo camper. Insomma, una casaccia che con termine molto volgare - sono il primo a riconoscerlo - e dialettale si definirebbe un "puttanaio". Discreto oggetto di indagine per reati ex legge Merlin, ma del tutto inconferente per quanto riguarda gli atroci delitti di cui, in parte e incoerentemente - cioè incoerentemente nel senso di modo parziale e disordinato - si sta occupando questo processo e questa Corte.
Segue...

giovedì 3 dicembre 2015

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 9 marzo 1998 - Terza parte

Segue dalla seconda parte

Avvocato Filastò: "Senta una cosa, vediamo che ora ha un po' più di ricordi, ritorniamo ancora a quel locale: La Cantinetta di San Casciano, dove c'erano varie persone a bere. Lei per ora ci ha detto c'era Pacciani, c'era lei, a volte c'era il maresciallo Simonetti." "Sì, codesto maresciallo.” Ora io vorrei capire una cosa: ma il maresciallo Simonetti, non sarà mica, nella impostazione dell'accusa, anche lui un "amico di merende"? Io non ho mica capito niente in questo processo, ogni tanto. Questo è un poeromo morto, fra l'altro, non si può nemmeno difendere. E si inseriscono delle battute, delle indicazioni, per cui questo maresciallo Simonetti comincia a diventare anche lui un ... Di che? Maresciallo dei Carabinieri. Certo, frequentava Pacciani. Perché beveva lui, beveva Pacciani. Gente... Ma insomma... L'altro giorno - poi non ne fo più di digressioni, perché il tempo stringe - l'altro giorno sono andato, come spesso vado, quando vado a trovare Mario là in questa casetta sua, vado a mangiare Da Nello. Accanto a noi c'era tre signori tutti rossi nel viso che ci davan dentro con questo vino della Gasdia. Da quelle parti ha messo su un podere col vino, la cantante Gasdia, cantante pucciniana, quella famosa, fantastica, nella parte di Liù della Turandot. È un vino straordinario, perché poi il vino va bevuto nei posti. E questi qua, tutti rossi così che, giù, dentro ci davano, bevevano come... E io ho detto: 'guarda quei compagni di merende qui accanto, come ci dan dentro'. E insomma, voglio dire, siamo in un paese così, con della gente così, che sbevazza. Ma non ho capito. E poi, a questo punto: "Lei" - gli domanda il Pubblico Ministero - "ha mai visto col Pacciani alla Cantinetta, un signore che ha come nome Faggi Giovanni?" Hai sentito, Fenyes? L'avevi presente questa cosa? Quindi, non c'è solamente alla data del 26 maggio del '94, prima che compaiano sulla scena i signori Lotti e Pucci, non c'è solamente l'ipotesi, ma c'è persino i nomi. Ora, io vorrei sapere al Pubblico Ministero, qui, che gliene importa di sapere da Vanni se la Cantinetta era frequentata dal Faggi Giovanni. E quando dopo voi vi ritrovate il Faggi Giovanni con quella sua faccia - in qualche maniera assomiglia a quell'identikit - imputato in questo processo come "amico di merende", e vale a dire come correo, complice, è bell'e fatto tutto; era già fatto. Non c'era bisogno del Lotti e del Pucci. Insomma, ce n'era eccome bisogno, ma insomma, voglio dire... Però l'impostazione c'era di già, no? "Talvolta ho visto nel locale La Cantinetta di San Casciano, insieme a Pacciani Pietro" - gli contestano - "un uomo di cui ho visto alcune foto che mi avete mostrato oggi e mi dite chiamarsi Faggi Giovanni." "Lei riconosce di aver detto questo alla Polizia?" E il teste Vanni, che è così che si scava la fossa, poveromo, vero, perché è onesto, una persona per bene, trasparente, dice: "Mah..." Mah. Perché sicuramente gli avranno fatto vedere delle foto. Gli avranno detto: 'questo è...', mah... Avrà detto: 'mah, può darsi. Insomma, sì, forse lo riconosco...' Come fa uno a vedere delle fotografie, a riconoscere una persona che 7-8 anni prima ha visto a bere alla Cantinetta? Una persona che è per bene e che è onesta, quando gli viene fatto vedere una cosa di questo genere e riconosce una certa persona da una fotografia, dice: 'può darsi'. Solamente testimoni come la signora Frigo possono dire: 'sono assolutamente sicura...', eccetera. Va be', quando una persona dice: "Sono assolutamente sicura", eh, bisogna subito prenderla con le molle, insomma, no, perché vuol dire che ha qualche tensione emotiva, è convinta di una certa situazione, si sente portata a stabilire con gli inquirenti una sua relazione, una sua importanza di un certo tipo. "Mah, io un lo so, io un lo conosco." Dice. Il Faggi Giovanni non lo conosce, e ha ragione. Chi lo ha mai visto? E qui il Presidente interviene. Cioè, sentano, eh? L'estensore della sentenza interviene e dice: "Ma senta un po', Vanni, i portalettere normalmente conoscono tutti: vita, morte e miracoli, perché girano per il territorio." Come? Ma lui il territorio suo è Montefiridolfi. Che c'entra con questo Faggi che poveraccio sta a Calenzano? "Ora lei ci vuol far credere che non conosce, non sa, non si ricorda. Lei mi sembra molto più sveglio di quanto voglia far credere, quindi faccia mente locale e dica quello che sa." Mah! Ma io poi voglio sapere una cosa: ma qui si sta parlando del processo Pacciani, no? Siamo dentro il processo Pacciani. L'udienza riguarda un testimone del processo Pacciani. Si può sapere che c'entra Faggi Giovanni? Non lo so, io ogni tanto mi volto di là, da quella parte, vedo il Pubblico Ministero che mi fa... 
P.M.: È un'imputazione.questa qui.
Avvocato Filastò: ...dei segni, no? Nel processo Pacciani c'è una imputazione contro Faggi Giovanni? Sì, c'è una imputazione? 
P.M.: (voce fuori microfono)
Avvocato Filastò: In questo. Ah, in quello. No, ma qui si... No, dice c'è l'imputazione, lo so che c'è l'imputazione per Faggi Giovanni, accidenti, poveraccio! Sento dire che forse si cambiano le conclusioni, si chiede l'ergastolo anche per lui. Così, voci di corridoio. No, io sto... ina qui siamo dentro il processo Pacciani. Siamo all'udienza del 26 maggio del '94. Dice: "Io non lo conosco. L'ho visto insieme a Pacciani a bere con lui? E l'avrò visto", dice poi alla fine il poveruomo, che è sempre così scoperto, così disponibile, oltre ogni... "E l'avrò visto." E il Pubblico Ministero interviene e dice: "Credo di aver visto questo personaggio prima della morte del Malatesta." Ahia! Perché qui, a questo punto, interviene anche questa situazione, no? Non siamo ancora arrivati, come arriveremo in questo dibattimento, ad accreditare a Mario Vanni, così - tipo "Toccata e Fuga" di Giovanni Sebastiano Bach, eh, vero - la morte e l'assassinio di una prostituta. Però ci siamo di già a addensare delle ombre intorno a chissà chi sull'impiccagione, sul suicidio del Malatesta. "Mah," - dice lui - "dice che si impiccò." Sentano ora, eh. E qui, processo Pacciani, Giudici, eh: "Mah," - dice - "che si impiccò.". Pubblico Ministero: "Lei ha mai avuto discussioni con il Malatesta?" Da discussione - da cosa nasce cosa - da discussione, poi, può anche nascere l'omicidio, no? "No" - dice lui - "No, davvero. Mai." "Lei sa se il Pacciani ha mai avuto discussioni con il Malatesta?" Ora, l'altra volta, di questo Malatesta ne abbiamo parlato. Ne abbiamo parlato e vi ho indicato quelle informazioni che vi ha riferito il teste figlio del Malatesta. Il quale: il babbo era depresso, il babbo parlava di uccidersi. Ma non solo, vi ha detto: "Una volta gli ho levato la corda dal collo che aveva messo sul trave." Quindi, non solo qui siamo nella insinuazione, perché questa è solamente una insinuazione, eh. Insinuazione gravissima - fra parentesi, vicina alla calunnia - per il Malatesta; ma quello che è più grave è che tutto questo sta dentro ad un verbale di dibattimento del processo Pacciani del 26 maggio del '94. "Ma io questa cosa qui non la so." Dice il Vanni. Dice: "Che sa se ha avuto una discussione il Malatesta?" "Ma io, questa cosa qui, non la so." "No, lei quando apre le braccia" - dice il Pubblico Ministero - "dimostra che fa una distinzione. Questa cosa non la sa, cosa vuol dire? Prima, all'altra risposta, aveva detto di no; su questa dice: 'io...'. La domanda gliela rifaccio e lei deve dire la verità: sa se Pacciani ha mai avuto discussioni con il Malatesta?" "No, non lo so. No, non lo so." "Lei ha detto" - dice il Pubblico Ministero - "che normalmente andavate con Pacciani per queste merende, o quel che era." Va bene? "Merende o quel che era." L'associazione suggestiva fra le merende e i delitti c'è di già, eh. Poi gli si chiede se è andato qualche volta con la macchina insieme a Pacciani. E lui dice: "A volte nella 500, a volte nella Ford Fiesta?" "No, ci sono andato anche qualche altra volta" -dice Vanni - "per dire la verità." "Io infatti le contesto che lei non solo dice che era un buon guidatore, ma che vi spostavate a bordo..." Gli contesta che cosa? Che poi, fra l'altro, dice: 'era un buon guidatore?' E Vanni ha detto: 'guidava bene'. Non è vero che guidava bene Pacciani. Ma comunque Vanni ha detto che guidava bene. "Era un buon guidatore, guidava bene. E allora le contesto... io infatti le contesto che lei, non solo dice che era un buon guidatore, ma che vi spostavate a bordo della 500 di colore bianco o della sua Ford Fiesta. Quindi prendevate le macchine e andavate con l'una o con l'altra. Perché prima mi ha detto che con la Ford Fiesta ci è andato una volta sola?" Ora il Pubblico Ministero vuol sapere quante volte Vanni è andato nella Ford Fiesta di Pacciani. La Ford Fiesta che sappiamo è la macchina bianca, questa macchina bianca che sarebbe stata vista nei luoghi dei delitti, eccetera. Ecco, ma c'è tutto, no, c'è anche la macchina, c'è anche la frequentazione, c'è la frequentazione di Pacciani con quella macchina. Poi gli si chiede se sa della violenza alle figlie di Pacciani. Va be', e questo qui ci siamo, è in chiave. "Se nessuna delle figlie si è mai lamentata con lei. " Dice lui: "Per carità!" E poi ecco la lettera. La lettera; tutto, tutto sulla lettera, eh. "Lei è mai stato a casa della moglie di Pacciani?" Dice: "No." "Mai?" "Non ci sono mai stato, no." Dice Vanni. "Il teste ci ha raccontato di averla accompagnata a casa di Pacciani, dove c'era la moglie, perché lui era in carcere, mentre questo era in carcere." E Mario Vanni, che evidentemente in questo momento a questo episodio non ci pensava, è lui spontaneamente che dice: "Ma codesto gl'avvenne quando mi mandò una lettera, no?" Quando dicevo l'atteggiamento collaborativo, trasparente, di quest'uomo. "Ma codesto gl'avvenne quando mi mandò la lettera, no? " E questa sarà la decima, la undicesima volta che il Vanni ammette l'esistenza di questa lettera. E ne parla anche davanti ai Giudici, spontaneamente. Perché il Pubblico Ministero gli ha contestato: "Guardi, qualcuno dice che lei c'è andato a fargli vedere una lettera." No, lo dice lui della lettera. "Allora" - dice - "c'è stato?" "Ci sono stato una volta, a Mercatale." "Come mai andò a casa della signora Pacciani che lei, da quel che ho capito, frequentava poco? Qual era il motivo?" "Ma" - dice Vanni - "io andetti per fargli vedere questa lettera." Allora il Pubblico Ministero vuol sapere: primo, perché ci andò a fargliela vedere; secondo, cosa c'era scritto. E cosa c'era scritto lui lo dice, solito ritornello: "E c'era scritto che s'andava a far delle merende, quella cosa, quell'altra", perché non se lo ricorda, ovviamente. Un si ricorda icché c'era scritto. Poi proveremo, quando ne parleremo di questa storia, a cercare di ipotizzare quello che c'era scritto. E se rispetto a questa ipotesi, che poi sembrerebbe sotterraneamente ritenuta dal Pubblico Ministero, se questa ipotesi può collimare col fatto che lui di questa lettera ne parla a tutti. Questo è un dato significativo. Anche in questa occasione ne parla, spontaneamente. Dice: "E lei le merende (?) le porta a far vedere alla moglie? Signor Vanni, ma si rende conto di quel che sta dicendo?" "Ma io l'ho portata cosi, perché io gli dissi: non c'ho a che vedere nulla, Dio bono!" "Vedere nulla di che?" "A far questa lettera, dico, così..." "Cosa c'era..." "Gliel'ho detto. Dice: ma ti ricordi quando si andava a fare delle merende, di quei giorni? Poi disse..." "Signor Vanni, non tocca a me, ma lei deve dire la verità." "Mi disse che le figliole gliel'avevano rovinate. Non lo so io." Alla fine lo dice, un po', cosa c'era scritto in questa lettera. Gli disse: "che le figliole gliele avevano rovinate. Non lo so io." Dice: 'in questa lettera si parlava di questo fatto delle figliole'. E allora il Pubblico Ministero si arrabbia anche di più: "E allora perché lei portò la lettera alla moglie? La lettera era indirizzata a lei o alla moglie?" "A me. " "Perché, se si parla di merende, la portò alla moglie." Non ha detto che parlasse delle merende. Ha detto prima che parlava anche delle figlie, no? "E mi venne l'idea di portare così, alla moglie, a me." Dice lui. Allora interviene il Presidente e dice: "Io l'ammonisco. Guardi, che lei è singolarmente reticente a dire poco. " "A dire poco", dice. 

mercoledì 2 dicembre 2015

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 9 marzo 1998 - Seconda parte

Segue dalla prima parte

Avvocato Filastò: Ma insomma, comunque sia, per quanto si potesse tirarlo, con riferimento al tempo passato, in alto il più il possibile, Pacciani - come si faceva a suo tempo attraverso il supplizio della corda, dopo la quale il suppliziato finiva sempre un po' più alto di quel che non fosse all'inizio – in ogni caso restava sempre il dato incontrovertibile della non corrispondenza di quella persona a quelle persone viste da quei testimoni all'altezza di Pacciani, per quanto riguardava quelle impronte. Ed allora, è in questa situazione che la sentenza di I Grado - alla quale si ispirano fondamentalmente sia il Pubblico Ministero che il dottor Giuttari - propone l'ipotesi degli "amici di merende" e dei complici i quali, in qualche modo, si sarebbero affiancati all'autore. E quindi non più questo contrasto, perché il contrasto viene eliminato: c'è quest'altra persona che, in qualche modo, lo elimina. Beh, insomma, ma a me pare che tutto questo sia veramente il massimo, la quintessenza di una indagine che nasce sul piede sbagliato. Nel senso "sbagliato": su un piede in cui si cerca di confortare una certa linea di tendenza, una certa idea, una certa ipotesi. Ora, però, su questo punto un attimo di riflessione un po' più approfondito. Perché questa indagine, questo processo che ho definito di tendenza, ha una piega, prende, durante il processo Pacciani, una certa piega e, come vedremo, non riguarda solamente l'ipotesi dei complici, ma perfino l'individuazione di essi. Questo vi deve allarmare. Perché, capite, voglio dire: un conto è, così, prospettare un certo tema di indagine; un conto è esaurirlo, quasi, questo tema di indagine, addirittura indicando chi sono queste persone. E da questo punto di vista qui è importante esaminare e leggere insieme il verbale di dibattimento del processo Pacciani, all'udienza del 26 maggio del '94, fascicolo 32, e le pagine sono quelle che vanno dalla pagina 2 alla pagina 58. Io ne ho scelte alcune. Il signor Vanni si mette a sedere su quella sedia. Siamo, come dicevo prima, all'udienza del 26 maggio del '94. Il signor Vanni si siede e il Presidente lo invita a rispondere. Il Presidente gli chiede se ci sente bene. Dice: "Sentire, ci sento." "Benissimo." Il Pubblico Ministero gli chiede: "Signor Vanni, che lavoro fa lei? O quale?" E il teste Vanni dice: "Io sono stato a fare delle merende col Pacciani", no? Ora bisogna... questa frase può sembrare sospettabile, così di colpo, così di brutto, all'inizio. Ma non lo è affatto. Perché noi - e lo sappiamo in questo procedimento - sappiamo che quando si va a sedere su quella sedia, il giorno 26 maggio del 1994, Vanni è già stato interrogato, reinterrogato. Addirittura lui, in quel verbale di interrogatorio che vi ho citato prima - quello in cui si parlava del suo atteggiamento scoperto, trasparente, "Lo metta lei", con il dottor Vigna - lui dirà addirittura di essere stato chiamato almeno una decina di volte dai Carabinieri. Tanto che il dottor Vigna si allarma. Dice: 'ma qua non c'è verbali, ma come mai?' Il commissario Minoliti, insomma, lui ci aveva fatto il sentiero. Ed erano sempre lì a fargli domande, a chiedergli. Alcune sono verbalizzate, di queste cose; altre no. Ma insomma, la pistola… E poi si vedrà che è così. È inutile far le boccacce. Perché è vero, risulta da verbale. Risulta da queste dichiarazioni e dalle domande che fa il Pubblico Ministero. Se il Pubblico Ministero le avesse sapute certe cose, come faceva a domandargliele qui, in questa sede? E qui, come dice: "Io sono stato a..." E quindi, questo poveromo, che non ne può più - come del resto hanno detto vari testimoni: Paolo Vanni, altri testi qui interrogati in questo procedimento - che non ne può più di questa specie di persecuzione, appena seduto, nella sua semplicità e nella sua trasparenza, dice: 'ma insomma, cosa volete da me? Io con questo Pacciani, ci ho fatto solo le merende'. Vuole mettere subito le mani avanti, immediatamente. E questo è quello che ha segnato il suo destino. Perché immediatamente il Pubblico Ministero dice: “Credo che qualcuno le ha già detto cosa deve dire.” Gli contesta. "Qualcuno", si immagina che sia qualche altro "amico di merende", evidentemente, della banda, del gruppo. Ma, insomma, io immagino eh. Però... "Qualcuno". Chi sarà questo qualcuno? Pacciani, no, perché è in galera. Sarà qualcun altro, evidentemente. E subito interviene il Presidente, quello che poi stenderà quella sentenza, che costituisce l'input di questa indagine di tendenza, così come l'ho definita, il Presidente il quale dice: "Lei comincia male, perché sembra che venga a recitarci una lezioncina che si è imparato prima." Ma accidenti alla diffidenza nei confronti di un testimone! Questa è diffidenza. Eh, questo, specialmente... Questo è, come dire, un sospetto, eh. È già un sospetto piuttosto, piuttosto evidente. Tanto è vero il Pubblico Ministero - pagina 7 - gli chiede: "E quindi, senta una cosa: e poi del Pacciani, questo rapporto diciamo professionale, oltre questo rapporto, diciamo professionale..." Il "rapporto professionale" è il fatto che gli andava a portare la posta, come dice lui. Cioè, gli andava a portare la posta. E poi lo avrà conosciuto anche altrimenti. "Ha avuto un rapporto di amicizia, siete diventati amici?" E il teste Vanni dice: "Sì, a volte siamo andati a fare qualche merenda. Così, vero; o a bere un caffè insieme. Io, altre cose, signor Giudice, non lo so." E il Pubblico Ministero dice: “Vediamo un attimo, se ha un po” di pazienza, eh. Perché lei l'ha raccontata talmente tante volte..." Allora è vero, no, quello che dicevo prima io: che questo signore è stato interrogato, rinterrogato allo spasmo. "Lo ha raccontato talmente tante volte che, insomma, forse non è proprio così. Senta..." E quindi vuol sapere come nasce questo fatto che andava a fare le merende insieme a Pacciani. E lui risponde come riesce a rispondere lui. E qui poi, la prima... Ecco, a pagina 17 si comincia a chiedere al signor Mario Vanni notizie del vibratore. E siamo, guardate, alla data del 26 maggio del '94. Dice: "Lei gli ha dato un vibratore a Pacciani?" Chiede il Pubblico Ministero. E lui dice: "Mah, ma io non lo ricordo." Dice. "Allora come mai alla Polizia ha dichiarato questo? Cioè, così preciso e dice addiri..." Quindi c'è stato, questo è anche verbalizzato. C'è scritto, dice: "Addirittura all'edicola di San Casciano, voglio precisare, ho richiesto due... in due tempi; uno di questi l'ho dato a Pacciani." Ma io voglio dire una cosa: ma rispetto all'accusa riguardante Pacciani, che il Mario Vanni abbia dato a Pacciani oppure no un vibratore, ma che gliene importa? Non c'è già, proprio, in luce, i sospetti che lo riguardano, con riferimento a questa circostanza fondamentale dell'uso del vibratore da parte del Mario Vanni? "Io non me lo ricordo. Per me, sì" - dice lui -"ce l'avevo." "Cosa ne faceva? A cosa le serviva?" Chiede il Pubblico Ministero: "E a che cosa le serviva?" E qui io questa risposta ve l'affido. Perché, insomma, non c'è l'esame in questo procedimento dell'imputato, ma ci sono le sue risposte, ci sono tutte. Quindi non è che poi, da un punto di vista difensivo, ci sia… Sì, beh, insomma, poi ne ho già parlato, ne riparlerò, se è il caso. Vanni disse: "Eh, mi serviva. Qualche volta che andavo da qualche donna..." - sentite, eh, se poi non torna tutto con quello che è venuto fuori in questo processo - dice: "Qualche volta che andavo da qualche donna, siccome avevo la moglie malata" - 'faut de mieux', no? - dice lui, che non ha letto sicuramente il testo dello Stoller : "Siccome avevo la moglie malata, se lo pigliava, glielo davo e sennò non gli davo nulla." Ecco, la perversione di Mario Vanni con riferimento al vibratore è tutta qui. Dopo, voi andrete a esaminare questo aspetto e voi avrete questa dichiarazione. "È mai venuto il Pacciani con lei, come dice, da qualche donna?" "No, insieme alle donne con Pacciani non sono mai stato. Lo può dire." Ed è risultato vero. Quindi, con Pacciani, nella costruzione accusatoria, si va soltanto a fare le spedizioni. Questo è molto singolare, è molto strano. Direi assurdo. Ma io domando questo, a parte queste annotazioni che riguardano il merito e che hanno a che vedere con questa pretesa perversione di Mario Vanni, attraverso l'uso del vibratore, al quale lui risponde in quel modo spontaneo e immediato che abbiamo sentito e che, a un certo punto, costituisce la risposta più razionale, più ovvia: "Se lo pigliava, glielo davo, sennò no." Perché, vero... Ma perché il Pubblico Ministero fa queste domande sull'uso suo, da parte di Vanni, di un vibratore? Che gliene importa al Pubblico Ministero di questa cosa, quando lì questo processo sta riguardando Pacciani? E qui c'è un testimone che deve riferire alcune circostanze. Per esempio se è vero che ha visto un pistolone a Pacciani, oppure no. Sulla quale lui è stato interrogato, strainterrogato... E queste cose del vibratore cosa gli interessano? Siamo già, voglio dire, siamo già sulla strada di questo procedimento, alla data del 26 maggio del '94. E non è comparso ancora nessun Giancarlo Lotti. E non è comparso ancora nessun Pucci. Ma, dico, qui questa indagine - che ho definito di tendenza, non solo a binario obbligato, ma addirittura anticipato, a binario precognitivo si tocca con mano. Poi gli viene chiesto se Pacciani aveva un fucile: "Mah, l'ho visto." E poi, sempre a pagina 18, lui continua, poveretto, con questo suo ripetitivo leit-motiv: "Io, levato che andare a fare qualche merenda, così poi...", vero Vanni? Mario Vanni: Sì, sì.
Avvocato Filastò: È così. Più che far merende... 
Mario Vanni: A far merenda.
Avvocato Filastò: E basta. 
Mario Vanni: Non si pole...
Avvocato Filastò: Eh, si capisce. Eh, certamente. Il Pubblico Ministero dice: "Sì, abbiamo già capito, signor Vanni. Va bene. E qualche bicchiere, via, insomma, questo lo possiamo dire, eh? Merende...", puntini di sospensione. "Qualche volta c'era quell'oggetto e faceva comodo." Mah! Poi gli chiedono se ha visto a casa di Pacciani un fucile a due canne tipo doppietta. E poi, tutto ad un tratto: "Senta, signor Vanni, lei conosce Sperduto Maria?" "Come?" "Conosce Sperduto Maria Malatesta?" Lui dice: "Ci portavo la posta." "Qualche teste e la signora in questione ci ha detto che facevate anche qualche altra cosa, oltre che portare la posta." Va beh, insomma... Allora lui se lo ricorda e lo dice subito, vero? "Sì, sì." È vero. Perché la Sperduto Maria Antonietta, come poi vedremo meglio dopo, è una prostituta, Signori. Ce lo dice a chiare lettere la Ghiribelli. Quando, addirittura, non solo ce la indica come prostituta, ma ci dice anche che è una prostituta che rubava il lavoro alla figliola, che stazionava in una certa zona di Firenze, e la figliola si lamentava, dice: 'la mi' mamma, guarda, viene qui a darmi fastidio anche in questo'. E lui ci andava, si capisce: "Da me." "E allora lo dica, non c'è problema. Ha avuto una relazione con questa signora?" Ora, parlare di relazione con la signora Sperduto, insomma, voglio dire, è meglio. Cioè, tanto, voglio dire, una relazione... "Ma ci sono stato una volta o due", dice lui, "Poi..." "È sicuro di non esserci mai andato con il Pacciani?" "No, non ci sono mai andato col Pacciani." "La signora dice diversamente." "L'è bugiarda, allora." Dice Vanni, eh. "E come ci andava?" "Con la vespa." Dice lui. 'Allora, si stava a Faltignano, non è mica tanto lontano. In vespa ci si può arrivare dalla Sperduto, no?' Poi dice: "In che epoca andava da questa donna?" "A portar la posta?" Chiede lui. "No, a fare altre cose." Il Presidente: "A portare il resto, insomma." Interviene il Presidente, eh. A pagina 21 dice: "A portare il resto, insomma." Che resto? Di che si tratta qui? Pagina 21, verbale 26/05/94. "Pacciani le ha mai detto che anche lui andava dalla Malatesta?" "Eh, l'ha detto qualche volta." Dice lui. "Ha visto, vede come pian pianino lei, fra una merenda e l'altra, come riesce a ricordarsi tante cose?" Ma che cose sta ricordando? La frequentazione di tutti e due di una prostituta di paese. Oh! E lui l'ha bell'e detto che da qualche parte doveva andare, perché la moglie ha queste difficoltà, no? E siccome tanti soldi non ci sono, eh, ci si accontenta di questa signora qui, che abita in quella casa là, dove c'è proprio tutto un ambiente di questo genere, lo vedremo un momentino. 

martedì 1 dicembre 2015

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 9 marzo 1998 - Prima parte

Presidente: Buongiorno.
Avvocato Filastò: Presidente, prima che inizi l'udienza. Proprio ieri sera, mentre finivo di guardare le carte, mi è arrivata la notizia della morte di Mario Persiani. E mi sembra il caso di dire due cose: lo conoscevo bene; mi onorava della sua stima, ma questo non ha niente a che vedere. Dicono che sia caduto di bicicletta. Io non ci credo. Penso che abbia continuato a salire su per questa erta, più leggero di prima, guidato da un bel vento, fino ad arrivare in cima e vedere la luce di Dio. Perché se c'era qualcuno che lo meritava, questo era Mario Persiani, il signor Mario Persiani., Un uomo davvero probo, davvero buono, un grandissimo professionista del nostro mestiere e un cittadino esemplare. Ecco, io volevo dire questo perché mi è uscito dal cuore, perché ancora sono sotto l'impulso di questa notizia, per me dolorosissima. 
P.M.: Presidente, non posso che associarmi alle parole dell'avvocato Filastò. Io non conoscevo così bene come Filastò il collega. Ma mi sembra che come lo ha dipinto Filastò sia la verità, per quel poco che ho avuto modo di conoscerlo, quando ero ancora sostituto alla Procura di Firenze. Penso proprio che come ce lo ha dipinto l'avvocato Filastò sia la esatta immagine che abbiamo, quelli che lo hanno conosciuto, di Mario Persiani. Mi associo, quindi, a quelle parole. E chiedo che la corte, magari, ne prenda atto.
Presidente: (voce fuori microfono) La Corte... (al microfono) ... e in segno, diciamo, di cordoglio, sospendere per 10 minuti l'udienza. 
P.M.: Bene. Grazie, Presidente. 

« DOPO LA SOSPENSIONE »

Presidente: Allora, manca solamente il difensore dell'imputato: Zanobini. 
Avvocato Fenyes: Lo sostituisco io.
Presidente: Lo sostituisce lei, Fenyes. Va bene. Allora, prego, avvocato Filastò.
Avvocato Filastò: Presidente, Signori, una rapidissima sintesi di quel che ho detto fino a questo momento attraverso soprattutto i richiami degli atti più importanti che vi ho proposto e che vi ho sottolineato. Ho tentato una analisi della persona di Mario Vanni allo scopo - per ora solamente quello – non tanto di contrastare pretesi indizi a suo carico, quanto quello di superare un preconcetto che vi ho detto favorito da suggestioni e da deformazioni del vero. Questo è quello che ha formato oggetto di un capitolo sul merito, dopo una premessa di un certo tipo per la quale mi richiamo a quel che ho detto, capitolo Vanni che ho definito il mio paziente, indicandovi l'età del malanno giudiziario di cui soffre quest'uomo. E il malanno giudiziario di Mario Vanni comincia dallo smilzo fascicoletto del processo di 34 anni fa, allegato dal Pubblico Ministero, chiuso con la sentenza di assoluzione del 6 ottobre '64, prodotta da me all'udienza del 5 marzo scorso. Vi ho richiamato le dichiarazioni di Marisa Pucci del 4 ottobre del '97, a fascicolo 29 e fascicolo 30. Di Maria Grazia Vanni, la sorella dell'imputato, del 12 dicembre del '97, a fascicolo 66. Vi ho richiamato le dichiarazioni del teste Ricci: 08/07/97, fascicolo 20. Di don Poli, di Paolo Vanni: il 14 luglio del '97, fascicolo 24. Di Alessandra Bartalesi: 14 luglio '97, fascicolo 25. Questi ultimi due testimoni, in particolare sulle difficoltà anche di tipo intellettivo di Mario Vanni, da me definito con termine latino "rainus habens". Il che è stato confermato dalle relazioni dei periti, professor Barontini, dottor Maurri, dottor Marello; e dei consulenti, dottoressa Niccheri e dottor Massimo Sottini; e dalle loro dichiarazioni all'udienza del febbraio di quest'anno. Relazioni e osservazioni che hanno confermato l'esistenza di un'encefalopatia di Vanni e, soprattutto - quindi, organica: una situazione di deficit intellettivo, mentale, organico e molto importante, lo vedremo anche da un altro punto di vista - e sul suo, soprattutto, non nascondersi. E quindi correlativamente non un finto tonto, il contrario. Anzi, una persona che nei suoi rapporti con questi medici ha teso, ha tentato, addirittura, di proporsi meglio di quel che non fosse in realtà. Vi ho parlato dell'atteggiamento di fiducia e di sostanziale collaborazione nei riguardi degli inquirenti da parte di Mario Vanni. E da questo punto di vista, vi ho citato l'interrogatorio trascritto, condotto in massima parte dal dottor Vigna del 21 ottobre del '96. E in particolare vi ho sottolineato, quel "Lo metta lei", a pagina 42 di quel verbale. Quando il Vanni non riusciva a rispondere come, a un certo punto desiderava, o si richiedeva insistentemente da parte degli inquirenti sul conto di quella famosa lettera a lui spedita da Pacciani; lettera che lui, non solo non ha mai nascosto, ma che ha sbandierato per tutto il paese. E, a un certo punto, il povero ipodotato, alla fine dice: "Lo metta lei". Tre parole che indicano il suo livello intellettivo, la fiducia della persona scoperta, trasparente, nei suoi gravi limiti, da mettersi in relazione con un''altra uscita sua dell'imputato, all'epoca... sì, dell'imputato Mario Vanni, quella osservazione per cui il Mugello sarebbe "un paesino", a pagina 7; e la dice lunga, anche, sulle sue conoscenze dei luoghi della campagna toscana, eccetera. Sui cosiddetti "amici di merende", non sono stato in grado di indicarvi nessuna carta, perché non ce n'è nessuna, almeno significativa, sotto il profilo della accusa e della ipotesi riprodotta nel capo di imputazione, dal quale si ricava la eventuale ipotetica esistenza di una associazione criminale alla quale la stampa, i mass media hanno appiccicato, seguendo la terminologia proprio dell'imputato Mario Vanni, l'etichetta degli "amici di merende". Qualcosa avrei potuto indicarvi. Avrei potuto indicarvi le dichiarazioni testimoniali in cui alcuni testimoni parlano di estemporanee o consuetudinarie riunioni conviviali al bar Sport di San Casciano Val di Pesa, La Cantinetta del medesimo paese, e altrove - alle quali riunioni partecipavano il dichiarante, il testimone che parla - e anche di gite e correlative bevute e mangiate. E vi partecipa a tutto questo, in epoca risalente, anche un ex maresciallo dei Carabinieri in pensione, tal Simonetti, amico di Pacciani, molto più amico di Pacciani di quel che non fosse Mario Vanni. Bevute, mangiate in questi posti che ho detto. E anche alle varie feste di paese: quella dell'Uva dell'Impruneta, per esempio; le varie feste de L'Unità, della Democrazia Cristiana, situate in vari posti. Forse la Sagra della Fettunta di chissà dove e quella della Pecora in Umido di Bengodi. Ma me ne sono astenuto, da queste citazioni, nella piena e incrollabile consapevolezza che bere vino e mangiare, in campagna, e in compagnia piatti seppur pesanti, non costituisca indizio e la sussistenza di una associazione criminale. In particolar modo di quella speciale associazione, con quelle caratteristiche indicate nel capo di imputazione. Insomma: la merenda non costituisce reato e quindi perché perdere tempo? Ho citato, poi, un testo di psicosessuopatologia -Stoller (?), intitolato "Perversione", sottotitolo "La forma erotica dell'odio" - per documentare che andare con le prostitute non è indizio di perversione, in particolare quando ciò avvenga "faut de mieux", cioè a dire "in mancanza di meglio", com'è appunto il caso del Mario Vanni. E questo capitoletto che ho citato, del testo fondamentale, definito tale dal dottor Perugini, "La perversione. La forma erotica dell'odio", questo capitoletto, “faut de mieux” si trova a partire da pagina 19 di questo testo. Vi ho detto anche che l'uso del vibratore non ha niente a che vedere con la forma erotica dell'odio, con la perversione; anzi, vi ho detto che, per certi versi, contrasta su questo aspetto. Sul fatto che Vanni frequentasse qualche prostituta, in mancanza di meglio - vale a dire "faut de mieux", perché la Luisa Landozzi è ammalata e per queste ragioni di malattia anche neurologica, da cui molto attendibilmente deriva la conseguente nascita di questa bambina spastica, epilettica, con un deficit di tipo neurologico; capita che nascano figli di quel genere - e, da questo punto di vista, niente autorizza a dire che la ragione per cui quella bambina è nata spastica fosse un'altra. Queste sono cose che fanno parte di quelle deformazioni, di quelle esagerazioni, di quelle deformazioni, anche, della realtà che vi ho detto. Vi ho citato la sentenza del 6 ottobre del '64; la sorella Maria Grazia, interrogata il 12 novembre del '97, a fascicolo 66; Alessandra Bartalesi: 14 luglio '97, fascicolo 25. Sul fatto che Vanni andava, ogni tanto, a prostitute perché c'era questo muro, questa chiamiamola incompatibilità con la moglie, determinata dalla malattia della stessa. Paolo Vanni che viene interrogato il 14 luglio '97, a foglio 24; e lo stesso Lorenzo Nesi, il quale ne parla il 4 luglio '97, a fascicolo 18. Vi ho poi parlato dell'origine di questo processo, come nascente da una indagine a direzione bloccata, che a questo punto mi sentirei di definire "ius sub iudice": "per comando del giudice". In latinetto significa "per comando del giudice". Il che, a me sembra, a differenza di come interpreta questo aspetto il Pubblico Ministero e il regista di queste indagini, il dottor Giuttari, a me questo sembra il massimo della indagine di tendenza. A binario bloccato, per non dire tendenziosa all'origine. E, da questo punto di vista, sul fatto che l'input di questa indagine sugli "amici di merende" arriva per ordine del Giudice, in una direzione, come dicevo prima bloccata, vi ho citato il dottor Giuttari, il quale ne parla il 23 giugno del '91, fascicolo 9; il 25 giugno del '97, a fascicolo 10; il 26 giugno '97, a fascicolo 11; il 27 giugno '91, al fascicolo 12. E vi ho citato, sotto questo profilo, alcuni stralci della esposizione introduttiva del Pubblico Ministero del 23 gennaio '98 e del 23... esposizione introduttiva del Pubblico Ministero, il 23/12/97, eccetera. Queste date sono sbagliate, vedo qui. Chi me le ha messe ha sbagliato, comunque è la stessa. Esposizione introduttiva del Pubblico Ministero, quando è stata, è stata. Il dottor Giuttari e il Pubblico Ministero, i quali dicono: vedete, è un magistrato, il quale... - un magistrato è un giudice; dico un magistrato per personalizzare, ma in realtà è una Corte - il quale si fa questa idea. Insomma, non è un sintomo di attendibilità, purtroppo. Perché, come vi ho indicato nel corso della mia discussione, questa ipotesi dei "compagni di merende" interviene in certi momenti topici in cui si tratta, da parte del Giudice di I Grado, di spiegare il perché certe risultanze non collimano, anzi contrastano in modo aperto, con la persona di Pacciani. Quindi, come ha detto la Corte di Assise di Appello nella sua sentenza: "una ipotesi surrettizia". Vale a dire una ipotesi in cui si sostiene una cosa, nascondendone un'altra. Nascondendo, cioè a dire, che in realtà c'erano delle informazioni dettagliate, importanti, testimoniali. Io ho citato Zanetti, ma si potrebbe citare anche Bardazzi e soprattutto, quelle impronte di ginocchio su quello sportello che fanno, fra l'altro, il paio con quella impronta di scarpa trovata a Calenzano. E queste situazioni, questi aspetti, queste risultanze di carattere testimoniale ed obiettivo contrastavano con la figura di Pacciani. Il quale Pacciani, è vero, durante il dibattimento di I Grado - la Corte non lo sa, ma la informo io - insomma, venne addirittura, si tentò di stiracchiarlo, di farlo diventare più alto attraverso una singolare perizia antropometrica fatta a tamburo battente al dibattimento; per dire che lui, nel frattempo, si era, come dire, ristretto. Si era, in qualche modo, diminuito di altezza. 

lunedì 30 novembre 2015

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 6 marzo 1998 - Dodicesima parte

Segue dall'undicesima parte.
 
Avvocato Filastò: E questo, questi signori lo deducono dalla scena del delitto, in quanto il tipo di lesioni che si trovano, il tipo di tracce che si trovano nella scena dei delitti, sono evidentemente lasciati.. non sono evidentemente lasciati da mani diverse e non hanno un diverso "modus operandi” e non | esprimono una diversa modalità della loro | aggressività e della loro sessualità. "Inoltre" — dicono sempre questi signori - "delitti, in cui, gli omicidi a sfondo sessuale, vi sono più partecipanti, generalmente non sono ritualizzati. La ritualizzazione generalmente non prevede la presenza di nessun altro." Beh, siamo ancora ad una analisi in linea generale. Il De Fazio, in linea generale. De Fazio, udienza 15 luglio 1994, farò un'esposizione piuttosto noiosa, da parte mia, fatta di citazioni, di letture, perché non voglio proprio soggettivizzare nulla. Voglio fondarmi su quel che emerge e basta. Qualche volta sarò anche costretto a, sì, farò anche gualche considerazione. Allora. Qui è De Fazio che parla, all'udienza del 15 luglio 1994, fascicolo 74, pagina 43: "L'autore, da noi supposto unico per i motivi detti, rientra per dati di personalità in campo psico-patologico che si riflettono su tante cose, sessualità compresa." Quali sono questi motivi? Eccoli. Ancora De Fazio, sempre il 15/07/94, fascicolo 74, paqina 68: "La dinamica dell'azione" — guardate eh, lui non parla di impressioni, considerazioni; 'lui fotografa, indica la dinamica dell'azione - "dello sparare e la dinamica dell'azione dell'escindere non sono assolutamente tali, da poter autorizzare l'ipotesi di due persone diverse". In linea generale, vista la situazione, obiettivizzato tutto, valutato ogni cosa nelle sue linee, nelle sue apparenze — perche sono apparenze, certo, che cosa si fa se non constatare delle apparenze; in questi casi attraverso i sensi quelli degli occhi, quegli strumenti che adoperiamo, nient'altro che questo - "non sono assolutamente tali da poter autorizzare l'ipotesi di due persone diverse." Abbastanza secco, direi, questo. "Le due persone sono un'ipotesi non autorizzata scientificamente." Ancora Galliani sentito, fascicolo 74, sempre in quel dibattimento, a pagina 69, fascicolo 74: “Uccidere" — dice Galliani — "significava i preliminari del fine di quella azione; mentre l'azione di escissione riguardava la realizzazione dell'equivalente sadico dell'atto sessuale." Questo gli appare allo psichiatra che "l'uccidere è un preliminare." "È un preliminare dell'azione come fantasia" -I poi lo preciserà meglio — "fantasia erotica di quella forma di erotismo dell'odio." Perché prima si uccide, ma. lo scopo è quello dell'escindere, del disprezzare, fino a quelle lesioni orribili, il corpo della ragazza. Allora dice: "Uccidere significava i preliminari del fine di quell'azione, mentre l'azione di escissione riguardava la realizzazione, l'equivalente sadico dell'atto sessuale. " Cioè, l'escissione è una specie di surrogato orribile dell'atto sessuale. E dice: "Sono due tempi diversi, motivati in modo diverso dalla stessa mano." Come collima? Capite, questo è molto importante, perché questo è lo scienziato, vero? Lo psichiatra che parla. Come si collima, qui, con questo quadro che vi fa il Lotti, che a me ricorda una filastrocca che mi hanno insegnato da bambino e che poi ho ripetuto sempre con i miei figlioli quando erano piccini. Non lo posso ripetere con i nipoti, perché due ce l'ho in Nuova Zelanda e uno sta a Montepellier. Quella filastrocca: "Mana piazza, mana piazza”. Ai bambini si fa così: "Mana piazza, mana piazza, ci passò una lepre pazza. Uno la vide, uno l'ammazzò, l'altro la scoiò, un altro la mangiò. E al più piccino, non gli rimase nemmeno un briciolino.” Come coincide tutto questo con la "mana piazza" che vi prospetta il signor Lotti? Quello spara, quello escinde. Partendo evidentemente da due motivazioni diverse. E li deve mettere in qualche modo insieme: lui spara, l'altro va col coltello. "No" - dice Galliani - "l'uccidere solo con la pistola sono i preliminari del fine ultimo di una azione che riguarda la realizzazione dell'equivalente sadico dell'atto sessuale " - sono due tempi diversi — "motivati in modo diverso dalla stessa mano." E il professor Bruno vi fa toccar con mano come il catabolismo di questa indagine abbia prodotto in linea generale non la sostituzione, capite, dell'ipotesi psicopatologica- Perché, su questi, fino a questo punto non ci può arrivare il Pubblico Ministero. Voi lo vedete, no? Eh, è un po' difficile, un po' duro da dire, eh. Che qui... Sì, va bene, lui ha detto. "Gruppo di persone normali campagnole". Insomma, tanto normali non possono essere delle persone che fanno queste cose. Ma se lo fossero, Signori, accidenti! Ma non si potrebbe nemmeno mettere più piede fuori di casa propria, no? Eh, non ci mancherebbe altro! Quindi, in qualche modo la perversione di qualcuno la deve recuperare. No, no. A stargli dietro c'è l'azzeramento dell'evidenza psicopatologica di questo... processo,. di questa motivazione. L'azzeramento. "Si va a fare un lavoretto", dice Lotti. Capito? Come se, a un certo punto, tutta la cosa fosse così, nascesse così: siamo lì alla Cantinetta, oppure... "Si va a fare un lavoretto...", estempora lui. Per il delitto di Baccaiano lui stava alla casa della draga. A un certo punto vengono a trovarlo con la macchina, questo qui gli dice: 'vieni, si va...' — 'In dove?' — 'Eh, vieni, vieni. Lo so io'. Non lo so, io. Provate a immaginare di scriverla questa ipotesi, nella sentenza. Metterlo giù, nero su bianco. Ho l'impressione che la mano cadrebbe esausta sul foglio, io. Dice Bruno: "È un serial—killer, quindi direi unico. Ci sono moltissimi elementi che fanno pensare all'azione di un'unica persona che ha individuato come obiettivi del suo delirio delle coppie e che ha , esercitato una ritualità omicidiaria tale da essere inequivocàbile per il significato patologico che gli è connesso." Ma queste sono parole serie no? E che è un significato evidentemente di natura sessuale, eh, dico, non hanno un significato sessuale quei delitti? Con quelle escissioni, con quella esposizione di quei corpi in quel modo? Con quella ostentazione? Davvero volete ritenere così ambiguamente che invece della natura sessuale ci sia una natura di lucro? Da una parte l'ostentazione di quei corpi in quel modo, quelle lesioni fatte in quelle parti del corpo in quella maniera; e, dall'altra, i portafogli che restano con i valori dentro, delle vittime maschili? E i valori, valori cospicui dei tedeschi, che restano nel furgone? Scusi, Presidente, bisogna interrompa, abbia pazienza. Sono molto stanco e mi è venuto un dolore qui. E mi fa paura. I dolori qui fanno paura. Si va a lunedì, Presidente.
Presidente: No, andiamo a domani mattina, avvocato.
Avvocato Filastò: No, Presidente, abbia pazienza. No.
Presidente: Come si fa?
Avvocato Filastò: Non me lo può fare questo, a me solo. Eh, no.
Presidente: Sono troppo lunghe, sono troppo lunghe, avvocato ...
Avvocato Filastò: Io poi, fra l'altro, Presidente, scusi se glielo dico, ma guardi... 
P.M.: Si salta il pomeriggio.
Presidente: Eh, capito? Eh allora...
Avvocato Filastò: Ma come, sempre si è saltato il pomeriggio. E perché io devo avere un trattamento speciale? 
P.M.: Domani mattina non è pomeriggio. Stai calmo, stai Calmo.
Avvocato Filastò: Eh, no. Io, domani ma.. 
P.M.: Stai calmo!
Avvocato Filastò: Eh, come, io sto calmo. Eh, non sto calmo affatto. Perché io, fra l'altro, non sto per niente calmo su questa cosa. Esprimo una protesta formale. Perché io qui, fra l'altro soffro di pressione arteriosa alta, ecco, e non ce la fo a venire qua domattina. Poi, se mi viene imposto, vengo domattina. Ma bisogna che mi venga imposto in una ordinanza della Corte. (voce fuori microfono) Presidente...
Avvocato Filastò: Che, per la prima volta, impone al difensore di venire a parlare - al difensore di Vanni - di venire a parlare di sabato, quando non è mai successo nelle scorse udienze, per nessuno. Compreso il Pubblico Ministero che da venerdì, è andato a lunedì.
Avvocato Mazzeo: È vero, Presidente. 
P.M.: Questo è vero, Presidente. .
Avvocato Filastò: Eh, meno male.
Presidente: Va bene. Andiamo a lunedì, andiamo a lunedì.
Avvocato Filastò: Grazie, Presidente.
Presidente: Lunedì mattina alle 0 9.00. Non c'è problema.
Avvocato Mazzeo: Sempre signorile. Grazie, Presidente.
Presidente: Senta, avvocato. Avvocato, volevo sapere: previsioni di tempo del suo...
Avvocato Filastò: Lunedì e martedì, Presidente.
Presidente: Lunedì e martedì. 
Mario Vanni: Che devo dir qualcosa?
Avvocato Filastò: Dopo, Mario, dopo.
Presidente: Dopo, dopo parla, Vanni. Dopo ci parla lei.
Avvocato Filastò: Dopo, alla fine.
Presidente: Alle ore 09.00. L'udienza è tolta.

venerdì 27 novembre 2015

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 6 marzo 1998 - Undicesima parte

Segue dalla decima parte

Avvocato Filastò: Qui si comincia ad affrontare il tema dei riscontri al Lotti. Tenete presente che questo capitolo ora è sacro. E questo difensore comincia ad aprire questo capitolo, intitolato: "Mancati riscontri alla confessione di Lotti alla sua chiamata di correo." E comincio, quindi, dall’approfondire quella che è l'assenza di riscontro complessiva, globale, più I cospicua, più evidente in questo processo, al Lotti. Vale a dire la sua sostanziale inattendibilità, nel momento in cui la sua ricostruzione dei fatti mette in movimento questo gruppo. Sostituendosi, il Lotti, non soltanto — come ha detto il collega - al Giudice, ma anche al Giudice come perito dei periti. Ma lui è qui non solo testimone, è l'alfa o l'omega, ma è anche il perito. Con il suo bel faccione sorridente e largo, per modo di dire, lui è anche il perito. Perché il primo complesso di dati che io sottopongo alla vostra attenzione sono dati scientifici. E le opinioni circostanziate degli esperti che si sono occupati dei casi o meglio del caso in generale, riconducibile correttamente ad un'unità sotto un profilo concettuale non hanno espresso soltanto delle opinioni, come vi è stato detto. No. Hanno anche svolto, preliminarmente, un esame ed uno studio comparativo dei dati obiettivi dei vari casi. Intesa l'espressione nel suo significato letterale autentico, non come l'intende il dottor Giuttari, cioè come il contrario della soggettività. Come il contrario. Perché il dottor Giuttari parla della Frigo come di un dato obiettivo. No. Qui siamo all'elaborazione persino computerizzata, freddamente computerizzata di dati obiettivi, quella che hanno fatto i periti; obiettivi, nel senso del contrario della soggettività. Quella soggettività che fa dire alla Frigo che un boato viene trasformato — o per lo meno, se lo dice lei o il Pubblico Ministero, qualcuno lo dice - viene trasformato dalla eco in un boato, in un fragore. Quella soggettività che- fa dire a Lorenzo Nesi di aver visto il Vanni sbiancare. “In macchina, mentre stava in macchina, lui sbiancò." Della Ghiribelli Gabriella, ubriaca marcia - vero, come sempre era - che a distanza di dodici anni riconosce la piazzola di Vicchio. Dopo dodici anni quella là, che c'era andata da quelle parti, vero, come vedremo, da quelle parti, insieme al Lotti. "Imbriaca come un tegolo", così lei dice di essere sempre stata, in quel periodo di tempo lì; poi torna dopo dodici anni e dice: "Questa è la piazzola." Forse l'ha riconosciuta perché ora è trasformata in un piccolo, pietosissimo cimitero.
Presidente: Avvocato, è la Nicoletti.
Avvocato Filastò: Come?
Presidente: La piazzola...
Avvocato Filastò: Sì, ha ragione, è la Nicoletti. No, ma guardi... No, no, è proprio la Ghiribelli, anche, mi pare. Ora poi, lo vedremo meglio, perché questa è una parte che approfondirò dopo, in seguito. Comunque una delle due. "Briache" sono tutte e due, Presidente. Su questo non c'è dubbio. E, mi dispiace doverlo dire, del signor Renzo Rontini, soggettività anche la sua e della sua signora, che a distanza di undici anni riconosce il Vanni. E c'era da aspettarsi che al termine del "metabolismo lento", imboccata la strada giusta, trovati gli autori, finalmente afferrato il filo della matassa, tutto si dipanasse con facilità. Magari è stata trovata la calibro 22, oppure non si trova la calibro 22, ma si trova una traccia di essa: per dove è andata a finire, chi l'ha avuta, per quel che mani è passata, da dove proviene. E si trova poi, soprattutto, l'aspetto fondamentale che appartiene - come ho detto prima - alla struttura dell'accusa, il movente psichiatrico o psico-patologico. No, non si trova niente di tutto questo. Anzi. Lasciamo perdere Pacciani, che non viene periziato neppure lui. Ma Vanni? Vanni non si perizia, forse "per la paura di non trovarlo reo", come dice il Manzoni? C'è l'opposizione del Pubblico Ministero, e la persona "buono come il pane", come dice la Maria Grazia Vanni, ipodotato con i giramenti di testa già nell'87, che lo fanno dimettere dal fare il postino; una persona che non potrebbe essere più lontana da questi delitti, che non sa neppure guidare la macchina, che confonde il Mugello con un paesino, anche lui, non si perizia nemmen lui. Le istanze del difensore - ne ho fatte due: una secondo un'angolazione, una un'altra - tutte e due respinte. Ce l'ho. Se, voglio dire... la motivazione è stata nel senso: non ce n'era bisogno, perché non ce n'era bisogno. Sono d'accordo anche io, non ce n'era bisogno. Da un certo punto di vista, son periettamente d'accordo con chi avesse pensato che non ce n'era bisogno, da un certo punto di vista; ma da quell'altro no, eh. Da quell'altro, altroché se ce n'era bisogno. Quindi se si va a confrontare — perché ora va fatto questo lavoro - se si va a confrontare questa indagine con gli studi criminologici non astratti ma ben relazionati ai fatti, si trova un contrasto nettissimo. Qui, si avverte proprio questo scricchiolio tremendo, e quindi è catabolica anche questa indagine, nel suo complesso. E di tutte, anzi, questa indagine sugli "amici di merende", quella che si svolge nell'arco di questi ultimi due anni ma che raggiunge il suo acme, i suoi risultati più cospicui, più vistosi vale a dire. Pucci e Beta nel giro di un mese, febbraio 1996 è quella di tutte la più azzerante. Prima di tutto annulla il ragguardevole, prezioso, approfondito lavoro scientifico, su questo caso. "Improprio ricorso alla scienza"? Fino al punto, lo annulla al punto che il Pubblico Ministero — quando ne parla, di questo aspetto di questa inchiesta — è costretto a dire: "improprio ricorso alla scienza." Improprio? Evidentemente se lo definisce "improprio", ne sa più lui dell'FBI. Ora, mi permetta di dubitarne. Visto che quei signori, là da quelle parti, nel 1985 se la son vista con 5.500 morti da serial-killer. In un anno. E ne hanno fatta di esperienza! Ha ragione, devo una volta di più riconoscere la perfetta aderenza alla verità delle illuminazioni, dello storico del Diritto, professor Italo Mereu, che non mi stanco mai di citare in queste aule giudiziarie, che credo sia molto poco letto. Ed è un peccato, perché la sua "Storia dell'intolleranza in Europa", è il più bel libro di Diritto che io abbia mai letto. Grande storico del Diritto, Italo Mereu; quando dice, parla del "sospetto" che l'ambiente giudiziario italiano nutre per la scienza. Dell'isolamento in cui ci manteniamo tutti noi, anche io; in genere, cerco invece di aprire delle finestre di qua e di là, e sono da questo punto di vista, qui, visto un po' con fastidio, lo so. Benissimo. 'Tutte le citazioni che fa quell'uggioso'. Allora, il lavoro fatto dall'equipe De Fazio, Signori Giudici, è un lavoro che prima di tutto è uno studio dei fatti delitti, ed una analisi obiettiva, anzi, una osservazione comparativa di essi. Visti tutti, eh! Osservazione comparativa, allo scopo di evidenziare le affinità, le qualità comuni fino alla elaborazione computerizzata delle lesioni. Al termine di quell'elaborato voi trovate delle pagine che sono dei grafici in cui ci sono le figurine, e c'è l'impostazione, lì. Poi, dopo, lettera B, c'è l'ipotesi investigativa per restringere il campo dell'indagine, che individua una certa persona, un certo personaggio con certe caratteristiche. Ma dopo, però, eh. Su quella posso anche non essere d'accordo. Voglio dire, lì siamo sulle opinioni; ma la parte iniziale, quella che riguarda la analisi comparativa, lo studio dei fatti delitti: su quella no, eh! Su quella, no. Quella va vista, va approfondita; come va approfondita da quel punto di vista quel che ha detto il commissario Perugini , quel che ha detto il professor Bruno, quel che ha detto il dottor Nocentini, De Fazio , Galliani, Beduschi, Luberto, Pierini, Nocentini, Bruno, Perugini... Otto. Otto persone; tutti da buttare. Tutti da buttare? Tutti da scartare, nella vostra valutazione? No, non si può mica fare, eh. Qui no. Noi dobbiamo farla questa analisi. Un momento, per bere un goccio d'acqua.
(voce fuori microfono)
Avvocato Filastò: Allora, ho diviso questa analisi in diversi capitoletti, Uno l'ho intitolato, "in generale", sulle osservazioni a,volo di rondine... no, meno specifiche, fatte da questi signori. Uno l'ho intitolato sotto il profilo della eccezionalità di questi delitti. La loro eccezionalità, ergo, non ergo, ma sotto un profilo di probabilità, "singolarità”. Scendendo un po' più addentro da questo punto di vista, analisi di questi delitti, fatti obiettivi, sotto il profilo della loro ritualità". Poi, sotto il profilo del “perfezionamento”, vale a dire dell'esperienza precedente accumulata dall'autore - dall'autore - perché un'esperienza, una memoria muscolare come quella di cui parla il dottor Perugini, non si esporta in un gruppo, Perfezionamento. E poi, finalmente, sotto il profilo dei dati obiettivi medico-legali, con valore di prova. Definiti con "valore di prova" dal Professor De Fazio, che riguardano in particolare, le escissioni. Poi, le obiezioni, le confutazioni a queste loro analisi; e, infine, la comparazione di queste analisi, di queste osservazioni, valutazioni, con la ipotesi del gruppo. Ma cominciamo con una obiezione. Cominciamo con una obiezione del Presidente Ognibene, che avviene nei verbali del dibattimento del processo Pacciani, a fascicolo 76, pagina 51— 52. Dovreste averlo, perché riguarda la deposizione del teste De Fazio. Alla domanda del Presidente, domanda specifica se possa ipotizzarsi un accompagnatore che non partecipa ai delitti, e qui siamo al dibattimento del processo Pacciani, quando cioè queste ipotesi dei complici non ha proprio nessuno addentellato, eh, e però il Presidente questa idea ce l'ha già in testa, non c'è niente da fare. Tanto è vero... Basta vedere come ha interrogato il Mario, qui. Poi. lo vedremo. Il quale Mario l'ultima cosa che poteva fare era quella di mettersi a sedere; e, appena toccato con il sedere la sedia, prima che nessuno gli avesse chiesto nulla, dice: "Oh, io levato che far le merende con il Pacciani, un c'entro nulla." Ah, subito parte immediatamente la crisi, vero? Va be', ne parleremo. Va be', insomma, accidenti alle digressioni. Quindi, il De Fazio risponde: "Questo toglierebbe ogni sapore all'autore dei delitti, che noi abbiamo definito “su base sadico-sessuale”. E l'ipotesi della presenza concomitante di un'altra persona, che gli teneva la macchina, o gli reggeva la lampadina,, che gli faceva da palo -parole del Presidente- nel prospettare la domanda viene esclusa. Questa volta non da De Fazio, ma da Galliani che afferma: "Sarebbe stranissimo, difficilmente ipotizzabile; in quanto gli omicidi a sfondo sessuale commessi da più persone, due persone o più persone, vedono sempre la partecipazione di tutti i presenti, in misura minore o maggiore."
 Segue...

giovedì 26 novembre 2015

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 6 marzo 1998 - Undicesima parte

Segue dalla decima parte.

Avvocato Filastò: E allora? E allora questa ipotesi, dice la sentenza di II Grado, è surrettizia. Ed è surrettizia in che senso? Surrettizio, scusate, viene dal latino "subrepticius", e nel linguaggio giuridico significa: "Atto in cui si tace intenzionalmente un fatto." E nel linguaggio filosofico si dice: "Concetto introdotto illegittimamente, in quanto contrastante con i principi fondamentali professati, o, in ogni caso, senza una giustificazione speculativa. Devoto-Oli. Più pedrestroide: si potrebbe parlare di "escamotage dialettico". E dice la sentenza di II Grado, a pagina 146, che io vi cito come potrei citare un qualsiasi scritto che riguarda questo caso : "Fino a che tale nuova situazione processuale non si sarà verificata" — e si riferisce a Lotti e Pucci — "appare veramente arbitrario ed ai limiti del paradosso, affermare da parte del Giudice la presenza di correi, che nulla porta a ritenere esistenti, per sostenere surrettiziamente l'impostazione accusatoria contro Pacciani tutte le volte in cui le risultanze portano in una direzione diversa o addirittura incompatibile con essa." Ed è questa la realtà dell'input del Giudice di I Grado, enfatizzato, questo input, dal Pubblico Ministero e dal dotto Giuttari, come sublime illuminazione dei Giudici di I Grado che finalmente metterebbe dopo vent'anni, se non ventisei, di indagini parziali e sbagliate perché fondate sul falso, presupposto dell'autore è unico e solo — l'inchiesta finalmente sulla strada giusta. Un argomento specioso, in realtà, surrettizio; escogitato per superare alcune circostanze incompatibili con la responsabilità di Pacciani. Quindi, è una base di partenza infida. Accettata acriticamente dal dottor Giuttari, quasi impostagli, per dire la verità, il quale si trova in questo modo su questo terreno melmoso ad affrontare, come dice a pagina 6 della sua deposizione del 25 giugno del 1997: "Il primo incarico di un certo spessore investigativo, nella nuova veste di dirigente della Squadra Mobile." Per di più, per di più, insomma, il funzionario che fa questa indagine, in questo modo, in qualche modo spinto, non è che abbia una grande esperienza di queste indagini. Diciamo la verità. La lettura della sua deposizione, glielo dico, ho piacere che sia qui, perché così... insomma, dice: 'ah, l'avvocato Filastò ha detto...' no, l'avvocato Filastò dice questo. Leggere la sua deposizione del ' 25 giugno '97 mi ha dato una impressione abbastanza fastidiosa, di soggettivismo, di grave soggettivismo. Alcune espressioni usate sono fuori linea, a mio parere, da un punto di vista lessicale; perché io interpreto, io non c'ero, l'ho controinterrogata dopo su un aspetto parziale del processo, controinterrogando il dottor Giuttari dopo, smettiamola si parlare così, perché sennò sembra che faccia il dialogo... Ecco, non c'ero; però il testimone che è obbligato a deporre sui fatti, astenendosi dal giudizio e da considerazioni - come dice il Codice - personale non dice: "Mi accorsi purtroppo che le testimonianze non erano state portate alla conoscenza della Corte di Assise." Questa era un po' tirata a lei, dottor Canessa, abbia pazienza. Come dire, si era dimenticato... 
(voce fuori microfono)
Avvocato Filastò: Oh, benissimo, mi fa piacere. "La lettura di tutti gli atti mi consentiva di avere un'ottica investigativa completa, non parziale." Eh, no abbia pazienza, scusi, no. Cosa ha letto lei del processo dei '68? Mi dica la verità. Verbali di dibattimento di quel vecchio processo, quando Vinci parla e dice: 'io ho visto una certa persona alle 'Cascine del Riccio'? Scommetto non la sapeva nemmeno questa storia. Quando un certo, mi pare sia proprio il Cutrona Carmelo, racconta che la Barbara Locci era seguita da uno in motorino, che una volta l'aveva minacciata con una pistola? Eh, e così via, così via, vero. Che è stata grave, ponderosa, piena di un sacco di carte. A proposito della teste Frigo, di cui abbiamo parlato così, dianzi, anticipando un esame che faremo più approfonditamente, dice: 'vedremo che è una testimone che mi ha impressionato veramente in una maniera eccezionale'. Va be', sono le sue impressioni, abbia pazienza, se le tenga. Che importa a me se la Frigo l'ha impressionata a lei? L'importante è che la Frigo dice certe cose e vedremo se hanno un minimo di attendibilità qui, eh. "Testimoni molto importanti, per cui i delitti erano da ritenere fatti da più persone." E questo dopo aver riferito le testimonianze di Andrea Caini e di Tiziana Martelli. Che vedono. "due auto in prossimità della piazzola, che percorrono..." In prossimità della piazzola no, perché questa gente, se non sbaglio, sono quelli che vedono vicino a San Martino a Scopeto, oltre San Martino a Scopeto, perché questa strada ha questa cesura - San Martino a Scopeto... ho provato anche a farla, a me un m'è riuscito, a me un m'è riuscito, poi mi sono procurato delle carte, ma lo vedremo questo - hanno visto queste due auto che percorrono un po' spericolatamente, la seconda che tallonava la prima, una strada di campagna, interrata - fuori strada assolutamente rispetto a un percorso normale di qualcuno che se ne vuole andare dopo aver fatto un delitto di quella natura - verso le 24.00; gente che conosceva bene quei posti; non riconoscono nessuno; tutto quello che possono vedere è un'auto rossa. "Testimonianze importanti che colpiscono e impressionano." Bah! Qui, oltretutto, non si parla mica di incidenti stradali, eh. Poiché non avrebbero potuto essere - ecco, qui - come diceva, parlando di riscontri, il collega, che sono quelle cose che non ammettono ipotesi alternative - perché non avrebbero potuto essere due spericolati che si allenavano su quella strada a correre, come fa un sacco di gente in quella zona, perché siamo vicini all'autodromo del Mugello - e basta andarci una volta per accorgersi di quanta gente fa i furbi per quelle strade là; con le motociclette, con le macchine e tutto il resto. Poi, questa è una cosa che vedremo meglio dopo, quando esamineremo tutta la circostanza, cominciando, appunto, dalla Frigo. Aveva un atteggiamento piuttosto preconcettuale, appunto suggerito da questa sentenza, per ritenere "particolarmente impressionanti" due testimonianze I che invece ne hanno, di valore, direi, tutto sommato, molto... molto relativo. Ma, insomma, di queste cose ce ne occuperemo meglio. Ancora Giuttari dice: "Analizzerò questa fonte" — parlando di Frigo — "sotto un altro versante, però qui mi preme dire subito che la sua posizione, se può essere utile per corroborare la prova..." Va be', lasciamo perdere per ora, Sharon Stepman, Sabrina Di Carmignano, Rufo Giancarlo; tutta gente che poi analizzeremo, vedremo punto per punto. Io dico che prima dell'avvento di Lotti e di Pucci, al di fuori dalle enfatizzazioni del dottor Giuttari, in quella sede — e poi mi direte dopo l'analisi che faremo insieme, se questo non è vero — tutto quello che si può dire è che prendeva consistenza l'ipotesi che su quelle strade... o meglio, la realtà, su quelle strade, nell784 e nell'85, in epoche precedenti e successive al delitto, avessero transitato alcune automobili: color chiaro, color scuro, una rossa, una bianca, una forse argentata, eccetera. Il che è molto normale, Signori. È molto normale, visto che siamo su due strade, e che in genere queste strade vengono percorse dalle automobili, le quali talvolta si fermano, talvolta sono rosse, con la coda più o meno tronca, talaltra sono bianche, qualche altra volta., più raramente sono argentate; ma i complici di, Pacciani come fanno a diventare per questo un'ipotesi consistente? A me sembra che tutta questa parte della prerequisitoria del dottor Giuttari mette in luce un preconcetto: cioè una predisposizione a vedere significati di un certo tipo, in circostanze che non ne hanno affatto. Poi il dottor Giuttari parla del cartellone, lui è il regista della indagine. E questo : "Siccome la Ghiribelli stessa dice che Pacciani frequentava l'abitazione dell'Indovino, mi sembra che sia un riscontro documentale molto chiaro". Di che? Pagina 82. Tanto è vero che, in questo momento, il Pubblico Ministero ritiene opportuno, finalmente, intervenire e gli dice: "Dottore, cosa sembra è un fatto nostro." Dice: "Beh, andiamo avanti. Non si preoccupi." Va be', ne parleremo di questo, perché mi preme un punto centrale. Prima dell'avvento di Pucci e di Lotti, in realtà, c'è soltanto un certo Nesi Lorenzo. Il quale Nesi Lorenzo, dopo aver partecipato al dibattimento come teste senza dire nulla di quello che dirà dopo, siccome capta una reazione di Pacciani che dice: 'ma questo qui, chi lo conosce?' Se ne ha a male, torna e dice: 'ah sì? Tu hai detto che... Si presenta spontaneamente, torna e dice: 'Ah sì? Tu hai detto che non mi conosci? Allora ti dirò che te tu eri in questo posto, quella sera, su una macchina insieme a un altro'. Come abbia fatto a riconoscere il Pacciani a tutti quegli anni di distanza, sono tutte cose che vedremo quando le analizzeremo. Ma ora che ci serve indicare, indicare proprio che quella ipotesi surrettizia, considerata tale dalla sentenza di II Grado, che esamina anche la posizione Nesi - e dice quel che dice su quel che riguarda questo testimone - all'epoca, prima dell'avvento di Pucci e di Lotti è suffragata soltanto da questo. Poi vedremo che dopo non c'è assolutamente nient'altro. E la rende fondata l'ipotesi dei complici senza considerare che — questo, poi, ne parlerò quando affronterò il processo, secondo quell'angolazione che non mi convince, ma che devo fare? Per correttezza e per dovere professionale nei confronti del mio rappresentato - senza contare che il Nesi Lorenzo è la fine dell'accusa nei confronti di Vanni. Perché il Nesi Lorenzo vede, dice di aver visto due persone di cui una Pacciani, ma non dice di aver riconosciuto Vanni. E Vanni per lui non è un'illustre sconosciuto, Vanni è una persona che lui conosce da quarant'anni. E se ci fosse stato Vanni accanto a Pacciani in quella circostanza, era Vanni che avrebbe visto per primo e riconosciuto come tale. Ora, io dico e chiedo a voi: basta questo per ritenere carta straccia e per catabolizzare, distruggere le ipotesi dell'unico autore e del serial-killer?