venerdì 29 gennaio 2016

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 10 marzo 1998 - Tredicesima parte

Segue dalla dodicesima parte.

Avvocato Filastò: A proposito, tornando un attimo indietro, a proposito del riscontro dell'orefice Zanieri, sentite cosa dice lo Zanieri. Torno indietro: "L'ho sentito dire da qualcuno del bar." "Da qualcuno del bar." A verbale del 24 gennaio del '96. Dopo aver detto, in precedenza: "Questo discorso lo hanno fatto diverse persone e anche il Lotti." Quindi, diverse persone che dicono: 'siamo passati di lì'. E passare di lì è più che normale. Per uno che va a Firenze quel giorno, per tornare si passa assolutamente da lì. Benissimo. Ma quel che mi interessa, a questo punto, commentare e discutere in modo approfondito, sono le testimonianze di due testimoni veramente attendibili, veramente seri, che non prestano il fianco, come il De Pace, a nessun tipo di obiezione e che sono i testimoni De Faveri e Chiarappa. Allora, chi sono? Sono due coniugi, come voi ricorderete - è per rammentarvi la circostanza - i quali sono andati a trovare quel giorno, domenica, degli amici che si chiamano Rufo; i quali Rufo abitano - tra l'altro mi pare che il Rufo è morto - i quali abitano in una casa che sta dalla parte opposta rispetto alla piazzola degli Scopeti dov'è avvenuto l'omicidio dei francesi. Questi signori vanno a trovare questa persona. A che ora? Alle 14.30. Lo dicono tutti e due. Sono là, su quella strada, provenendo da Firenze. E devono fare una curva un po' a secco per entrare nel cancello e salire su alla casa dei Rufo. E sono le 14.30 del pomeriggio di domenica. Domanda a loro, come a tutti i testimoni di questa natura: "Come fate voi, signori, a ricordarvi che era quella domenica lì?" Giusto, no? Perché un testimone parla a distanza di diverso tempo come loro e bisogna chiedergli come fanno ad avere l'addentellato del riferimento cronologico. Risposta che proviene dal signor Chiarappa: "Perché" - non è chiara, non credo che sia esplicitata, ma è implicita come risposta -"Perché quel giorno lì io ritornai a Firenze per scrivere un necrologio nei confronti di un, riguardante un mio ex collega" - perché è un musicista, il signor Chiarappa - "morto." Un certo musicista Ferrara, se non ricordo male. No, ma me lo ricordo bene: Ferrara. E quindi ha questo addentellato cronologico che è quello. Questo signore, nell'agire e nell'andar su, non nota niente lui. È la moglie che fa caso alla presenza di questa automobile che lei, in un primo momento, ritiene essere bianca, ma che poi, ripensandoci bene, ritiene essere rossa. Va be', c'è una automobile lì, ferma, che infastidisce nel fare la manovra. E lei dice: 'ci sono due persone vicino alla macchina'', ma ne descrive una sola bene. Tipo, del classico contadino toscano, dice, in un certo modo, lo descrive. Il marito di questa persona, della macchina, non se ne accorge. Lui sta guidando, va su. Però il marito, Chiarappa, proprio quel giorno sta inaugurando un apparecchio fotografico munito di un teleobiettivo. Arrivato su alla villa col teleobiettivo si diverte a guardare col teleobiettivo la zona dalla quale è transitato fino a quel momento. Ed ecco lui vede col teleobiettivo di nuovo la macchina. Immaginiamo che sono le ore... 14.30, sono arrivati; diciamo le 15 e un quarto, quando fa questo giochetto col teleobiettivo? 15 e un quarto, benissimo. La macchina è sempre lì e c'è una persona sola, però. Lui vede una persona sola. Vede questa persona col teleobiettivo; la guarda, ci si diverte a inquadrarla col teleobiettivo. Bene. Alle 16.00, verso le 16.00-16.30 - 16.30, anzi lui dice - il signor Chiarappa deve tornare a Firenze per fare questo necrologio. Prende la macchina e torna per andare a Firenze. Rivede la macchina. Sempre lì, no? Da Firenze... Gli vogliamo dare mezz'ora per arrivare a Firenze? Si fa le 17.00; gli vogliamo dare un'ora per scrivere il necrologio? Si va alle 18.00. Ritorna per prendere la moglie: 18.30. 18.30-19... 18.45, sette meno un quarto, rieccolo dai Rufo, ripassa con la macchina. E questa macchina è sempre lì ferma. Possiamo dire che questa macchina la troviamo in questo posto ininterrottamente, perché abbiamo questi orari: 14.30, 15.30-15.00, quando guarda col teleobiettivo, 16.30 quando va a Firenze, 18.30 quando torna. Guarda la macchina, la macchina c'è sempre. E questa volta il testimone Chiarappa, questa volta lui prova il fastidio della manovra. Perché la macchina gli intralcia la manovra. Sempre lì. Stesso fastidio che ha provato, pur non guidando lei, la moglie. La prova lui, però, questa volta. Dice: 'questa macchina dà fastidio'. Torna su, prende la moglie, sale con la moglie. Vengono via alle ore 20.00. Scendono giù alle 20.00, dicono tutti e due: 'e la macchina è sempre lì'. Allora guardate: 14.30, 15.30, 16.30, 17.30, 18.30, 19.30, 20.00. Cinque ore e mezzo che quella macchina è lì, ferma, sempre in quel posto. Che vogliamo dire? Due cose e non ce n'è versi, non c'è verso: o quella macchina lì non è la macchina del Lotti... Perché? Perché Lotti ci ha detto che con quella macchina è andato a Firenze, no? Insieme a Pucci, no, quel pomeriggio. È vero, sì, che ci ha detto di aver fatto prima un salto lì alla piazzola a guardare questi francesi che facevano l'amore. Ma quanto può esserci stato? 20 minuti. Poi, certamente, cinque ore e mezzo lì a guardare i francesi che fanno all'amore non ci poteva stare, anche perché i francesi cinque ore e mezzo a far l'amore non ci possono stare. Perché va bene la performance sessuale della gente, ma acciderba, eh! Allora? Allora non è vero nulla; non è la macchina di Lotti, è un'altra automobile e chissà di chi è. Bah! Circostanza che va buttata via. Ma c'è una alternativa, ovviamente, che il Lotti racconti un sacco di fandonie. Perché se quella è la macchina del Lotti, il Lotti è stato lì nei paraggi, in quel posto, per cinque ore e mezzo. Allora: subito in galera il signor Lotti. Una volta interrogati i signori Chiarappa e De Faveri: il signor Lotti subito a Sollicciano, di corsa. Vada! Si accomodi, signor Lotti, a schiarirsi. . . o a schiarirsi le idee, a raccontarci dopo che tutto quel che dice sono tutte fandonie, oppure, oppure a schiarirsi le idee per dire il suo ruolo effettivo in questo fatto. Eh, non c'è versi. Il programma di protezione al collaboratore? La questione di legittimità costituzionale di una norma per cui, a un certo punto, cos'è che è venuto fuori? Non c'ero... No, no, no. Non ci siamo affatto. No, non ci siamo proprio, non ci siamo. Non ci siamo proprio alla radice di queste indagini. Veramente è la radice che è marcia, qui. La pianta non fiorisce perché la radice è marcia. Se si ritiene Lotti un mentitore come è, come lo ritengo io, allora poi siamo tutti d'accordo, fine del discorso. Va be', insomma, si piglierà un processo per calunnia, autocalunnia. E vediamo un po', e ba... Ma se si ritiene che è vero e che quella è la macchina sua, questa macchina che sosta qui cinque ore e mezzo; e lui che viene a raccontare le fandonie della Ghiribelli, di essere andato dalla Ghiribelli col Pucci che si è ricordato... Come, te stai lì, invece, cinque ore e mezzo lì intorno a fare che? A spiare? Forse a prendere le misure, a valutare... È tutto un altro discorso. Capite? È tutto un altro discorso! È un processo da fare di sana pianta, col signor Giancarlo Lotti assicurato alle patrie galere, per prima cosa! Altro che riscontro i signori Chiarappa e De Faveri: testimoni puntuali. Altroché! Pagina 46. La moglie dice: "Da lì, poi, siamo andati via verso le otto circa e la macchina era ancora lì." I testi De Faveri e Chiarappa non danno alcun riscontro alla pretesa confessione di Lotti, nella parte in cui dice di essere andato a spiare la coppia nel pomeriggio. Il racconto di Lotti è assolutamente diverso. Le conclusioni sono soltanto due, "tertium non datur": nei paraggi, a poca distanza dalla piazzola, domenica, c'è una macchina che non è quella di Lotti; la seconda: Lotti, con la sua macchina, è stato lì per almeno cinque ore, dalle 15.00 alle 20.00. La gita dalla Ghiribelli è una fandonia, oppure avviene dopo. Tutto il suo racconto non quadra. Cinque ore per spiare due persone che fanno l'amore sono troppe. Tutta la posizione di Lotti e di Pucci, e in particolare la sua chiamata di correo, va rivista totalmente. Domanda al signor rappresentante dell'accusa, in questo processo, che conduce le indagini, che fa le domande a Lotti: se n'è accorto di queste cinque ore almeno di sosta di una macchina che lui ritiene essere - lui, il Pubblico Ministero - ritiene essere la macchina di Lotti? E che domande gli ha fatto a Lotti sul punto? Almeno le domande. Diciamo che in galera non ce l'ha voluto mettere, ma le domande. 'Guardi, signor Lotti, che a noi ci risulta che la sua macchina ha sostato lì per cinque ore. Che ci può dire?' Io non le ho viste queste domande. Non le ho viste perché non ci sono. E vorreste mandare all'ergastolo questo poveruomo sulla base di un materiale probatorio di questo genere? In cui, non solo non si perquisisce la casaccia di Lotti al Ponte Rotto, dove potrebbe averci nascosto 30 cadaveri, il signor Lotti. Altro che la pistola calibro 22 o i proiettili. Lo spazio c'è, è infinito. E la casa è abbandonata dall'88, da quando se n'è andato via lui. Non solo. Non si chiamano, non si interrogano, nel corso delle indagini preliminari, eh, di questo processo. Io non sto parlando del dibattimento, eh. Al dibattimento, questa gente, è bell'e... è ultradimenticata. No, quando si fa la ricerca delle automobili che appartengono agli "Amici di merende", quando siamo lì a cercare riscontri sulla macchina rossa, sulla macchina bianca, sulla macchina argentata, su quella color indaco, su quell'altra non so come, 15 testimoni che sono lì, nel momento in cui... 
(forti rumori in sottofondo)
Presidente: (voce fuori microfono)
Avvocato Filastò: Allora ditelo, se devo smettere, posso anche smettere. Ne avrei anche voglia, perché sono stanco da morire. Comunque, eh, insomma...
Presidente: Ma c'è un... 
(forti rumori in sottofondo)
Avvocato Filastò: Dicevo, questi 15 testimoni, meglio di loro non c'è proprio nessuno, perché bastava leggere. Penso che nessuno lo abbia fatto, sicuramente il dottor Giuttari non l'ha fatto, altrimenti leggeva quelle carte e diceva: 'ma, diamine, ma questi eran lì in quel momento. O perbacco! Ora sì che si trova quello che ha visto la macchina del Pacciani, la macchina del Lotti... E come no? Erano lì. Uno di qua, uno da quella parte, uno da quell'altra, che si incrociano. Eh, perbacco!' Ecco. No, nulla. Niente, niente, nessuno. Ma addirittura sentite due testimoni che vi dicono che c'è quella certa macchina che voi ritenete essere la macchina del Lotti, che sta lì ferma cinque ore e mezzo e al signor Lotti: 'scusi, signor Lotti, lei dice che è andato dalla Ghiribelli quel pomeriggio. A noi non ci risulta mica, sa'. Ora mi diranno, dice: 'ma avvocato, lei ci vuole insegnare a fare le indagini?' No, no, io sto criticando un certo materiale probatorio. Non voglio insegnare nulla a nessuno, per carità di Dio! Figuriamoci. Lotti è, come dire, a questo punto diventa una specie... prima si è detto che era un giudice; poi si è detto che era il perito dei periti; poi diventa un angelo. Ora lui diventa una sorta di personaggio metafisico che non si discute quello che dice lui, per carità di Dio! Ipse dixit, genuflessione, ristoranti scelti, coccolato, come vedremo fra poco. Portato in giro, adulato... Non c'è nemmeno stamani, vero? E invece, no. E non ci siamo, non ci siamo. E qui, ecco, ed è a questo punto, signor Presidente e Signori Giudici, che voi farete conto che, da questo momento, non parli l'avvocato Nino Filastò. Vi prego di fare questo sforzo di fantasia. L'avvocato Nino Filastò si fa da una parte con le sue convinzioni, con la sua onestà intellettuale e subentra il terzo difensore di Vanni, che potrebbe anche essere l'avvocato Pepi. Perché no? 
(voce fuori microfono)
Avvocato Filastò: Non c'è più. È perché se l'è presa a male, di non so bene che cosa. Però io, fra l'altro, io me n'ero preso a male, avevo ragione, detto fra di noi. Avevo ragione nei confronti del Pubblico Ministero e nei confronti suoi Ma come, se ne parla, dice: guarda, si chiede la perizia psichiatrica... Dice: 'no, non si deve fare. E come si fa? Ma io poi, quando il signor Vanni mi ha mandato il telegramma, la lettera, dice: ‘ Venga, eccetera', sono venuto qua, e io per me - che andava via l'avvocato - Pepi, non mi sarei mai permesso di dire una cosa del genere. Ci mancherebbe altro! L'avvocato Pepi ha preso il cappello e se n'è andato poi dopo, definitivamente. Ma proprio per questo, motivo, perché se n'è andato, proprio perché parlando o impostando, io sapevo quale poteva essere una sua impostazione difensiva, io sono obbligato a percorrere anche questa strada. Però dicendovi : "fate conto che qui - via i baffi, via la barba, i capelli lunghi, via la fede poolitically correct, francamente siamo come il diavolo e l'acqua santa, da questo punto… Ma poi, non esageriamo, eh Presidente. Perché oggi le cose stanno un po' cambiando, per fortuna. E certe contrapposizioni non. si capiscono più. E se non si… 

Continua ma non dispongo delle ultime due pagine dei verbali d’udienza.

giovedì 28 gennaio 2016

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 10 marzo 1998 - Dodicesima parte

Segue dall'undicesima parte

« DOPO LA SOSPENSIONE » 

Avvocato Bagattini: Mi scusi, signor Presidente.
Presidente: Sì. 
Avvocato Bagattini: Prima che il collega riprenda la sua discussione, è possibile sapere dalla Corte quale sarà il programma per i prossimi giorni? Voglio dire, se ci sarà udienza...
Presidente: Bene. 
Avvocato Bagattini: No, al di là dei tempi.
Presidente: Mi piacerebbe saperlo anche a me. 
Avvocato Bagattini: No, ma dico, ci sarà udienza comunque tutti i giorni, o ci sono degli impegni...
Presidente: No, tutti i giorni, tutti i giorni. 
Avvocato Bagattini: Tutti giorni.
Presidente: Sì, tutti i giorni. Sì, sì. 
Avvocato Bagattini: Bene.
Presidente: Ora vediamo, al termine dell'udienza, quanto tempo mi dice l'avvocato...
Avvocato Filastò: Eh, Presidente, ce n'avrò ancora per domani, io penso.
Presidente: Domani, eh. Infatti, pensavo anch'io per domani. Va be', domani possiamo già sapere gli interventi, le repliche che ci sono, chi le fa, che tempo e si può fare un programma di massima. Avvocato Bagattini: Grazie.
Presidente: Prego. Prego, avvocato Filastò.
Avvocato Filastò: Grazie, Presidente. Mi premeva dire una cosa: con questo, il massimo della solidarietà, della comprensione, anche direi dell'affetto per il signor Renzo Rontini e per l'impegno che ha profuso in questo processo per riuscire a scoprire la verità. Ho una figlia anch'io e che se gli fosse capitato quello che è capitato alla povera Pia, questa deliziosa ragazza, allegra ragazza, con questa sua anche innocenza che traspare dalle fotografie, le ho viste, avrei fatto anch'io come lui. Sarei andato forse anch'io a rifugiare persino nello spiritismo, nello... Chi lo sa cosa può fare un uomo, una persona quando si trova in quelle strette! Però, dice ancora il dottor Giuttari a pagina 5, all'udienza del 25 giugno del '97, riferendo questa deposizione di Lotti: "Stanno un po' chinati in questo posto che indica e poi dopo alcuni minuti, 10-15 minuti, li vede andare via, tornare indietro." Accidenti, 10-15 minuti chini? "Attraversare la strada San Casciano-Firenze e prendere la macchina del Pacciani, che era parcheggiata dietro un muretto." Ma allora il Lotti ci sarebbe stato fino alla fine e oltre, penso. E qui, fra l'altro, ho l'impressione che in questo trasferimento di circostanza da una fonte a un'altra sia avvenuto anche, forse, un infortunio. Che in realtà, sia il signor Rontini che la signora Rontini ci hanno parlato di una buca: ma a Vicchio. E coiti'è che questa buca poi è andata a finire anche agli Scopeti? Che abbia capito male, il Lotti? "Si perquisisce" - dice il dottor Giuttari "bonificando questa zona del bosco, cioè si ripulisce la zona dai cespugli" - deve esser stato fra l'altro un gran lavoraccio, deve essere stato - "e si scopre la buca completamente mimetizzata." Siamo all'udienza del 26 febbraio... No, no. All'udienza del 25 giugno del '97 - io non c'ero - a pagina 10, interviene il Presidente che dice: "Sono passati 10 anni, 11 anni dalla buca..." Beh, Presidente, mi scusi, ma lei forse voleva dire sarebbero passati.
Presidente: Va be', sì.
Avvocato Filastò: Eh, certo. Perché come si fa a dire che una buca ha 10 o 11 anni? Le buche non hanno età.
Presidente: No, si parlava della...
Avvocato Filastò: Sì, sì. No, ma certo, Presidente. Per dire... A me mi serviva questa cosa per dire che la buca si è trovata. E si capisce che si è trovata la buca, siamo in una zona con i cinghiali, che volete non trovare una buca da qualche parte? La buca si è trovata. Certo, ma dire che è vecchia di 11 anni non si può proprio dire, perché la buca, le buche son come le pietre. Le pietre non hanno età. Nemmeno facendo l'analisi all'atomo di carbonio arricchito si può arrivare a stabilire l'età di una buca, perché ci vuole la sostanza organica per fare quel tipo di valutazione. Eh, insomma, tutte le pietre e tutte le buche son vecchie chissà quanto. Poi prosegue, il dottor Giuttari, a darci un'altra conferma, un altro conforto delle dichiarazioni di Pucci e ne parla per ben tre pagine, riferendo la testimonianza del signor De Pace, cercatore di funghi. E ve lo descrive sottolineando il senso - fra virgolette - "civico della persona anziana", che è un pensionato del '24. Che riferisce questa circostanza strana, anomala, dell'incontro con un'altra persona, che poi lui identifica con Pacciani. E questa identificazione con Pacciani il signor De Pace la fa a distanza di 11 anni, perché l'incontro sarebbe avvenuto nel mese di settembre del 1985. E perché si parla di De Pace in questa sede, parlando della buca? Perché il signor De Pace vede che questa persona che incontra tiene qualche cosa sotto il braccio. Allora si ipotizza che qui il Pacciani sia andato a riprendere dalla buca qualche cosa che avrebbe lasciato. Ma la domanda immediata e spontanea che viene - e che ci riferisce del resto anche il dottor Giuttari - che viene rivolta a questo testimone De Pace, è questa: 'come fa lei, a 11 anni di distanza, a ricordarsi tutto questo incontro, che avvenne nel mese di settembre del 1985?' Lasciamo da parte che questo signore dice di aver riconosciuto Pacciani e si presenta a dire di aver riconosciuto Pacciani quando vede che Pacciani è stato scarcerato- Vale a dire, lui va a riferire questa cosa il 26 febbraio del '96, dopo la sentenza di assoluzione della Corte di Assise di Appello e la scarcerazione di Pacciani. Dice: 'io fino a questo momento non avevo detto nulla' - dice l'adamantino signor De Pace - 'però quando ho visto che gli avete dato il via, allora sono venuto a dire che l'ho incontrato in questa zona, in questa data', eccetera. Va be', come fa lei, signore, a dire questa cosa? E il signore De Pace dice il dottor Giuttari -perché qui sta parlando il dottor Giuttari, non il signor De Pace; che poi il signor De Pace verrà a parlare qui al dibattimento - riceve la conferma, il conforto, il riscontro del riscontro, rappresentato dal fatto che il signor De Pace fa riferimento al fatto che c'erano le sorbe che sono un frutto settembrino. Ora, se c'era una cosa, qui doveva immediatamente... questo fatto del riferimento alle sorbe doveva subito far mettere un campanello di allarme all'inquirente, dottor Giuttari e agli altri inquirenti. Perché se c'è una cosa, un punto di riferimento più ambiguo di questo mondo, da un punto di visto cronologico, son proprio le sorbe. Tant'è vero che, io mi ricordo ancora il mio professore di greco e di latino che, quando eravamo in terza liceo e ci preparavamo all'’esame di Maturità, ci diceva: 'voi non maturerete mai, perché voi siete come le sorbe', ci diceva. Perché le sorbe, per l'appunto io sono andato a fare una ricerca in materia. Voi sapete che quando si fa, si scrive, si fa dei racconti, ci si occupa di narrativa, abbiamo, io almeno, una specie di bibliotechina in cui c'è tutto: c'è i cani, c'è le armi, c'è gli alberi, c'è i frutti, c'è i fiori. Perché può capitare di dover parlare di qualche cosa e allora ci si va a documentare. E quindi c'avevo anche questo libretto che è intitolato così: "30 0 piante, fiori e animali" - europei naturalmente - "Guida essenziale al riconoscimento. E da questo libretto, alla voce sorbo, io trovo che c'è due tipi di sorbi: uno che si chiama il sorbo degli uccellatori, "sorbus aucuparia"; e poi c'è il "sorbus domestico" che invece è la "sorbus domestica". E che questi due alberi, i quali poi fanno queste bacche, tipo bacche, non so cosa siano di preciso, son frutti tipo bacca, fioriscono a maggio. A maggio fioriscono e quindi il frutto si forma sull'albero da agosto. E poi, come si sa, vero, direi da un punto di vista proprio di memoria collettiva, ci mette un accidenti a maturare, tanto che non matura nemmen sull'albero. Il frutto della sorba per maturare deve cadere a terra - e comincia a cadere a terra dalla fine di settembre a tutto il mese di ottobre - poi va raccolto, va messo da una parte a maturare su delle ceste, e solo verso fine di dicembre, primi di gennaio diventa mangiabile. Ed è fra l'altro un frutto gradevole, consigliabile, perché ricchissimo di vitamina C. Ma se qualcuno intendesse di mangiare la sorba prima, gli diventa la bocca così, perché allappa, è terribile. 
Avvocato Colao: (voce fuori microfono)
Avvocato Filastò: È vero questo... Oh guarda, ho trovato l'approvazione, sulle sorbe, dal collega avvocato Colao. Allora se c'era una cosa proprio da dire: 'scusi, abbia pazienza, faccia un altro riferimento cronologico, proprio le sorbe no; scelga un'altra cosa'. Era questo. Invece il dottor Giuttari, eh, insomma, immediatamente: ecco, guarda l'attendibilità del testimone, prova ne sia che parla delle sorbe. Poi dopo quando, avete visto al dibattimento, questo personaggio voi lo avete visto, ha fatto la fine che ha fatto. È stato, come dire, l'inizio di una certa discesa che hanno preso certi testimoni dell'accusa, che poi culmina con lo Sgangarella. È venuto fuori che era un delirante, un delirante, un paranoico; proprio uno di fuori come un terrazzo, come si dice. Di fuori come un'antenna parabolica, non c'è niente da fare, vero. Comincia a dire, si era appena messo a sedere, e dice: 'a me mi pedinano. Sono pedinato'. Pedinato lui? Come no! Il De Pace: 'sono pedinato'. E poi giù, tutta una cosa, tutto un affastellamento di discorsi: 'eh, ma lo so io, perché...', lasciamo perdere, è meglio lasciarlo fare. Il De Pace lo avete liquidato. Però una cosa, vorrei sapere io: arrivato al termine di questa débàcle del De Pace, totale, per cui è apparso veramente indecente come testimone da portare ad un dibattimento penale, in un processo penale di questa gravità, il Pubblico Ministero si è riservato di produrre una documentazione medica in cui si attestava che questo De Pace era diventato tale, vale a dire così di fuori, in epoca successiva. L'ha depositata poi il Pubblico Ministero? Mi pare di no. Allora io ho il diritto, a questo punto, siccome la cosa, questa certificazione da cui risulti che questo signor De Pace non è diventato nelle more del processo, di fuori come le antenne, eh, ho il diritto di ritenere che, insomma, la possibilità di rendersene conto c'era anche prima. E che, in definitiva, questa prova in questo processo, questi riscontri, vengono affidati a personaggi di questa natura, perché si tratta un po', come dire, di rimpolpare una accusa che, veramente, altrimenti è molto scarna. Voglio dire: la storia dei moccoli e dell'andare a letto al buio. Se a un certo punto si deve attenerci ad un De Pace, al moccolo del De Pace, è molto meglio andare a letto al buio. E se anche è dovuto che si porta il de Pace, vuol dire che proprio abbiamo bisogno, come dire, di arricchire un certo discorso, il quale è di per sé abbastanza scarno, diciamo così. Prova ne sia che il secondo riscontro che ci produce, che ci viene prodotto dall'accusa, in particolare dal dottor Giuttari, è la signora Sharon Stepman. La quale è una americana, va bene, del tutto inesperta dei luoghi, come può essere una americana, che avrebbe visto una macchina bianca che fa l'atto di uscire dalla piazzola. Quale piazzola? Questo è il punto fondamentale. Per modo di dire, perché insomma, una macchina poteva anche uscire, mentre lei tornava con questo Raspollini Valeriano - fra l'altro li conosco, fra parentesi - eh, tornava da dove erano stati, da Perugia. Eh, poi erano tornati a casa del Raspollini, che sta verso San Casciano, no? Lei lascia il Raspollini e poi torna verso Firenze. 
(voce fuori microfono)
Avvocato Filastò: Eh? 
(voce fuori microfono)
Avvocato Filastò: No, no, no. No, no. No, ho ragione io. 
(voce fuori microfono)
Avvocato Filastò: Grazie. Come... Eh? 
(voce fuori microfono)
Avvocato Filastò: No. No, no e no. Erano insieme all'andata; al ritorno, quando fa questo avvistamento, la signora Sharon Stepman è sola. Tanto è vero che non ho capito perché il Raspollini sia stato chiamato a testimoniare qua. È venuto anche il Raspollini, ha fatto tutti quei discorsi. È un tipo... Cioè, è un personaggio che si occupa d'arte e tutto il resto. Insomma, che è venuto a fare, questo non l'ho capito, il Raspollini? Perché lui la macchina non l'ha vista. Ne ha sentito parlare dalla signora. La signora c'è li, lo racconta lei, che ha visto questa macchina.. . Ma dove l'ha vista questa macchina? Nella piazzola, questa piazzola? Quella che ci interessa a noi? No. Sul punto la signora è abbastanza chiara. Vediamo un po' se la trovo. La signora Stepman Sharon, eccola qui, guardate: udienza 7 luglio '97: "La sera dell'8 corrente, verso le ore 23.00, alla guida della mia autovettura, percorrevo la via degli Scopeti diretta verso Firenze. Giunta poco prima del ristorante denominato La Capannina...", vede quest'autovettura, eccetera. Va bene? Allora, avete presente la zona? Questa certamente l'avete presente, voglio dire. Venendo da Firenze s'incontra, sulla destra, prima la strada che porta alla piazzola; poi dopo si incontra La Capannina, il ristorante. Quindi, se lei venendo dalla direzione opposta, vale a dire da San casciano dove ha lasciato il Raspollini, vede questa macchina che esce dalla piazzola, prima della Capannina, non è la piazzola che ci riguarda. E non c'è niente da fare. E sicché bisogna prendere anche la signora Sharon, americana, poco esperta dei luoghi... Non so se era carina, ma insomma, questo non ha molta importanza. Mi sarebbe piaciuto vederla e dirle: signora, si accomodi, grazie tante. Molto gentile, molto cortese. La sua collaborazione ci commuove, però a noi non ci serve a nulla. A nulla. Proprio zero. 

mercoledì 27 gennaio 2016

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 10 marzo 1998 - Undicesima parte

Segue dalla decima parte

Avvocato Filastò: Passiamo ad esaminare tutti quelli che io mi sento di definire... qui siamo, con riferimento a tutto quell'aspetto scientifico che abbiamo descritto ieri. Con riferimento all'episodio di Baccaiano, siamo nell'ambito del contrasto netto con le dichiarazioni di Lotti. Qui siamo di fronte ai cosiddetti, a quelli che io definisco "mancati riscontri". Ieri si è visto come questa indagine sia a senso obbligato, "ius sub iudicis". In cui, non solo per comando del Giudice, c'è l'ipotesi dei complici, ma addirittura si individuano: Vanni, Faggi. E questo lo abbiamo visto analizzando l'esame di Vanni al dibattimento Pacciani. I cosiddetti riscontri non solo non sono tali, per quelle ragioni giuridiche che vi ha così dottamente e congruamente illustrato il collega avvocato Mazzeo, ma costituiscono, in alcuni casi, addirittura clamorose smentite direi da galera immediata per Lotti e per Pucci. Fino al punto che, alla fine: o calunniatori o "mostri di Firenze", una delle due. Allora, vediamo che cosa dobbiamo cercare. E vediamo seguendo quella che è la relazione introduttiva del Pubblico Ministero ed anche la sua requisitoria orale, che più o meno si equivalgono. Prima di tutto, al Lotti, un primo riscontro è Pucci: lo rinviamo questo, lo vedremo dopo. E anche la lettera di Pacciani a Vanni la vedremo, brevemente, perché ne abbiamo già parlato, in un momento successivo. Beh, c'è poi il Lotti, il quale diceva di essere stato 11 la sera dell'omicidio e che sarebbe confortato dall'orefice. L'orefice è venuto qui al dibattimento e vi ha detto semplicemente che al bar lui ha sentito dire - e non si ricorda se da Lotti o da qualcun altro - che qualcuno quella sera era passato di lì. Bah, sarebbe un riscontro questo? Che qualcuno quella sera sia passato di lì è un dato storico, oggettivo. Sto parlando della domenica. Ma perché? Ma perché voi lo sapete da altre fonti. Lì, a poca distanza, c'era la festa degli Hare Krishna. Sapete quelli che si vestono tutti di giallo, con la testa pelata che dicono "Hare Krishna, Krishna Krishna, Hare Hare, Hare Hare, Hare Rama, Rama Rama...", "Chi mi chiama? Giovannino che poco ti ama", diceva una novelletta da bambini. Certo che c'è automobili che passano, c'è persone che passano di lì, si capisce. Qualcuno sarà anche qualcuno di questi che frequentano il bar. Eh, per forza. Ma dove siamo? Siamo a due passi da San Casciano. È la strada che si deve oltretutto fare in quel periodo di tempo per andare a San Casciano, perché c'è la superstrada che è interrotta. Che razza di riscontro sarebbe l'orefice? Poi ci sono altre persone che vedono la 128 di Lotti caratteristica e persone che vedono Lotti e Pucci guardare - alle cinque o alle sei - verso la tenda. La prostituta Nicoletti che conferma il precedente sopralluogo di Lotti in quella piazzola. Pucci idem, il passaggio dalla strada sopra, sterrata; e a questo ci sarebbe la conferma della Frigo. La Pia Rontini era seguita. Lotti era omosessuale, Pacciani lo sa. Tant'è vero che c'è l'intervista ai giornali. Io non li ho visti, non lo so se poi sono stati prodotti questi giornali dell'intervista a Pacciani. Poi ci sono i riscontri oggettivi, i due coltelli e... non mi ricordo l'altro, poi mi verrà in mente. Il primo riscontro obiettivo che vi propone nella sua prerequisitoria il dottor Giuttari, è un riscontro da raffreddore. Udienza del 25 giugno del '97, pagina 4, dice il dottor Giuttari: "Il primo riscontro che indico è il rinvenimento di una buca nel bosco degli Scopeti, in prossimità della tenda dei due turisti." Il primo. E qui bisogna esaminarla questa circostanza delle buche. Delle buche, o della buca, non ho capito bene. Eh, bisogna vederla un po' bene, prima di tutto sotto il profilo della attendibilità della circostanza- Perché la prima cosa è valutare se una cosa ha un minimo di serietà, non dico di tipo scientifico ma a livello di buonsenso. Insomma, l'ipotesi qui qual è? Che gli assassini, o l'assassino, immediatamente dopo aver compiuto quella azione, vadano a sistemare qualche cosa dentro una buca a poca distanza dal luogo dove è avvenuto il delitto. È questa, no? La prima domanda è questa: che cosa? Non c'è versi, delle due, una: o i feticci, o l'arma. L'arma? Se questo deve essere un riscontro, no, deve essere un riscontro di qualche cosa. Non deve essere il riscontro soltanto di un "flatus vocis" del signor Lotti. Deve essere un riscontro di una circostanza che io vi produco a suffragare una ipotesi accusatoria più generale, e mi sembra chiaro, no? E allora qui, me lo volete dire cos'è che ci mette questa gente dentro questa buca? Cos'è nella vostra impostazione. Io quando faccio... ho fatto anche qualche ipotesi, però l'ho esplicitata, no? Allora sono costretto io a dirvi una delle due: o l'arma, o i feticci, che altro? Non lo so io. L'orologio, l'oro... non lo so, il portafoglio, la carta d'identità, non lo so io, cosa? In una situazione in cui, con riferimento alla buca degli Scopeti, il signor Lotti parla addirittura di queste persone che stanno curve su questa buca per 10-15 minuti, capite? A far che? Ho sentito che - perché non c'ero - ho sentito che il collega ha citato Collodi, Pinocchio. Posso citarlo anch'io. Pinocchio è nel campo dei miracoli, semina le monete d'oro. Anche questa è un'ipotesi da scartare: a seminare cose di questo genere certamente questi non c'andavano, per vedere se spuntava l'albero degli zecchini. Allora cosa? Mettiamo l'arma. L'arma? Questa famosa Calibro 22 che nessuno ha mai trovato, a un certo punto questi qui, chissà perché, si mettono a depositarla a due passi dai cadaveri? Ma che scherziamo davvero! Ma avete mai sentito dire una cosa di questo genere? A un assassino gli può cadere un'arma di mano e può restare lì sul luogo del delitto, ma che ce la vada a metter lui sul luogo del delitto, a due passi! Ha ragione Hitler. I feticci. Allora no: l'arma no. I feticci. I feticci, nella costruzione accusatoria, sono il lucro, sono quello che si raccoglie da questa mietitura. E se devono andare al facoltoso, dovizioso dottore bisogna che gli arrivi questo pacco, eh. E si va a metterli in una buca in terra, anche questi a due passi dai cadaveri? Ma che scherziamo, ma che è questa storia delle buche! Ma a chi gli è venuta in mente questa panzanata, questa grossa panzanata!? Ecco che io vi ho portato, ho tentato di introdurre in questo dibattimento una circostanza che spiegava questa cosa. All'origine c'era un seduta spiritica, di una certa signora Torregiani, di Lodi, la quale, sentite certe dichiarazioni fatte in questo diba... 'ma Dio bono' — dice - 'avvocato, questa storia delle buche è una cosa che mi risulta a me. Ma mi risulta dal 1990', ha detto questa signora. Perché questa signora ha i suoi mezzi medianici, ha avuto, così, la voce... - ma lasciamo perdere di chi, perché è sgradevole parlare, quando c'è il padre qui a due passi, che gli ha detto: 'questo ammazza, poi scava una buca e ci mette dentro i feticci'. Questo, visto come seduta medianica, come fandonia che nasce da una seduta medianica, io l'accetto benissimo. Per carità di Dio, se ne sente dire di tutti i colori, se n'è sentite dire di tutti i colori su questa vicenda del "mostro di Firenze". Che ci sia una medium che dice una cosa di questo genere... Ma questa cosa questa signora la dice poi al signor Rontini, gliela comunica. Io ho cercato, tutto questo, di... questo naturalmente ne parlo perché fa oggetto di una mia istanza, un'ipotesi, eh. Se voi aveste ancora, cosi, il dubbio che questa storia delle buche vi possa portare e possa eventualmente motivare la vostra sentenza di condanna di Vanni, prima voi dovete sentire questa signora. Perché questa signora - come ho tentato di documentare producendovi un documento - è in grado di documentare che questa sua preventiva illuminazione medianica delle buche l'ha certificata in un documento, che io ho allo studio, che vi ho prodotto... ho cercato di produrvi, voi me lo avete reso. Si è fatto, come si dice in Toscana, "anda e rianda". Ma quel documento porta la data del '93. E la data è certa, certificata dal Comune di Lodi. Allora, chissà com'è, chissà come, questa storia esoterica della buca finisce a Lotti. Canali... mah! Tramite, ovviamente, la signora si trasferisce al signor Rontini. Il quale signor Rontini non venga a dire che con questa signora ha avuto una conoscenza appena appena superficiale, perché non è vero nulla. La signora è venuta da me e mi ha lasciato un malloppo di documenti così, fotografie, lettere, biglietti, foto, persino mentre stanno insieme su una nave olandese. Ma l'aspetto straordinario è, appunto, che questa che io considero una panzana va a finire a Lotti. I canali io non lo so quali siano, però son canali che evidentemente esistono. Presidente, mi farebbe fare altri cinque minuti dì pausa e poi si riprende fino alle 2?
Presidente: Va bene.
Avvocato Filastò: La ringrazio. 

martedì 26 gennaio 2016

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 10 marzo 1998 - Decima parte

Segue dalla nona parte.

Avvocato Filastò: Va be'. Torniamo a bomba, non lasciamoci inforbiare da altre cose. Allora, la circostanza è questa: sul posto, nella immediatezza degli spari, nel momento topico del delitto, immediatamente prima immediatamente dopo, non ci sono macchine su quella strada, salvo una: quella delle vittime. Lo potete dare come un elemento accertato. Sulla macchina, per allontanarsi dal posto, andare in un luogo più favorevole e compiere le escissioni, non ci si mette il povero Mainardi: ci si mette la belva, e finisce nel fossato. Confronto con la cosiddetta "generica" i dati obiettivi. Si esaminano qui - e vado tutto a memoria, con l'impegno di ritornarci sopra, domani, se è il caso, e se dico qualche cosa che è inesatta, per piacere, Pubblico Ministero me lo faccia presente - i dati obiettivi sono i bossoli. Primo: che indicano una certa collocazione dello sparatore, in un certo momento. Bossoli, cinque o sbaglio? Cinque, tutti intorno alla macchina, a dove si trovava inizialmente, presumibilmente, la macchina; in un arco, massimo, di un paio di metri. Ci sono due bossoli che sono sulla strada. E per forzai Perché siamo lì, sulla strada, attenzione, sull'asfalto, sul primo tratto del manto asfaltato; perché siamo lì, perché siamo in un fazzoletto e questi colpi vanno a colpire quasi mortalmente Mainardi, ma attenzione, perché questo è quello che, secondo me, emerge dalla perizia; non è stato detto in questo modo. Colpiscono alla testa sì, perché lui dall'81 di giugno in poi, lui mira alla testa; abbiamo visto che c'è questo perfezionamento. È andata male con la Pettini nel '74, con la povera Pettini, Stefania Pettini; a partire dall'81 si mira alla testa. E però il bersaglio della ragazza non l'ha presa come voleva lui; è scivolato via il proiettile, ha colpito al naso. Lesione traumatica molto, sanguinolenta molto, però non mortale; e la ragazza si muove e reagisce e forse urla. Perché dico questo? Me lo invento? No. Voi avete una conferma di questa ricostruzione che vi sto facendo; data da che cosa? Da un reperto di carattere obiettivo che voi trovate su uno stinco della povera Antonella Mainardi. C'è una ecchimosi evidente, provocata da che cosa? Guardino, è un'ecchimosi, è una lesione vitale; cioè non è una ipostasi, non è un travaso sanguigno che avviene dopo la morte, in conseguenza del fatto che il corpo non pompa più sangue e il sangue va a collocarsi in certe zone declivi del corpo. No. E' una ecchimosi, cioè a dire è un liquido che emerge immediatamente in seguito ad un colpo, ad una botta. E che colpo può essere questo? Quello della ragazza, poverina, che agitandosi è andata a sbatacchiare contro il sedile anteriore con questo stinco. Non c'è altra spiegazione. Ed è allora che questo feroce individuo ha questo momento di incertezza, perché questa ragazza si muove e allora esplode un colpo; e si trova il bossolo dentro la macchina. Esplode un colpo che, forse, è quello che prende in fronte, questa volta, la ragazza e forse no. Questo non lo so, come fa a dirlo? Nessuno lo può dire, certo che un colpo c'è in questo senso, dall'interno della macchina. Però tutto questo, tutto questo l'ha pagato in termini di perdita di controllo. Il tratto di strada da attraversare è quanto di qui a lì, eh. Dalla coda della macchina al fossatello c'è quanto da dove sono io a all'inizio dei gradini; mica di più. Andateci a vedere se è così. E immediatamente c'è il fossatello. In questo momento, ha perso... Questa persona si è mossa, lui ha sparato, ha perso il controllo ed è finito dentro il fossato. E questo, eh, la questione è grave; e questo per lui è grave. Qui ne va di esser presi, finalmente. Ma, allora lui, a questo punto - ecco, guardate la freddezza, la cattiveria di questa persona - è convinto di aver ucciso la ragazza, perché la ragazza probabilmente lui l'ha presa con questo colpo sparato dal di dietro; e allora scende, scende. Chiude lo sportello, forse lancia le chiavi in questo momento, via, lontano. Si sta per allontanare, con la coda dell'occhio: il movimento del povero Mainardi, che anche lui è rimasto vivo. La ragazza è morta dopo che lui gli ha sparato quel colpo dall'interno della macchina, ma allora eccolo... pim pim i due fari, perché danno fastidio, e non c'è tempo di tornare alla macchina, aprirla e finirlo da vicino, perché il tempo stringe, bisogna andar via, siam sulla strada... pam, pam! via i due fari. Pam! il terzo colpo sul parabrezza, che buca il parabrezza. Colpirà il Mainardi, non lo colpirà? Non lo so. E i bossoli eccoli lì, tutti e tre. Uno, due e tre, davanti alla macchina. E poi se ne va a piedi. A piedi. Bossoli, lesioni, questa lesione allo stinco della raqazza collimano; ci siamo. È l'unica ipotesi possibile; non è un'ipotesi, è una ricostruzione: l'unica attendibile, l'unica veramente seria. E a questo punto, anche da questo secondo punto di vista - non solo per l'assenza delle automobili ma anche per la ricostruzione attendibile, l'unica -e va bene, voi, a questo punto, Lotti lo avete già inquadrato. Ma dice: come mai gli inquirenti a questa impostazione, a questa ricostruzione che ha tutto il crisma - questo sì che ha il sapore e l'odore della verità - come mai gli inquirenti, invece... E' perché, tante volte, capita in una indagine, che qualcuno si innamora di una certa tesi. E qui, siccome ad un certo punto, noi, gli elementi più stridenti in tutto il fatto, in tutte le cose era per l'appunto questo aspetto, che questi ragazzi non era mai nessuno riuscito a tentare nemmeno una reazione, il che era straordinario, a questo punto, dice: 'Ah, questo il Mainardi c'è riuscito. Ha messo in moto e se n'è andato e questo gli ha sparato, gli è corso dietro'. Ha detto un difensore di parte civile: "Gli è corso dietro", corso, ma che corso. Ma dove si corre lì? Ma che c'è da correre? Sì, Colao, vacci Colao, vai a vedere se è possibile correre da quelle parti dietro all'automobile. È uno spazietto quanto da qui all'auto, lo vuoi capire? Allora, insomma, allora ci si innamora di questa tesi; e quando ad un certo punto... i Magistrati, quando si appassionano, purtroppo, su una determinata ricostruzione o tesi che sia, sono peggio degli avvocati. Perché gli avvocati possono, ad un certo punto, anche sballare... Sono molto peggio, non c'è niente da fare. Gli avvocati possono anche sballarle grosse, inventarsi le storie, e magari sposar le cause, ritenere fatti di un certo tipo che non son veri, tipo il trincetto dell'avvocato Colao. Avete mai visto nessuno che s'è incaponito più di lui su questa storia del trincetto? Il trincetto per l'avvocato Colao era diventato una specie di ossessione. Però dopo gli avvocati, poveracci, che posson fare più che sgolarsi, su questo siamo d'accordo, no? Più che sgolarsi noi che si può fare? 
Avvocato Colao: Non sono d'accordo.
Avvocato Filastò: Sul fatto che più che sgolarsi... 
Avvocato Colao: ...stai parlando te.
Avvocato Filastò: ... più che sgolarsi non si può fare. No, voglio dire... 
Avvocato Colao: No, stai parlando te.
Avvocato Filastò: No, voglio dire, ma sei d'accordo che più che sgolarsi non si può fare? 
Avvocato Colao: Ma io non posso dirti nulla.
Presidente: No, no, avvocato Colao, per cortesia, per cortesia. A
Avvocato Colao: Che ti devo dire, che son d'accordo?
Avvocato Filastò: No... 
Avvocato Colao: Non lo sono.
Avvocato Filastò: Ma su questo... per solidarietà nei confronti della categoria, abbi pazienza, tu potresti anche fare un benché minimo accenno di approvazione. In fondo, noi, non ci si può far altro che... vedi, almeno l'avvocato Curandai annuisce, invece. Perché effettivamente noi non possiamo fare altro questo, di sgolare. Noi sulla prova che si può fare? 
Avvocato Colao: Se una ricostruzione è sbagliata...
Avvocato Filastò: Sì, poi me lo dirai perché è sbagliata, eh. 
Avvocato Colao: (voce fuori microfono)
Avvocato Filastò: Sì, sì, tu lo dirai, tu lo dirai. Ma invece, purtroppo, i Pubblici Ministeri, gli inquirenti, i Carabinieri, la prova la stanno proprio... poi in queste contingenze, in questa immediatezza ce l'hanno sotto mano. Allora, quando urge, insomma, quando la cosa è così immediata, può scappare anche l'impegno tendente a deformare le cose. Insomma, è quello che è avvenuto, eh. E questa non è un'insinuazione; io qui non sto insinuando nulla, questa non è un'insinuazione, questa è una cosa documentata da un testimone: Martini. Questo è avvenuto. E proprio con riferimento a quella circostanza lì: l'amore per una certa ricostruzione, il fascino che dava... Ad un certo punto, qualcuno gli ha fatto un po' dimenticare che quando si interrogano i testimoni, non si tengono qui tre ore e mezzo e portarli poi al caffè, a dirgli: 'ma lei..' Tutto quello che ha raccontato Martini. No. Dice: 'lei dice così? Scrivo icché dice lei e fine del discorso'. Ecco. Quindi, una situazione, quella che ho descritto, e a questo punto possiamo cominciare veramente, con riferimento a questo aspetto, a ritenere che il signor Giancarlo Lotti è un solenne mentitore; un mentitore direi non spontaneo. Per carità, i canali per cui uno mente non spontaneamente possono essere tanti: si può andare dagli accompagnatori, mentre si va in un posto o in un altro, visto che siamo sottoposti -sottoposti per modo di dire - visto che siamo privilegiati con questo programma di protezione, mentre si va al ristorante... Oppure, c'è anche dei giornalisti, tante volte, che si interessano di questi rapporti con le persone e che non li dovrebbero avere, questi rapporti. Io vi ho già detto una volta, lo ridico adesso qui: insomma, lì c'è una trasmissione televisiva, che fra l'altro è stata riportata proprio recentemente agli onori dello schermo, in cui la mattina il povero Presidente Ferri e il povero Giudice a latere dottor Carvisiglia si arrabattavano a cercare di capire che cosa c'era dietro gli Alfa, Beta, Gamma e Delta, e intanto c'era un giornalista con la sua bella barbona grigia che intervistava il signor Lotti. E lo si vede, eh. Un'altra volta: 'Giovanni, tienti lontano dalla macchina da presa'. E tanto perché non ci siano equivoci: Spinoso, di cognome. E quindi ci possono essere tante di quelle cose, per cui a un certo punto la persona, la fonte di prova, decide di dire una certa cosa e va, guarda caso, a collimare con un errore, con uno sbaglio. Passiamo ad altro. 

lunedì 25 gennaio 2016

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 10 marzo 1998 - Nona parte

Segue dall'ottava parte.
Avvocato Filastò: Poi dice ancora Allegranti, a pagina... Leggetevelo tutto, perché vale la pena. Gli si contesta quello che dicono le altre persone. Il Pubblico Ministero: "No, sono addirittura intervenuti prima da soli e poi col signor Allegranti. Così dicono loro." E io dico: "Però non sono tra quelli della Croce d'Oro, vero?" "No, non sono quelli della Croce d'Oro." Dice il Pubblico Ministero. "Allora..." Interviene l'Allegranti, dice: "E allora io non li posso avere nemmen visti, no?" Poi c'è, lui riferisce di questa voce che circolava, di uno visto con le mani sul volante su questa automobile. Eh, se si fossero fatte le indagini su Baccaiano davvero! Si fosse approfondito tante cose, anche il perché di quel posto. Come mai questo qui è andato a colpire proprio lì, quella sera. Tra le tante cose che potevano essere indagate c'era anche questo personaggio visto con le mani sul volante, un po' prima, da qualcuno; sembra da due ragazzi in motorino. C'è una mia istanza in questo senso, chiedendo che la Polizia Giudiziaria li identifichi, che si portino qui a testimoniare. Va be ' questa è una delle cose che la Corte ha rigettato. Va bene, si vede che, effettivamente, qui non si tratta di scoprire chi è il vero e autentico "mostro di Firenze", ma si tratta di valutare - come dice il professor Voena - l'ipotesi del Pubblico Ministero e basta. Va bene, con questo posso essere anche d'accordo che non si debba scoprirlo noi qui, ci mancherebbe altro. Non si fa i processi per questo motivo. Però per, come dire, valutare una certa situazione poteva essere utile anche quell'accertamento. E il Pubblico Ministero alla fine, però, correttamente, a pagina 69, dice: "Ci sono delle deposizioni, ovviamente dell'Allegranti di cui ho parlato." La deposizione dell'Allegranti al Pubblico Ministero all'epoca, che sostanzialmente, devo dire la verità, nonostante le contestazioni del Pubblico Ministero, analoga, a parte gli orari, a quello che dice oggi. Poi, addirittura, si ipotizza di sentire la dottoressa Della Monica, non sarebbe stato male. Glielo chiesi anche io, non so se il Codice lo consenta, non l'ho guardato, ma insomma, forse sì. E poi, va be', e poi l'Allegranti racconta questa storia delle telefonate. La storia delle telefonate è importante, perché esclude nettamente che a fare queste... è importante, perché è possibile escludere nettamente, chiaramente, che a fare queste telefonate siano state uno: Pietro Pacciani; due: Mario Vanni. Pietro Pacciani, perché l'Allegranti la voce del Pacciani la conosce, l'ha sentita in televisione, l'ha visto un sacco di volte. E' una voce che -come certamente è esperienza comune di questa Corte, come di tutti i cittadini della Repubblica Italiana - è una voce con un forte accento, con una forte inflessione dialettale, chiariamola dialettale; insomma, dialettale toscana, fiorentina in particolare, come quella che ho io, che per quanti sforzi faccia non riuscirò mai a toglierla, me la porterò... Ma poi, perché mi devo sforzare, scusate? Non l'ho capito io. Si deve essere tutti qui a parlare con linguaggio radiofonico, in questo italiano assurdo che non esiste da nessuna parte? Calamandrei parlava come me e io sono orgoglioso di parlare come Calamandrei. Un amico milanese tutte le volte che mi vede, dice: "Ma corregiti la dizione!" Ma che corregiti la dizione; ma per quale motivo? Non l'ho capito, io. Perché non si sente di dove sono? Sono nato a Firenze, sono orgoglioso di essere nato a Firenze; amo questa città. Una delle ragioni per cui ce l'ho a morte con questa belva è che lui la odia, invece. La odia a morte come odia le donne; tanto è vero che la assedia, se guardate il giro che fa con i suoi delitti. E più ancora amo la campagna toscana. Insomma, Pacciani parla in un certo modo, non c'è niente da fare. E Pacciani non è; e Vanni? Vanni gliel'abbian fatto sentire. Eh: 'Vanni', si è detto. "Vanni, dica qualche cosa, lei'. Io avevo addirittura ipotizzato di farglielo sentire al telefono, insomma cose un po ' troppo complicate. E dice: "Vanni dica qualche cosa, lei. " Si aspettava Vanni che dicesse qualche cosa di nuovo, per dire la verità. Invece lei ha detto: "L'è du' anni che sono in carcere e sono innocente e ho tre operazioni da farmi. La mi' moglie, lei la cascò a terra e la non po vene' nemmeno a vedermi, sicché, io la senta, non ne posso più. La mi fa questa gentilezza di..." E poi infatti la gentilezza, che non era una gentilezza, secondo me, è un atto di giustizia, gliel'hanno fatta, benissimo è andata bene così, per ora. E, sentita la voce, risposta del testimone: 'No, no non c'entra proprio niente'. Allora sarà un altro, sarà il misterioso dottore, non lo so io. Il Lotti nemmeno lui dovrebbe essere, perché anche lui come inflessione dialettale ce l'ha abbastanza notevole. Sarà il mago Indovino, che lo so io, che fa queste telefonate? Un burlone non è di sicuro, Signori, perché l'ipotesi alternativa del Pubblico Ministero, veramente alternativa, è che sia un burlone. Un burlone da attaccare al muro, da imbullettarcelo, vero, per bene e che non si muova di lì come burlone. Perché accidenti a lui, vero! Telefonata alle due di notte a questo povero signore Allegranti, dicendogli: 'te sei un uomo finito, te muori; succede una strage a Baccaiano'. Una volta fa finta di telefonare dalla Procura. E che vuol sapere questo signore? Ce lo dice 1'Allegranti, per quello che intuisce lui: lui vuol sapere se il Manardi ha detto qualcosa. Torna? Torna. Ho depositato quei giornali, che una volta tanto sono utili in questa inchiesta. La stampa in questa inchiesta, in questa indagine non ha fatto un gran bel lavoro, per dire la verità; in questi ultimi tempi poi, non se ne parla. Lasciamo perdere. Ma lì non c'è nulla da fare, eh, i giornali parlano chiaro. Viene pubblicata la notizia che questa persona, il Mainardi, era vivo e aveva detto qualche cosa. Questo vuol sapere. Vuol sapere, teme, ha paura che il Mainardi abbia detto qualcosa; cosa? Abbia potuto dire... Certo, un poveraccio come Mainardi, nelle condizioni in cui l'ha lasciato, il massimo che può dire può individuare una qualità della persona che l'ha colpito a morte. Può dire un suo aspetto significante che lo identifica, che lo identificherebbe molto bene; che so io: una divisa, un distintivo. Ed ecco perché questo è lì: che le sue telefonate non sono - guardate - solo per sapere: soprattutto sono per intimidire, per impaurire la persona, terrorizzarla. Sono telefonate in cui si vuol sapere qualcosa e con delle frasi: 'sta attento, perché se tu lo dici, qui finisce male'. E signor Presidente e Signori Giudici, l'ultima di queste telefonate interviene nell'anno 1984 di agosto, a Rimini. Si credeva, e credevo io, che quest'ultima telefonata si fosse avuta nello stesso anno: nell'82. No, avviene due anni dopo, nel 1984; se non sbaglio il 18 di agosto, perché c'è il verbale dei Carabinieri. E cosa è successo il 29 di luglio del 1984, signor Pubblico Ministero? La burla, eh? La burla; altro che burla: sono morti altri due ragazzi, un po' meno di un mese prima. E l'inchiesta sta rivitalizzandosi, e c'è il rischio che qualcuno recuperi il signor Allegranti per chiedergli qualcosa. Ecco perché gli si telefona a Rimini, nella pensioncina dove lui va a passar le vacanze, appena due giorni dopo che è arrivato, perché è arrivato da due giorni; informato eh, il burlone, oltretutto. Informato bene, eh: quando è arrivato, dove è arrivato, a quale pensione è sceso, l'Allegranti. Meno di un mese dopo dall'omicidio Pia Rontini e Claudio Stefanacci arriva questa telefonata del burlone. E va be', lega? Ammettendo che questa telefonata, come io ritengo fermamente, queste telefonate, poi il Pubblico Ministero si affanna a dire: 'ma qui, questo signore, non si ricorda nemmeno quando è avvenuto l'omicidio; questo signore confonde: qui ci ha detto dieci telefonate, là ha detto due'. No, ai Carabinieri di Rimini non è che dica "due"; non vi sto a leggere il verbale, leggetelo da voi. Dice: "Ma io questo numero sul verbale non l'ho visto." Ed ha ragione, non c'è. I Carabinieri parlano di due telefonate, perché lui ne ricorda due; lui parla, anche a voi, se leggete il verbale, a voi vi ha raccontato due telefonate: quello del falso Procuratore della Repubblica, e quella di quello che dice: "una strage a Baccaiano." E poi c'è quell'ultima fatta a Rimini; lui ne racconta tre. E molte di queste telefonate - e per questo che il numero aumenta, dieci - lui non le riceve neppure. Lo sapete, l'avete letto? C'è scritto a verbale, rileggetelo. C'è scritto che molte di queste telefonate gli arrivano o a casa o nel posto di lavoro, quando lui non è a casa e non è nel posto di lavoro, gli vengon dette. Dice: 'guarda ha telefonato quel tizio'. Quindi, andare a inficiare l'attendibilità, la sicurezza, la genuinità di questo testimone che vi riporta una circostanza importantissima, che collima perfettamente con quel personaggio che abbiamo cercato di descrivere ieri: questo senso di onnipotenza, con la sua strafottenza, con la sua cattiveria, con la sua volontà di interferire nelle indagini. Cosa che fa fin dal 1981, nel mese di ottobre, quando lui ammazza a quattro mesi di distanza Susanna Cambi e Stefano Baldi; li ammazza, perché in galera c'è Spalletti e Spalletti vuol parlare. Se questo processo si fosse occupato anche di quel delitto, allora questo difensore avrebbe portato testimoni a confermare questa circostanza, sarebbe nato un altro caso Allegranti; persone che non solo sapevano questo. Primo: facciamo conto di averlo fatto questo processo, per dire che cosa avrebbe portato questo difensore a suffragare questa ipotesi, a questa ricostruzione; primo: avrei portato il signor Enzo Spalletti. Al signor Enzo Spalletti il difensore gli avrebbe fatto questa domanda: 'scusi, ma lei quando ha detto ai Giudici Izzo e Della Monica che loro sapevano benissimo che lui non era un colpevole? E che lo tenevano in galera, lasciando, ipotizzando, lo tenevano in galera, perché cosi...' Tanto questi due bravissimi, solerti, integerrimi magistrati si allarmano: ma allora cosa vuol dire, scusi, con questa frase? Ed è rimasto, questo, per aria, questo sospetto, questa idea. Cosa voleva dire questo signore? Ha visto qualcosa lui, quel giorno? Sì, che ha visto qualcosa. E poi lì interrogato. E poi avremmo sentito il fratello, avremmo sentito la madre, avremmo sentito un altro familiare; che ricevono telefonate, anche loro, da parte di una persona che parla un italiano corretto. E dice: 'dite al vostro familiare che non si allarmi, che prima o poi esce di galera'. 'Anche lui, però...', una volta, durante una di queste telefonate, questa persona dice: 'Anche lui, però, che si mette a parlare del giornale, che è uscito il giorno dopo? Gli sta bene se sta dentro.’ Ma tutte queste cose, voi... Ora ve le accenno io, sono tutte documentate però, sono tutte lì agli atti, eh, di quel processo. Però il dato storico, che avviene questo delitto a quattro mesi di distanza - questi due delitti avvengono nel periodo di tempo più breve, quattro mesi di distanza l'uno dall'altro - questo voi lo avete, non c'è niente da fare. E Spalletti è in galera. Poi si mette in galera Francesco Vinci. E come finisce in galera Francesco Vinci? Anche qui lo vedremo fra un po', parlando di un'altra questione; per ora accantoniamola. La pista sarda e tutto il resto. E Francesco Vinci è scelto male anche lui, per andare a finire in galera, perché anche Francesco Vinci ha visto qualcosa, guarda caso, nel 1968 alle Cascine del Riccio di Signa. Poi dopo Francesco Vinci fiondano in galera Mele e Mucciarini; la pista sarda pac ! delitto della Rontini. E poi, alla fine, si vede che alla fine gli è andata bene così come andava l'indagine, che la persona era giusta da metter dentro. Dentro al suo giustizialismo, il porcaccione - per modo da dire, parlandone da vivo - Pacciani gli stava bene. 

venerdì 22 gennaio 2016

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 10 marzo 1998 - Ottava parte

Segue dalla settima parte

Avvocato Filastò: Poi il teste Martini dice che è entrato lui e Gargalini all'interno dell'auto. E poi dice: "Ecco, l'Allegranti dov'era?" "L'Allegranti era, credo" - "credo" - "sia stato a preparare la lettiga per caricare." "Credo." "Però dice, siete entrati voi due?" E il teste Martini dice - sentano, Signori - è a pagina 10 di questo verbale del 19/12/97, dice il teste Martini: "Ci ha dato una mano sicuramente." "Ora, lì per lì cioè, ci hanno dato una mano a tirargli fuori il corpo da..." Quindi, ha "dato una mano" anche l'Allegranti a tirare fuori il corpo. "Ora io, chi c'era, chi un c'era, non me lo ricordo. Perché quando si fa...", eh, certamente, eh. Quando si fa un soccorso di questo genere, con questa urgenza con questa ansietà e tutto il resto, chi c'era e chi non c'era è molto difficile ricordarselo. Poi il teste Martini dice che la portiera fu sganasciata da tre o quattro persone. Presa, proprio tirata indietro. E niente, va bene. Il teste Martini... Non c'è niente da fare. A questo punto, il difensore di Vanni, eh, alla fine dice: "Signor Martini Marco, una domanda secca: lei è sicuro che il giovane era sul sedile dietro?" E il teste Martini risponde: "Si." "Sicuro?" "Sì." Pagina 15, verbale del 19 dicembre del 1997. Poi dice che il sedile venne spostato in avanti; lui se lo ricorda che era a 90 gradi. Non ha rilevato evidentemente l'azione fatta dal Gargalini di spostarlo un po' indietro. E fine. "Appena fu aperta la macchina, i due sedili erano regolari. Poi si fu noi a tirarli, a mandarli verso il parabrezza." Il ribaltamento dello schienale non lo ha visto. Dice, però: "Sarà stato un po' giù, così." Certo, quel "po'" che si vede anche dalle foto. E poi arriva il teste Ciampi Paolo, il quale teste Ciampi Paolo arriva, dice... Il Presidente gli chiede: "Ecco, può dire come trovaste la macchina e i cadaveri? Cioè il giovane e la ragazza che erano in macchina?" "Mah, la macchina era nel fossetto e i corpi erano dietro, dietro al sedile posteriore."
Presidente: "Tutti e due al sedile posteriore?" "Sì." Il teste Ciampi dice che entrarono i colleghi Martini e Gargalini: "Mi sembra, mi sembra." "Lei cosa ha fatto?" "Sono rimasto fuori, ho dato una mano a metterlo nella lettiga. C'era un sacco di persone. Fummo aiutati ad aprire questo sportello, a sganasciarlo un po' per entrare." Poi gli dice il Pubblico Ministero, gli contesta, dice: "Perché lei dice: 'erano sul sedile dietro, però io non li ho visti'? Come sa che erano i ragazzi?" Questa è una domanda sbagliata, perché non è vero che aveva detto: "Però io non li ho visti." A pagina 22. Me ne sono accorto leggendo questo verbale. Ma che si fa le domande così ai testimoni? Dice il Pubblico Ministero: "Due cose. Scusi, lei ci ha detto ora due cose che Io riesco a capire poco, perché lei dice che: 'erano sul sedile dietro, però io non li ho visti'." Come, quando mai lo ha detto: "Però io non li ho visti"? Il testimone risponde: "Perché, quando sono arrivato alla macchina, ancora i miei colleghi erano dentro e non erano stati estratti." "Erano indietro, ancora? Erano indietro ancora sul sedile?" E lui ripete: "Indietro." "Sono sicuro che è sul posteriore." Dice. Poi gli viene contestata la solita dichiarazione: "Non ho visto la posizione del Mainardi e nemmeno ho potuto estrarlo dal veicolo." E questo testimone, si vede un po' meno coraggioso di quell'altro, non spiega per quale ragione c'è questa dichiarazione, invece di quella che è la verità. Dice: "Sì, ma io volevo capire come mai, all'epoca, a domanda specifica" - dice il Pubblico Ministero - "le viene chiesto la posizione della ragazza e la dice; della posizione del ragazzo dice: 'io non ho visto la posizione del Mainardi', e oggi è così sicuro. Capisce?" "Certo." Dice lui. "Sicuro?" "Certo." Gli fanno vedere il verbale, se la firma è sua. E poi dice una cosa molto importante. "Dov'era l'Allegranti?" Domanda del Pubblico Ministero. "Mah, senz'altro non nella macchina, come le ripeto." "Lui non era nella macchina?" "No, non era nella macchina." "Non è intervenuto nella macchina?" "No, credo. Ora non mi ricordo se è rimasto o all'ambulanza, o era accanto a me fuori dalla macchina ad aspettare, insomma, ad aiutare gli altri due che erano dentro." Quindi pone una alternativa: 'o era con me, o era dentro ad aiutare gli altri due'. Ecco, poi c'è un'ultima domanda di questo difensore al Ciampi: "Il ragazzo era accanto alla ragazza?" "Per me, sì." E fine. E sono tre. Quattro, con il Di Lorenzo. Tutti quelli che intervengono con l'ambulanza, tutti quelli che vedono i corpi, a portiera aperta. Che hanno modo di constatare una situazione. Non c'è niente da fare: il ragazzo era dietro. E d'altra parte, poi, c'è l'Allegranti. L'Allegranti mi preme un attimo dire come mai interviene in questa circostanza, in questo processo. Mi occupavo di una trasmissione televisiva, perché l'origine di questa trasmissione, Mixer, era questa. Io avevo scritto quel libretto intitolato "Pacciani innocente". Il regista di una precedente trasmissione, ultracolpevolista su Pacciani, rispetto a Pacciani, Gianni Barcelloni - siamo diventati anche amici, dopo - legge questo libretto e dice: 'mah, forse le cose non stanno così'. Però, siccome è una persona di una certa onestà intellettuale, viene da me e dice: 'avvocato, lei ci sta a darmi una mano a fare un'altra trasmissione su questo argomento, in cui il discorso si pone in maniera diversa? Perché non mi piace, a me, aver fatto una trasmissione in cui davo addosso a una persona che forse è innocente'. 'Si figuri', dico, 'più che volentieri. Lo faccio di secondo lavoro, cose di questo genere. Perché no? ' E ci mettiamo lì a lavorare. Ci mettiamo lì a lavorare, si comincia a vedere... Io dico: 'guardi, però per correttezza, le persone io non voglio andare a sentirle. Perché non si sa mai, potrei un giorno dovermene occupare di questo processo. E' meglio di no. Vada lei.' E lui, un giorno, mi pare parlando con un collega qui di Firenze, non dirò chi è, ma insomma. . . Dice: 'ma guardate, c'è l'autista dell'ambulanza che si ricorda bene come stanno le cose. Si chiama così e così.' Dico: 'guarda, vacci a sentirlo'. Questo va a sentirlo. Sente l'Allegranti, torna, mi fa vedere la cassetta. Dico: 'ma accidenti, ma guarda questa storia', dico io. A me, fra l'altro, la cosa che mi colpì di più, era la storia delle telefonate, capito? E così è nata la faccenda. Io ho portato questo testimone, il Pubblico Ministero ha detto: 'eh, ma qui c'è la bellezza di 11 testimoni che dicono l'inverso...' Allora lo sapeva? Ah, lo sapeva, allora? E perché non li ha portati a parlarci delle automobili, sul posto, che non c'erano. E così è venuto fuori tutta la storia. Ma l'Allegranti è la persona più adamantina che si possa immaginare. Questo fascicolotto qua è tutto lui. Un tentativo, tentativi fatti... Intanto era il più anziano, lui. Parla della telefonata che, secondo lui arriva alle 23.15—23.20. Probabilmente sbaglia di 20 minuti. Certo, dice: "Era prima che io smontassi. Perché smontavo a mezzanotte. E quello che mi doveva prelevare" - dice puntualmente - "non era ancora arrivato, quindi era prima di mezzanotte." Infatti, benissimo. Perché lo abbiamo visto, attraverso le testimonianze di quei ragazzi che abbiamo percorso poco prima a proposito della questione relativa alla presenza di macchine oppure no sul posto, che l'orario siamo intorno alle 23.40. Questo è il momento storico degli spari. Mettiamoci 10 minuti per andare a telefonare all'ambulanza e siamo giustamente a mezzanotte meno 10. Poi racconta tutta la storia delle telefonate, su cui ritorneremo, perché sono abbastanza importanti. E poi dopo, sul punto del dove si trovava il corpo di questo ragazzo, lui è proprio sicuro al cento per cento. Perché c'era lui, perché è entrato dentro. Ma non solo lui è sicuro della posizione del ragazzo. Sicuro, perché lo ha constatato; anche lui è uno di quelli, e sono quattro, che vanno a togliere questo ragazzo da un posto... E che volete che non si rendan conto di dove si trova? Ma spiega anche il motivo per il quale una chiazza più ampia di sangue la troviamo piuttosto sul sedile anteriore che posteriore. Non è vero che sul posteriore non ci siano chiazze di sangue, nel posto dove sta Mainardi. Perché ci sono. Non solo, ma se osservate bene il verbale di sopralluogo, verbale, c'è anche un indumento, una maglietta intrisa di sangue, sul sedile posteriore, accanto alla ragazza. Ma spiega che questo ragazzo aveva la carotide perforata, che la posizione in cui stava la teneva chiusa; al momento di spostarlo, il getto di sangue. In più, lui dice: "Mi sono pulito le mani sul sedile anteriore", ecco spiegato il perché. Sangue ce n'era dappertutto. E schizza, schizza anche sulla portiera. Ma certo, la portiera è una sola di quella macchina. Affermare che gli schizzi di sangue sulla portiera sono l'indizio che il ragazzo si trovava sul sedile anteriore è proprio una cosa assurda. Perché di portiere ce n'era una sola. E non c'è niente da fare, lo hanno tirato fuori da quella portiera. Questo ragazzo pisciava sangue da una carotide bucata. E che volete? E sul fatto di essersi asciugato le mani sul seggiolino, lo dice a pagina 59, all'udienza del 16 dicembre 1997, fascicolo numero 67: "Io mi ci sono asciugato anche le mani." "Si è asciugato le mani a cosa?" "Al seggiolino." Dice. E se lui dice che il seggiolino aveva una inclinazione normale, è perché non l'ha fatta lui quell'operazione, come sapremo dopo da Gargalini, perché l'ha fatta Gargalini l'operazione di spingere un po' indietro il sedile. 

giovedì 21 gennaio 2016

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 10 marzo 1998 - Settima parte

Segue dalla sesta parte.
Avvocato Filastò: Dice: "Quindi portai in avanti, cioè verso il volante, il sedile di guida." Gli contesta il Pubblico Ministero. E il Gargalini dice: "Ma per tirarlo fuori, scusi" - dice - "non per accertarmi della causa della persona, non per accertarmi se la persona, quell'altra, era viva o morta." "Vuol dire dopo, per poter lavorare, per tirarlo fuori?" "Sì, ha ragione, dopo l'ho reclinato." Certo, è ovvio che è andata così. E qui poi si scatena, fino a arrivare così, a una discussione addirittura col Presidente. Il Pubblico Ministero dice: "Come fa a reclinarglielo sopra?" Reclinarglielo sopra? Spostato un po'. "Dobbiamo renderci conto, ha capito..." Allora, poi alla fine, dopo tutta questa bagarre che dura per diverse pagine del verbale, e non è una lettura molto gradevole da fare, per dir la verità, per chi fa il mio mestiere, almeno. E mi ci sono messo anch'io a complicare le cose, in qualche modo, con degli interventi... Benissimo. In dibattimento c'è dei momenti di questo genere qui e non giova molto all'accertamento... Per fortuna, però, qui noi abbiamo un testimone che è uno che proprio, non c'è niente da fare, vero, le cose che lui ha visto e che ha constatato, lui ci tiene, perché è una persona per bene, sicura. E alla fine lui, a pagina 106, dice: "Io sono salito sul sedile." Allora, a questo punto, a sinistra, così, in questo modo. "Non arrivando a fare quello che dovevo fare, ho dovuto fare questa manovra, spostando un po' questo schienale. Poi, quando ci siamo resi conto che questa persona dava dei segni di vita" - il Mainardi - "allora mi sono precipitato in terra, ho alzato il sedile" - dice - "e si è tirato fuori." Va bene? Lo volete più chiaro di così, il testimone? Finalmente? Dopodiché, dice: "Ma, guardi, lei prima ha detto che è entrato da destra." "Sì" - dice lui - "all'inizio sono entrato da destra e ho constatato che la donna era morta. E ho accertato di questa donna che lì per lì non dava nessun segno di vita." L'avvocato Colao vuol sapere se la destra è lo sportello del passeggero o del guidatore. Si vede che a lui gli risulta oscura la situazione. E questo gli risponde: "Dalla parte del passeggero", si capisce. A destra, vero. "Sono salito su questo sedile." Eccetera e va bene. Dice: "Sì, sì, va bene, va bene. Allora si tira fuori lui... Ecco, allora sono sceso, si è tirato su il sedile, si è tirato fuori e si è portato via. E poi noi siamo andati via." Ecco. Che passione, come si dice in Toscana! Poi c'è la forzatura dello sportello; parla della forzatura dello sportello. Insomma... A proposito dell'Allegranti, che a sentire il Pubblico Ministero non dovrebbe aver fatto niente in questa operazione di soccorso, il teste Gargalini dice, gli si chiede chi sono gli altri che hanno lavorato, eccetera: "Gli altri ragazzi erano con noi; gli altri due ragazzi erano con noi." Infatti erano quattro: lui, due ragazzi e l’Allegranti. "Poi anche l'Allegranti naturalmente, perché aveva tirato fuori la lettiga. Ci ha aiutato anche lui." Il Presidente dice: "Ah, vi ha aiutato anche lui?" "Eh, dopo sì." Che l'Allegranti poi, che è una persona anziana, di una certa esperienza, abbia voluto sincerarsene anche lui delle condizioni di quella ragazza, caso mai, l'altro avesse visto sbagliato, che fosse invece vivente anche lei. Sono tutti lì, sono tutti lì. I ragazzi, quelli giovani, stanno un po' più in disparte. Ma i due, quelli più anziani, sono lì a vedere quello che succede, a prestare i primi soccorsi. Forse si tratterà di fare una respirazione bocca a bocca; non lo fanno, ovviamente. Ma perché si rendono conto che c' è una carotide che butta fuori sangue. E quindi si danno da fare velocemente, il più possibile, per portarlo in ospedale, per cercare di salvargli la vita. Perché è questo il loro... L'avvocato Bertini, l'avvocato Bertini – chissà che gliene importa all'avvocato Bertini - dice: "Si, ma a parte la mano, fisicamente l'Allegranti dentro la macchina c'era insieme a lei, poco prima di lei? Lo ha visto lei?" "No, questo non lo ricordo." Dice il Gargalini. Non se lo ricorda di questo. Non è che lo esclude. Dice: "Non lo ricordo." Pagina 127, verbale del 19 dicembre: "Non lo ricordo." Non se lo ricorda. Naturalmente ciascuno di loro, sia l'Allegranti che il Gargalini, per un normale effetto di normale vanità, tende evidentemente ad amplificare il proprio ruolo, a stabilire che ha fatto tutto lui. E quindi ciascuno dei due praticamente annulla l'altro. Ma questo è normale, è umano. Ma tutti e due sono intervenuti, tutti e due hanno compiuto quelle azioni, tutti e due hanno... L'avocato Bertini insiste, l'avvocato Bertini difende Lotti. Siccome Lotti deve essere stato lì, a prendersi l'imputazione, allora è giusto che insista a dire: "Forse non ho seguito bene io, non ho capito bene. Lei ha detto che è entrato dalla parte dello sportello destro del passeggero per verificare se la ragazza era morta..." "Esatto." Dice Gargalini. "Ha poi detto che ha dovuto fare quella manovra di reclinamento del sedile anteriore?" "Sì, per arrivare alla ragazza." "Alla ragazza." "Sì. " "Ora io mi domando questo, forse ho capito male io: se il ragazzo, come lei dice era dietro..." "Sì." "Dico, lei è dalla parte dietro dell'auto. Che noia le dava?" Come, "che noia le dava"? O avvocato Bertini, mi scusi, ma come "che noia le dava?" C'è il sedile, no? Il sedile, per portar via uno di dietro, il sedile dà noia. Si sposta, accidentaccio, no? Sì o no? O si deve star qui a perder tempo con le domande insulse. Grazie, Vanni. No, stia comodo, stia comodo.
Mario Vanni: (voce fuori microfono)
Avvocato Filastò: Va bene. Allora il Gargalini dice che era dietro. E siamo a due. Senonché ne arriva un'altra. Per fortuna, attraverso questo inciso introdotto da questo difensore all'interno di un processo che di questa cosa proprio non se ne voleva occupare, arriva anche il Martini Marco. Il Martini Marco è un ragazzotto, il quale… No, ora non lo è più, all'epoca era un ragazzotto, al quale, intanto, si comincia a cercare di togliergli l'età a quell'epoca. 'Quanti anni c'aveva?' 18 anni, c'aveva. È del '64, aveva 18 anni. Quindi un'età più che ragguardevole per rendersi conto delle cose. Mica il ragazzino. Perché poi svolge un compito che è anche piuttosto delicato, ci vogliono persone coscienti, no? Dice il Martini: "I giovani in macchina?" "Sì, in macchina, sì." Gli domanda il Presidente. "Sì, erano dietro i sedili, accasciati. Insomma, con la testa reclinata all'indietro." Dietro i sedili, accasciati, con la testa reclinata all'indietro. E poi dice che: "Siamo entrati in macchina, si è soccorso chi doveva, insomma, il Mainardi..." Poi è stato interrogato dai Carabinieri, solo dai Carabinieri di Montespertoli, lui è stato interrogato. Dice: "Quanti anni aveva?" "19. " "18." Dice il Pubblico Ministero. "Sì, 18..." Va bene, aveva 18 anni. Allora il Pubblico Ministero gli contesta questa dichiarazione resa a suo tempo. Dice: "La stessa, alla domanda, la stessa che le ha fatto il Presidente, se questo ragazzo era davanti o di dietro, lei ha risposto: 'non sono in grado invece di precisare l'esatta posizione del corpo del Mainardi in origine, in quanto, al momento del mio intervento, il corpo stesso era già stato spostato dal mio collega'. E oggi" - dice il Pubblico Ministero - "invece che lei, che lo ha visto sul sedile dietro. Allora?" E questo ragazzo dice: "Dopo..." - ragazzo ora non più, uomo fatto -"Dopo..." Il Pubblico Ministero insiste: "Invece di precisare l'esatta posizione del corpo del Mainardi, come mai oggi se lo ricorda così bene, se a 24 ore, dice, era già stato spostato dal suo collega?" E il testimone, secco, gli dice: "Ora glielo spiego." "Ora glielo spiego." "Dopo circa tre ore, tre ore e mezzo di interrogatorio, alla fine, a Montespertoli, dissi: 'fatemi firmare, scrivete quello che vi pare e fatemi firmare quello che vi pare'." Va bene così? "Lei ha fatto" - dice il Pubblico Ministero - "tre ore, tre ore e mezzo di interrogatorio?" Si meraviglia, perché il verbale di questo ragazzotto è corto così, siamo a mezza pagina. E il Martini dice: "Un tartassamento continuo. Eh, sennò..." "Mi scusi, ma tre ore e mezzo" - dice - "ad aspettare." Dice il Pubblico Ministero. "No, no, no." - "No", uno; "no", due; "No, tre -"Interrogato." "Loro, mi scusi, di chi sta parlando?" "Non lo so, un magistrato, una signora. Non mi ricordo chi era." Dice. "Va be', un magistrato c'era, no? Donna?" "Penso di sì, non so se era… Alla fine di tartassarmi con tante domande, alla fine..." "Ma che domande? Tarta. . . " "Tutto, praticamente tutto quello che era successo." Dice il teste Martini. "Gli dissi quello che era successo, dice: 'non è possibile'. 'Come non è possibile', gli dissi. 'Vedrà che... c'ero io, un c'era lei'. Giusto?" "Eh, certo." "Allora mi fecero anche provare. Mi ricordo mi fecero anche provare: 'ci faccia vedere come ha fatto'. Mi portarono addirittura a una macchina simile, una 127. Ora, insomma... E io gli feci vedere come feci. Dice: 'niente, non è possibile. Qui lei sta facendo falsa testimonianza'. Gli dissi: ragazzi..." - simpatico. Sta facendo falsa... - "O ragazzi", dice questo qui. "Io mi stufai e qli dissi, mi ricordo batteva a macchina, scriveva un so chi, alla fine dissi: 'sì, va be', tutto quello che tu scrivi...', io firmai e venni via. Vedrai, che tu vuoi fare?" Che bellezza stare in Toscana, però, tante volte. Che bellezza sentire questo linguaggio così... e anche così colto, per certi versi. 'Icché tu vuoi fare? Va be', vuoi mettere così? Metti che ti pare...' . "Cioè, gli dissi: scrivete pure quello..." Dice il P.M.. Cioè, gli disse: 'scrivete pure quello che vi pare a voi'?" "Sembrava... Sì, sì." "Perbacco." Dice il signor Martini. "Noi ne prendiamo atto." Dice il Pubblico Ministero, eh. "Quando ero lì all'interrogatorio c'era un continuo contestare, a diritto, a diritto, cioè mi portarono a bere fuori" - dice - "anche. Insomma, fu un continuo... veramente sennò unn'è che poi..." Il Pubblico Ministero gli ricontesta che ha detto: "Non sono in grado, invece, di precisare l'altra posizione." Io intervengo: "L'ha bell'e detto tre volte, Pubblico Ministero, questa contestazione." Infatti era tre volte che gliela faceva. "Questo" - dice il teste Martini - "l'hanno scritto loro." Il Pubblico Ministero si indispettisce della mia interruzione e mi dice: "Ma mi lascia fare, per piacere? Via, io non l'ho mai interrotto. Perché ho visto che la giornata, che non è il caso." E infatti proprio non era il caso, la giornata, eh. Metteva proprio male. 

mercoledì 20 gennaio 2016

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 10 marzo 1998 - Sesta parte

Segue dalla quinta parte.

Avvocato Filastò: Poi, dopo aver detto che secondo lui il ragazzo era dietro, il Poggiarelli dice: "Però, dovessi dire dove era seduto il ragazzo non glielo so dire." D'altra parte la contestazione che gli fa il Presidente è una contestazione che si capisce bene da cosa deriva; da come è il verbale, si capisce perché a questo' giovanotto sono state affidate determinate parole, da quel verbale. "Avvicinandoci all'auto del passeggero abbiamo notato la ragazza sul sedile posteriore - gli contesta il Presidente di quello che disse il 21 giugno - "e solo successivamente ci siamo resi conto che sul sedile di guida era disteso. Si trovava Paolo Mainardi anche lui disteso in posizione supina." Quando? Quando si stava cominciando ad estrarlo. Questo ragazzo ha visto due fasi di questa… Non solo quella in cui inizialmente vedono lo sparo e poi vanno. Ma poi, dopo, quando si è… E c'è stato anche un momento in cui probabilmente il Mainardi stava disteso, in posizione supina, sui sedili anteriori. L'avvocato Filastò poi chiese al Poggiarelli: "Quanto vi siete soffermati a guardare questi ragazzi, a osservare la situazione?" E il Poggiarelli risponde: "Pochissimi. Si tratta di minuti, qualche minuto." Il Calamandrei dice: "Nel guardare bene, ci accorgemmo che dentro c'era una persona. E l'altro occupante, dall'altra parte, non son ben sicuro" - dice a pagina 71 -"che fosse davanti o di dietro. Mi ricordo che era molto reclinato all'indietro." Poi dice che: "Praticamente ci prese la paura a tutti. Siamo rimasti a una certa distanza, lo stavano già levando." E poi ripete: "Io non ricordo se lui fosse davanti o dietro. Molto sdraiato, molto reclinato all'indietro." Gli vien contestato: "Si vide la ragazza sul sedile di dietro e il giovane sul sedile di guida, appoggiato, riverso all'indietro." Ecco anche per cosa può essere stato ingenerato. Non voleva parlare di errore, parliamo di errore, di una verbalizzazione affrettata. "Il ragazzo si trovava in una posizione molto reclinata all'indietro", e in una posizione di questo genere qui, un po' di sbieco, può anche essere sembrato che fosse davanti. "La strada lì è buia". Presidente, posso fare una pausa di cinque minuti?
Presidente: Benissimo, cinque minuti di sospensione.

« DOPO LA SOSPENSIONE »

Presidente: Ci siamo? Prego, avvocato Filastò.
Avvocato Filastò: Grazie, Presidente. E si arriva, a questo punto, al teste Di Lorenzo Mario. Che è questo Di Lorenzo Mario? E' uno che sta nel bar dove i ragazzi sono andati a telefonare per chiamare l'ambulanza. Ha sentito questa cosa e si è affiancato a questi ragazzi e è andato anche lui sul posto a constatare quello che succede. E' una di quelle persone che, quando avvengono fatti di questa natura, subito si fanno in quattro per dare una mano, per collaborare. È quello che fa lui e, insomma, per quello che ci riguarda, dice: "E cominciano a tirarli fuori." Cominciano chi? Gli addetti dell'ambulanza. Perché lui arriva insieme a quelli dell'ambulanza. Insomma, poi ci sono momenti un po' di paura. E lui era andato là, non so, poteva aiutare qualcheduno dice. "C'era questa ragazza dalla parte destra?" "Sì. " "Aspetti. Dalla parte destra, dietro." "Ci rifletta." Dice: "Sì, era dalla parte destra, dietro. E questo ragazzo si sentiva un... dietro ai seggiolini." Dietro ai seggiolini. Quindi non c'è solo l'Allegranti, c'è anche il Di Lorenzo che lo vede dietro ai seggiolini, constata questo. "Era dietro" - poi spiega meglio a pagina 85 -"fra i seggiolini." Io gli contesto che lui aveva dichiarato che si trovava disteso con le gambe sul sedile anteriore. Lo aveva dichiarato prima, in questo modo. Di Lorenzo è un altro che, sia pure con quelle incertezze che derivano da chi non ha materialmente partecipazione alla attività di soccorso, vede il ragazzo dietro. E si arriva, a questo punto, al primo, diciamo così, "casus belli" di questa circostanza, che è il testimone Gargalini Silvano. Anche lui sentito a suo tempo. Anche lui sentito il 22 di giugno del 1982, a distanza di due giorni. Il quale dice: "Apro lo sportello..." e lui interviene. Ora, qui c'è un'apparente discrasia fra lui e l'Allegranti, perché tutti e due dicono di essere intervenuti e ciascuno indipendentemente dall'altro. Il che è possibilissimo. È possibilissimo che l'Allegranti sia intervenuto per primo e che immediatamente dopo sia intervenuto il Gargalini. Quando l'Allegranti, forse richiamato da qualcuno - come dice lui, l'Allegranti - si va a occupare di quello che è il suo lavoro, perché lui è l'autista e si deve occupare dell'ambulanza. E quindi lui poi lascia le cose agli altri e va dietro a. . . torna all'ambulanza a sistemare la lettiga. È così che lui dice, eh. È così che sono andate le cose, in una situazione di notevole concitazione. Il mio figliolo ha fatto questo lavoro, è iscritto volontario in un'associazione di questo genere; c'è andato un sacco di volte a fare operazioni di questo tipo e me l'ha raccontato come funziona, che c'è sempre una concitazione. Si va a raccogliere il suicida: insomma, son tutti lì che. . . E son ragazzi, ma bravi ragazzi, bravissimi ragazzi, perché chi sceglie di fare una cosa di questo genere, gratuitamente, è una persona più che rispettabile. Ed è una delle caratteristiche più positive del nostro ambiente, della nostra regione. La percentuale di volontari in questa attività che c'è in Toscana non c'è da nessun'altra parte d'Italia. C'è un sacco di gente che si dà da fare in questo senso. E questi ragazzi alcuni son giovanissimi. Sapremo qui, a questo dibattimento, che per alcuni di loro era il primo intervento addirittura, quello, che facevano. Perché è un'associazione questa, della Croce d'Oro, che è nata d'agosto. No, è nata non d'agosto... un poco tempo prima, ora il mese non me lo ricordo. E' nata pochissimo tempo prima, e per alcuni di questi ragazzi è il primo intervento che fanno. Quindi c'è, naturalmente, una certa concitazione. La persona più anziana del gruppo, che è per l'appunto l'Allegranti, il primo intervento lo fa lui. Poi dopo, a un certo punto, lui sa che il suo mestiere è un altro, lascia fare gli altri e va. Ed è questo punto. Che c'è di contrastante, di assurdo, di non veritiero? Il Gargalini: "Apro lo sportello al lato opposto della guida, cioè il lato destro." Questo l'ha detto chiaro. Dopo, nel prosieguo di questo dibattimento, quando si cercherà di fare la demolizione del teste Gargalini, come si cercherà di demolire il teste Allegranti. Oh, lì tutti: 'ma quale sportello? Destro in che senso?' Ma quando dice destro, si capisce che è lo sportello destro di una macchina. Dov'è lo sportello destro di una macchina? Quello opposto alla guida. Considerato che le nostre macchine hanno la guida tutte a sinistra, lo sportello destro è quello... quando si dice destra o sinistra di una macchina, si ha sempre in mente il senso di direzione della macchina. 'Destro, lei aveva detto così...'. "Entro dentro. Mi accerto che c'è due persone dentro. Che una, la donna, dietro lì, al lato destro, tasto il polso, tasto la carotide, non c'era segni di vita. Mi giro così e vedo l'altra persona accanto, che non dà segni di vita. Fo agli altri..." Che dava segni di vita. "Che dava segni di vita. Fo agli altri miei colleghi: 'portiamo via questo, perché è l'unica persona che dà dei segni di vita'. Lui era sul sedile posteriore, cioè sulla poltrona posteriore, lato guida, diciamo." "E poi" - chiede il Presidente - "che è successo?" "Niente. L'abbiamo tirato fuori, l'abbiamo caricato in ambulanza e portato all'ospedale San Giuseppe di Empoli." Poi si . comincia con le domande. Sulle contestazioni, il Presidente gli contesta che in precedenza aveva detto esattamente quello che dice ora. Non c'è proprio nulla da contestare. E la contestazione glie1'avevano già fatta all'epoca gli inquirenti, poi vedremo perché. Perché? Per quale motivo plausibile gli inquirenti possono avere in quel momento insistito perché un testimone rivedesse quella che era una sua constatazione? A un certo punto si dice, nel verbale: "Prendo atto che altri 'testi siano intervenuti, prima di chiamare i soccorsi, sia immediatamente dopo. Hanno rilevato una posizione del Mainardi completamente diversa." Cosa non vera, come abbiamo approfondito qui al dibattimento. "In particolare, questi testi hanno evidenziato che il Mainardi si trovava supino, leggermente spostato verso sinistra, sul sedile anteriore del guidatore." Questa è la contestazione che veniva fatta all'epoca. All'epoca, non ora. All'epoca, al Gargalini. "Sul sedile anteriore del guidatore e che tale sedile era disteso. Tale posizione risulta riscontrata anche dagli inquirenti al momento dell' intervento.” Questo è assurdo, non è vero nulla, perché gli inquirenti, al momento dell'intervento, il Mainardi non c'era. Era stato portato in ospedale, quindi gli inquirenti non hanno potuto constatare nessuna posizione del Mainardi. E questa è un'altra storia, un'affermazione completamente gratuita. E cosa aveva risposto all'epoca il Gargalini? Aveva risposto: "Io comunque sono assolutamente certo della versione da me fornita." E per forza. E qui, a questo dibattimento, quando gli contesto questa affermazione, cosa dice il Gargalini? Il Gargalini qui, a questo dibattimento. Prima aveva detto: "Sono assolutamente..." nell'82. Aveva detto: "Sono assolutamente certo della versione da me fornita." E qui dice: "Sì, perché l'ho tirato fuori." Più di questo cosa volete, scusate? Che cosa volete più di questo? Questo è il testimone che l'ha tirato fuori dalla macchina. Non è il testimone che è passato di lì, ha visto i vetri più o meno appannati, che si è fermato al buio, ha visto una maglietta bianca, ha avuto l'impressione che i due fossero appaiati come Marini, come ha avuto questa impressione il testimone Marini -sbagliando evidentemente - e mettendoli però uno accanto all'altro, tutti e due sul sedile anteriore. No, questo è un testimone che, aperto lo sportello, sta tirando fuori un corpo. E non solo, ma per fare questa operazione, vi dice questo testimone - e gli altri che vedremo fra poco - compie una operazione. E qual è questa operazione? Quella dello spostare verso il parabrezza, così, lo schienale di guida, e anche l'altro, dei sedili anteriori della macchina. E su questo son tutti d'accordo. Ora ditemi che un'operazione di questo genere si fa per estrarre, dal punto dove si trova, un corpo che si trova seduto davanti. Provate a scrivere nella sentenza una cosa di questo genere. Se questa operazione è stata fatta, e lo dicon tutti che è stata fatta, questo è segno che stava dietro, no? Perché altrimenti questo schienale è un ostacolo e quindi si deva fare questa operazione per trascinare questo povero corpo fuori. E qui si scatena una bagarre, vero, anche a rileggere questo verbale. "Eh, certo, l'ha tirato fuori." Dico io. Qui, a questo punto si innesta quella circostanza per cui dalle foto si vede che questo schienale è per un po ' - quello della guida - un tantino spostato così, con un'angolazione - forse così è troppo - con un'angolazione di qualche grado. La domanda a Gargalini, abbrevio, è la seguente. Dice: "Ma lei si è accorto..." perché questa è la posizione che si vede lo schienale. Vale a dire, la parte mobile dello schienale del sedile di guida è spostata un po' così. E si dice: 'ma lei... Guardi, noi si è visto le fotografie, c'è questo schienale in questo modo'. "Sì" - dice Gargalini - "l'ho spostato io così." Dice: "Per fare che?" "Per accertarmi delle condizioni di uno dei due, della ragazza." Perché lui è entrato di qua, all'inizio è entrato da questa parte e ha dovuto tentare di accertarsi - toccando la carotide, il viso, la faccia della ragazza - se questa ragazza era viva o morta. E allora, siccome questo schienale... dice l'ha un po' spostato indietro. Poi, dopo, fatta questa operazione, accertato che la ragazza era morta, per estrarre il corpo del Mainardi l'ha messo così. Dopo, successivamente, quando intervengono gli inquirenti, chissà... questo ritorna in posizione normale e risulta un po' piegato così. Ecco. E tutta questa tempesta in un bicchier d'acqua che riguarda lo schienale un po' spostato, lo risolve il Gargalini raccontando tutto questo in questo modo.