Segue dalla prima parte
Avvocato Filastò: Ma vediamo l'altra questione, più specificamente sotto il profilo dell'articolo 178, lettera C Articolo 401 del Codice di procedura penale è un capo saldo del nostro nuovo ordinamento processuale, per cui le prove sono assunte, nell'ambito dell'incidente probatorio, con le forme stabilite per il dibattimento. Ecco perché Giudici, Presidente, facevo riferimento ad una situazione parallela all'udienza, perché lo dice il Codice e da questo punto di vista occorre esaminare l'articolo 499 del Codice di procedura, che dispone che l'esame testimoniale si svolge mediante domande su fatti specifici. Qui non siamo di fronte a un esame testimoniale, però siamo di fronte ad un esame di una persona, sia pure indagata, che risponde sul conto di terze persone. Siamo di fronte a qualche cosa di analogo a quel che si dice, con un neologismo insopportabile, un duecentodiecista, che fa venire in mente un corridore podista ma che invece è quella figura di imputato di reato connesso che parla nei confronti di altri. E si dice che nel corso dell'esame, che riguarda questo esame, sono vietate le domande che possono nuocere alla sincerità delle risposte. È così che dispone il Codice: nell'esame condotto dalla parte che ha chiesto la citazione del testimone sono vietate le domande che tendono a suggerire le risposte. E dice che il Presidente, il quale è, nella sede dell'incidente probatorio, sostituito dal Gip, cura che l'esame del testimone sia condotto senza ledere il rispetto della persona, tanto che - dice il numero 6 di questo stesso testo di legge - durante l'esame il Presidente, anche d'ufficio, interviene per assicurare, che cosa? Tutto quello che si è detto prima. La pertinenza delle domande, la genuinità delle risposte, la lealtà dell'esame e la correttezza delle contestazioni. E allora se è così, alla luce di questi principi, vediamo il modo come è stato condotto l'esame di Giancarlo Lotti. Prima di tutto dal punto di vista dell'intervento del Giudice. Ed è proprio da questo punto di vista che, secondo questo difensore, questo atto verifica un atto abnorme, fuori dalle fondamentali regole del Codice, viziato dalla parzialità e dall'eccesso di potere. C'ho pensato a lungo prima di fare questa eccezione, perché da un certo punto di vista, per la difesa di Vanni, sarebbe stato preferibile che questo incidente probatorio restasse nel fascicolo del dibattimento. Perché, visto che tutto sommato Lotti conferma le sue accuse? Perché più di ogni altro atto dalle indagini preliminari, questo atto attesta la non serenità dell'accusa, il suo procedere scomposto ad ogni costo, uno zoppicante teorema che deve essere dimostrato. La parzialità di un'ipotesi strumentale che precede le indagini, non le segue. Perché fatti, da cui sia possibile ricavare l'esistenza del gruppo dei cosiddetti amici di merende, che compirebbero i delitti del serial killer di Firenze e dai quali costruire un'ipotesi razionale, non esistono. Né sono venuti alla luce nel corso di queste indagini. Si tratta di un'ipotesi, quella dei complici, nata, anche cronologicamente nata, come vedremo, per sostenere l'accusa contro Pacciani. Quello che qualcuno, con una espressione felice tratta dal Don Giovanni di Mozart, ha definito "il convitato di pietra" questo processo, il commendatore, la statua del commendatore. Bene, poi ho pensato che se avessi evitato di indicarvi questi aspetti di questo atto e di segnalarvene la sanzione sotto il profilo della nullità, avrei messo un'ipoteca negativa anche su questo dibattimento. Cioè, l'ipoteca di una possibile mancanza di dialettica reale e non solo formalistica. Non avrei fatto il mio dovere di difensore. Se poi non vi avessi indicato un altro aspetto di invalidità, sotto il profilo della nullità ex articolo 179, a questo punto avrei lasciato nel processo una mina capace di esplodere in qualsiasi momento perché suscettibile di minare il processo in ogni stato e grado, come recita testualmente l'articolo 179. E io voglio un'assoluzione per quest'uomo e che sia valida. Bene, vediamo l'esame del Pubblico Ministero, che si trova nel fascicolo 1 di questo fascicolo dell'incidente probatorio.
Un primo dato quantitativo, signori: sapete quanti sono gli interventi del Gip? In un atto in cui lui assume la funzione del Presidente al dibattimento e in cui ha questa facoltà di intervenire solo quando avvengono quelle situazioni che abbiamo visto prima. Perché l'esame lo fanno le parti, non il Giudice, cosi dispone il Codice, cosi dispone questo sistema così incerto, così rattoppato, così ridotto ad un vestito da arlecchino, ma tuttavia è legge. Il Gip interviene 343 volte. 343. Rapportato agli interventi del difensore di Vanni, che sono 190, voi capite la proporzione. Insomma, c'è qualcosa che non va. Sì, è vero, interviene 343 volte, è vero. Però è strano che, da pagina 13 a pagina 101, la trascrizione del verbale contiene l'esame del Pubblico Ministero. Sono 88 pagine di trascrizione. Il GIP interviene due volte, salvo per gli interventi, diciamo così, strumentali, come la costituzione delle parti eccetera. Due volte. E una volta per rispondere lui al posto di Lotti. Non per suggerire la risposta, no, no. Proprio lì, a quel punto risponde direttamente lui. Questo, su 343 interventi. È segno che l'esame del Pubblico Ministero è stato correttissimo e che non c'è stato nessun bisogno di intervento censorio e negativo previsto dal codice di ufficio; Quindi, dovere del GIP. All'interno di un certo esame condotto dal rappresentante dell'accusa, come prevede il Codice all'articolo 499? Vediamo.
Si comincia a pagina 14 con una singolare e discutibilissima limitazione dell'oggetto della prova compiuta dal Pubblico Ministero: "Senta, oggi interessa soprattutto, non tanto la sua posizione, quanto le dichiarazioni che lei ha fatto a carico di altre persone". Come sarebbe a dire non interessa la sua posizione?
Il P.M. Eh, sì, sì. Certo, il P.M. Sì, certo, il P.M. Ha detto proprio bene, dottor Canessa, il P.M., perché se fosse rimasto al P.M. questa limitazione sarebbe tutto andato benissimo. Perché il P.M. ha tutto il diritto di fare le domande che vuole, lui. Ma il GIP, di limitare le domande del difensore sotto questo profilo, anticipato dal Pubblico Ministero in questa sede, no. Non ce l'ha questo diritto. E vedremo che invece è proprio quello che accade nei confronti del codifensore di Vanni, valorosissimo avvocato Pepi. Pagina 27: si tratta di stabilire una cosetta da nulla, no? Si tratta di interrogare il Lotti e domandargli per quale ragione lui, ogni tanto, a distanza di anni, da un momento all'altro, prende, va su e si accompagnava a questi due criminalacci per compiere - Pacciani e Vanni - per compiere quell'azione che sappiamo. Scusi, ma a lei chi glielo ha fatto fare? Non è mica come andare in piazza a prendere un bicchiere di vino, eh? Quindi è un tema del processo di importanza centrale. E il Pubblico Ministero sapete come interroga? Cosi: "Senta una cosa, Lotti, venendo un po' sulla questione invece del fatto che lei dice il Vanni è venuto con lei nei luoghi degli omicidi dell'82 e '83, come mai lei è andato in quei posti?" Beh, fosse rimasta qui la domanda, andava bene, signor Pubblico Ministero. Solamente che dopo lei dice: "Lei dice, ha sempre detto: 'sono stato costretto ad andare in quei luoghi dove sono avvenuti gli omicidi'. Chi lo ha costretto? Come ci è andato?"
E il Lotti risponde: "No, mi hanno costretto per fare queste cose qui". Questa è una risposta suggerita, non so cosa sia. Non è nemmeno una risposta suggerita, è una risposta anticipata, fornita, data a chi si sta escutendo. E il GIP, quello che ha quel potere-dovere di controllo? Silenzio, per parodiare una frase di Federico II: "Non ci sono giudici a Berlino". A pagina 31: vedano, qui si inserisce "costretto". A questo punto siamo arrivati a definire che il Lotti è stato costretto. In questo modo, eh. Con una dichiarazione chiaramente dettata, Beh, sa costretto come? Anche questo è un problemino non da poco. Si può costringere le persone in tante maniere. E qui comincia, si innesta un tormentone, si va avanti per un bel pezzo, in cui si cerca di individuare in che cosa consista questa costrizione. Ma il guaio è che il Lotti - e non lo dico io, lo dice una perizia - il quale non ci sta tanto bene sotto il profilo di intelligenza - per ora diciamo
così, poi approfondiremo il tema - non se ne ricorda della risposta che si vuole da lui. E a pagina 28 dice: "Te tu devi venire con noi, sennò ti si fa pagare", per esempio. E non va bene, non ci siamo. Il Pubblico Ministero insiste - pagina 29 -: "Ce lo spieghi meglio". Insiste per altre tre volte, attraverso varie pseudo domande che occupano dalla pagina 29 a pagina 31. Ma Lotti, duro, non la vuole intendere. Sicché si
arriva a pagina 31, in cui Lotti continua, vero, a non capire: "Ormai mi avevano detto di andare, sennò..."
"Sennò?", il Pubblico Ministero. Imputato Lotti: "Sennò mi faceva, dovevo andare per forza". Il Pubblico Ministero: "Mi spieghi meglio". "Sennò raccontava". Oh, ma chi lo dice "Sennò raccontava"? Lotti? No, il Pubblico Ministero, lo dice. "Sennò raccontava". È così che si innesta il discorso dell'omosessualità, della paura del Lotti che si raccontasse in giro. Perché, qui siamo nel momento in cui si dovrebbe formare la prova, no? Perché qui le indagini preliminari non ci sono. Quelle che entrano nelle dichiarazioni di Lotti, negli uffici di Polizia, o davanti al Pubblico Ministero, sono cose che su questo momento... poi, magari dopo, in sede di contestazione possono essere tirate fuori, ma qui no. "Sennò raccontava", dice il Pubblico Ministero. E il Giudice? E il Giudice zitto. Pagina 34: si sta parlando dell'omicidio di Baccaiano, se non sbaglio. Dice: "La macchina si spostò e venne verso la parte opposta di qua, la parte opposta dove c'erano loro fermi". Primo plurale - Lotti, sta parlando - primo plurale. "E poi credevano che non avesse sparato, poi si spostò la macchina... ". No, dunque, no no, ancora prima, ancora prima. Aveva detto prima: "Però la macchina non mi ricordo che macchina era, poi di li cominciarono a sparare". "Cominciarono a sparare". Primo plurale. Ancora, poco dopo: "Poi cominciarono a sparare", secondo plurale. Poi: "loro fermi", loro fermi. Poi: "Credeva - e poi - credevano che non avesse sparato e poi si spostò la macchina e li ripresero per bene". Siamo al quarto plurale. "E allora andettero di là e di lì", quinto plurale. Non torna mica, eh. Perché se c'è una cosa che si sa tutti è che qui il Vanni spara sempre di solito uno solo, vero. E qui interviene il Pubblico Ministero, a pagina 35: "Era uno solo che sparava, lei vide chi sparava?" Vengono sistemate le cose, no? Qui poteva innestarsi un contrasto, rispetto alla realtà, alle precedenti dichiarazioni, a tutto
quel che volete, riguardante Lotti. E così si sistema. "Era uno solo che sparava. Lei vide chi sparava?" Domanda, vero, suggestiva. Ma che suggestiva! Tant'è vero che per Lotti, insomma, vero, è un po'... però... Dice: "No, io ho visto uno solo che sparava". Ecco, bravo però, eh. E allora, e così via. C'è da chiedersi appunto cos'è questa costrizione. Pagina 31, Lotti: "Avevo paura che facessero qualcosa a me". Ma non torna. Non torna. A furia di insistere, alla fine, dice: "Mi avevano visto così, in una via... che ero andato con un uomo". Non lo so, viene fuori questo Fabrizio Butini. E a pagina 39, ecco una pagina che vi prego di
tener presente, perché ha a che vedere con la questione che farò dopo: "No, no, non è stato proprio spesso, spesso. È stato una volta o due". Cosa una volta o due?" Il rapporto sessuale fra il Lotti e Pacciani, c'è stato questo rapporto di sesso, per cui da questo sarebbe nata la costrizione del Lotti, andare dietro a loro, quando andavano a sparare ai fidanzati. Se leggessi queste cose in un romanzo riterrei che sono cose completamente campate per aria, che non riflettono una decente letteratura. "Una cosa... Non è che sia il tipo di andare a fare cose così, io...". Il Pubblico Ministero dice: "Però è la stessa cosa che, se non ho capito male, era successa a lei con quell'altro in casa di Pacciani?". Questo non è solo il suggerimento della risposta, questo è il raccontare tutto, insomma, no? E lui risponde: "Sì". E che deve dire, no? E il Giudice?
Ma vi sottolineo che qui si parla di Pacciani, eh. Qui si parla del "Convitato di pietra", eh. E pesantemente, eh. Poi gli suggerisce a pagina 41 che il Vanni o qualcun altro lo avrebbe visto e gli avrebbe detto di averlo visto in macchina con un uomo. Sì, aveva visto uno dei due, però non mi hanno spiegato chi ha visto o no. Io ho qui l'episodio di questo genere, ce ne sono tantissimi altri, ne ho segnati almeno un'altra decina, ma mi sembra di aver chiarito il quadro e lo trasmetto. E il GIP, abbiamo visto che non interviene mai. Salvo che una volta, come ho detto prima. Salvo che, ad un certo punto - come ho detto prima, questo è il primo intervento del Giudice - il Pubblico Ministero dice: "È una domanda sola" - questo è il Pubblico Ministero che parla - "Presidente. Poi io non ho, allo stato, altre domande da fare. Quella relativa al fatto se lui ha mai saputo da Mario che l'omicidio dell'83 fu fatto per fare uscire qualcuno. E nel caso affermativo, se le
dissero chi". Qui, non lo so, forse ci sarà un errore di trascrizione, ma non credo, perché poi, da quello
che vedo dopo, ho l'impressione che sia giusto. Comunque poi ascolterete, esaminerete. Perché è il Giudice che dice: "Era un certo Francesco Vinci", qui c'è scritto il Giudice. Io non c'ero. Il Giudice interviene per rispondere al posto di Lotti? Vedrete, io continuo a sperare che si tratti di un errore. E non è mica da poco, eh. Eh, qui si inventa tutto un discorso del perché, per quale ragione, come, da chi.
Presidente: Dov'è questo, a pagina 41?
A.F.: Sì, Presidente.
Presidente: Bene.
A.F.: È a pagina 99, Presidente.
Presidente: Quanto?
A.F.: 99 del primo fascicolo.
Presidente: Allora, questo non lo aveva detto prima, eh?
A.F.: No, non lo avevo detto. Ha ragione. Pagina 99 del primo fascicolo. Ed è, diciamo così, il primo intervento, non soltanto...
Presidente: Sì, si. Va bene, va bene.
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