Padre e figlio. Negli anni '80 possedevano a Ponterotto, vicino a San Casciano, una cava di sabbia, ciottoli e granulati. Giancarlo Lotti era stato un loro dipendente, aveva fatto il cavatore di inerti per una decina d'anni ed aveva abitato in una porzione della loro colonica disabitata ubicata vicino alla cava. Durante il processo ai presunti complici del "mostro di Firenze" l'abitazione non fu perquisita; Roberto Scherma fu ascoltato nell'udienza del 17 marzo 1998 dove riferì: "Lotti ha lavorato con me, mi pare fino nell'87, abitava accanto a me, la 124 blu la comprò dall'officina Bellini, l'ho pagata Lire 800.000, sarà stato nell'85, nell'83, non me lo ricordo. Ci siamo andati assieme, questi soldi o gliel'ho dati subito al meccanico, sennò gli ho detto -te li do io, la macchina gliela puoi dare- un me lo ricordo, la macchina l'ha ritirata dopo, davanti a me la macchina non l'ha ritirata. La macchina 128 rossa scodata la teneva davanti a casa sua, c'erano tutte e due le macchine, usava la macchina nuova, la 124 blu, l'altra no, un gli andava più, gliel'ho vista lì davanti per un pò di tempo e poi chiamò il demolitore, è venuto con il granchio a metterla sul camion. Le 800.000 gliele ritiravo un pò alla volta, un 200.000 per volta".
Rif.2 - Sentenza della Corte di Assise del 24 marzo 1998
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