lunedì 1 giugno 2015

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 20 febbraio 1998 - Terza parte

Segue dalla seconda parte.

P.M.: Vi ricordate quando all'inizio vi ho detto: la prima cosa da fare, la prima operazione da fare, perché quando si presenta davanti ad una Corte di Assise, un imputato, e confessa determinati fatti, quando poi in più c'è la chiamata di correo, la prima cosa da fare è quella di valutarne la credibilità: di vedere se, in primo luogo, è persona capace di intendere e di volere. Sappiamo già cosa hanno detto i consulenti tecnici; lo avete sentito voi. Ma avete visto in che modo si è comportato. Altro che capace ! È persona che vi dice tutto: 'tutto quello che so', con tutti quei particolari che sono stati poi riscontrati. E' persona a cui noi già da ora, indipendentemente da quello che diremo, inoltre, in questa mattinata, sicuramente lunga, quando dovremo verificare la sussistenza di riscontri obiettivi di altro tipo, dobbiamo credere per forza già da ora. Perché è persona che si è comportata in questo modo, tenendo ben presente quali potevano essere le conseguenze. In proposito alle capacità di Lotti, cosa vi è stato proposto a controprova all'inizio di questo dibattimento? È persona che vi dimostrerò - ci ha detto la difesa - col teste, il marchese tot che vedeva i marziani: marchese Corsini. Ho visto la lista testi, mi ricordo benissimo l'enfasi con cui vi è stato prospettato l'argomento: era persona che vedeva i marziani. Figuratevi se può aver detto la verità! A parte che il teste che doveva dire questo, che fosse un marchese, che fosse il marchese Corsini, o che fosse un quisvis de populo, non è venuto; abbiamo avuto quella che era la naturale conseguenza di una impostazione di questo tipo che Lotti era persona che vedeva i marziani. Ma scusate, nell'economia di un fatto di questo genere, se il signor Lotti un giorno avesse mai detto - e non lo ha detto, perché è provato e ora lo vediamo - avesse visto, avesse detto: 'ho visto i marziani', mah, fatemi capire cosa cambiava. Era una circostanza che, se fosse stata provata, valeva quel che valeva. E non è stata nemmeno provata. Queste erano le controprove che si diceva quando si diceva: Lotti è tino che inventa tutto, ha un suggeritore. Vedeva i marziani. Questa è stata l'impostazione della difesa Vanni. Eh, ma sull'episodio marziani che, ripeto, non serve assolutamente a nulla, nemmeno se li avesse visti veramente e e se lo avesse detto, è venuto fuori il Nesi, molto chiaramente. Gli è stata fatta questa domanda e Nesi Lorenzo, che è teste che voi sapete quanti particolari di questi fatti conosce, mi ha detto: 'ma come no! A San Casciano c'era uno che diceva di aver visto i marziani, ma non era certo Lotti'. Si è rivolto a Vanni, il Nesi, perché sono amici -e su questo, nel modo di rivolgersi in continuazione, è la più grande riprova - gli ha detto: 'ti ricordi, Mario? Era lo Zuccalà di Cetinella'. Cioè, vedete che addirittura vi è stato proposto un tema, quello dei marziani, un tema che non ha nessuna possibilità di influire su nulla e pertinenza con questo processo; e una delle prove che si portavano per dire che Lotti non era credibile, era che aveva visto i marziani. Signori, a parte il fatto che la prova che è stata data in questo processo è che, se c'era uno che vedeva i marziani, e poveretto, aveva tutto il diritto di vederseli, era Zuccalà di Cetinella, che io non so chi sia. Correttamente la Corte, nemmeno la parte che lo aveva proposto, ha fatto niente per verificare. Perché era una circostanza che non serviva a nessuno. Eccoci, allora io vi dico: guardate, che io ora passo con calma all'esame di tutti quei riscontri che fin dall'inizio vi ho detto ci sono sulla confessione di Lotti. Però noi abbiamo già tutto il materiale per crederlo. I riscontri sono in più, sono elementi oggettivi forti e importanti che sono in più. Sarebbe sufficiente questo materiale per crederlo, ma ci sono una serie di riscontri, fino alle ammissioni di Vanni, fortissime, che voi avete sicuramente letto in quei verbali, che ci danno, non dico la garanzia e la tranquillità di cui avremmo bisogno, ma ci danno quel più di tranquillità che non fa mai male. È stato obiettato, giustamente, perché le obiezioni è giusto che vengano fatte, disparità di trattamento. Alcuni imputati, 18 mesi in carcere: Vanni. Alcuni mesi in carcere Faggi, Lotti nulla. Ma signori, ma chi fa questo discorso è persona che contraddice se stessa, perché è persona che sa benissimo che l'argomento principe, quando si dice, non misura cautelare, non carcerazione preventiva, è: no, carcerazione preventiva nei confronti di quegli imputati che ammettono i fatti, per i quali non c'è pericolo di fuga, per i quali non c'è pericolo di inquinamento. Questo è il 274. E Lotti si è trovato in questa situazione: da teste, una mattina, si è messo nelle condizioni di trovarsi persona che ha raccontato i fatti, non c'era assolutamente alcun pericolo di fuga perché sapevamo dov'era e poi su questo ci arriviamo, e ha descritto le cose come stavano. Ha indubbiamente tenuto un comportamento che, con le minacce e con l'inquinamento, non aveva niente a che fare. Quindi, non si può oggi usare l'argomento: eh, ma Lotti è stato trattato in modo diverso. Il Codice imponeva a chi si è occupato di questo caso, di trattare Lotti così. Se fosse stato trattato in modo diverso, giustamente il suo difensore avrebbe fatto tutti i ricorsi che doveva e sarebbero stati accolti. Perché, in quel caso, non era possibile ricorrere alla carcerazione preventiva. Il nostro Codice non lo co consente. Che sia giusto o no, io non mi permetto di valutarlo, per me è più che giusto. E questo è il caso. Quindi, è inutile che si usi l'argomento: Lotti è stato trattato bene fin dall'inizio, per questo ha collaborato. Per carità! È tutto dopo nel tempo. Altro argomento. Lo spendo ora, perché mi sembra doveroso. Eh, Lotti è soggetto che ha una protezione, è stato ringraziato per questo suo comportamento. Non sono le parole che sono state usate, ma questo è il concetto, voi lo avete afferrato sotto questo profilo. E noi sappiamo che, nel nostro ordinamento, vi è una netta distinzione fra 1'Autorità Giudiziaria e 1'Autorità Amministrativa. In questo caso c'è una legge che prevede che l'Autorità Amministrativa decida, sulla base di presupposti che 1'Autorità Amministrativa conosce, c'è una apposita amministrazione ministeriale presso il Ministero dell'interno, che si occupa della protezione. E decide, con provvedimento le cui motivazioni conosce 1'Autorità Amministrativa, se sia il caso o meno, per ragioni extra processuali. Attenzione, che non hanno niente a che vedere con il comportamento processuale che interessa, se riconoscere un determinato trattamento che è quello della legge sui pentiti. E' vero. Questo è avvenuto. Ma è una decisione amministrativa, che a noi non può oggi essere né opposta, né posta davanti a una Corte di Assise; sono provvedimenti ovviamente non a vita che vengono rinnovati di anno in anno, quando ricorrono determinati presupposti che il Ministero dell'interno e questa commissione, sulla base di elementi di fatto, crede di accordare. Ha ricevuto delle minacce, si è trovato in una situazione che, in questo processo, non ha nessuna importanza e non è possibile valutare. L'Autorità Amministrativa ha preso quel provvedimento. Glielo ha rinnovato, non glielo rinnoverà. Certamente vi sono fatti che non riguardano né il P.M., né la Corte di Assise. Ma non si può assolutamente interpretare questo fatto come un fatto strettamente legato al suo comportamento processuale. Anche questa è una illazione che si può fare se si hanno elementi. C'è un provvedimento motivato sicuramente, che nemmeno io conosco, nella quale so, perché l'ho capito, che è stato accordato sulla base di circostanze previste dalla legge. Che non hanno niente a che vedere con quel comportamento processuale, ma con fatti che riguardano la persona Lotti e i suoi pericoli. Che noi non sappiamo di quali pericoli ha corso, può correre, o potrà correre. L'Autorità Amministrativa, sulla base di quella legge, ha ritenuto doveroso comportarsi così. Si tratta di provvedimento che non ha niente a che vedere con questo processo. È temporalmente legato, perché evidentemente, sulla base di quelle condotte, è successo qualcosa che si può anche immaginare, ma che ha indotto il competente organo ad adottare un provvedimento. • Quindi, anche questo argomento, come quello della misura cautelare, presa nei confronti di Lotti, è un argomento che può essere speso insieme all'esame obiettivo di queste circostanze di cui ho parlato. Se si conoscono queste circostanze, si possono fare interpretazioni, si può dire quello che si vuole. Però con il limite della conoscenza da parte della Corte di questi fatti. La misura non poteva essere adottata. Non è un premio anticipato, come vi è stato presentato. La Giustizia, se è il caso, su questo punto farà il suo corso. Anzi, lo farà senz'altro. Vorrei, a questo punto, passare proprio a quella fase che vi ho anticipato: valutiamo obiettivamente gli altri elementi, quegli altri elementi obiettivi che abbiamo. Sia come fatti che riguardano la ricostruzione della dinamica di questi omicidi, sia come fatti che servono a dimostrare che Lotti dice la verità. Sono i cosiddetti riscontri richiesti dalla legge. Volevo ancora far presente di come, in questa... Un attimo prima di passare ai riscontri, in questa evoluzione di Lotti c'è anche quello scritto, voi lo avete visto. E' uno scritto in cui, nella buona sostanza, nel ricordare i fatti, per la prima volta il Lotti - almeno a mio parere - dimostra un qualche, se non rimorso, dimostra di avere anche lui un sentimento. Lo fa per scritto. Chi lo sa, anche lì illazioni; gli è stato suggerito... Mamma mia, per carità! Il pensar questo è una operazione corretta pensarlo; bisogna però dimostrare quello che si dice. È più che corretto, per carità! In un dibattimento io non vedo perché uno non abbia, come giustamente è successo, la opportunità di prospettare che le cose siano andate in un certo modo. Però non si può rimanere al momento della illazione, dobbiamo dimostrare ciò che si dice. È un biglietto, secondo me, che parla da solo, oltre che essere stato il Lotti a dire come e perché lo ha scritto. Ma mi sembra chiarissimo che sì tratta di un biglietto nel quale il Lotti, molto verosimilmente - e questo io vado solo sul verosimilmente, perché nella testa di Lotti, al di là di quello che ho detto, nessuno può esserci - riesce solo per scritto a dare quella sensazione di disagio, di prendere le distanze da quello che è successo, dimostrare quel minimo di sensibilità su quelle atroci circostanze, quegli atroci fatti a cui aveva partecipato. Se voi lo leggete con calma e leggete poi quelle quattro righe, quelle quattro parole finali, mi darete ragione, in mancanza di altri elementi. Mi darete ragione, perché è lì, per la prima e unica volta, che Lotti, nel modo in cui sa scrivere, che è identico al modo in cui sa parlare, dice, rivolgendosi a Vanni e Pacciani dopo aver descritto le circostanze che aveva già raccontato negli interrogatori, dice: "Fate cose mostruose. Io non le avrei fatte. Voi non avete rimorsi, siete come bestie." Cioè, è persona che, nello scritto, nello scrivere, aggiunge queste precisazioni in punto di sensibilità personale. Lo avrà scritto perché lo ha sentito veramente, lo avrà scritto per difendersi, non ha importanza. Ai fini della valutazione complessiva di un imputato non ha importanza. Tutti gli imputati che ammettono i fatti hanno il diritto di spiegare o di chiedere perdono. Ognuno si comporta come crede. C'è chi crede perdono alle vittime, c'è chi cerca di sminuire la propria partecipazione; c'è chi, come nel caso di Lotti, ha affidato a quattro parole la dimostrazione, se non del vero e proprio pentimento, della propria partecipazione.
Segue...

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