Segue dalla prima parte.
A.B.: Credo di dovere insistere nella acquisizione, cosi come ha fatto il collega - avvocato Saldarelli, mi pare - di parte civile, di quelle lettere anonime che sono state già a corredo portate, allegate, a corredo del fascicolo istruttorio del 1985 e degli altri anni precedenti. Voglio ricordare tuttavia che Pacciani Pietro entra a far parte della storia di questo processo attraverso una lettera anonima del settembre 1985. È un anonimo che scrive: 'guardate, Pacciani, il nostro compaesano, lui ha ammazzato la fidanzata, ha sbagliato questa volta; lui tratta male la moglie e le figlie. Fate indagini su di lui'. Poi interviene il computer, illustrissimo signor Procuratore della Repubblica, e poi interviene tutta una sequela di lettere anonime. Ma ve n'è una su cui altri colleghi, sia pure contrapposti rispetto a me nella attività difensiva, di una lettera che illumina purtroppo il processo, se si può parlare di luce, in questa vicenda cosi oscura: quella inviata dal "mostro" subito dopo l'omicidio - la stessa notte del 1985 - alla dottoressa Silvia Della Monica. Il "mostro" che odia le donne, il "mostro" che sfida la donna, alla quale invia un lembo della mammella di quella povera ragazza francese uccisa. Sfida prima, sa di volere uccidere, deve uccidere, deve inviare un messaggio, il messaggio con il quale chiude - grazie a Dio noi speriamo per sempre - questo rapporto con la sua follia. E vi spiegherò perché. Lui scrive prima la lettera. Straccia, taglia dai giornali le lettere. Uccide escinde. Taglia un pezzo di carne umana e la imbuca, o la fa imbucare, prima delle ore sette e mezzo, ancor prima che si scopra il delitto, nella parte opposta della città, della provincia, cioè a San Piero a Sieve. Io non so. Sarà oggetto anche questo, credo, io me lo auguro, di attenzione indagativa. Come avrebbe potuto fare un povero contadino che non sa guidare la macchina, che guida a mala pena una 500, anche se poi acquista una FORD che è sempre lì, a fare questo tragitto senza essere riconosciuto, senza che su queste sue proiezioni fuori di casa, nessuno ne parli, neppure le figlie che certamente non gli vogliono bene, neppure la moglie che non vuole bene o non voleva bene al suo marito. Pare che oggi si sia ricreduta su di lui, perché sa che è vittima di una serie di circostanze indagative. Sa che il marito non ha potuto certamente commettere quei misfatti.
Questi sono elementi su cui noi ci intratterremo sul piano strettamente probatorio nel corso del dibattimento ma io voglio ricordare, signor Presidente, signori della Corte, e poi concludo la parte
espositiva, anche le modalità attraverso cui l'accusa mi contesta i delitti. Parlo con Magistrati attenti, preparati, fra i migliori che novera la nostra Curia, e ripropongo a lor signori il paradigma accusatorio. Pacciani è imputato del delitto continuato di omicidio, eccetera, perché con più azioni esecutive di un disegno, medesimo disegno criminoso, esplodendo in tutti gli episodi, colpi di arma da fuoco, adoperando uno strumento da punta e taglio, agendo con premeditazione. La prospettazione accusatoria mi indica Pacciani come autore materiale di tutti i delitti. Me lo indica autore materiale con volontà premeditata dell'evento. E io non so se il materiale di prova che il processo può fornirvi, elaborato come si voglia attraverso anche le suggestive proiezioni indagative sul piano pittorico, io non so come si possa sostenere - mi scusi signor Presidente se mi attardo un attimo ancora - come si possa sostenere che io, Pietro Pacciani, ho commesso l'omicidio del 1968; ho commesso tutti gli altri omicidi, quando nessuno - dico nessuno - mi ha visto; quando nessun elemento dice e sostiene nel processo, che io in qualche modo sia stato contiguo a certe persone, perché per premeditare la morte di qualcuno bisogna volerla, bisogna volerla, bisogna avere la volontà di uccidere quella persona. Perché? Mi direte: ma è un mostro. Allora se è il "mostro" non può premeditare, non può premeditare. Non può premeditare. Il "mostro" non è normale. Pacciani, grazie al cielo è normale, normalissimo. Quindi, anche su questo punto i signori della Corte eccellentissima avranno da esaminare e da discutere, da pensare, da operare una scelta. Quale? Si dice che vi è stato un errore: il processo del 1968 è stato un processo sbagliato. Allora, se si parte da questo errore dove si va a finire?
È come il discorso della presunzione. Si parte da una presunzione per arrivare ad una certezza. La certezza si può avere soltanto se non si ha la presunzione. La presunzione è una base fragilissima. Il piede d'argilla della costruzione logica, "presuntio de presumpto" dicevano i latini. Presunzione di che? Io credo di essermi forse anche troppo diffuso nella constatazione, della reiterazione degli elementi dell'accusa, della proposizione degli elementi dell'accusa. Ed allora, se questo è il tema "probandum", come si dice nel gergo giudiziario, io sono molto preoccupato - ma con onestà di intenti e di voleri e con piena coscienza lo dico - che questo, in questo processo si possano sedimentare dopo, alla fine, delle sensazioni, come tali inutilizzabili sul piano logico, sul piano valutativo, delle sensazioni che poi possono acquistare uno spessore così, di probatorietà che comunque la logica giuridica non può assolutamente assegnare loro. Si dice da parte del Pubblico Ministero: il signor Pacciani, avete visto?, non è il contadino rozzo come vorrebbe far mostrare di essere. È un uomo che sa dipingere. E che cosa dipinge quest'uomo? Dipinge scheletri delle figure inquietanti. Al di là di questo dato che io ignoro - ma credo al mio cliente - Pacciani ha solo dato colore a disegni sottostanti. Ed è per questo motivo, siccome ci credo, che eventualmente la Corte con i poteri di cui all'articolo 507 del Codice di Procedura Penale, potrà sul punto cercare chiarezza. Noi vogliamo la verità. Ma è una verità sterile. Quale verità? Che Pacciani dipinga? E' nato nel Mugello; è nato Giotto, Andrea Del Castagno, Cimabue, tanti. Il Mugello è ricco di geni, poeti: Dino Campana, tanti altri. Dante Alighieri si fermò lassù nel Mugello. Una terra ricca di ingegni. Anche il contadino ha il gene dell'ingegno toscano, dei Tusci, degli Etruschi. E che vuol dire questo? È un elemento a carico mio? Allora facciamolo vedere da un consesso di periti, psichiatri. Che cosa diranno costoro? Potranno confermare, secondo quello che dice il Pubblico Ministero, che lì si sarebbero trasfuse le ossessioni di Pacciani? Non lo so. Ma la ossessione, che cos'è? È la prova di 16 delitti? La ossessione. Chi di noi, qualche volta, non ha delle pur modeste, modestissime ossessioni? Amorose, di ogni tipo, poetiche, culturali. Una cosa è l'ossessione legittima, corrente. Una cosa è l'ossessione dell'assassino. Ma l'ossessione dell'assassino è un dato patologico di quell'uomo. È una patologia sicura, certa, che non può in alcun modo adattarsi alla persona di questo signore, per il quale io avanzo una richiesta ben precisa in questo momento, e la avanzo nel mentre indico quali sono i temi di prova che intendo proporre, insieme al collega Fioravanti, all'attenzione della Corte eccellentissima. Produrrò fra qualche attimo un diario clinico - ce ne sono tanti - del signor Pietro Pacciani nato il 7 gennaio 1925, fra 8 mesi 70 anni, della Casa Circondariale di Firenze. "Come da disposizione del 19/1/93, si precisa che il detenuto Pacciani Pietro è cardiopatico in pregresso infarto, iperteso, diabetico. È stato sottoposto a visita cardiologica, ad esame eco-doppler cardiaco ed esame holter". E poi ancora si dice che questo signore: "visitato in infermeria il 14/4/93, riferisce dolori stenocardici durante la notte e al mattino, dopo essersi affaticato a lavare la cella." - lavare la cella - "Pressione arteriosa 150-110, polso 92 con rari extrasistole, eccetera". E poi ancora: "Pacciani Pietro" - 20/4/93, siamo in carcere, ancora - "chiamato con urgenza dalla custodia, si apre la cella e il detenuto si trova sdraiato in terra in preda a crisi stenocardica con difficoltà di respirazione. Adagiato sul letto appare di colorito normale. Pressione arteriosa 160-100, eccetera". Cosa voglio dire? Loro sanno che esiste una presunzione normativa per cui alle donne incinta e agli uomini che superano i 70 anni non si deve normalmente emettere provvedimento di custodia cautelare a meno che non sussistano esigenze straordinarie. Loro sanno - io mi riferisco in particolare ai signori Giudici togati - loro sanno che il provvedimento cautelare emesso contro Pacciani Pietro è stato emesso esclusivamente per l'articolo 274, lettera C del Codice di Procedura Penale, che così recita - loro lo sanno, lo conoscono, ma lo leggo ai signori Giudici popolari -: "Le misure cautelari sono disposte A, B, C, quando per specifiche modalità e circostanze del fatto e per la personalità dell'imputato vi è il concreto pericolo che questi commetta gravi delitti con uso di armi o altri mezzi di violenza personale o diretti contro l'ordine costituzionale, ovvero diritti di criminalità organizzata, o della stessa specie di quello per cui si procede". E la Corte suprema di Cassazione ha ribadito questo concetto, poiché si parla di concreto pericolo. La valutazione che il Giudice di merito e di legittimità deve fare, è quello della concretezza, cioè un requisito che la Corte Suprema ha così enunciato:
"Il requisito della concretezza a cui si richiama l'articolo 274 lettera C del vigente Codice di Procedura Penale, non si identifica con quello di attualità del pericolo derivante dalla riconosciuta esistenza di occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati ma dovendo, al contrario, il predetto requisito essere riconosciuto alla sola condizione necessaria e sufficiente che esistano elementi concreti".
Elementi concreti di che cosa? Reiterazione di che cosa? Pacciani è innocente, lo proclamo comunque. Io sono certo della sua innocenza. Intimamente certo della sua innocenza. Ma per un attimo, ipotesi che a scuola ci enucleavano come ipotesi di terzo grado quando si studiava il latino, per un attimo soltanto Pacciani potrebbe essere, ed allora entrano in gioco che cosa? L'arma. L'asta guidamolla, se è quella, l'arma
non funziona più. O no? L'arma è distrutta, è dispersa, deteriorata, frantumata. 70 anni, queste patologie. Che pericolo si può avere? Un uomo che già nel 1978 è stato un mese e mezzo all'ospedale per infarto. Qual'è l'elemento della concretezza del pericolo? Io lo domando a voi. Io mi rendo conto, signori, che questo processo crea dei problemi un po' a tutti. È come quando uno deve toccare qualcosa che brucia, si ritrae immediatamente la mano, e ha paura di toccarla, perché ciascuno di noi ha paura qualche volta di essere eroe. Qua non voglio eroismi di sorta. Io chiedo l'applicazione della Legge. Io, fra 8 mesi, posso chiedere all'eccellentissima Corte di Assise di Firenze - ma mi auguro che non ci sia necessità e bisogno di questo - che la Corte revochi quella ordinanza per quel principio sancito dalla stessa norma famosa che indica i personaggi privilegiati: le donne incinta e i nonni di 70 anni. Ma oggi devo domandarvi perché la misura cautelare che è stata emessa a carico di Pacciani, è soltanto quella prevista perlomeno ritenuta valida soltanto ai sensi dell'articolo 274 lettera C, io vi devo chiedere che non esiste assolutamente un elemento di concretezza che possa far paventare il pericolo di reiterazione di quei misfatti. Ma lo vedete quest'uomo che se ne va la sera a giro non so dove, non so se nel Mugello o nel Sancascianese a cercare le coppiette, a prendere la pistola con l'asta, senz'asta guidamolla, ad ammazzare la gente. Questo qui? Costui? Non voglio spendere ulteriori parole perché so che tedierei oltremodo la vostra intelligenza, la vostra serenità di giudizio. Per quanto concerne le prove che io ho indicato nella lista, chiedo che le stesse vengano tutte ammesse. Chiedo anche - prego la gentilissima collaboratrice di giustizia a segnare questi dati - che vengano citati a controprova della lista del Pubblico Ministero i seguenti testi. Signor Presidente, lei sa che sia l'una parte, come l'altra, in questo giudizio, si è ben guardata dal depositare molto prima dei 7 giorni famosi la lista, perché si diceva che chi aveva l'asso nella manica di qua, chi l'aveva di là. Nessuno dei due sapeva che cosa dire e che cosa fare e tutti e due abbiamo depositato la lista l'ultimo giorno utile. Io l'ultimo giorno.
P.M.: No. Io no. Per correttezza, io l'ho depositata prima.
A.B.: Due giorni prima, il sabato.
P.M.: Va be’ è lì.
A.B.: Sabato, c'è la domenica! Comunque un po' di giorni prima. Però al di là del dato del sabato - non del villaggio - io chiedo a controprova, perché il Codice me lo consente, di citare i seguenti testimoni.
Presidente: Vogliamo verbalizzare?
A.B.: Spalletti Enzo, via del Turbone 23, Montelupo Fiorentino, Turbone… è turbato, era turbato sì poveraccio, su dichiarazioni rese il 12 giugno '81 al P.M. dottoressa Della Monica. Fabbri Fosco, residente a Firenze, via Xxxxxxxx xx, sulle dichiarazioni rese il 12/6/81 al P.M. Della Monica. Spalletti Dino. Il primo lo... chiedo la citazione ai sensi dell'articolo 210 Codice di Procedura Penale, perché era stato imputato e poi prosciolto. Spalletti Dino, Montelupo, via Xxxxxxxx XX, sulle dichiarazioni rese al P.M. il 22/6/81, su un appunto che è agli atti di una telefonata ricevuta da tal Fosco Ricciolo…
Presidente: Avvocato Bevacqua, lei poi ci produce magari... sennò non possiamo verbalizzare tutto. A meno che lei non vada piano.
A.B.: Va bene. Io lo dico, Presidente. Magari glielo dico dopo, perché li ho buttati lì. Perché ogni notte studio qualche cosa. Affiora sempre qualche elemento.
Presidente: Va bene, grazie.
A.B.: Agnoletti Carla, via del Turbone 23 - è la moglie di Spalletti - su ciò che riferì al Magistrato, dottor Izzo, in ordine alla telefonata di un certo, di un sedicente Fosco Ricciolo. Telefonata fatta al cognato. Poi, signor Presidente, siccome il signor Pubblico Ministero mi ha anticipato, ha giocato di anticipo citando il professor Biagio Montalto come consulente del P.M., io devo sostituirlo. E devo sostituirlo, lui, con un consulente - se non ci sono opposizioni delle parti - un consulente non medico, ma balistico - professor Marin -perito balistico di Venezia. E devo sostituire anche il consulente tecnico già nominato tempestivamente che era il professor Volterra sugli stessi elementi per i quali avevo indicato, fatto la lista, il professor Francesco Bruno, Istituto di Psicopatologia Forense di Roma. Io credo che non ci siano problemi sul punto.
P.M.: Posso avere la parola dopo…
A.B.: Sì, certo, certo! Per carità! Se posso sostituire questo... la sostituzione credo che non sia incompatibile con, non ci sono, mi auguro, problemi. Poi io chiedo di produrre taluni documenti, e cioè: Le lettere anonime. La prima dell'11/9/85 pervenuta alla Caserma dei Carabinieri di San Casciano. Una lettera anonima per la quale ho fatto un capitolato preciso di prova riguardante il giornalista Catola. Io vi leggo il contenuto di questa lettera che è assolutamente inquietante. Credo sia stata già pubblicata sui giornali: "Sono molto vicino a voi. Non mi prenderete se io non vorrò. Il numero finale è ancora lontano, 16 sono pochi. Non odio nessuno, ma ho bisogno di farlo, se voglio vivere. Sangue e lacrime scorreranno fra poco. Non si può andare avanti così, avete sbagliato tutto. Peggio per voi. Non commetterò più errori. La Polizia sì. In me la notte non finisce mai. Ho pianto per loro, vi aspetto". Io credo che questo è il vero autentico messaggio del "mostro", il quale in cuor suo voleva chiudere questa maledetta serie di assassini e voleva farsi prendere. Dopodiché, evidentemente, la voglia di sopravvivere all'aperto lo ha obbligato a tracciare, nei confronti di altri, delle accuse. Siccome quest'altra Ietterà fa parte di un corredo probatorio, per lo meno esiste nel processo, è stata sequestrata quest'asta guidamolla, è stato sequestrato questo straccio, questa lettera accompagnava l'una e l'altro e quindi è corpo del reato. Ritengo che possa essere correttamente acquisito agli atti del processo stesso. Credo anche che debba e possa essere acquisito agli atti del processo l'altra lettera che è stata oggetto di vari articoli di cronaca: quella dell'11/9/85. Una comunicazione. Mancherebbe che fosse scritto "di servizio" per individuare la matrice. Comunicazione, ai vari direttori, di questo signore che avrebbe visto quella sera un certo personaggio. Lo ha descritto, lo ha disegnato, lo ha tracciato. Una identità che collima poi con quello che dirà uno dei testimoni di questo momento, prima cioè dell'omicidio: ha visto una persona che ha le caratteristiche identiche. E questo signore che, evidentemente, appartiene probabilmente a… non so a chi, ma certamente ha un modo di esprimersi particolare - "comunicazione" - ha indicato un personaggio di una certa altezza, di una certa struttura fisica. Io credo, siccome è allegato agli atti, siccome è stato sequestrato, siccome è corpo del reato, anche questo, a mio avviso, sia pur modesto, può entrare a far parte del corredo probatorio del fascicolo dibattimentale. Deposito anche la relazione merceologica, richiesta stamattina dalla parte civile, da una delle parti civili, sui reperti istologici, anche quella sui reperti istologici del frammento di pelle. Credo che ci sia già agli atti. Deposito anche le famose… le famose… copia delle famose fatture della ditta Prelle Press, 15/10/84, 22/08/83. Io le ho allegate, signor Presidente, come richieste di atti processuali ex 468 4 bis, però vi produco comunque, a conforto ulteriore della mia modestissima tesi - ma intimamente convinta - dell'assoluta innocenza del Pacciani. Chiedo, poiché è bene che si faccia luce sulla verità - la vera verità - che si ascoltino, signor Presidente, tutte le intercettazioni ambientali, perché ho una relazione di uno dei periti che mi obbliga a farlo. Questo relazione del 18 maggio non so di quale anno, credo del 1993, ad un certo punto, io l'ho evidenziato in giallo, dei due periti - il perito Ermini Franca e la Matteucci - dicono esattamente: “. . . per questi motivi, anche procedendo a diversi riascolti, non è stato possibile evitare i molti 'non si capisce' che si leggeranno nella trascrizione. Si è dovuto, inoltre, procedere a diversi riascolti dei soliti passi per accertarsi delle molteplici divergenze riscontrate nelle conversazioni con quanto scritto nel verbale redatto dalla Polizia Giudiziaria”. Vorremmo risentirle perché, siccome l'Accusa ha comunque sempre annesso grande importanza a queste conversazioni interne della casa di Pacciani, vorremmo ascoltarle, io chiedo che vengano pubblicamente risentite queste conversazioni. Deposito anche, ad ulteriore conforto di una mia idea difensiva, un documento che l'Accusa, con la lealtà di sempre, ci ha proposto: cioè quello che dichiara Pacciani "abilitato all'esercizio venatorio" della Provincia di Firenze. Sul punto, ho richiesto anche una conferma testimoniale. Questo documento, questi due documenti, confortano l'assunto del Pacciani che una di quelle indicazioni scritte nel blocco nel 1980, si riferiva a questo particolare momento della sua vita, quando lui ha richiesto - nel 1980 - di poter ottenere la licenza di caccia. 1980! Quei poveri ragazzi sono stati uccisi nel 1983. Quel blocco non poteva in alcun modo appartenere a quel povero ragazzo. Ringrazio per la cortese attenzione che la Corte mi ha voluto elargire e confido, non ci sarebbe motivo per dubitarne, nella attenzione assoluta che tutti loro daranno a questo processo, agli elementi che ciascuno di noi porterà a conforto delle proprie tesi.
P.M.: No. Io no. Per correttezza, io l'ho depositata prima.
A.B.: Due giorni prima, il sabato.
P.M.: Va be’ è lì.
A.B.: Sabato, c'è la domenica! Comunque un po' di giorni prima. Però al di là del dato del sabato - non del villaggio - io chiedo a controprova, perché il Codice me lo consente, di citare i seguenti testimoni.
Presidente: Vogliamo verbalizzare?
A.B.: Spalletti Enzo, via del Turbone 23, Montelupo Fiorentino, Turbone… è turbato, era turbato sì poveraccio, su dichiarazioni rese il 12 giugno '81 al P.M. dottoressa Della Monica. Fabbri Fosco, residente a Firenze, via Xxxxxxxx xx, sulle dichiarazioni rese il 12/6/81 al P.M. Della Monica. Spalletti Dino. Il primo lo... chiedo la citazione ai sensi dell'articolo 210 Codice di Procedura Penale, perché era stato imputato e poi prosciolto. Spalletti Dino, Montelupo, via Xxxxxxxx XX, sulle dichiarazioni rese al P.M. il 22/6/81, su un appunto che è agli atti di una telefonata ricevuta da tal Fosco Ricciolo…
Presidente: Avvocato Bevacqua, lei poi ci produce magari... sennò non possiamo verbalizzare tutto. A meno che lei non vada piano.
A.B.: Va bene. Io lo dico, Presidente. Magari glielo dico dopo, perché li ho buttati lì. Perché ogni notte studio qualche cosa. Affiora sempre qualche elemento.
Presidente: Va bene, grazie.
A.B.: Agnoletti Carla, via del Turbone 23 - è la moglie di Spalletti - su ciò che riferì al Magistrato, dottor Izzo, in ordine alla telefonata di un certo, di un sedicente Fosco Ricciolo. Telefonata fatta al cognato. Poi, signor Presidente, siccome il signor Pubblico Ministero mi ha anticipato, ha giocato di anticipo citando il professor Biagio Montalto come consulente del P.M., io devo sostituirlo. E devo sostituirlo, lui, con un consulente - se non ci sono opposizioni delle parti - un consulente non medico, ma balistico - professor Marin -perito balistico di Venezia. E devo sostituire anche il consulente tecnico già nominato tempestivamente che era il professor Volterra sugli stessi elementi per i quali avevo indicato, fatto la lista, il professor Francesco Bruno, Istituto di Psicopatologia Forense di Roma. Io credo che non ci siano problemi sul punto.
P.M.: Posso avere la parola dopo…
A.B.: Sì, certo, certo! Per carità! Se posso sostituire questo... la sostituzione credo che non sia incompatibile con, non ci sono, mi auguro, problemi. Poi io chiedo di produrre taluni documenti, e cioè: Le lettere anonime. La prima dell'11/9/85 pervenuta alla Caserma dei Carabinieri di San Casciano. Una lettera anonima per la quale ho fatto un capitolato preciso di prova riguardante il giornalista Catola. Io vi leggo il contenuto di questa lettera che è assolutamente inquietante. Credo sia stata già pubblicata sui giornali: "Sono molto vicino a voi. Non mi prenderete se io non vorrò. Il numero finale è ancora lontano, 16 sono pochi. Non odio nessuno, ma ho bisogno di farlo, se voglio vivere. Sangue e lacrime scorreranno fra poco. Non si può andare avanti così, avete sbagliato tutto. Peggio per voi. Non commetterò più errori. La Polizia sì. In me la notte non finisce mai. Ho pianto per loro, vi aspetto". Io credo che questo è il vero autentico messaggio del "mostro", il quale in cuor suo voleva chiudere questa maledetta serie di assassini e voleva farsi prendere. Dopodiché, evidentemente, la voglia di sopravvivere all'aperto lo ha obbligato a tracciare, nei confronti di altri, delle accuse. Siccome quest'altra Ietterà fa parte di un corredo probatorio, per lo meno esiste nel processo, è stata sequestrata quest'asta guidamolla, è stato sequestrato questo straccio, questa lettera accompagnava l'una e l'altro e quindi è corpo del reato. Ritengo che possa essere correttamente acquisito agli atti del processo stesso. Credo anche che debba e possa essere acquisito agli atti del processo l'altra lettera che è stata oggetto di vari articoli di cronaca: quella dell'11/9/85. Una comunicazione. Mancherebbe che fosse scritto "di servizio" per individuare la matrice. Comunicazione, ai vari direttori, di questo signore che avrebbe visto quella sera un certo personaggio. Lo ha descritto, lo ha disegnato, lo ha tracciato. Una identità che collima poi con quello che dirà uno dei testimoni di questo momento, prima cioè dell'omicidio: ha visto una persona che ha le caratteristiche identiche. E questo signore che, evidentemente, appartiene probabilmente a… non so a chi, ma certamente ha un modo di esprimersi particolare - "comunicazione" - ha indicato un personaggio di una certa altezza, di una certa struttura fisica. Io credo, siccome è allegato agli atti, siccome è stato sequestrato, siccome è corpo del reato, anche questo, a mio avviso, sia pur modesto, può entrare a far parte del corredo probatorio del fascicolo dibattimentale. Deposito anche la relazione merceologica, richiesta stamattina dalla parte civile, da una delle parti civili, sui reperti istologici, anche quella sui reperti istologici del frammento di pelle. Credo che ci sia già agli atti. Deposito anche le famose… le famose… copia delle famose fatture della ditta Prelle Press, 15/10/84, 22/08/83. Io le ho allegate, signor Presidente, come richieste di atti processuali ex 468 4 bis, però vi produco comunque, a conforto ulteriore della mia modestissima tesi - ma intimamente convinta - dell'assoluta innocenza del Pacciani. Chiedo, poiché è bene che si faccia luce sulla verità - la vera verità - che si ascoltino, signor Presidente, tutte le intercettazioni ambientali, perché ho una relazione di uno dei periti che mi obbliga a farlo. Questo relazione del 18 maggio non so di quale anno, credo del 1993, ad un certo punto, io l'ho evidenziato in giallo, dei due periti - il perito Ermini Franca e la Matteucci - dicono esattamente: “. . . per questi motivi, anche procedendo a diversi riascolti, non è stato possibile evitare i molti 'non si capisce' che si leggeranno nella trascrizione. Si è dovuto, inoltre, procedere a diversi riascolti dei soliti passi per accertarsi delle molteplici divergenze riscontrate nelle conversazioni con quanto scritto nel verbale redatto dalla Polizia Giudiziaria”. Vorremmo risentirle perché, siccome l'Accusa ha comunque sempre annesso grande importanza a queste conversazioni interne della casa di Pacciani, vorremmo ascoltarle, io chiedo che vengano pubblicamente risentite queste conversazioni. Deposito anche, ad ulteriore conforto di una mia idea difensiva, un documento che l'Accusa, con la lealtà di sempre, ci ha proposto: cioè quello che dichiara Pacciani "abilitato all'esercizio venatorio" della Provincia di Firenze. Sul punto, ho richiesto anche una conferma testimoniale. Questo documento, questi due documenti, confortano l'assunto del Pacciani che una di quelle indicazioni scritte nel blocco nel 1980, si riferiva a questo particolare momento della sua vita, quando lui ha richiesto - nel 1980 - di poter ottenere la licenza di caccia. 1980! Quei poveri ragazzi sono stati uccisi nel 1983. Quel blocco non poteva in alcun modo appartenere a quel povero ragazzo. Ringrazio per la cortese attenzione che la Corte mi ha voluto elargire e confido, non ci sarebbe motivo per dubitarne, nella attenzione assoluta che tutti loro daranno a questo processo, agli elementi che ciascuno di noi porterà a conforto delle proprie tesi.
Presidente: Volevo dire, Avvocato...
A.B.: Ecco, signor Presidente, chiedo scusa, mi dice il collega giustamente che devono essere espunte dal processo quelle registrazioni che per legge non possono in alcun modo...
P.M.: C'è già un provvedimento del Gip.
A.B.: Eh?
P.M.: C'è già un provvedimento.
A.F.: Ma non sono state espunte, non sono state tolte.
A.B.: Quelle registrazioni che riguardano le conversazioni fra l'Avvocato Fioravanti e il suo
cliente, che, per legge, non possono in alcun modo essere, far parte del fascicolo del dibattimento.
A.F.: Sono 1300 pagine. Un anno di conversazioni.
Presidente: Che si trovano dove, Avvocato, esattamente?
A.B.: Ma lo sa lui, perché io non lo so.
A.F.: Sparse un po' dappertutto, signor Presidente.
P.M.: No, vanno un po' indicate.
Presidente: Ce le deve indicare perché noi non è che possiamo metterci a caccia.
P.M.: C'è già un provvedimento del GIP.
Presidente: Sì, c'è già un provvedimento del GIP, però il provvedimento, lo rileggiamo poi, è generico, nel senso che dice...
P.M.: Allora saranno indicate da chi le vuole togliere.
Presidente: Capito? Quindi sarebbe bene che voi lo indicaste. Naturalmente c'è già un provvedimento, quindi lo eseguiremo.
A.F.: Ci proverò.
P.M.: Circa l'utilizzabilità il provvedimento c'è, se poi il difensore le vuole indicare, forse anche più agibile per chi deve eseguire...
Presidente: Così anche noi provvediamo.
A.F.: Le indicherò tutte io.
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