sabato 11 aprile 2020

Francesco Calamandrei e l'ombra nera di Francesco Narducci



Il 21 maggio 2008 il Gip, dr Silvio De Luca, assolve il dr Francesco Calamandrei, perché “il fatto non sussiste”.
L’ex-farmacista di San Casciano, secondo l’accusa, “avrebbe svolto il ruolo di trait d’union tra il gruppo dei cd “mandanti gaudenti”, termine adoperato testualmente proprio dai P.M., ed il gruppo degli esecutori materiali, formato da Pietro Pacciani, Mario Vanni, Giancarlo Lotti.
Del primo gruppo avrebbero fatto parte alcuni, per così dire, “maggiorenti” che gravitavano nell’ambito di San Casciano e che potevano identificarsi in
-un medico delle malattie veneree;
-un medico oncologo;
-un professore universitario.“

Ma anche un carabiniere della stazione di San Casciano, il cui ruolo era rifornire gli assassini delle munizioni utili a commettere gli omicidi, e il dr Francesco Narducci il quale, “secondo l’assunto accusatorio, avrebbe fatto parte a pieno titolo dei cd “mandanti gaudenti” e sarebbe stato legato in particolare proprio a Calamandrei, con il quale aveva stabilito stretti rapporti.”
Francesco Narducci è il gastroenterologo perugino scomparso l’8 ottobre 1985 nel lago Trasimeno e riemerso il 13 ottobre, accusato dalla Procura di Firenze e di Perugia di aver avuto un ruolo negli omicidi commessi dal cd “Mostro di Firenze”.

Le indagini della Procura di Firenze, volte alla ricerca di un immobile o comunque un domicilio in uso a Firenze o nel territorio di San Casciano da parte del gastroenterologo perugino, hanno dato esito negativo. È altresì da escludere che gli automezzi a disposizione del dr Francesco Narducci siano mai stati “inseriti nell’archivio elettronico della Questura di Firenze come controllati durante i servizi preventivi anti-mostro”.

Sono agli atti i verbali di un nutrito gruppo di persone che non hanno riconosciuto il dr Narducci nelle foto loro mostrate (e neppure lo hanno mai sentito nominare) ma vi sono almeno una decina di persone che riferirono aver visto Francesco Calamandrei frequentare Francesco Narducci proprio a San Casciano.
Vediamo allora chi sono queste persone nel tentativo di verificare il tenore delle loro dichiarazioni.

Tamara M., moglie dal 1978 al 1986 di Giovanni C., architetto e amico di Francesco Calamandrei. Rilascia dichiarazioni l’11 settembre 2003, presso gli uffici del Gides, ed il 17 marzo 2005 presso il Comando Stazione Carabinieri di San Casciano, per poi ribadire quanto già riferito il 30 marzo 2005 presso gli uffici della Procura della Repubblica di Firenze: “Confermo interamente ciò che ho detto in merito al giovane incontrato nella farmacia del Calamandrei vestito in maglietta Lacoste e con gli stivali da equitazione. Questo giovane oltre che in farmacia, l’ho incontrato un altro paio di volte in piazza Pierozzi a San Casciano, era ugualmente vestito da equitazione con stivali e maglietta Lacoste. Era sicuramente tra il 1979 e il 1980. Circa l’inflessione dialettale del giovane incontrato in farmacia confermo che ho potuto apprezzare meglio il dialetto dopo aver conosciuto la signora Cristina B., moglie di Roberto R. di Perugia, che sono amici miei del mare.”
Francesca Spagnoli, moglie di Francesco Narducci nel verbale del 28 settembre 2002 riferisce: “Da quando lo frequentavo io, Francesco, non si è mai vestito da cavallerizzo” ma niente vieta di immaginare che il medico perugino, una volta a San Casciano, avesse abbigliamento ed abitudini diverse di quando si trovava con la moglie.
Riguardo l’album fotografico che le fu mostrato il 17 settembre 2003 negli uffici del Gides, la moglie dell’architetto Giovanni C. riconobbe il dr Narducci nella foto n.15 per poi dichiarare: “Nella foto numero 2 riconosco Francesco Calamandrei, nella foto numero 4 voi mi dite trattarsi sempre di Francesco Calamandrei, io vedo una forte somiglianza con il rappresentante dell’epoca di Cristian Dior, settore profumeria.”
Se ha delle attenuanti per la mancata identificazione del Dr Narducci nelle foto 13 e 14 è a dir poco curioso non abbia individuato il dr Francesco Calamandrei nelle foto n.2 e n.4, considerato che a suo dire “lo conosce da sempre” essendo “cresciuta accanto alla farmacia” (verbale del 17 settembre 2003).

Giovanni C.. Negli uffici del Gides, l’8 ottobre 2003, con un ricordo che definisce “molto lontano”, perciò senza alcuna certezza, dinanzi un album di foto dichiara: “La persona raffigurata nella foto nr. 10 (che ritrae Francesco Narducci) ha un volto a me conosciuto. Lo associo ad una persona vista, se non sbaglio a Viareggio insieme al Calamandrei in occasione della visita di una barca che Francesco voleva acquistare; (...) ...credo fosse il 1983/1984”.
Le foto n.10.11.12 appartengono tutte al dr Francesco Narducci ma il teste lo riconosce solo nella n.10.
Il 13 giugno 2006 presso gli uffici della Procura della Repubblica di Firenze gli furono mostrate 3 foto di Francesco Narducci: “Io nelle foto che mi vengono mostrate non riconosco la persona che avevo visto a Viareggio.”
Il teste riferisce di avere frequentato il Calamandrei assai più spesso della moglie, sino a diventare assidui compagni di tennis, ma incomprensibilmente non vide mai Francesco Narducci presso la farmacia dell’amico.
Pietro Ciulli, cognato di Francesco Calamandrei. Il 23 luglio 2003, presso gli uffici del Gides fece verbalizzare: “L'Ufficio da atto che viene mostrato al sig. Ciulli l’album fotografico contraddistinto con la scritta 06/2003. Visionando la foto nr. 3 dichiara: “Questo l'ho già visto insieme al Calamandrei ma io non ci ho mai parlato. Può darsi l’abbia visto o al matrimonio di mia sorella con Francesco o in farmacia dal Calamandrei. Era una persona molto distinta, sembrava quasi un conte”
Anche in questo caso il dr Narducci viene riconosciuto solo in una foto su tre, non solo, Calamandrei ha contratto matrimonio nel 1969 quando Francesco Narducci era uno studente di vent’anni. Faccio fatica ad immaginarlo a San Casciano al matrimonio di Calamandrei.
La signora Tamara M., lo ricorda con indosso una  Lacoste e stivali da cavallerizzo sporchi di fango, come poteva dare l’impressione d’essere un conte? Sovviene spontaneo chiedersi se l’uno o l’altro o entrambi non si confondano con qualcun’altro.

Roberto V. conoscente di vecchia data del dr Francesco Calamandrei e Mariella Ciulli. L’11 agosto 2004, presso gli uffici del Gides dichiarò: “L'ufficio da atto che viene mostrata una foto che ritrae Narducci Francesco, e il signor Vanni dichiara: Posso affermare con certezza che riconosco sicuramente la persona raffigurata, ma in questo momento non riesco a focalizzare le circostanze in cui l'ho visto o conosciuto. Posso però dirvi che se la faccia non mi è nuova significa che sicuramente è persona vista più volte e non escludo che lo possa aver visto a San Casciano o in qualche altro posto che frequentavo. Preciso che intendo dire che questa persona io l’ho sicuramente ‘Inquadrata” in quanto ha attirato la mia attenzione.”
Purtroppo non sa dire il nome, quando lo ha visto, dove lo ha visto, con chi lo ha visto. Art 192 cpp: “L'esistenza di un fatto non può essere dedotta da indizi a meno che questi non siano gravi precisi e concordanti.”

Francesco G., dal gennaio 1978 all’ottobre 1983 aveva lavorato “in qualità di ragazzo di bottega” presso la farmacia del dr Calamandrei assieme ad altri due dipendenti: Paola B. e Gianfranco C..
Il primo ottobre 2003, negli uffici del Gides gli fu mostrata una foto (album 27/2003) di Francesco Narducci: “mi ricorda qualcuno, forse un medico che ho visto in farmacia, la faccia mi dice qualcosa ma non saprei essere più preciso.”
Se è vero, come riportano talune voci di paese, che Narducci disponesse di un ambulatorio messogli a disposizione dal Calamandrei, Francesco G avrebbe certamente avuto più occasioni per vederlo e fornire un riconoscimento certo.
Paola B., altra dipendente della farmacia, sentita il primo ottobre 2003 ed il 12 maggio 2004, in entrambe le occasioni, dinanzi la foto di Francesco Narducci, non riconobbe la persona effigiata.
Non è stato possibile confrontare le dichiarazioni di Francesco G. con i ricordi dell’altro ex-dipendente, Gianfranco C., poiché deceduto.

Fernando Pucci è l’amico di Giancarlo Lotti che riferì aver partecipato, seppur passivamente, al duplice omicidio avvenuto a Scopeti nel settembre 1985. Fu sentito il 3 giugno 2003 presso gli uffici del Gides:
"Domanda: Ci può dire quando frequentava il bar di San Casciano?
Risposta: lo frequentavo quasi sempre di sabato pomeriggio. (...) Si tratta di tanti anni fa.
Domanda: Sa dirci chi frequentava quel bar?
Risposta: Lo frequentava Giancarlo Lotti, Vanni Mario ed altre persone che ho visto ma che non conoscevo. Erano persone che vedevo parlare con Giancarlo e che lo prendevano in giro con frasi tipo “sei buco”.
Domanda: Se dovesse vedere delle foto potrebbe riconoscere questi frequentatori?
Risposta: Io con queste persone non ci parlavo e non le conoscevo.
L'ufficio mostra l’album fotografico n. 4/2003 contenente nr. 52 foto.
Il Pucci inizia a sfogliarlo e dichiara:
-la persona della foto n.1 l’ho vista al bar. Era alto e magro, un tipo “finocchino”. L’ho visto che parlava con Giancarlo, ma Giancarlo non mi ha mai spiegato nulla;
-la persona della foto 3 è la stessa della precedente, ma io ho un ricordo più preciso di questa persona guardando la foto n.1;
(...) Perchè ha chiamato la persona della foto 1 e 3 “finocchino”?
L’ho chiamato così perché come parlava e per come gesticolava era un finocchio, effemminato e si vedeva anche dalla faccia.”

Su 52 foto solo di 11 dichiara aver riconosciuto la persona effigiata, solo di una fornisce il nome.
Con la foto n.33 si limita ad un succinto “L’ho visto di sicuro”, niente riferisce invece della 34; entrambe ritraggono il dr Francesco Calamandrei.
Non riconosce in foto: Giancarlo Lotti, Mario Vanni, Pietro Pacciani, Giovanni Faggi.
L’attendibilità di Fernando Pucci è messa a dura prova da un verbale dell’8 febbraio 1983, della Commissione Sanitaria per gli accertamenti della invalidità civile, Unità operativa di medicina legale U.S.L. X/h, Chianti fiorentino, da cui è risultato disabile al 100% per grave oligofrenia. Ha ripetuto la prima elementare tre volte ed è stato ospite, per un periodo non quantificabile, presso un Istituto per handicappati mentali.
Non solo, le sue dichiarazioni non vengono confermate da Giancarlo Lotti che mai ha parlato di Francesco Narducci e smentite dai titolari dei due bar di San Casciano: Luciano U. e Mario M.
Luciano U. titolare del Bar centrale: “Conosco il Lotti che è un mio cliente da diversi anni. Egli è un tipo chiuso con pochissimi amici tra cui ricordo un certo Rosado Corsi e Giorgio Casini. (...) Non conosco Fernando Pucci. Non è tra i miei clienti. Non mi dice nulla il particolare secondo cui circa dieci anni fa avrebbe litigato con Giancarlo”.
Mario M. titolare del Bar sport, dopo aver citato gli abituali frequentatori del bar dichiara: “Ovviamente conosco il Vanni ed il LOTTI ma non c'e` con loro particolare rapporto di amicizia. (...) sono clienti di vecchia data. Qualche volta il Vanni e il Lotti si trovano insieme mentre in altre occasioni ognuno ha la sua compagnia: il Vanni viene con un suo amico Bernardoni Sandro che ha una gamba artificiale e con Fusi Dino, soprannominato Coppi. Due amici del LOTTI sono Casini Giorgio e il Corsi Rosado e un tale Galliano che fa il muratore. Voi mi chiedete se conosco un altro amico del Lotti che si chiama Pucci Fernando, che mi dite essere abbastanza magro e abitante a Montefiridolfi nonché possessore di un ciclomotore Ape Piaggio. Io avrei bisogno di vedere una foto di questa persona perché non associo il suo nome ad alcuna fisionomia.”
 
Elisabetta M., sentita il 20 aprile 2005, dai Pubblici Ministeri dr Alessandro Crini della Procura della Repubblica di Firenze e dr Giuliano Mignini della Procura della Repubblica di Perugia, in trasferta presso gli uffici del Comando Compagnia Carabinieri in Palestrina (Roma), riferì aver conosciuto il dr Francesco Narducci presso la farmacia del dr Calamandrei di San Casciano. La testimonianza è articolata e densa di eventi, ne leggero solo alcuni brani significativi:
"Domanda: Prima di essere sentita dalla sezione di PG qualcuno le ha preannunciato la possibilità di essere interrogata dagli inquirenti di Perugia?
Risposta: Premetto che io sono amica da lunga data di Silvia Salomone, figlia del Direttore della Stazione Ferroviaria di Firenze che ho conosciuto al Conservatorio Santa Cecilia di Roma e che ho continuato a frequentare anche negli anni successivi alla fine del Conservatorio. Circa quattro anni fa, fui trasferita alla cattedra di educazione musicale dell'istituto comprensivo “Marco Polo” c/o la scuola media “Franco Ferrara" di Roma. Recentemente, parlando con Silvia, le ho detto dove insegnavo e nel rimarcare questa combinazione e anche il fatto che il Ferrara fosse stato nostro docente di direzione di orchestra, Silvia ha mostrato un vivo interesse per questa figura e mi fu fatto capire che avrebbe gradito sapere qualcosa di più di questo personaggio, poi mi ha invitato a parlare dell'argomento con Gabriella Pasquali Carlizzi, amica della stessa, che io non conoscevo. Ho avuto un colloquio con quest'ultima, presente la mia amica Silvia è mi sono state fatte domande su Franco Ferrara. Mi pare fosse gennaio di quest'anno.
Ad un certo punto la sig.ra Carlizzi mi riferì una frase che avevo sentito in casa, come un commento che mia nonna faceva con mia madre riferito a mio padre e che alludeva ai loro difficili rapporti."

È sufficiente la premessa per provare un certo smarrimento, non solo per la loquacità a dir poco ridondante ma anche perché introduce due nomi che suscitano una certa perplessità. Sorvolando sulla signora già condannata per calunnia con sentenza passata in giudicato, le cui dichiarazioni non hanno mai trovato alcunché di plausibile o minimamente riscontrabile, rimane il musicista Franco Ferrara.
Di questa persona parla anche un’altra teste, Simonetta F., anch’ella amica della calunniatrice; orbene in un verbale del 27 aprile 2006, costei riferisce d’essere la nipote di Maria Porcu, che a suo dire era stata amica e amante di Francesco e Salvatore Vinci. La zia le disse che a compiere il primo duplice omicidio del mostro di Firenze, nel 1968 era stato un guardone, tale Ferrara, detto “l’artista”, che pare fosse stato “cliente” di Barbara Locci ma anche il vero padre di Mario Spezi. Lo Spezi, sempre secondo il racconto della Porcu, avrebbe ereditato la pistola e come in un passaggio di consegne, proseguito la missione del padre. Il giornalista avrebbe goduto quindi della protezione del questore sardo Gianfranco Corrias, ma anche del capo della polizia Antonio Manganelli.
Possiamo fermarci qui, l’allieva pare aver superato di gran lunga la maestra.
Pare evidente che sia Elisabetta M. che Simonetta F. più che riferire di ricordi vissuti rielaborino input ricevuti dalla medesima fonte con risultati a dir poco discutibili.
Ma proseguiamo col verbale.
"Domanda: Ci descriva in che modo suo padre decise di recarsi alla farmacia di San Casciano Val di Pesa.
Risposta: "L'episodio che ho descritto alla P.G. di Perugia è accaduto pochi mesi prima della morte di mio padre. Durante il viaggio verso Milano, decidemmo di fermarci a San Casciano Val di Pesa. Mio padre soffriva di disturbi gastrici che derivavano sia dalla sua immobilità e quindi dalle difficoltà digestive sia dai farmaci che doveva assumere per curare le sue contrazioni muscolari e aveva bisogno di un farmaco gastroprotettore. Nel centro di San Casciano Val di Pesa c'era un'unica farmacia che ho saputo poi essere quella del dr. Calamandrei e vi ci siamo recati per acquistare il farmaco “Essen”, che mio padre assumeva per i suoi disturbi gastrici. Quando siamo entrati, erano presenti in farmacia il titolare, un uomo sui 40/45 anni, abbastanza alto e robusto e un altro signore, più magro e meno alto del farmacista che ho saputo essere un giornalista."
Un giornalista, notare bene. Ricordate Ferrara e lo Spezi, vero?
"L’uomo che vedo poteva essere il farmacista anche se quello era più giovane quando lo vidi. Si dà atto che le foto 37.38 rappresentano Francesco Calamandrei.
Da come il farmacista si è rivolto a mio padre, ho avuto la sensazione che si conoscessero. Nel presentarmi il farmacista, mio padre mi disse che era il dr. Calamandrei. Anche il giornalista presente conosceva di fama mio padre, il quale ha cominciato a rappresentare i suoi problemi di salute. A questo punto, il giornalista, rivolto al Calamandrei, gli ha suggerito di fargli fare una visita dal dr. Narducci di Perugia e il Calamandrei ha convenuto con il giornalista.
Anche mio padre sembrava conoscere di fama il Narducci. Pensavo che dovessimo recarci a Perugia per la visita e invece il farmacista, parlando al telefono con il dr. Narducci, che chiamò in quel momento, si sentì dire che tanto quest'ultimo si sarebbe dovuto recare proprio a San Casciano Val di Pesa entro un paio di giorni e a quel punto il farmacista gli ha detto che poteva visitare mio padre nell’ambulatorio annesso alla farmacia. L'appuntamento fu così fissato. Aggiungo anche che circa due anni prima, mi ero allontanata da casa dopo una lite con i miei genitori, accettando di presentarmi nella zona di Tor Cervara in Roma da un medico, che aveva inserito un annuncio di lavoro sul quotidiano “Il Messaggero”. Questo medico mi ha tenuta segregata con violenza e minaccia nella sua abitazione per circa quattro mesi e, durante questo periodo, mi ha portata anche in Toscana ma non ricordo dove precisamente. All’epoca, quest'uomo aveva circa 48 anni, era claudicante ed ancora oggi sono terrorizzata da quei ricordi. Rammento anche che questi aveva amicizie molto importanti.
Tornando all’episodio di San Casciano, posso dire che, al momento di lasciare la farmacia, sentii il giornalista rivolgersi al farmacista, chiedendogli: ”È dei nostri?”, alludendo a mio padre. La cosa mi colpì tanto che in auto chiesi a mio padre il significato di quell’espressione, ma mio padre non mi rispose, come faceva quando non voleva che ci interessassimo di certe cose. Non so se quella domanda potesse alludere alla massoneria.
Dopo un paio di giorni tornammo alla farmacia del dr. Calamandrei e lì incontrammo un dottore che mi venne presentato come il dr. Francesco Narducci. Posso dire che quell’uomo, che avrà avuto circa 30 anni, mi colpì per il suo bell’aspetto. Aveva capelli ed occhi chiari, era alto circa 1.80 cm ed era longilineo. Era vestito un po’ all’inglese, cioè sportivo elegante.
Lo riconosco perfettamente nelle foto che mi vengono mostrate nr. 0001 - 0002 - 0003 ma in particolare nella foto 0002 L'ufficio da atto che viene mostrato alla sig.ra l’album fotografico nr. 2/2003 del G.I.De.S. e le foto sopra indicate corrispondono alla persona di Francesco Narducci.
Il Narducci era una persona distinta e parlava bene. Quando arrivammo, vidi che parlava con il farmacista e mi sembra proprio che si dessero del tu. Dopo un breve colloquio, salimmo al piano superiore della farmacia con il dr. Narducci, mentre il Calamandrei rimase in negozio. La visita durò circa un’ora e anche il Narducci sconsigliò l’intervento, suggerendo a mio padre una gastroscopia, prima di prendere qualsiasi decisione. Il Narducci non fece pagare la visita a mio padre e rimasero d'accordo di risentirsi. Poco tempo dopo, però, mio padre morì. Aggiungo anche che mio padre frequentava personaggi importanti, come Saragat, Gronchi e Piccioni e conoscevamo bene anche Gianni Ferrio e la cantante Mina.”
Uno sproloquio eterogeneo in cui si citano due Presidenti della Repubblica e famosi artisti nel campo della musica, senza che questi abbiano alcuna attinenza con quel che è oggetto di indagine, che fa sorgere più di un dubbio sulla genuinità delle dichiarazioni.
È invece del tutto falsa e priva di fondamento la circostanza riferita dalla teste che vede un ambiente adatto a visite ambulatoriali al piano superiore della farmacia del dr Calamandrei. Come si evince anche dal disegno realizzato dall’architetto Giovanni C. gli ambulatori erano ubicati al piano terra e vi si accedeva da una porta collocata a sinistra dello sporto della farmacia.
Il primo, il secondo ed il terzo piano sono da sempre occupati da appartamenti privati.
La sentenza del Gup dr Paolo Micheli del 20 aprile 2010 liquida la teste come segue: “...nel caso si fosse reso necessario l’esame della teste in un eventuale giudizio sarebbe stato indispensabile verificare l’idoneità della Elisabetta M. ad offrire una narrazione scevra da possibili contaminazioni di fantasia.”

Marzia P.
Rilascia dichiarazioni il 4 ed il 7 febbraio 2003 presso gli uffici della squadra mobile di Firenze per poi confermare quanto dichiarato il 13 febbraio 2003 presso gli uffici della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze.
“I fatti che ho descritto relativi alla mia frequentazione di uomini e di feste con la (Angiolina/Lina) G. risalgono ad un’estate in cui c’erano i mondiali di calcio (per cui il 1982). Si tratta di un’arco di tempo di un anno e mezzo circa nel quale io ho accettato di prostituirmi. Circa la frequentazione della casa in campagna di cui ho parlato, per partecipare a feste con uomini, ricordo bene che sono andata in quel posto tre volte. Quella casa in campagna era ubicata in località S. Casciano. Io ci sono stata una volta con la signora G. e due volte con la signora Loredana M.. Quando andai con la G. venne con noi anche la signora Anna C.. Le feste si svolgevano sempre in giorni della settimana, mai di sabato o di domenica. Per quel che ricordo c'erano 4 o 5 uomini per volta. Le donne eravamo io e la G.iovagnoli e la Anna o io e la Loredana. In genere gli uomini che la frequentavano erano grosso modo gli stessi. Si trattava di gente quantomeno maleducata sicuramente di scarsa cultura che durante i rapporti e al di fuori dei rapporti schiamazzavano e ridevano. Era gente che sicuramente beveva abbondantemente. Una cosa che mi colpì molto in quel contesto è che in due occasioni c’era un uomo completamente diverso. Molto più giovane degli altri, di bello aspetto, distinto, aveva modi molto fini. Con me si qualificò come medico. (Nel verbale del 04 febbraio 2003 "-Che lavoro faceva questo giovane? -Poteva essere un industriale".)  Anche tutti gli altri lo chiamavano dottore. Una delle due volte venne con una ragazza, l’altra volta venne da solo. Si vedeva che conosceva gli altri. Disse che veniva da Prato e che lavorava a Prato. Più o meno aveva la mia età che all’epoca, nei primi anni ottanta, avevo trentanni. Lui al massimo poteva avere qualche anno di più ma pochi di più. Per quel che ricordo era alto circa 1,80 o poco meno. Aveva un fisico slanciato. I capelli mi sembravano abbastanza chiari. Nelle due occasioni che ho detto indossava camicia e pantaloni. Mi sembrò un tipo atletico, vedendo il fisico pensai che facesse sport. Mi sembra che parlò di sci d’acqua. Parlava di barche e mi sembra proprio che disse di avere una barca ma non disse di che tipo. Mi disse che aveva fatto un viaggio in Thailandia. Gli altri potevano avere età tra i 45/50 anni. Ebbi un rapporto sessuale con lui una delle due volte l’altra volta c’era una ragazza. Si appartarono in una delle camere. Non fu violento, ma nell’amplesso fu brutale ed aggressivo.
Non aveva inflessione dialettale fiorentina. Aveva una collana al collo. Era estate ed aveva la camicia sganciata. Era una collana d’oro, almeno apparentemente. La catena era a maglie larghe, grossetta. La medaglia poteva essere grande come le 100 lire dell’epoca. Lei mi chiede espressamente se ho avuto la sensazione di caratteristiche di omosessualità in quella persona. Io non l’ho percepita."
Una memoria fotografica a dir poco sorprendente che ha registrato dettagli del tutto superflui di una persona vista poche volte in situazione non certo sorprendenti.
Mostratole un album fotografico dichiara “non mi è faccia nuova” dinanzi le foto ritraenti: Pietro Pacciani, Mario Vanni, Giancarlo Lotti, Giovanni Faggi, Salvatore Vinci, Francesco Vinci, Francesco Calamandrei, Giulio Cesare Zucconi, Francesco Narducci, Gian Eugenio Jacchia.” Non sa indicare se li ha visti a San Casciano o se in Via Bellini presso l’abitazione della G. Riconosce l’ex farmacista di San Casciano nella foto n.6 ma non nella n.10. Riconosce Francesco Narducci nella foto n.8 e nella foto 11: “potrebbe essere quello lì che ho visto a San Casciano, potrebbe, però non ne sono sicura”.
Dalla strada asfaltata alla casa ci volevano ancora alcuni minuti di viaggio in macchina. Era un percorso abbastanza breve l’ho già detto in macchina ci voleva qualche minuto forse 5 o un po’ di più.
Il 26 febbraio 2003 viene eseguita una ricognizione e ispezione dei luoghi per accertare l’ubicazione del luogo ove avvenissero i festini indicati dalla teste. Negò riconoscere l’abitato di via di Faltignano, trovò “molto simile alla casa dove aveva effettuato i festini a luci rosse“ una costruzione tra San Casciano e Mercatale vicina alla villa dei Corsini.
Incomprensibilmente non fu chiesto né a Loredana M. né alla Lina G. di fornire un parere a riscontro dell’abitazione indicata dalla signora Marzia P.
Nel verbale del 3 settembre 2003, raccolto presso gli uffici del Gides dichiara: “La persona raffigurata nella foto contraddistinta dal n.10 (Tamara M.) mi sembra di riconoscerla come la donna che in un’occasione aveva accompagnato il medico di Prato”.
E qui sorge qualche dubbio perchè o la moglie dell’architetto Giovanni C. ha visto il Narducci anche senza la Lacoste e gli stivali da cavallerizzo, o la memoria visiva della Marzia P. risulta almeno in parte compromessa.
L’8 febbraio 2003 vengono sentite negli uffici della Squadra mobile di Firenze entrambe le signore citate dalla Marzia P. che negano di aver partecipato ai festini organizzati nei dintorni di San Casciano. La Loredana M. nega addirittura di conoscere Francesco Calamandrei nelle foto che le vengono mostrate.
Lo stesso giorno Marzia P. venne messa a confronto con Loredana M.. Si riportano le parti salienti del relativo verbale:
"L’ufficio domanda se siano state insieme a San Casciano
Miniati: Lo nego. Non sono mai stata. Sono sicura di questo.
Pellecchia: Siamo andate, Loredana a San Casciano o a Poggio a Caiano.
Miniati: Non lo ricordo.
L’ufficio chiede alla Miniati se sia stata in macchina insieme alla Pellecchia
Miniati: Io non lo ricordo. Io a festini non ci sono mai stata."

Del medesimo tenore le dichiarazioni di Lina Giovagnoli:
"Dr Giuttari - Lei ricorda che la signora Pellecchia è stata in macchina con lei e siete andate in giro?
Giovagnoli - Non me lo ricordo… ...ricordo solo che una volta ci siamo viste al Monna Lisa.
dr Giuttari - La signora Pellecchia ricorda di essere stata a San Casciano e a Poggio a Caiano… ricorda che avete preso dei soldi?
Giovagnoli - Si i soldi. Mai andata senza prendere i soldi.
Io non ho memoria di queste cose. Io credo a quello che dice lei ma la mia testa me lo ha mandato via. Si vede che era proprio brutto.Io credo a quello che dice lei perchè è una brava ragazza e non può dire una cazzata. Confermo le dichiarazioni ma le feste non me le ricordo."

Gabriella Ghiribelli, il 28 febbraio 2003, presso gli uffici della Squadra mobile di Firenze fece verbalizzare:
“Nel 1981 vi era un medico che cercava di fare esperimenti di mummificazione in una villa vicino a Faltignano. Questa villa so trovarsi nei pressi del luogo dove furono uccisi nel 1983 i due ragazzi tedeschi (si tratta di Villa La Sfacciata ndr). (..) Di questo posto mi parlò anche Giancarlo Lotti in più occasioni e sempre negli anni 80 quando ci frequentavamo (..). Sempre il Lotti mi raccontò che questa villa aveva un laboratorio posto nel sottosuolo, dove il medico svizzero faceva gli esperimenti di mummificazione. Questo medico svizzero, a seguito di un viaggio in Egitto, era entrato in possesso di un vecchio papiro dove erano spiegati i procedimenti per la mummificazione dei corpi. Detto papiro mancava però di una parte che era quella relativa alla mummificazione delle parti molli e cioè tra le altre il pube ed il seno. Mi disse che era per quello che venivano mutilate le ragazze nei delitti del c.d. mostro di Firenze. Mi spiegò anche che la figlia di questo medico nel 1981 era stata uccisa e la morte non era stata denunciata. Il procedimento di mummificazione gli necessitava proprio per mummificare il cadavere della figlia che custodiva nei sotterranei.
Questo medico svizzero all’epoca aveva circa 40-45 anni e frequentava assiduamente un orafo di San Casciano che aveva un laboratorio vicino all’’Orologio” ed un medico che curava le malattie tropicali con ambulatorio nei pressi dell'orafo. A proposito di quest’orafo, posso dire che più volte lo vidi insieme al medico di Perugia che poi scomparse nel Lago. Riguardo a quest'ultimo lo descrivo come un giovane dal fisico atletico, alto, ben curato.
Il medico svizzero era alto e robusto, con capelli sul castano scuro. Il medico di Perugia lo vidi anche in compagnia del medico che curava le malattie tropicali di cui ho parlato. Era più giovane degli altri e poteva avere una trentina di anni.
Questo medico di malattie tropicali all'epoca era sui 40 anni, alto circa mt 1.70, con capelli scuri.
So che il medico di San Casciano di malattie tropicali, il medico di Perugia e l’orafo frequentavano la villa del medico svizzero, dove facevano anche festini con minorenni."

La teste riconobbe nelle foto di Francesco Narducci “Il medico di Perugia che scomparve nel lago” e le indagini di P.G. consentirono di identificare l’orafo e il medico delle malattie tropicali nel sig Fabio F. e sig.Achille S..
Sull’identità del medico svizzero ci rende edotti la nota Gides del 17 novembre 2003 “E che il Narducci avesse avuto all’epoca un’abitazione o comunque dei punti di riferimento ben precisi su questo territorio è un dato ormai acquisito dalle attuali indagini. Come pure lo sono la conoscenza e la frequentazione del farmacista Francesco Calamandrei, di un medico svizzero che abitava a La Sfacciata, probabilmente il tedesco Reinecke che conviveva con una donna svizzera (…)."
Vale la pena ricordare a questo punto alcune meritevoli considerazioni del giudice dr Paolo Micheli che nella sentenza del 20 aprile 2004 scrive: “A parte ogni rilievo sulla verosimiglianza dei vari elementi di fatto rappresentati dalla donna, in primis la presunta riconducibilità dei duplici delitti a esperimenti di mummificazione, con tanto di cadavere di una ragazza conservato in attesa di ridarle vita, sulla genuinità della ricognizione fotografica del Narducci è lecito nutrire parecchie riserve.
Nel corpo del verbale, infatti, la Ghiribelli non parla genericamente di un medico umbro, ma esordisce subito con l’indicazione che si tratta del medico scomparso nel lago: ergo, vera o meno che fosse la circostanza di averlo veduto in passato, ella già ne aveva associato l’immagine a quella di un soggetto di cui le cronache avevano parlato.
A questo punto, dire che certamente non ne aveva visto la foto perché da sette mesi aveva la televisione rotta è una giustificazione che non sta in piedi: va tenuto presente che il verbale è del febbraio 2003, quando la stampa si era abbondantemente dedicata al Narducci anche a causa delle risultanze della riesumazione del corpo.”


Nella mattina del primo marzo 2003, personale della Squadra mobile unitamente a Gabriella Ghiribelli si recò in Via Volterrana, giunti al numero civico 82 questa esclamò: "Sì, sì, sì, la villa è questa, è qui che ho visto quello stronzo insieme ad una bambina. Lo svizzero era in compagnia di una bambina, anche il dottore di Perugia era all'interno del cancello della villa."
Solo tre mesi dopo, il 5 giugno 2003, rettificò: "Ho collegato lo svizzero con la villa sulla Volterrana, in quanto fu il Lotti che mi disse che il medico svizzero abitava presso quella villa, io però non l'ho mai visto né nei pressi, né all'interno di detta villa."
Sempre il primo maggio 2003, dopo l’individuazione dei luoghi, Gabriella Ghiribelli fu condotta presso gli uffici della Squadra Mobile dove aggiunse alcuni particolari alle precedenti dichiarazioni: “Lo svizzero andò via dal paese quando Pacciani fu indagato per la vicenda del mostro di Firenze". In realtà Rolf Reinecke si trasferì in Germania fin dal 1984 come da accertamenti della P.G. e come dichiarato anche da Attilio Pratesi, ex dipendente di Martino Martelli, proprietario all’epoca della Villa “La Sfacciata: “Andò via dalla Sfacciata credo dopo del 1984 e, comunque, dopo che era morto Martino Martelli” (verbale del 01 agosto 2003) e non nel ’91, quando Pacciani fu indagato per i delitti del mostro di Firenze.
“Circa il dottore svizzero di cui ho parlato, lo vidi a San Casciano al Bar Centrale, insieme all’orafo e al medico delle malattie tropicali. Lo vidi viaggiare con un’auto, di lusso, nera con le codine, che ho spiegato ieri. (...) ’Ricordo bene che in un’occasione lo svizzero si fermò con l’auto davanti al bar e fece salire l’orafo, come pure vidi bene la macchina; presero la direzione della villa. Ricordo che era di pomeriggio; all’epoca abitavo in Borgo Sarchiani”.
Si tratta di una circostanza non accettabile sul piano logico poiché Gabriella Ghiribelli ha vissuto a San Casciano, in Borgo Sarchiani dalla seconda metà del 1984 a tutto il 1986, (come riferisce lei stessa in un verbale dell’8 febbraio 1996: “Abbiamo abitato per un periodo a San Casciano, in Borgo Sarchiani. Il periodo è quello che va dalla metà del 1984 a tutto il 1986” e come conferma, seppur posticipando l’arrivo a San Casciano, il suo convivente Norberto Galli, nel verbale dell’08 febbraio 1996: “il periodo in cui ci trasferimmo a San Casciano via Borgo Sarchiani nr.80, dovrebbe essere i primi mesi dell'85. Dico questo per due ragioni: la prima perché mi ricordo che provenivamo da una sistemazione presso la fattoria di montagnana, subito sopra Cerbaia e che ivi avevamo avuto dei problemi per la famosa gelata dell'85. La seconda ragione che mi fa collegare a quel periodo il trasferimento a San Casciano è legata al fatto che ci sono stato circa un anno, prima di essere arrestato di nuovo per un mesetto, nel maggio dell'86.) quando Rolf Reinecke aveva già fatto ritorno in Germania. Chi era allora lo svizzero visto al bar centrale dalla teste?
Certamente non Rolf Reinecke che peraltro non disponeva di “un’auto, di lusso, nera con le codine” poiché dall'annotazione del Gides del 17/11/2003, apprendiamo che Rolf Reinecke fosse proprietario dal 24 marzo 1982 di una Innocenti Mini 90 targata FI94...
Ed infatti Gabriella Ghiribelli, nel verbale del 5 giugno 2003, redatto presso i locali del Gides, chiarisce: “Riconosco l'uomo la cui foto è contrassegnata con il numero 4 (N.V.) come il medico svizzero di cui mi aveva parlato il Lotti ricordo che il medesimo aveva un accento straniero ed indossava occhiali con lenti scure. Ed è la stessa persona che in un'occasione ho visto andare via a bordo della sua Mercedes scura in compagnia dell'orafo di San Casciano. Sono certa altresì che si tratta della stessa persona che si accompagnava spesso con il medico di Perugia.
Il medico svizzero pertanto non era, come fino ad allora si era presunto, Rolf Reinecke ma un certo Nathanel Vitta che però non ha mai abitato a Villa La Sfacciata, non ha mai svolto la professione di medico, non è originario né ha o mai avuto parenti in Svizzera ma soprattutto, la figlia, tutt’ora viva, non risulta abbia mai subito processi volti a mummificarla.

"Domanda: Da quante persone era composto il gruppo che solitamente era solito radunarsi nel fine settimana al bar centrale di S. Casciano?
Risposta: Se non ricordo male, il gruppo era composto da parecchie persone, circa venti, (…) le persone che erano più in confidenza tra loro erano: il medico di Perugia, l’orafo di S. Casciano, il medico delle malattie tropicali, il farmacista S. Casciano, e dalla persona da me riconosciuta oggi nella foto n° 5, (Carlo S.) e quella da me riconosciuta nei precedenti verbali che veniva chiamato dagli amici Gianchi. Tutti arrivavano al paese di S. Casciano con macchinoni di grossa cilindrata. Faccio presente che quando il bar centrale era chiuso dette persone si radunavano al bar dell’orologio."

Dalle iniziali quattro persone di cui ha parlato nei primi verbali (28 febbraio 2003,01 marzo 2003, 05 marzo 2003), il medico svizzero, l’orafo, il medico di Perugia ed il medico delle malattie tropicali si giunge ad un gruppo di addirittura venti persone.
A questo gruppo fa parte anche Francesco Calamandrei fino ad allora mai nominato.

Nel verbale dell’11 luglio 2003, negli uffici del Gides, Gabriella Ghiribelli dichiara: “Ricordo che in quegli anni (tra l’80 ed i ‘90) il mio amico Giancarlo Lotti mi riferiva della sua conoscenza con un uomo di colore di nazionalità italo americana. Quest’uomo viveva nella villa La Sfacciata.
Io personalmente non l’ho mai visto dentro La Sfacciata però l’ho conosciuto di vista perché frequentava il bar centrale nella piazza di San Casciano.
Giancarlo (Lotti) lo chiamava Uli, altre volte Ulisse.
Ulisse l’ho visto non solo al bar Centrale, ma anche al bar dell’orologio, e altre volte invece l’ho visto in macchina in compagnia “dell’orafo” e anche del “medico delle malattie tropicali”.
Ora che ci penso, ricordo che almeno in un’occasione ho visto il Dottore Svizzero, che io ho già Indicato e riconosciuto in una foto che mi avete mostrato in una precedente verbalizzazioni, e L’Ulisse assieme, erano al bar “Centrale”, dove io compravo le sigarette. Altre persone che ricordo frequentavano Ulisse erano: il dottore giovane di Perugia, il farmacista di San Casciano, il Medico delle malattie tropicali e quello che ho riconosciuto durante le passate verbalizzazioni che vi ho detto che il solo vederlo mi ha fatto stare male.
Il dottore di Perugia l’ho conosciuto tramite Giancarlo che gli parlò bene di me. Ricordo che erano i primi anni ’80, io ero giovane e lui aveva grosso modo la mia età.
In un verbale del 27 dicembre 1995 Gabriella Ghiribelli aveva però dichiarato "Il Lotti Giancarlo ho iniziato a frequentarlo dall'anno 1986 e mai prima della circostanza riferita (l'auto a Scopeti)”.

“Non ho più saputo nulla di Ulisse dopo che indagarono il Pacciani.”
In sede di individuazione fotografica riconobbe “al mille per mille”, nella foto di Mario Robert Parker, la persona che aveva indicato col nome di Ulisse.
La Ghiribelli si è trasferita a Firenze nel 1986 non si comprende pertanto come potesse aver visto sparire Ulisse nel 1991 da San Casciano ma se anche fosse giova ricordare che Mario Robert Parker si trasferì per lavoro a Milano “in epoca immediatamente successiva al duplice omicidio del 1983“ come ricorda il PM, dr Paolo Canessa nella requisitoria del 28 novembre 2007: “Beh, siamo al 1983. (…) Questi signori, negro e tedesco, la notte e l'indomani vengono pizzicati. Il tedesco viene tartassato; viene poi processato e condannato (per possesso non autorizzato di armi ndr). Ma sapete cosa succede dopo queste indagini? Questi signori, dopo pochissimo tempo, entrambi se la danno a gambe, abbandonano, a gambe levate, la Sfacciata.”

Lorenzo Nesi, il 4 aprile 2003, negli uffici della squadra Mobile di Firenze, dinanzi un album fotografico dichiarò: “La persona raffigurata nella foto nr.2 (Narducci ndr) l’ho vista sicuramente a San Casciano. Ne sono proprio certo e credo che abitasse in una villa o comunque una casa colonica grossa, che si trovava sulla strada che da San Casciano va verso Cerbaia, e precisamente vicino alla chiesa di San Martino. Non era sicuramente una persona del posto e mi sembra di ricordare di averla vista insieme al farmacista di San Casciano che si chiama Francesco Calamandrei. Su quest’ultimo punto non sono proprio certo, ma ribadisco con la massima certezza che questa persona raffigurata nella foto 2 l’ho vista a San Casciano. Questo è proprio fuori discussione e non per un giorno, ma l’ho visto più volte.
Questa persona sono sicuro di averla vista con un tipo un po’ strano, di nazionalità straniera, ma non so dirvi di dove. Dico strano perché era proprio un omone che vestiva in maniera un po’ stravagante”.
Nesi riconosce Narducci in tre foto su quattro ma non lo colloca a La Sfacciata come la Ghiribelli ma presso la villa “Il Poggiale” che si trova proprio “sulla strada che da San Casciano va verso Cerbaia”, è altresì insolito non riconosca Francesco Calamandrei nelle foto n.34 e 35 per quanto ne parli come di persona nota.
Ma andiamo avanti con il verbale:
"Domanda: come le risulta che l’omone e il Narducci abitavano sulla strada per Cerbaia, dopo la chiesa di San Martino?
Risposta: ho detto questo perché mi è capitato di vederli a piedi proprio in quella zona, per cui ho ritenuto che vivessero in quel posto. Li ho visti più volte sempre vicino San Martino ed ho dedotto che dovessero abitare proprio lì.
Domanda: dove ha visto a San Casciano l’omone ed il Narducci?
Risposta: ricordo di averli visti in piazza ed anche al bar, quello stesso bar frequentato anche da me e da Vanni.
Ricordate le dichiarazioni dei titolari dei due principali bar di San Casciano circa i nomi degli avventori?
Domanda: ci può descrivere la persona della foto 2 che come l’ufficio le ha dato atto si chiamava Narducci Francesco?
Risposta: Era una persona dal fisico atletico, più giovane dell’omone, all’epoca poteva avere 28/30 anni. Il fisico era ben curato e credo che facesse anche dello sport, tipo tennis. Dico questo perché ho ricordo di averlo visto con una borsa con le racchette da tennis, ma non so dire dove nella zona andasse a giocare, forse in un campo privato. Domanda: ci può dire con chi vide questa persona della foto n. 2 a San Casciano oltre che chiaramente con l’omone?
Risposta: pensandoci bene, la vidi sicuramente con Francesco Calamandrei, con il cognato pittore del Calamandrei e con la sorella del Calamandrei. In pratica si frequentavano anche andando al mare o a cena. Al mare andavano nel grossetano, ma non so dire il posto preciso. Ai ristoranti credo che andassero al ponte rotto, all’’antica posta” e nei luoghi più vari. Li sentii parlare al bar che andavano a cena.”
Il 22 maggio 2003 riconosce nella foto di N.V. “l’omone” di cui aveva precedentemente parlato.
Aldilà della inevitabile perplessità circa lo sguardo a dir poco indiscreto ed invadente del teste, che tutto registra ed annota mnemonicamente, Silvano Matteuzzi, titolare della trattoria alimentari Ponterotto, il 26 agosto 2003, ed il 25 gennaio 2005, dinanzi la foto del dr Francesco Narducci dichiara: “Dopo aver visionato le foto da 1 a 4 posso solo dire che non mi ricordano nessuno che ho conosciuto di persona”. Le stesse 4 foto furono mostrate alla moglie del Matteuzzi, Fantappiè Leda: “Non ho mai visto le persone ivi effigiate.”

Jacqueline M., il 19 aprile 2004, presso il distaccamento fiorentino del Gruppo investigativo delitti seriali, riferì che a seguito della trasmissione della puntata di Blu Notte dedicata al “mostro di Firenze” aveva sentito l’esigenza di raccontare quanto accadutole a fine agosto nel 1985.
“Alla fine di agosto 1985 mi trovavo a Firenze. In un boschetto di cipressi che si trova dietro l’Abbazzia di San Miniato decisi di piazzare la mia tenda. Verso le 6 di mattina, mentre mi trovavo a dormire da sola al di fuori della tenda, in quanto faceva molto caldo, mi sono accorta di due uomini che si erano avvicinati a me e stavano tentando di sfilarmi i pantaloni che avevo messo sotto la testa per fare da cuscino. Gli stessi appena si accorsero che ero sveglia si allontanarono velocemente. La notte successiva al fatto che ho sopra descritto, intorno alle ore 01.00 io mi trovavo ancora una volta a dormire con il sacco a pelo fuori dalla tenda ed a questo punto, svegliandomi all'improvviso, mi accorsi della presenza di qualcuno che mi aveva aperto la lampo del sacco a pelo. Io ricordo di essermi impaurita moltissimo, tanto da iniziare a gridare a squarciagola, vedendo nel contempo un ombra che si allontanava rasente il muro di cinta dell’abbazia. Strisciando a terra arrivai fino alla strada, di lì a poco è transitata una macchina, forse di colore chiaro con due uomini a bordo. Fermata l’auto i due uomini mi dissero di stare attenta perché c’erano dei criminali che uccidevano le coppiette. I due uomini mi accompagnarono ad un bar e si offrirono di ospitarmi a casa di quello più tarchiato, dove a suo dire vi si trovava anche la moglie di questo. Io accettai ed in macchina ci siamo recati alla casa in questione. Viaggiammo circa mezz’ora. La mattina successiva mi sono svegliata e uscendo dalla camera, mi sono ritrovata in una stanza grande, adibita a cucina. L’arredamento era molto rustico, classico di una casa di campagna. Successivamente è arrivato uno dei due uomini che avevo visto la sera prima, quello alto e tarchiato, (…) poi sopraggiunse un’altra persona di 30/35 anni molto distinto e ben vestito. Ricordo di aver incontrato anche una donna italiana. Nella mattinata stessa sono stata riaccompagnata a Firenze.”
Il 24 novembre 2004 la signora Malvetu, fece mettere a verbale “L’altra sera mentre stavo guardando “Chi l’ha visto” ho riconosciuto in una foto mostrata il giovane che mi fu presentato quella mattina dai miei soccorritori. Anche lo scorso aprile, sempre in occasione di un servizio televisivo sulla storia del mostro di Firenze non riferii di aver riconosciuto l’uomo della foto alla televisione perché ero stanca e volevo andare via.”
Mostratole un album riconobbe nella foto di Francesco Calamandrei una delle due persone che nell’agosto 1985 le prestarono soccorso e nella foto di Francesco Narducci la persona distinta e ben vestita che vide l’indomani la brutta disavventura.
Se in queste prime dichiarazioni sono apprezzabili talune circostanze a dir poco suggestive che suscitano qualche perplessità, nelle successive è necessario abbandonarsi alla sospensione dell’incrudilità.
21 aprile 2005 (fax inviato al Gides)
“Scusatemi di non aver capito che quello che mi avete detto era per proteggermi per via delle intercettazioni telefoniche di qualche criminale che possa ascoltare il mio telefono. Io so che mi avete controllata a 360° e questo mi sta bene ma non ho fatto il calcolo che altre orecchie malvagie potessero spiarmi. Di nuovo chiedo scusa. Alessandro (Borghi Vice Sovrintendente ndr) voglio bene a voi tutti della squadra e scusatemi della familiarità ma vi voglio veramente bene a tutti. Ho trovato un’altra ipotesi che conferma quello di cui vi ho già parlato Alessandro Borghi. Mi sono lasciata travolgere adesso da sentimenti, sto a piangere adesso, starò zitta come una carpa fino a che verrò chiamata da voi in ufficio.
Sono convinta al 100/100 di essere stata manipolata dai mostri di Firenze senza saperlo (…) So di non essere affatto matta ma sicura di avere detto la verità. Con rispetto di voi tutti e della giustizia Jacqueline Malvetu.”


9 luglio 2005, presso gli uffici della Procura di Perugia
“Mi presento spontaneamente perché mi sono ricordata. Nel mese di giugno ho cercato la casa. Sono andata a Firenze, Perugia, Assisi e Pistoia. Ho paura e non dormo. Voglio contribuire ad aiutare l’indagine. Satanismo e nazismo. Conflitto tra ebrei e francescani. Rete gigantesca. Pucci e il nome dell’agenda.
Siamo passate davanti alla Stazione, poi siamo passate davanti a una vecchia casa ad angolo dopo un cavalcavia. Ho dei ricordi di questa casa, come se ci fossi stata. Siamo passate poi davanti all’Ospedale di Via della Pallotta, attraversando un’area verde. Lì ho provato una sensazione spaventosa. E’ come se un ricordo affiorasse da un altro mondo. Sembrava che uscisse dai miei sogni. Mi hanno colpito moltissimo i ferri che sporgevano dall’edificio. Si dà atto che la Signora piange.
Ho riconosciuto questo Ospedale. Io associo questi ricordi a Narducci. Non sono mai venuta a Perugia se non quando cercavo le persone conosciute in Toscana. Forse vi sarò venuta anche nel periodo in cui sono stata in quella casa in Toscana. Ho visto anche delle automobili vecchie o un’auto vecchia nel parco dell’Ospedale e mi sono ricordata di una persona che mi parlò di queste macchine e di esservi stata con un’auto. Da lì sono riuscita e l’ho riferito alla mia amica, ma, prima di uscire, ho visto un’auto di colore blu che s’era fermata dietro alla mia amica. Ho guardato lo stemma con il grifo rosso e mi sono ricordata di averlo visto all’epoca e di averlo riferito alla Polizia, all’epoca. Ho provato a chiamare la Polizia a Firenze, ma nessuno ha risposto. Al n. 74 di Via Roma ho capito che c’erano altri Narducci. Ero impressionata.
Ho riconosciuto anche l’ex Carcere. Sono passata in Procura ma era chiusa. Mi sono fatta vedere dalle telecamere della Procura. Sono andata poi nella zona di Via San Bonaventura dove mi sembra che vi sia una clinica ma non mi ha detto nulla. Sono passata sotto la casa di cura “Liotti” e ho visto un ambulatorio col nome Narducci. Dall’ambulatorio del ginecologo Narducci, ho visto una casa mi ricordava qualcosa. Ho preso i numeri di targhe di auto con persone di colore. Ho riconosciuto anche altri posti a Pistoia, ma ora sono stanca e preferirei parlarne un’altra volta.”

Il dr De Luca nella sentenza contro Francesco Calamandrei del 21 maggio 2008 fornisce un’indicazione netta circa la natura delle dichiarazioni della Malvetu:
“…esse rientrano nell’ambito di quelle dichiarazioni farneticanti e fantasiose, spesso presenti nell’ambito del presente procedimento penale”.

Roberto G. – Il primo ottobre 2005, presso gli uffici della Procura di Perugia, dichiarò “Mi sono arruolato nell’arma Carabinieri nel 1975.Tra i vari servizi che ho svolto vi è stato anche quello di protezione e vigilanza della Principessa Beatrice d’Olanda e della sua famiglia che aveva una villa a San Casciano Val di Pesa.
Ricordo che, una volta, anche l’allora regina d’Olanda, Giuliana, venne a San Casciano. Io prestai servizio di protezione e vigilanza per la principessa circa tre volte e l’ultima fu nell’agosto 1977. Durante l’attività in questione, dormivamo nella caserma di S. Casciano che si trovava nella piazza principale dove si trovava e, credo, si trova tuttora anche la farmacia. Io però non conoscevo il farmacista sino a quel giorno, quando lo incontrai e spiegherò in che modo. Notai quella mattina, proprio tra la farmacia e la caserma, un’Alfetta bianca, nuova fiammante, targata Perugia. Mi pare proprio che fosse un’Alfetta. Non so perché, ma quell’autoveicolo mi incuriosì e mi preoccupò, forse per un sesto senso che avevo. Quella macchina attirò la mia attenzione. Ero armato di tutto punto e in divisa e mi avvicinai circospetto a quell’autovettura che aveva sul parabrezza, sul lato destro, quello del passeggero, lo stemma dei medici. A quattro-cinque metri dalla macchina, dietro di me, c’era Mario Vanni, il postino, che riconosco nella foto che lei mi mostra.
C’era qualcosa che non andava in quella piazza e che mi preoccupò. Vanni, che aveva la borsa da postino e che avevo visto, dalla caserma, consegnare la posta ad una donna, si era messo a pochi metri dalla macchina targata PG ed era un po’ di tempo che stava nei pressi della stessa. La cosa era strana, perché, essendo portalettere, avrebbe dovuto spostarsi o, comunque, trattenersi lì per un breve periodo. Sarà rimasto, invece, vicino a quella macchina per un quarto d’ora o venti minuti, da solo e non escludo che vi sia rimasto anche dopo che io mi allontanai dal posto. Era come se dovesse custodire quella macchina. Io chiesi a Vanni in maniera secca: “Ha visto dove è andato chi ha parcheggiato questa macchina?”. Lui mi ha risposto frettolosamente e come in imbarazzo: “È in farmacia.” Mi sono recato allora nella farmacia, dove vi erano un paio di clienti, un uomo e una donna, a quanto ricordo. Al banco mi pare che vi fosse una commessa, ma non lo ricordo con precisione.
Chiesi con voce perentoria di chi fosse la macchina parcheggiata nella piazza e, dal retrobottega della farmacia, che si trovava dietro al bancone e di fronte all’ingresso, si precipitarono fuori, quasi cadendo per terra dalla fretta, il farmacista Calamandrei e il medico Francesco Narducci, che riconobbi perfettamente.”
Mostratogli un album fotografico riconobbe Francesco Narducci, Mario Vanni, Pietro Pacciani e Francesco Calamandrei, ma anche Gabriella Ghiribelli.
Ma proseguiamo con il verbale di quel giorno: “Come ho detto, il Narducci e il Calamandrei sono usciti trafelati dal retrobottega, quando hanno sentito che c’era un militare dell’Arma che, in tono perentorio, chiedeva di chi fosse quella macchina targata PG. Ricordo che il Narducci si piazzò di fronte a me, dietro il bancone, mentre il Calamandrei si mise alla destra del Narducci, con i gomiti appoggiati al bancone e ricordo ancora l’espressione di preoccupazione e quasi di sgomento che aveva il Calamandrei, osservando il Narducci che rispondeva alle mie domande. Io chiesi al Narducci di chi fosse quella macchina targata PG e il Narducci mi rispose che era la sua. Gli chiesi poi chi fosse e da dove venisse e lui mi rispose di chiamarsi Narducci e che veniva da Foligno. Io, preoccupato delle reazioni al mio brusco intervento in farmacia, cercai di moderare il mio tono avendo visto che il conducente della macchina era dietro il bancone e che si trattava di un medico, e feci presente di essere anch’io originario della provincia di Perugia e di venire da Castiglione del Lago. Cercai, così, di rasserenare il clima. Gli chiesi anche perché si trovasse a S. Casciano e mi disse che era rappresentante di una ditta farmaceutica di Prato. Continuando la conversazione, io osservai che da Foligno a Firenze ce ne era di strada. A questa osservazione, il Narducci replicò, sempre affabilmente, dicendo che lui, comunque, aveva una casa all’uscita di Firenze Certosa. Io, allora, non sapendo più che dire, commentai: “Ha visto che bel monastero che c’è in quella zona ?”. Il Narducci, per tutta risposta e sorridendo, mi disse: “Eh! La casa ce l’ho proprio lì vicino!”. Fu a quel punto che notai il Calamandrei osservare il Narducci preoccupato, dal basso, perché era chino sul bancone, verso l’alto, cioè verso la posizione del Narducci che parlava stando diritto, dietro il bancone. Mi è rimasta impressa l’espressione preoccupata e sgomenta del Calamandrei, che seguiva il discorso del Narducci. Ricordo anche che, con la bocca, il Calamandrei accennò ad una specie di smorfia, come quando si rimane sorpresi e contrariati dalla eccessiva loquacità di un amico. A quel punto, il mio collega, che nel frattempo aveva preso la macchina che avremmo dovuto utilizzare per andare alla villa della principessa, ha cominciato a suonare insistentemente dalla piazza, per richiamare la mia attenzione. Io, allora, dopo aver esclamato: “E allora… piacere! Arrivederci”, ho salutato il Narducci e il Calamandrei e sono andato nella macchina dei Carabinieri. Credo che il Vanni fosse ancora lì in attesa. Credo anche che avesse avuto come l’ordine di custodire la macchina targata PG."

In seguito, Giovannoni torna a presentarsi spontaneamente al Pubblico Ministero in altre occasioni. Il 9 maggio 2006 dichiara: “Aggiungo che vedendo la foto del Calamandrei che lei mi ha mostrato quando lei mi ha interrogato, mi sono ricordato che forse ho rivisto questa persona nell’extra bar “Tognalini” di Castiglione del Lago nell’anno 1999 mese di maggio, qualche tempo dopo una vincita al super enalotto.”
Il 7 giugno successivo invece, il teste riferisce che un certo Facchini, sempre a Castiglione del Lago, gli aveva presentato tempo prima un giornalista capitato da quelle parti, giornalista che il Giovannoni ha riconosciuto in Mario Spezi quando questi è apparso sui quotidiani a seguito dell’arresto subito.
Seppur con più di 25 anni di ritardo, Giovannoni fornisce il proprio contributo alla giustizia fornendo alcuni elementi interessanti, molte inesattezze e talune incongruenze. La prima riguarda l’autovettura di Francesco Narducci, questi infatti, da quel che ha riferito la moglie (“Quando lo conobbi Francesco aveva una BMW bianca”, Francesca Spagnoli, 05 marzo 2002) ma anche Giuseppe Trovati (titolare della darsena ove era ricoverata l’imbarcazione di Francesco Narducci) e numerosi altri testi, non ha mai posseduto una Alfa Romeo, tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta disponeva di una BMW. Un’inesattezza non di poco conto riguarda invece l’ubicazione della tenuta della principessa Beatrice d’Olanda che si trova tutt’ora a Tavarnelle e non a San Casciano come dichiarato dal Giovannoni. Parimenti pare davvero insolito il ruolo costruito dal teste al presidio di Mario Vanni, presenza che è smentita dall’annotazione del 24 luglio del 1991 degli addetti della Squadra Mobile della Questura di Firenze secondo la quale Mario Vanni “dal 1975 al 1987 fu assegnato a prestare servizio in qualità di portalettere presso l’ufficio postale di Montefiridolfi, con giurisdizione Mercatale, Petrigliolo, Valicondoli e Montefiridolfi” non si vede pertanto come possa aver consegnato  “la posta ad una donna” a San Casciano non essendo area di sua competenza.
Il dr Narducci, da tutti definito schivo e introverso, risulta loquace ed affabile dalle parole del teste, ma non solo, come se non avesse alcunché da nascondere rivela il luogo della propria residenza in loco ma mente circa la sua provenienza: è noto infatti che il dr Narducci fosse originario di Perugia e non di Foligno.
Quel che segue è un brano della sentenza Micheli che è quanto mai esplicativo ed efficace circa le dichiarazioni del teste Giovannoni: “Se si considera che il GIOVANNONI, per sua stessa ammissione quanto all’episodio che lo aveva portato a riconoscere la fotografia dello Spezi, trae dai giornali alcuni degli spunti che offre, sovviene il dubbio che anche nel suo racconto vi siano possibili elementi di fantasia.
La deposizione è arricchita da indicazioni del tutto eterogenee e poco spiegabili, come il richiamo a una denuncia archiviata a carico di medici ed al fatto che nell’Arma egli si sarebbe creato delle inimicizie a causa della conoscenza con un ufficiale che aveva avuto problemi con la giustizia.”


Questi gli elementi ritenuti “significativi”, che qualcuno ha definito “punti fermi”; a quel che è emerso fino ad oggi, non tutti i cosiddetti mandanti sono stati raggiunti da provvedimenti giudiziari, taluni non sono neppure mai stati citati dalla stampa che da sempre si occupa di questa vicenda, quel che è certo e “significativo” è che il dr Francesco Calamandrei il 21 maggio 2008 è stato assolto “perché il fatto non sussiste”.

4 commenti:

Venti² ha detto...

Alcune osservazioni sull'ampio interessante scritto:
-Marzia P. e attendibile rispetto le due altre donne, per ammissione tardiva della stessa di Angiolina G. (il cui numero di telefono venne trovato nell'agenda del noto farmacista)
-Gli stivali suddetti , il professore di Perugia ne calzava almeno fin dal 1978, li descrisse il precedente proprietario dell'appartamento dr. Paolo A.
-la Malvetu forse è l'unica che vide insieme tre degli indagati -ora tutti defunti- e di uno di loro non erano note fotografie
Esibisce una cartolina col timbro Siena ferrovia 3 settembre 1985, 5gg prima del dramma degli Scopeti(!) nella quale racconta la disavventura notturna (sola) nella tenda, l'avrebbero soccorsa due dei tre...

Claudio costa ha detto...

Il Narducci era di Perugia ma aveva lo studio a Foligno, dove probabilmente frequentava i satanisti le cui telefonate intercettate fecero riaprire il caso Mignini. Dalla stessa scheda telefonica usata a Foligno partirono telefonate anche per il forteto.

Claudio costa ha detto...

Narducci era di Perugia, ma aveva lo studio a Foligno, da dove partiranno le telefonate dei satanisti che faranno riaprire il caso e dalle cui schede chiameranno anche il forteto. Foligno frequentato dall' orefice di San Casciano che andava a trovar la madre in un paese vicino. Su Calamandrei e Narducci non ci sono anche le intercettazioni tel dei figli che riferendosi al Narducci dissrro " il papà è fottuto, quello è stato qui fino all85

Sempertemper ha detto...

Nella foto due dice di riconoscerlo il Calamandrei dice di non riconoscerlo nella quattro.....scrivi bene o correggi