giovedì 10 ottobre 2019

Elisabetta Ciabani - Come un suicidio



“L'8 agosto 1982 muore a Ragusa, dove si trovava in vacanza, Elisabetta Ciabani. Era un'amica intima di Susanna Cambi, la vittima uccisa dal Mostro di Firenze nell'ottobre del 1981 a Travalle di Calenzano insieme al fidanzato Stefano Baldi.”
(…) La morte di Elisabetta, avvenuta dieci mesi dopo quella dell’amica e due mesi dopo il delitto Mainardi-Migliorini, resta un mistero irrisolto. Il caso sarà archiviato come suicidio alcuni anni dopo. Si tratta solo di una coincidenza? Oppure Susanna Cambi, com'è probabile, conosceva il Mostro e si è confidata con l'amica Elisabetta prima di essere uccisa?” 
Analisi di un mostro – Francesco Bruno e Andrea Tornielli
“Elisabetta Ciabani era un’amica di Susanna Cambi, che proprio l’anno prima era stata ammazzata a Calenzano con il suo fidanzato Stefano Baldi. Per mantenersi agli studi la ragazza d ’estate lavorava in un albergo di Perugia, un castello in mezzo al verde della prima periferia, e in un negozio di Città di Castello, sempre in Umbria."
 48 small – Alvaro Fiorucci

Chi si è interessato alla storia del cosiddetto mostro di Firenze si sarà probabilmente imbattuto nella tragica vicenda di Elisabetta Ciabani, ventiduenne fiorentina trovata morta nella lavanderia del residence presso cui stava trascorrendo le vacanze nell’agosto del 1982.
In almeno un paio di libri ma anche su diversi quotidiani dell’epoca si sostiene la tesi secondo cui, la giovane, fosse amica di Susanna Cambi ed uccisa in quanto a conoscenza della vera identità del mostro di firenze.
Altrove si legge anche che Elisabetta avrebbe lavorato come cameriera presso un hotel in provincia di Perugia sede abituale di ritrovi conviviali della massoneria cittadina. Qui avrebbe appreso notizie non divulgabili e sarebbe stata fatta fuori.

Atteniamoci ai fatti e torniamo a quel pomeriggio del 30 luglio 1982, quando Gianna Ciabani, alla guida della propria Fiat Panda rossa, parte da Firenze con la sorella Elisabetta, verso Sampieri, una piccola frazione nel comune di Scicli, in provincia di Ragusa. Dopo aver pernottato a Battipaglia, in provincia di Salerno, giungono a Sampieri il primo agosto 1982. Qui, grazie a un amico di Silvano R., convivente di Gianna, hanno affittato un appartamento (int.6) al primo piano del Residence Baia Saracena.
Il Residence Baia Saracena è ubicato alla periferia nord-ovest di Sampieri, ha due ingressi uno in via Cipro, 22 ed uno in Via S.Elena n.1, ha 42 appartamenti ed è composto da un piano terra rialzato, da un primo piano e da una terrazza. Al primo piano vi si trovano:
-l’alloggio della portinaia signora Elena C. che è coadiuvata nella manutenzione del giardino dal marito sig. Salvatore F.;
-un locale adibito ad emporio gestito dal sig. Carlo P. ed un bar denominato “Bar Baia Saracena” il cui titolare è il sig. Guglielmo D.. Ai due esercizi commerciali si accede da Via S.Elena 3 e 5.

03 agosto
In serata Elisabetta e Gianna vengono raggiunte dalla madre Anna Maria e dal fratello Riccardo, partiti in treno da Firenze il giorno precedente. Il padre, Corrado, è deceduto, a seguito di un tumore, il 3 maggio del 1981. Nello stesso giorno sbarca all’aeroporto di Catania anche il convivente di Gianna, Silvano R., in compagnia dell’anziana madre Iolanda Z..

14 agosto
Riccardo ha terminato i giorni di ferie e dopo una giornata trascorsa prima a Siracusa e poi a Taormina riprende con la madre il treno per Firenze. La signora Anna Maria il 2 settembre 1982 fece mettere a verbale: “Ricordo che quando la Gianna ed Elisabetta ci accompagnarono a Taormina, nel salutarci in stazione, Elisabetta, espresse il desiderio di rientrare a Firenze assieme a noi. Io la dissuasi decendole che non era il caso far viaggiare da sola la Gianna al termine delle ferie alla guida della propria autovettura.”

16 agosto
Si aggiunge al gruppo anche la figlia ventottenne di Silvano R., Lorena, giunta in Sicilia in aereo e prelevata a Catania da Gianna Ciabani.

21 agosto
Verso le 7:00, Gianna con il proprio compagno e la di lui figlia partono per un’escursione di un paio di giorni a Palermo, sono d’accordo con Elisabetta che si sentiranno intorno alle 10:00 e verso le 16.00. In entrambe le telefonate Elisabetta conforta i familiari che “tutto andava bene” (verbale di Silvano R. del 22/08), “Tutto benissimo, state tranquilli” (verbale di Gianna Ciabani del 22/08).
La giornata per Elisabetta si svolge in modo piuttosto monotono in compagnia della madre di Silvano Rotoli: nel pomeriggio sono in giardino dove si intrattengono fin verso le 20:00. “Verso le 19:00 Elisabetta è venuta nel mio esercizio chiedendomi un cono gelato ed una granita” riferisce il sig Guglielmo D. in un verbale del 09 settembre 1982. Ribadisce la circostanza la madre di Silvano R.: “Confermo l’offerta della granita da parte della Elisabetta che ho rifiutato in quanto avevo il mal di pancia. Successivamente io chiesi di essere accompagnata verso il bar ma Elisabetta disse testualmente ‘Si va a dormire!’. Per cui abbiamo raggiunto il nostro appartamento e dopo cena, a base di polpette e patate lesse, siamo andati a dormire. Elisabetta si è pulita le unghie per passatempo.”

22 agosto
 “La mattina del 22 agosto ho svegliato Elisabetta per un bicchiere di acqua. Non ricordo l’ora esatta. Poco dopo mi disse che andava in terrazzo a stendere. Non l’ho più rivista.” Così la signora Iolanda Z. ricorda quella mattina nel verbale del 2 settembre 1982.
Ed in effetti intorno alle 8:30, la signora Elena C., addetta alla portineria, mentre si sta occupando delle pulizie del corridoio, nota Elisabetta che si avvia con un secchio di plastica di colore azzurro verso la lavanderia del residence: “Indossava una casacchina o camicetta e comunque indumenti estivi che gli lasciavano nude le gambe.” (Verbale del 23 agosto 1982 di Elena C.).
Raggiunta la signora Giuseppina Intemerato, abitante l’interno 8, la portinaia ebbe a fermarsi per un caffè quando udì l’anziana signora Iolanda chiedere “un bicchiere di acqua, mentre la ragazza a suo dire era andata in terrazza a lavare i panni.” (Verbale del 23 agosto 1982 di Elena Cottone)

Intorno alle 9:30 fu avvisata dal sig. Brucoli che la di lui moglie, Giuseppina C., aveva scoperto un cadavere nei locali adibiti a lavanderia. Riscontrata la circostanza la signora chiamò immediatamente l’amministratore il sig Giorgio G.: “Corsi subito in terrazza, però non notai nulla di anormale, per cui mi diressi in lavanderia e in loco trovai il marito di una villeggiante che mi fece osservare il cadavere di una donna immersa in un bagno di sangue. A quella vista diedi immediatamente l’ordine a quel signore di chiamare i carabinieri del luogo, cosa che fece, ed io non mi sono mosso dal luogo della tragedia fino all’arrivo dei carabinieri.” (Verbale del 06 dicembre 1982, di Giorgio G.)

Verso le 10:00 il brigadiere Antonio Di Stefano, comandante la stazione dei Carabinieri di Sampieri assieme all’appuntato Giuseppe Rizzo rinvengono a terra, nel locale lavanderia, un corpo femminile senza vita riverso sul fianco destro. Alla regione cardiaca la ragazza presenta un coltello la cui lama è interamente infissa ed una lesione da arma bianca alla regione addominale.
Sotto il cadavere giace un costume da bagno intero fantasia, tra la nuca e la spalla destra viene repertato un contenitore in plastica vuoto con impressa la scritta “Solvel”. Sulla lavatrice vi è una maglietta di colore celeste-fantasia, il tappo del “Solvel” ed una custodia in cartone di coltello marca “Kaimano” su cui è applicata un’etichetta segna prezzo riportante “lire 1600”.
All’altezza del piede sinistro: un paio di ciabatte in plastica di colore bianco e verde.

Di lì a poco giunge sul posto anche il Pretore di Scicli, dr Raffaele Rosino ed il medico legale dr Luigi Speranza che dopo le constatazioni di rito, chiede la rimozione della salma, nel contempo identificata per Elisabetta Ciabani ed il trasferimento presso l’obitorio di Scicli.

Silvano e Lorena R. e Gianna Ciabani si trovano in un’edicola di Cefalù quando chiamano la portineria del residence di Sampieri per tenere fede all’appuntamento fissato con Elisabetta. Gianna si vide rispondere dalla portinaia che però le passò il sig Gaetano Falla che riporta la telefonata in un verbale del 30 agosto: “Mi chiese come stava l’anziana, io le risposi “La mamma sta bene, mi passi per favore suo marito”, Così parlai con il Rotoli il quale mi chiese ancora. “La mamma come sta?”, io di rimando dissi: “La mamma sta bene però hanno trovato morta la sua cognata.” Il Rotoli mi rispondeva: “La bambina! Cosa è successo?”. Io ancora di rimando precisavo “L’hanno trovata morta in lavanderia!”. Il Rotoli mi assicurava che partivano subito.”
Giunti al residence verso le 15:00, Gianna Ciabani, Silvano e Lorena R. vengono raggiunti da Elena C. che li aggiorna sull’accaduto. Lorena R. in un verbale del 3 settembre ricorda “Mi portai in casa e notai la presenza di una signora che assisteva mia nonna. Subito dopo mio padre e la Gianna sono usciti diretti in caserma. Io mi portai in camera e girai tutta la casa alla ricerca di un biglietto o di qualcosa lasciato da Elisabetta. Non trovai nulla nemmeno in bagno.”

Nei verbali delle indagini svolte dai carabinieri di Sampieri e dalla Squadra di PG presso la Procura di Modica, Elisabetta Ciabani viene descritta dai familiari come una ragazza dal “carattere chiuso ed introverso” (Silvano R. 22/08/82), “molto attaccata alla famiglia, posata, di temperamento tranquillo” (Riccardo Ciabani 23/08/82), “riservata e pudica” (Gianna Ciabani 22/08/82). Tutti escludono possa essersi trattato di un suicidio, semmai di “un delitto a sfondo sessuale” (Silvano R. 22/08/82).

23 agosto
Alle ore 8:45, il prof Leonardo Giuliano, primario di medicina legale dell’ospedale generale civile di Siracusa e docente della scuola di specializzazione di medicina legale dell’Università di Catania, presso l’obitorio del cimitero di Scicli eseguì la perizia medico legale sulla causa mortis di Elisabetta Ciabani su incarico del Pretore di Scicli.
Rilevate le due ferite, una alla regione cardiaca, fatale, e l’altra all’altezza dell’intestino, accertata la totale assenza di lesioni da difesa e di segni di colluttazione concluse trattarsi di suicidio.
Relativamente al coltello marca Kaimano inox il cui manico misura cm 12 e la lama cm 16    , la perizia del medico legale riporta: “Sul coltello è stata effettuata la ricerca di impronte digitali con esito negativo”. Non è chiaro se il coltello non presentasse alcuna traccia di impronte digitali o se fossero presenti solo quelle della ragazza

24 agosto

Il sig Carlo P., titolare assieme alla moglie Lucia F. dell’emporio ubicato all’interno della struttura del residence Baia Saracena fu invitato a presentarsi presso la stazione dei carabinieri di Modica. Questi riferì: “Posso dire senza ombra di dubbio che nel tardo pomeriggio di sabato 21 agosto, credo potevano essere le ore 20:00 circa, si presentò nel mio negozio una ragazza che appena entrata si diresse nel retro. Le chiesi di cosa avesse bisogno e costei mi fece presente che cercava un coltello “da carne”. Io ne esibii due tipi e la predetta scelse quello dal costo di Lire 1600. La stessa, nella circostanza, mi chiese se il coltello fosse affilato e da parte mia ho dato assicurazione positivamente precisandole che trattavasi di coltello nuovo.”
Mostratagli una foto di Elisabetta Ciabani dichiarò: “Assicuro che si tratta della ragazza che ebbe ad acquistare il coltello di cui si è parlato.”

Giuseppe Calabrese, addetto alla cronaca giudiziaria della locale emittente “Video mediterraneo”, il 7 settembre 1982 fece mettere a verbale: “Mentre effettuavo riprese televisive sul terrazzo della Baia Saracena nei pressi del lavabo esistente a sinistra e quasi di fronte alla porta di accesso sul terrazzo, ho rinvenuto un appunto del quale ho consegnato subito fotocopia ai Carabinieri”.
L’appunto scritto su una pagina di agenda datata 27.10, anni 1979.1980.1981 riporta “Col.Caruso – Caruso Massimo 22-23 anni 6A-16A-18A – due giovani – Massimo – Adriana Cristiana – due giovani – sorella di Massimo”
Trattasi di riferimento evidente ai figli del Colonnello Caruso che giunti a Sampieri i primi di agosto sono alloggiati presso il residence Baia Saracena negli appartamenti di proprietà n.16A e 18A.

26 agosto
Sul quotidiano fiorentino “La città” viene pubblicata parte di un’intervista rilasciata dall’allora sindaco di Scicli, probabilmente più preoccupato per il danno di immagine che dell’esito delle indagini: “Proprio quest’anno abbiamo fatto diversi sforzi per lanciare la nostra zona sul mercato turistico nazionale e questo fatto certo non ci aiuta. Mi dispiace che qualche giornale abbia subito scelto come buona la tesi del maniaco con il risultato che poi la gente fugge, molti se ne sono andati la stessa notte del delitto. È giusto fare tutte le ipotesi ma non capisco perché si è insistito tanto su quella del maniaco, quella che ci danneggia di più, quando non ci sono elementi per esserne certi. Anzi, se vuole saperlo il mio parere personale, sulla base di quello che anche io ho letto sui giornali, è che il maniaco c’entra poco. Lei saprà dell’assenza di echimosi, di violenze e allora le sembra questa l’azione di un maniaco?" Nel medesimo articolo si apprende che a coadiuvare le indagini sia giunto anche il Giudice Istruttore del tribunale di Firenze Vincenzo Tricomi, in ferie in una località poco distante da Ragusa.

01 settembre
Il Maresciallo capo Giovanni Fontana ed il brigadiere Giuseppe Martignano si recarono a Firenze per raccogliere le dichiarazioni di chi Elisabetta l’aveva conosciuta in vita.
Terza di tre figli Elisabetta, 22 anni, aveva cessato gli studi dopo aver frequentato il secondo anno della facoltà di architettura, era alla ricerca di una occupazione: “guadagnava qualcosa saltuariamente attraverso incarichi vari: censimento, consegna elenchi telefonici, revisione elettorale etc. Ultimamente si stava preparando per un concorso alle poste e tre volte la settimana aveva lezione dalle 19:00 alle 21:00. Diversamente era sempre in casa.” (Verbale del 02 settembre 1982 della madre Anna Maria F.).
Riguardo il padre riferisce Gianna Ciabani: “Abbiamo vissuto una difficile infanzia tanto che io ho dovuto andarmene da casa per il carattere nevrotico di mio padre.” Chiarisce la madre: “Per motivi di lavoro, circa 10 anni fa, mio marito subì un forte esaurimento. All’epoca ci rimise parecchio denaro per cui smise di lavorare e rimase in casa per il resto della sua vita. Viveva in casa. Traevamo i mezzi di sussistenza dal lavoro dei miei figli, Riccardo e Gianna. Mio marito ottenne una pensione sociale gli ultimi tre anni. Mio marito aveva un carattere patriarcale. Voleva bene ai propri figli dei quali era molto geloso. Mia figlia Elisabetta ha avuto un’infanzia sana. Non ha sofferto di alcuna grave malattia ad eccezione di quelle comuni (orecchioni, morbillo, tonsille…). Rimase suggestionata, al pare di tutti i componenti la famiglia, a seguito del male che portò alla tomba il padre.”
Riguardo le frequentazioni di Elisabetta il fratello Riccardo il 3 settembre fece mettere a verbale: “Per quanto io ne sappia non aveva impegni di fidanzamento ad eccezione di qualche amicizia maschile acquisita all’Università, più per motivi di studio che per altro.”
Angela F. e Ornella T. sono le due amiche di Elisabetta sentite dai militari dell’arma il 2 settembre 1982. Ornella T. fece mettere a verbale: “Sono stata amica e compagna di scuola di Elisabetta sin dalle medie e fino al termine del liceo. Questi ultimi due anni, sebbene frequentassimo scuole diverse, occasionalmente ci incontravamo o ci si sentiva per telefono. Elisabetta era di carattere molto chiusa, a dire introversa. Era molto attaccata alla madre e ai suoi fratelli.  Sin dal Liceo, sebbene si fosse iscritta all’università, era particolarmente orientata verso il lavoro. Aveva esplicato lavori saltuari quale baby-sitter ed incarichi vari. Non mi risulta che Elisabetta fosse mai stata fidanzata o che avesse un ragazzo, né che abbia avuto qualche relazione sentimentale. Escludo che facesse uso di sostanze stupefacenti.” Del medesimo tenore le dichiarazioni di Angela F.: “Ho conosciuto Elisabetta Ciabani all’inizio del 1980. Eravamo iscritte al primo anno di architettura presso l’università di Firenze. Con Elisabetta intrattenevamo una normale amicizia, ci telefonavamo e qualche volta uscivamo insieme. Abbiamo sostenuto degli esami assieme. A scuola era molto brava. Approfondiva e si impegnava molto nello studio. Era una ragazza molto timida. Prima di aprirsi o colloquiare con il prossimo ci pensava due e volte e comunque si apriva con pochi. Usciva di casa saltuariamente e la domenica si faceva anche qualche passeggiata. Si rientrava presto in casa. Confermo che Elisabetta, per quanto io ne sappia, non ha mai avuto né aveva fidanzati o amicizie maschili.”

16 marzo 1983
Il Giudice istruttore dr Emanuele Di Quattro su richiesta del P.M., dr Augusto Vecchio, emise decreto di non doversi promuovere azione penale per la configurazione suicidiaria dell’evento mortale, motivando: “le indagini non hanno acquisito alcun elemento per sostenere che Ciabani Elisabetta sia stata uccisa e, pertanto, deve ritenersi che la stessa si sia suicidata. Invero, l'ipotesi del suicidio, anche se apparentemente strana, è l'unica alla quale si possa pervenire, essendo tutte le altre, ed in particolare quella dell'omicidio, privo di sostegno.”
3 maggio 1989
A seguito di successive indagini di P.G., rapportate in data 04 maggio 1987, il Procuratore della Repubblica dr Francesco Bua, ordina una nuova perizia medico legale collegiale.
“La relazione di perizia sugli atti relativi alla morte di Elisabetta Ciabani” viene presentata il 5 luglio 1989 dai professori Mauro Maurri e Franco Marini dell’Istituto di medicina legale dell’Università di Firenze e riporta: “Quanto infine all'ipotesi suicidiaria od omicidiaria il Collegio peritale propende per la prima, per l'assenza di ferite o di altre lesioni traumatiche da difesa, per la presenza di ferite da assaggio alla parete addominale, nonché per la presenza di macchie di sangue sulla superficie superiore della suola delle ciabatte, con completa assenza di esse sulla inferiore, (a dimostrazione che non vi fu calpestio sul pavimento imbrattato).”
10 ottobre 1989
Il procuratore della Repubblica dr Francesco Bua, tenendo conto delle nuove indagini, i cui risultati concordano sostanzialmente con quelli precedentemente acquisiti ed escludono la responsabilità di terzi nella morte di Elisabetta Ciabani, richiese al giudice istruttore di pronunciare decreto di non doversi promuovere l’azione penale.
E con questo atto si conclude ogni accertamento volto a chiarire cosa accadde in quella mattina del 22 agosto 1982.

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