martedì 27 novembre 2018

L'Uomo dietro il mostro 10 di E. Oltremari

Poco prima del Settembre 1985

“Salve a tutti, è passato un po' di tempo dall’ultima volta e me ne scuso per non aver adempiuto - come avevo promesso - in tempo utile all’uscita dei vari brani di questo percorso. Mi scuso anche con chi aveva commentato i precedenti pezzi su “Insufficienza di prove”, non avendo le notifiche in merito ai commenti che rilasciate è capitato che siano trascorsi mesi tra un vostro inter-vento ed una mia risposta. Pertanto, per ovviare a questi fastidiosi ritardi, ricordo che potete scrivermi a dr.oltremai@gmail.com.
Oggi riprendiamo le fila del discorso - parallelo rispetto al quotidiano dialogo e dibattito mostrologico - in merito alla possibilità di stilare un profilo dell’omicida tentando di non farsi influenzare dal preconcetto naturale di chi agisce potendo parlare dopo più di trent’anni dall’ultimo delitto.
Iniziamo così ad esporre quello che rappresenta, secondo chi scrive, il mo-vente ai delitti, ciò che ha spinto l’omicida ad agire e che lui stesso ha posto come giustificazione ai suoi crimini, frutto - in realtà - di un diverso trauma che solo un nome ed un cognome potrebbero davvero spiegarci.
Buona lettura,
E.O.”


1490.
“[…] molte persone si truovano in questo tale stato, le quali o per negligen-za o per ignoranza o per malizia vivono tanto bruttamente, e senza freno di ragione e di conscienzia, che poca differenzia è intra loro e gente pagana, o vero animali bruti e bestiali che non hanno intelletto niuno né ragione; e così facendo si vengono a dannare, la qual cosa è assai nociva et in perpetuum dan-nificativa.”
La prima regola è quella intenzionale ed ammonisce circa le ragioni per il quale è lecito avere un rapporto sessuale per non cadere nel peccato mortale.
Già si può intuire come la prima cagione sia quella della procreazione, da svolgersi - comunque, non sia mai - con tristezza d’animo per limitare al massimo la libido sessuale. Procreazione di quei figli destinati a riempire quei seggi vuoti lasciati in Paradiso dalla caduta di Lucifero ed i suoi seguaci.
La seconda, consiste nel compiere l’atto sessuale per soddisfare il debito nei confronti dell’altro, del coniuge, perché l’atto - quando richiesto - è dovuto.
La terza, più pragmatica, è quella di copulare per evitare distrazioni verso al-tri mali disonesti. Dopotutto, ci dice il predicatore, da quando Adamo e la sua compagna non si mostrarono certo probi, è difficile per l’uomo mantenersi alla distanza dalla tentazioni e per questo, Iddio, creò il matrimonio. Quindi, per evitare di andare a peccare a giro, meglio sfogare - seppure con estrema riluttanza - i propri deprecabili istinti verso la propria compagna che non è peccato mortale, ma solo veniale. Tant’è che la quarta ragione è appunto proprio quella di attrarre a te il tuo compagno o compagna che credi frequentatrice di pensieri disonesti così da ricordargli quale sia il più corretto e giusto fra i piaceri.
Ma non è tutto così semplice.
Perché se abbiamo visto quali sono le ragioni per cui può esser validamente praticato l’atto sessuale, vediamo ora quali sono le condizioni che ti fanno staccare un biglietto di sola andata per il peccato mortale.
Il primo fra questi consiste nei limiti del matrimonio. Fuori da questi limiti, anche qualora si trattasse di promessi sposi, poco importerebbe perché condizione prima per la liceità dell’atto sessuale è proprio questa, cioè il matrimonio.
La seconda consiste nel farlo pensando ad altre persone perché la sessualità con la propria compagna non può essere utilizzare per aggirare i divieti sopra posti.
La terza consiste in un preludio di altra regola che vedremo successivamen-te. Consiste difatti nella modalità: passi il fatto che puoi fare l’amore con la tua compagna, ma non fartelo piacere, né divertiti nel farlo, perché niente si può amare più che Iddio.
Quarta ed ultima, consiste nell’utilizzare il matrimonio come mero mezzo per potersi congiungere carnalmente con la persona amata.

La seconda regola è definita temporale e consiste in un semplice elenco di giorni durante l’anno in cui è assolutamente proibito accoppiarsi perché, appunto, quei giorni devono essere dedicati alle cose spirituali e non carnali.
Primo fra tutti - per intuibili motivi - è la Domenica e le altre feste comandate.
Secondo, sono i giorni della quaresima, le vigilie comandate (tre periodi di quaranta giorni che preparano la Pasqua, la Santa Croce di Settembre ed il Natale) e le Quattro Tempora. Queste ultime rappresentano raggruppamenti di tre giorni (mercoledì, venerdì e vigilia tra sabato e domenica) siti nelle quattro sta-gioni che compongono il nostro calendario nei quali veniva glorificato il Signo-re per ringraziarlo dei frutti della stagione e per ingraziarlo per i successivi. Difatti, ad ogni tempora corrispondeva un frutto della terra: olio in Inverno, fiori in Primavera, spighe di grano in Estate e grappoli d’uva in Autunno.
In particolare quelle di Autunno cadono nella settimana della Esaltazione della Santissima Croce (14 Settembre); quelle dell’Avvento appunto nella settimana dell’Avvento che precedono il Santo Natale; quelle della Quaresima, dopo la terza domenica di Quaresima ed infine, quelle estive, nella settimana di Pentecoste.
A questi dovevano essere aggiunti quei momenti, comunque coincidenti con questi sopra, del periodo mestruale, della gravidanza e nel periodo precedente al matrimonio ove si apparecchia le cose pertinenti alle nozze.

La terza regola, si definisce locale che qui predica sotto duplice accezione sia il dove luogo fisico l’atto sessuale non deve essere fatto sia - senza usare tanti giri di parole - dove luogo anatomico questo debba (o meglio, non debba) essere praticato.
In riferimento a quest’ultima - e riassumendo - viene fatto divieto, tanto al-trimenti da peccare mortalissimamente, di praticare i rapporti anali e condannando altresì la sodomia perché, dice il predicatore, Iddio ci avrebbe fatti tutti uomini. La sorte per gli omosessuali, quindi, vi lascio immaginare quale fosse.
Circa invece i luoghi geografici dove non si doveva in alcun modo aver atti sessuali di alcun tipo così da non peccar mortalmente perché il sangue ed il seme li profanerebbero irrimediabilmente.
Fra questi troviamo i luoghi sacri, come chiese e cimiteri e luoghi a questi limitrofi. Ancora, i luoghi pubblici e manifesti dove la coppia potrebbe essere vi-sta così da generare in chi li vede la voglia ed il desiderio di far la stessa cosa. Come e soprattutto dai fanciulli le cui menti non devono essere viziate dal peccato altrui.
Perché “grande confusione e vituperio debbe essere quello dell’uomo e del-la femmina, alli quali Iddio ha dato intelletto, che si congiunghino carnalmente in ogni luogo dove gli viene agio; e non curano se sono veduti o si no”.

Quarta ed ultima regola è quella modale che descrive, con minuzia di particolari, tutti quei modi appunto in cui è severamente vietato compiere l’atto sessuale che ho cercato di riassumervi per una più facile comprensione. Interes-sante in tal senso è la conseguenza prospettata per questi modi indegni di esercitare l’atto sessuale. Difatti a farne le spese, ne sarebbero i figli stessi, prodotto di quel rapporto che avrebbero il sangue viziato da tale rapporto oltraggioso.
Fra le pratiche, tutte tacciate di peccato mortale, troviamo:
-    indiscreta frequentazione: vietato farlo spesso e superficialmente;
-    indebita situazione: divieto per la donna di star sopra, in quanto il suo volto deve essere sempre rivolto verso il cielo;
-    inonesta proporzione: petto e ventre dell’uomo devono toccare le stesse parti della donna. Ogni variazione di posizione è da considerarsi tanto pec-caminosa da provocar ribrezzo anche il sol pensiero;
-    delle faccie adversione: strettamente legata a quella prima, comporta la necessità di dover stare col volto rivolto verso l’altro;
-    delli sentimenti e membri corporali abusione: bandito qualsiasi forma di preliminare perché frutto della gola, madre del demonio;
-    estrinseca seminazione: il seme maschile non deve disperdersi al di fuori della vagina né tantomeno essere racchiuso all’interno di una sacca (come i nostri preservativi);
-    commissione d’adulterio: “Oimè misero mondo! Oh quanti sono quegli che hanno concubina e moglie!”;
-    juridica e legale impedizione: contempla tutte quelle ipotesi in cui la con-giunzione carnale sia vietata in quanto contraria a norme di legge o convenzioni sociale. Si cita ad esempio gli atti sessuali tra consanguinei o dopo aver attentato alla vita del coniuge per potersi a questo sostituire.

È così che parla Fra’ Cherubino da Siena (o Spoleto secondo alcuni) rivolgendosi ai dilettissimi Figliuoli nel suo trattatello “Regole di Vita Matrimoniale” (Testo ora liberamente consultabile sul web su archive.org) , edito - approssimativamente - tra la prima metà del 1400 ed il 1490. Anni in cui il Frate - chiacchieratissimo tra gli esperti del settore - era solito girova-gare per le vie della città fiorentina a spiare le coppie scambiarsi effusioni.
Grandi predicatori, ove spesso, dietro, si celano grandi peccatori.
Mi sono imbattuto per caso in questo scritto mentre seguivo la scia di pensie-ri che ho cercato di riprodurre negli appuntamenti de L’Uomo dietro il mostro, allontanandomi per un attimo dai soliti sentieri battuti, dai soliti nomi (vedo che se ne parla comunque tantissimo quindi cosa altro avrei potuto dire se non get-tarmi in una bagarre che avrebbe portato più tensioni che soddisfazioni) e pro-vando ad analizzare le scene del crimine con la mente sgombra e libera dai pre-giudizi - certo necessari - dati dal “senno di poi”.
Come ho già spiegato negli appuntamenti precedenti, ho visto nei delitti dell’assassino delle coppiette una perfetta logica tra colpa e pena, tra fatto e punizione, come se fosse appunto la scena che l’omicida si trovava di fronte a dettare il suo agire ed alla quale doveva conformarsi, nel rispetto di una propria coscienza e ritualità che non ha mai - ricordo - voluto tradire, anche rischiando, come nel caso del Giugno 1982 (Come già riferito ampiamente in UdM7 e di cui torneremo a parlare nell’approfondimento dedicato al profilo geografico) o Ottobre 1981 o, ancora, Settembre 1983. An-che nelle difficoltà, negli imprevisti, ha sempre preferito ricondurre il suo agire allo schema impostogli dal suo credo, da ciò che lo spingeva ad uscire la notte in cerca delle sue vittime, ciò che lo muoveva, il suo movente.
Il movente. Tradendo quanto detto poco sopra in merito al non voler trattare, né considerare, la vicenda investigativa e giudiziaria, ho sempre trovato deboli i grandi nomi sul tema appunto del perché, questi, avrebbero commesso questi delitti. Rigettando fin da subito qualsiasi ottica di mercimonio tra esecutori e mandanti e quindi un movente dettato esclusivamente da una semplice richiesta di adempiere ad un compito (uccidere) per soddisfare non meglio precisati riti; e volendo andar oltre al semplice - seppur validissimo lo confesso - tradimento della fiducia della donna e susseguente volontà di riappropriarsi di questa idealizzandola nelle giovani vite che l’omicida intendeva recidere, ho ritenuto di dover ricercare un elemento che legasse questi omicidi così teatrali, brutali, appariscenti.
Mi sono quindi immerso nella storia fiorentina dell’epoca precedente alla scoperta dell’America, perché credevo che se davvero dietro i delitti vi fosse un predicatore, è lì che poteva aver tratto ispirazione per le sue azioni. Ed ho tro-vato un quadro che benché lontano 600 anni dall’epoca dei delitti vi era incre-dibilmente vicino.
Una società italiana post 1968, un primo movimento di rivoluzione dei co-stumi sessuali, un tempo di cambiamento, il sesso, i delitti, la punizione, la predica.
Mi sono spinto dove la mia conoscenza ed il mio sapere non potevano arri-vare e così mi sono fatto aiutare da esperti del settore, storici e teologi (che rin-grazio infinitamente per il contributo). Mi hanno descritto una Firenze del 1400 lussuriosa, proibita, scandalosa, sodomita, dove il sesso si mescolava e legava col potere, la chiesa e la società, tanto che fu necessario creare un organo ad hoc per potesse arginare gli episodi che potevano attentare alla pubblica decen-za. Le pene, severissime, per adultere, omosessuali, fedifraghi ed attentatori del buon costume, contemplavano stigma sul corpo, lembi di pelle ed arti appesi sugli edifici cittadini come monito per i cittadini. E poi il cammino di penitenza, lungo le chiese della città, per mostrare ed espiare i propri peccati fino alla casa del boia (interessantissimo qui vedere dove questa si trovava ma sarà oggetto dei prossimi appuntamenti).
Tutto questo quadro, aiutato anche dalle rappresentazioni dell’epoca presenti su volumi che invito i lettori a poter apprezzare in qualsiasi biblioteca fiorentina o anche solo ad alzar la testa lungo le vie della nostra città e notare quelle targhe che raccontano esecuzioni, gogne ed episodi avvenuti negli angoli della città e sfido lo stesso lettore a non trovare questo quadro così incredibilmente vicino ai delitti del Mostro: una società - ricordiamo in piena fine degli anni ’60, colta dai primi venti parigini - che deve essere educata, un sermone, una predica, sfortunati mezzi per poterla esprimere, un risultato. Lì dove nasce la rivoluzione culturale, nasce il Mostro, che vi rema contro, che recalcitra verso altri costumi, altra morale, altra epoca i cui valori (comunque protrattisi nel corso dei secoli identificandosi nel c.d. buoncostume sessuale), sono minacciati da una nuova corrente, che ha spostato la vivacità sessuale (mai sopita) dei giovani - fuori dalla costanza del matrimonio - prima ad una sua tacita accetta-zione e poi, data comunque l’impossibilità di poterla praticare liberamente, pro-trattasi fin fuori dalle mura domestiche. Abbiamo sempre visto questi omicidi come diretti verso, anche solo indirettamente, un dialogo con l’opinione pubblica, ma ci siamo dimenticati che la prima opinione colpita da questi delitti - oltre alle povere vittime - erano i loro stessi genitori.
Loro i destinatari del messaggio. Loro, forse, i veri soggetti che avrebbero dovuto mutare le loro abitudini, riconducendo i propri figli all’interno di quelle mura che gli avrebbero impedito di profanare il pubblico con la loro sessualità manifesta. Perché là fuori, vi era un uomo che in determinati notti avrebbe por-tato avanti quel suo percorso di insegnamento. Un cammino di penitenza, di sacrificio, rispondente ad un unico dettame: voi non dovete fare ciò che state fa-cendo.
Un messaggio (il giusto fare) attraverso un atto brutale (gli omicidi) per edu-care sia i giovani a comportarsi in preparazione a quelle che sarebbero state le regole da seguire in costanza di matrimonio sia verso quei genitori che avrebbe-ro dovuto - di proprio conto - impartire ai figli i giusti precetti e proprio perché questi erano stati rinvenuti dentro ad un automobile ad amarsi, si erano dimostrati negligenti ed avevano fallito nel loro compito.
È così assurdo pensare che il Mostro non si sia inventato niente, ma abbia di-storto un messaggio ed abbia indossato le vesti del predicatore per arginare quella, ai suoi occhi, follia che stava divampando di fronte a lui. È così insensa-to ritenere che quei corpi straziati non fossero altro che un messaggio da mandare alla cittadinanza, un sermone utile ad ammonire e ad insegnare in relazione non ad un suo privato convincimento, ma a ciò che era già stato detto, centi-naia di anni prima, fra le vie della sua stessa città.
Questa è una eventualità che nell’analizzare le scene del delitto non sento in alcun modo di escludere, anzi, il nostro esperimento di profilazione criminale mi sta portando proprio verso quella direzione. Ciò ovviamente non significa, superficialmente, una lettura distorta di un testo o di un bagaglio culturale tale da aver avuto per l’assassino delle coppiette un effetto criminogenetico, ma l’utilizzo di questa cultura, di questo sapere, di queste idee per giustificare un proprio agire omicidiario generato da un evento, da una psicopatologia che troverà fondamento in un evento o condizione a noi, ad ora, sconosciuti.
Lascio al lettore, adesso, poco prima del Settembre 1985, mettere in correlazione i dettami di Regole di vita matrimoniale (date, eventi, luoghi) con i delitti stessi.

Spero siate colti dal mio stesso stupore.

3 commenti:

Orbital ha detto...

Bentornato dott. Oltremari,

ho sempre pensato che il mostro avesse una certa sua ferrea "morale". Non è un ladro, quando fruga cerca oggetti sacri e strappe collanine con le croci, ma non porta via denari.

Cerco di riepilogare le date dei "sacrifici" umani del nostro moderno torquemada, inquisitore fiorentino conosciuto come mostro di firenze.

il 15 agosto è data di assunzione al cielo di Maria, mentre il 22 agosto è il giorno della Beata Vergine Maria, la Barbara Locci sappiamo bene che non seguiva le regole di Frate Cherubino, come data poteva essere un "sacrificio" umano, ma il giorno fu spostato solo nel 1969 per effetto della riforma liturgica di Paolo VI credo nel 68, chissà se il mostro era talmente devoto da seguire le riforme e sapere già la data prescelta.

14 settembre, esaltazione della santa croce, inoltre la Pettini era attivita del PCI, quindi non credo molto frequentatrice di chiesa.


6 giugno 1981, vigilia di pentecoste, giorno di sacrificio dell'agnello che toglie i peccati, fuori da una discoteca.

22 ottobre 1981 - non ho idea.

19 giugno 1982 Santa Giuliana Falconieri, una vita dedicata alla castità, ricevette ostia sul seno sinistro.

9 settembre 1983 il giorno prima è la natività della vergine Maria, una delle 12 festività maggiori della liturgia cristiana.

19 luglio santa Marta, lavò i piedi a Gesù e li asciugò coi capelli, secondo la tradizione morta vergine.

8 settembre di nuovo natività di Maria.

da considerare anche che il messaggio di spedire la busta per spaventare il magistrato donna viene inviato da San Piero cioè nientepopodimeno che da San Pietro... e non lontano dalla sua statua.

Unknown ha detto...

Salve Orbital,

Alcune considerazioni in merito alle date e ricorrenze elencate.
Innanzitutto, mi preme dire che ove non ricorra una data "certa" già l'azione in sé, o la qualità dei soggetti, rappresentava un peccato da punire ed un messaggio da inviare.

Il 9 Settembre rappresenta anche l'inizio della settimana della Tempora autunnale propria dei giorni precedenti al 14 Settembre e comunque sì, anche alle natività di Maria.
Anche se, credo, che qui (1983) la colpa sia riferito alla condizione dei due uomini appartati.

29 Luglio, più che ad un discorso di "santi" (che credo che per mera distrazione, si riferisca a Santa Maria di Betania e non Santa Marta) qui si debba far riferimento alla Domenica, come giorno elencato nella regola temporale.

Nonostante il delitto sia stato commesso a non più di 100 mt dal tabernacolo della Vergine ed a non più di 250mt dalla Chiesa di Santa Maria in Travalle, che che il 22 Ottobre credo meriti un discorso diverso.
Come già avevo accennato nell'approfondimento per il delitto dell'Ottobre 1981, ritengo che l'omicida agisca più per "esigenza" che per ritualità, andando a sacrificare quella che era la regola temporale per o una locale (intesa come geografia dei luoghi, di cui parleremo) che intenzionale.
Ritengo che in questo delitto l'assassino si dimostra uomo e non mostro, dandoci spunti interessanti di riflessione sulla sua condizione lavorativa e familiare.

A presto,
E.O.




Unknown ha detto...

Bella ricostruzione, assolutamente degna di nota.
In cuor mio ho sempre ritenuto che l'obbiettivo del Mostro fosse quello di punire "l'intimità" della coppia, forse mosso da invidia. Però l'idea di un "fondamentalismo religioso" di contorno è molto più plausibile e anzi, non è detto che l'invidia non c'entri: lo scatenarsi di pulsioni sessuali nel vedere certi atteggiamenti che le coppiette gli risvegliavano erano sufficienti per punire i poveretti con la morte, e più in là si spingevano i due, più lui si eccitava e si sentiva invidioso e più dovevano essere puniti, proprio per aver suscitato in lui pensieri peccaminosi.