Presidente: Prego avvocato Pepi.
Avvocato Pepi: Sì, Presidente io, come ho già preannunciato anche al Pubblico Ministero, visto appunto la situazione dell'udienza che è terminata, brevemente illustrerei un'istanza negli interessi del signor Vanni Mario. È un'istanza di revoca della misura cautelare in carcere, in tesi e in ipotesi la modifica della stessa negli arresti domiciliari. Brevemente, molto brevemente, vorrei far presente alla Corte che dopo due mesi circa di dibattimento è emerso quello che questo difensore riteneva dovesse emergere nella vicenda. Mario Vanni è di fronte alla vostra giustizia esclusivamente per la chiamata in correità che è stata proposta nei suoi confronti dal Lotti. Questa chiamata in correità è stata, ad avviso di questa difesa, messa in seria difficoltà, è stata ridimensionata, è stata per certi versi addirittura smentita nei fatti più importanti da una serie di testi che la Corte ha sentito in questi giorni. A titolo di esempio, di esemplificazione, per dimostrare che il quadro indiziante nei confronti del signor Vanni è, ad avviso ripeto di questo difensore, mutato in meglio vi è una serie di testimonianze che mettono in risalto quello che abbiamo sempre detto, quello che abbiamo sempre prospettato alla Corte, quello che abbiamo prospettato ai Tribunali della Libertà, alla Suprema Corte di Cassazione, delle nostre istanze precedenti, che Lotti è solo e soltanto un bugiardo, un calunniatore, una persona che dice cose assolutamente non vere. E che poi, addirittura è emerso dal dibattimento il motivo per il quale Lotti ha fatto, ad avviso di questo difensore, questa chiamata in correità. Io mi sono sempre posto il problema fin dal primo momento come mai un Lotti che fino a pochi giorni prima dell'arresto frequenta Vanni, un Lotti che si dichiara amico di Vanni, abbia fatto una chiamata in correità in questo senso, in questa maniera, se non fossero stati veri i fatti che lui diceva, non mi ponevo il problema perché sia stata...Mi ponevo, l'ho chiesto mille volte a Mario Vanni: 'Vanni, dimmi che cosa ci può essere stato fra te e Lotti che lo possa avere indotto a fare questa....
Mario Vanni: Nulla, nulla.
Avvocato Pepi: La risposta l'abbiamo avuta all'altra udienza. Quando la Bartalesi Alessandra ha evidenziato il motivo di astio che Lotti ha nei confronti del Vanni; quando la teste dichiara espressamente: 'Lotti mi disse 'gliela farò pagare', tant'è che pochi giorni lo zio venne arrestato'. E gliel'ha fatta pagare. Perché si è rifiutato di dargli un prestito. A domanda di questo difensore, la Bartalesi che cosa ha risposto? Loro lo vedranno nelle trascrizioni. Ha risposto: "Nel senso che se Lotti avesse avuto lì il Vanni lo avrebbe ammazzato". Ecco il movente, ecco che la chiamata in correità non è più disinteressata. Ma vi è di più: altri testi che abbiamo sentito hanno escluso in maniera categorica fatti su cui Lotti ha insistito, fatti che venivano addebitati al Vanni e che sono emersi del tutto diversi.
Faccio degli esempi: Il teste Santoni ha escluso nella maniera più assoluta che Vanni abbia fatto dei pedinamenti nell'imminenza dell'omicidio di Vicchio; la teste Bazzi ha escluso quella agghiacciante circostanza che Lotti dice che della spedizione ad essa di una lettera con frammento umano. Lo ha escluso nella maniera più assoluta. Non solo, la stessa teste Bazzi ha dichiarato che fu un caso eccezionale che Pia Rontini quella sera non fosse a lavorare, perché lavorava sempre di notte. E allora non c'era la possibilità di premeditare 1'omicidio. Perché nessuno lo poteva sapere di questo cambio di orari. Il Vanni Paolo e la Frigo hanno dato - e su questo avremo molto luogo di parlare - hanno dato una agghiacciante impressione: di come siano state da parte della Polizia Giudiziaria condotte le indagini a senso unico, tanto per trovare uno: abbiamo trovato Vanni, teniamo in carcere lui. E sono emersi fatti che ci siamo riservati all'udienza che potrebbero avere carattere di responsabilità penale o quella Frigo che ha dichiarato certe cose, o che gli agenti di Polizia che hanno scritto altre cose che la teste non avrebbe detto. Vi è stato poi una serie di testi del bar, del datore di lavoro del bar, della Bazzi ancora, che hanno escluso altri fatti importanti relativamente alle preoccupazioni della povera Pia Rontini. Vi è quindi, signori della Corte, valutate bene: la chiamata in correità sta scricchiolando da tutte le parti.
Si è scoperto il motivo, il movente, del motivo di astio, di odio che Lotti ha nei confronti di questo pover'uomo, di quest'uomo che non gli ha
fatto altro che del bene. E lui lo ripaga in questo modo, infamandolo con omicidi che non ha mai fatto e non ha mai partecipato. L'ultimo teste, il Butini, che doveva confermare quell'agghiacciante rivelazione di Lotti, secondo cui, essendo stato scorto da Pacciani e da Vanni in atteggiamenti intimi con il Butini avrebbe avuto il ricatto sessuale: 'o vieni con noi a fare gli omicidi, o lo diciamo a tutta San Casciano che sei omosessuale'. Lo sapevano tutti che era omosessuale. E vengono al dibattimento. E queste sarebbero le prove, indizi di prove per tenere un anno e mezzo in carcere un uomo?
La persona che sta di fronte a voi è incensurata, che ha sempre lavorato. Non si deve fare il processo alle particolarità sessuale, o a cose a cui predilige Vanni. Non c'entra nulla in questo processo. C'entra, viceversa, che si sta ogni giorno provando che Lotti è un mentitore, ecco quello che conta. E allora, da queste brevi considerazioni emerge che il quadro indiziario è migliorato nei confronti del Vanni, e non vi è più motivo di tenerlo in carcere. Guardino, rivalutino gli altri testi, tutti quelli che sono venuti che hanno visto le macchine, nessuno parla di due persone sulla macchina. Tutti parlano di due macchine con, una persona a bordo. Ecco dove ha mentito Lotti. Dov'era Vanni, nel bagagliaio? Non c'era Vanni seduto al guidatore, tutti lo hanno detto, tutti i testi, quelli che hanno visto le macchine. E allora in una situazione di questo genere di assoluta quantomeno incertezza sugli indizi di prove, sul fatto che abbiamo dimostrato il movente della chiamata in correità, è veramente conforme a giustizia continuare a tenere un uomo di settant'anni in carcere? Io vi chiedo pertanto che vogliate, per queste motivazioni, revocare l'ordinanza di custodia cautelare in carcere, rimettendo in libertà Mario Vanni. In sub ordine quantomeno giustizia vuole che quest'uomo, l'unico della vicenda che è ancora in carcere, sia quantomeno mandato agli arresti domiciliari.
E non mi si dica, signor Presidente e signori della Corte, come mi si è detto in precedente risposta a mia precedente istanza, che non vi
sarebbe la possibilità di controllarlo. Questo urta veramente con la logica.
Signor Presidente e signori della Corte, tutti sappiamo conm'è il paese di San Casciano. Se veramente le Forze dell'Ordine non sono in grado di controllare una persona che è agli arresti domiciliari a San Casciano, io mi chiedo che cosa ci stiano a fare, allora.
Non è New York, non è Roma, non è Milano, non è Firenze. La caserma dei Carabinieri è a pochi metri da casa Borgo Sarchiani, dove sta Vanni. Non mi si dica che non lo si può controllare.
E poi dove vuole che vada quest'uomo a cui sono stati tolti anche i risparmi? Non ha più una lira. Dove deve andare a fuggire, dove? Alle Maldive? Dove deve andare, se non a casa di sua moglie?
Ma la coscienza, nei confronti di un uomo, che sino a prova contraria ancora non è colpevole. Anzi, sta emergendo solo la sua innocenza, lo vogliamo continuare a vessare? Teniamolo ancora in carcere, facciamolo morire in carcere, almeno il mostro si sa, c'è, non può difendersi più e... facciamo questo!
Ecco, signori della Corte, signor Presidente, io insisto per tutti questi motivi perché vogliate revocare l'ordinanza di custodia cautelare in carcere, o in ipotesi, quantomeno concedere gli arresti domiciliari a Mario Vanni.
Presidente: Il Pubblico Ministero su questa richiesta?
P.M.: Sì, Presidente. Cerco di essere molto più tranquillo, come lo sono, rispetto al difensore del Vanni, nell'illustrare brevemente quali sono le ragioni nettamente opposte che mi portano a chiedere loro di respingere la richiesta. Vorrei che la Corte valutasse un attimo gli elementi che sono...
Presidente: Bene, prego.
P.M.: Presidente, volevo mettere in evidenza gli elementi che sono emersi e che debbono ancora emergere per la verità in questo dibattimento. Però si possono ben evidenziare oggi in atti che già voi avete per contraddire completamente, totalmente la impostazione data dal difensore. Signori, fin dal primo momento, il P.M. ha cercato di spiegarvi e di evidenziare come la situazione della confessione innanzitutto di Lotti, non ha niente a che vedere con un atto spontaneo. Quindi, la chiamata di correo che Lotti fa, non è un atto spontaneo, non c'è movente, non c'è motivo di rivalsa nei confronti di Vanni. Cerco di spiegarmi meglio perché è tutto qua il processo e l'impostazione difensiva è errata, perché loro sanno, basta leggere le dichiarazioni di Lotti, che il signor Lotti confessa innanzitutto la propria responsabilità solo, ed esclusivamente nel momento in cui viene dimostrato a lui che quella sera dell'85 era sul luogo dell'omicidio. La chiamata di correo che Lotti fa nei confronti di Vanni, non ha niente a che vedere con qualcosa di vendetta, perché loro, leggendo gli atti dell'incidente probatorio e tenendo presente quello che è il racconto fatto dal Pubblico Ministero e dal dirigente della Squadra Mobile, loro hanno ben presente già oggi che la chiamata di correo di Vanni viene fatta dal signor Pucci Fernando, in epoca ben antecedente a quando il Lotti è costretto a confermare - costretto a confermare - che c'era anche Vanni. Non c'è alcun motivo, in Lotti, di astio nei confronti di Vanni. Finché può, il signor Lotti, primo, difende se stesso cercando di dire: 'io non c'ero'; secondo, esclude fin che può, di sapere chi erano le due persone che erano nell'85. Siccome Pucci molto realisticamente, come terzo -
e secondo me è il vero terzo in questo processo - siccome viene evidenziata la sua presenza nel luogo dell'omicidio dell'85, dice con chi era lì. Dice: 'ero con Lotti'. Poi dice: 'c'erano due persone'. E' Pucci che per primo, storicamente in questo processo, dice: 'guardate, c'eravamo io e Lotti. Lotti la sapeva così: 'c'erano Vanni e Pacciani'. Allora vedrete che la realtà è completamente diversa da come ve la sta cercando di dipingere il difensore. Non c'è nessun motivo in Lotti di accusare Vanni per motivi di rivalsa, motivi... Non aveva denaro, non gli aveva dato il denaro che gli aveva chiesto.
Signori, ma queste sono interpretazioni del difensore sulla base di alcune emergenze che ci sono e che hanno tutta un'altra spiegazione e lo vedremo nel dibattimento. Ma il punto fondamentale che loro devono tenere presente in questo processo, sia per il futuro, dato che c'è un anticipo delle impostazioni difensive, delle impostazione del P.M. e nel futuro, è quella di tenere presente che Lotti non fa nessuna chiamata di correo per vendicarsi nei confronti di qualcuno. La fa, signori, guardate gli atti e l'incidente probatorio, tenete presente quello che vi è stato riferito in merito a ciò che dice Pucci - la fa perche e il Pucci che dice: 'quella sera, si, io c'ero. C'erano Lotti', e descrive chi c'era: Vanni e Pacciani. A quel punto, il signor Lotti, dopo una serie numerosa di contestazioni che riguardano la sua personale responsabilità, ammette, confessa e dice: 'sì, è vero ciò che dice Pucci, c'erano anche gli altri'. Vedete, signori, che è completamente diverso il quadro che è emerso ad oggi nel processo e che emergerà con la deposizione ancora da fare del Pucci per la quale del resto ci sono non solo verbali in atti, ma ci sono elementi tali nell'incidente probatorio per avere oggi la giusta convinzione che le cose stanno in questo modo. Allora vedete come nessuna vendetta da parte di Lotti, il quale, come dice la Bartalesi, fino a poco tempo prima era in perfetta armonia, o comunque era in una situazione di continua conoscenza di amicizia e di frequentazione con il Vanni.
Perché? Perché il Lotti è costretto a fare la chiamata di correo, primo, perché è stato costretto dai fatti a confessare; secondo, perché è evidente che le cose stanno in quel modo. E quando Pucci gli fa, racconta le cose come sono andate, è chiaro che nel confronto dà tutti i particolari che deve dare.
Allora non c'è chiarissimo in questo processo alcuna volontà di Lotti di accusare qualcuno ingiustamente, tantomeno di calunniare qualcuno. È un Lotti che è costretto a confessare la propria partecipazione dopo che gli è stato contestato molto chiaramente ciò che voi sapete: telefonata Ghiribelli, Galli, eccetera.
Quindi, l'impostazione che vi viene oggi offerta dal difensore per ribaltare le cose all'interno di questo processo, è una impostazione non solo assolutamente errata, ma totalmente in contrasto con quello che è emerso fino ad oggi.
Quindi non c'è nessun movente in Lotti di accusare Vanni di vendetta. Il Lotti, se poteva, avrebbe fatto di tutto: primo, per negare la propria responsabilità; secondo, per chiamare come correo il Pacciani e il Vanni.
Questa è la realtà che è emersa ad oggi. E signori, qui non è vero che l'accusa si fonda sulle dichiarazioni di Lotti, ma parte da elementi obiettivi, telefonate, dichiarazioni di Ghiribelli, dichiarazioni Galli, ammissioni di Pucci. Circostanziate, le quali sono state fatte nel tempo, ve lo ha spiegato il dirigente della Squadra Mobile. Solo dopo - e per non ripetermi ulteriormente - solo dopo viene fuori il Vanni, senza nessun motivo di astio. Perché tra Lotti e Vanni c'era, fino al momento in cui le cose precipitano, una perfetta comunanza di interessi. Gli interessi comuni di Vanni erano tacere, stare zitti, non subire assolutamente alcuna pressione da parte di chicchessia. Poi c'era quella figura di Pacciani che tutti sappiamo che li teneva buoni entrambi. Questo è lo stato delle conoscenze e lo stato della ricostruzione che è stata fatta ad oggi. Quindi è una visione non solo completamente distorta, quella del difensore, ma che non si fonda assolutamente su elementi acquisiti ad oggi. In questo contesto è chiaro che le dichiarazioni 2 successive di Lotti che voi avete nell'incidente probatorio, sono dichiarazioni che non sono assolutamente perfette. Io me ne rendo benissimo conto, fin dal primo momento. Ma c'è una spiegazione, signori, il Lotti ammette tutto ciò che gli viene contestato. Non è un pentito, lo dobbiamo ripetere fino all'inverosimile. Lotti è confesso perché è costretto a confessare esclusivamente quei fatti che gli vengono contestati. Tutte le volte in cui nell'incidente probatorio e fino ad oggi il Lotti ci è riuscito, è svicolato, ha cercato di mentire, ha cercato di porre la propria situazione processuale di responsabilità più nell'ombra possibile. Nessuno lo crede, tanto meno il P.M. crede che il Lotti sia così terzo in questa situazione. Lotti ci è dentro fino al collo, perché la situazione probatoria che è stata evidenziata dalla Corte in tutti quei riscontri che voi sapete, è una situazione che vede un Lotti completamente inserito in questa vicenda al 100%. Confessa e ammette ciò che non può negare. È chiaro che Lotti in questa situaizone, ogni volta che non gli sono stati contestati i fatti specifici, o comunque i fatti che gli venivano contestati gli consentivano di svicolare, tutte le volte che ci è riuscito, ha cercato o di mentire, o di omettere qualcosa. Questa è la realtà ad oggi. Sentiremo il Lotti, gli contesteremo tutto ciò che gli dobbiamo contestare di ulteriore, che non corrisponde a quello che è emerso. Ma i punti salienti, quelli importanti, quelli delle macchine, quelli del fatto che sono stati usati due coltelli, quello del fatto che la Pia Rontini gemeva nel momento in cui, prima di essere definitivamente uccisa, sono elementi che hanno riscontri obiettivi e che ci dicono che il Lotti, quanto a presenza, quanto a ricostruzione dei fatti, per quanto riguarda le responsabilità come le ricorda o come le vuole ricordare lui, sono responsabilità piene. Ha importanza oggi dire in una situazione di questo genere, il Santoni ha escluso che Vanni fosse pedinato? Signori, ma qui è leggere anche male volutamente le dichiarazioni del Santoni. Santoni ha detto: 'ho visto Vanni', punto e basta. Quando, come non lo so. Questo doveva dire e questo era quello che ha sempre detto. La Bazzi, ma cosa deve fare? Se un certo signore dice: 'forse si chiamava Manuela'. E fa il racconto di una lettera e poi nell'incidente probatorio prudentemente o no, non lo sappiamo - questa Manuela non parla più - se noi individuiamo una certa Bazzi Manuela, la quale dice: 'io non ero', sono due le possibilità: o mente la Bazzi Manuela, o l'Emanuela è un'altra, o la terza a cui è arrivata la lettera è una persona, allo stato, non individuata. Ci sono elementi tali per pensare che la situazione giusta è quella individuata dal Lotti, vedremo cosa ulteriormente riusciremo a dimostrare. Però tenete anche presente, rispetto a questa lettera di cui Lotti parla che è stata inviata nell'84 con una minaccia, signori, Lotti ne parla di sua spontanea volontà. Che motivo ha un Lotti di parlare di una lettera di cui nessuno sa niente, quando nelle carte processuali, all'epoca, c'era ben altra lettera dell '85? Vedete quindi che Lotti è una persona che fa i suoi racconti in una sua ottica difensiva nella quale cerca, quando può, di attenuare le proprie responsabilità. Ma è un Lotti che non può che raccontare cose vere di cui crede che ci sia riscontro. Tant'è parla lui di questa lettera dell'84 di cui, a quel momento, nessuno sapeva niente. Capite, se era un Lotti che voleva inventare qualcosa, inventava sulla lettera dell'85 della quale gli inquirenti avevano già notizia. Quindi, nel valutare le dichiarazioni di Lotti, il quale, ripeto e ripeterò sempre in questo processo finché mi sarà consentito, è un Lotti che è confesso, perché costretto a confessare, è un Lotti che si guarda bene di essere un pentito. Non si è mai seduto davanti ad un tavolo dicendo: vi racconto la verità. La verità la stiamo ricostruendo in questo processo giorno giorno. E non è la verità che vi è stata dipinta oggi dal difensore, il quale vi viene a dire: c'è un movente di vendetta di Lotti. Ripeto, il Lotti se ne guardava bene fino a quel 12 o 11 febbraio del 1996, quando confessò di esserci stato, si guardava bene da ammettere di essere stato lì e tantomeno di chiamare in causa Vanni. Fino a quel momento, rapporti economici, rapporti di nipoti, rapporti di fidanzate o no, i rapporti fra loro erano di comune accordo. Non c'era nessun motivo per fare la chiamata di correo. Non ne aveva voglia, tant'è che negli atti è dimostrato che non ne aveva voglia fino all'inverosimile della possibilità di indagine. A questo punto direi che la situazione probatoria, per quanto riguarda gli indizi, è notevolmente rafforzata, perché il processo ha dimostrato che gli elementi fondamentali che riguardano la ricostruzione fatta da Lotti riguardo alla sua partecipazione alla ricostruzione di chi vi era e su come sono andati i fatti è perfettamente concordante con ciò che ha detto Lotti. Quello che appare oggi non perfettamente in linea, non è altro che la dimostrazione che Lotti dice quel che sa, quello che vuole dire e non c'è nessuna verità precostituita. Vengo in breve alle altre condizioni, dal momento che gli indizi non solo sono quelli che sono stati ad oggi identificati in tutti gli atti dell'Autorità Giudiziaria con la Corte di Assise di Firenze compresa, che ha già respinto istanze analoghe relative alla posizione in libertà Vanni. Si tratta di indizi che, a mio parere, per i motivi che ho cercato di riassumere oggi, sono totalmente rafforzati. Per quello che riguarda condizioni di salute, per quello che riguarda il pericolo relativo al mettere in libertà, sia pure in arresti domiciliari il Vanni, evidenzio come, in una situazione di questo genere in cui loro stessi hanno visto come i testi hanno difficoltà a raccontare questi fatti, hanno visto come è evidente che dietro questo processo ci sono persone che sanno, persone che hanno, non vogliono dire di più, il mettere in libertà una persona che si è comportata come loro sanno, scrivendo le lettere a tutto il paese, è un motivo di grossa perplessità circa la possibilità che ci sia un ulteriore futuro inquinamento ulteriore delle fonti di prova. Così come il pericolo nasce dal fatto, non solo che c'è una pistola ancora a giro, ma che il signor Vanni - oramai è provato anche nel processo - era il primo che voleva comprare una pistola. Non sappiamo per quali reali motivi, ma questo era il Vanni nel momento in cui è stato descritto alla Corte nei tempi precedenti la sua cattura. Ritengo quindi che sussistono tuttora tutti i motivi che hanno portato l'Autorità Giudiziaria finora dal Tribunale di Libertà alla Corte di Cassazione, alla stessa Corte di Assise, respingere le istanze anche quelle mediate di arresti domiciliari. Ritengo che c'è ancora pericolo di inquinamento, pericolo di reiterazione. E ritengo che ad oggi, l'unica misura idonea a preservare il corso della Giustizia, sia quello del mantenimento del Vanni in carcere. Chiedo quindi che la istanza venga respinta.
Presidente: Su questa istanza la Corte si riserva. Richiede un certo impegno, quindi va esaminata attentamente. Senta, il processo. . .
Mario Vanni: Presidente, scusi.
Presidente: Mi dica, signor Vanni.
Mario Vanni: Io sono innocente. Non ho fatto del male a nessuno. Mi faccia la gentilezza, non ne posso più, mi mandi a casa dalla mia moglie.
Presidente: Non dipende da me. Io faccio...
Mario Vanni: Sono innocente...
Presidente: Va bene.
Mario Vanni: Io non ne posso più di questa carcere. Sono tutti e due bugiardi, sia il Lotti che il Pucci. Ho, chiuso. Scusi.
Presidente: Prego. No, no, può parlare quando crede, è suo diritto. Per carità! Senta il processo allora viene sospeso e rinviato in prosecuzione... Quanti giorni, il 29 o 30 settembre. So che qualcuno aveva, il 29, difficoltà.
Avvocato: (voce fuori microfono)
Presidente: Benissimo. Allora andiamo al 30. Il 30 va bene? Martedì 30 settembre ore 09.00.
P.M.: Bene, grazie.
Presidente: Ordina la nuova traduzione del Vanni, se è ancora detenuto. Nel caso che il Vanni fosse libero alla data del 30 settembre... Signor Vanni, lo diffido a comparire senz'altro avviso. Ora gli spiego a lui come, cosa vuol dire. Allora, signor Vanni, noi dovremo fare l'ordinanza sulla richiesta dell'avvocato Pepi. Io non so cosa ovviamente la Corte deciderà. Se lei è ancora detenuto, viene mantenuto in carcere, sarà tradotto qui, va bene?, dai Carabinieri; se invece è libero, sarà libero, allora questo vale come diffida a comparire. E lei non riceverà nessun foglio, deve venire da solo. Va bene? Ora vedremo un po'. Va bene? L'udienza è tolta. Buone vacanze a tutti.
2 commenti:
vanno in ferie... due mesi e mezzo ...bel colpo
e lasciano Vanni in carcere, una vergogna, un uomo anziano, malato e totalmente innocente
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