mercoledì 20 febbraio 2013

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 21 maggio 1997 - Quarta parte


Segue dalla terza parte.

Presidente: Ci siamo tutti? Bertini? Ah, ecco. Lotti non c'è. Le parti civili mi sembra che ci sono. Va bene. Allora, si può riprendere. C'è l'avvocato Pepi che aveva preannunciato un'istanza, vediamo un po'.
A.P.: Signor Presidente, signori della Corte, la istanza che questo difensore di Mario Vanni intende sottoporre alla vostra attenzione è un istanza in punto di libertà personale. È un'istanza che verrà formulata in triplice versione perché ritengo che alla Corte dovranno essere sottoposti tre ordini di problemi. Il primo di tutti è estremamente di diritto e attiene a un'istanza di revoca delle ordinanze cautelari per decorrenza dei termini massimi di custodia cautelare. Questa istanza che io oggi vi ripropongo è stata anche proposta di fronte alla Suprema Corte di Cassazione, la quale fra l'altro deciderà in data 9 giugno. Vanni dunque viene sottoposto a tre ordinanze di custodia cautelare: la prima il 12 di febbraio del ' 96, la seconda il .23, marzo del '96, la terza il 2S giugno del '96. La prima ordinanza di custodia cautelare attiene al fatto omicidiario degli Scopeti del 1985. La seconda, viceversa, attiene al fatto omicidiario di Vicchio dell'34. La terza infine ai tre altri fatti omicidiari compiuti nell’81, ’82, ’83. Si ha quindi quella situazione che in giurisprudenza, in diritto, si parla di una serie di emissione di ordinanze di custodia cautelare a catena, o a grappolo, come dir si voglia. Questa situazione deve essere interpretata rapportando questi fatti storici alla normativa prevista dall'articolo 297 numero 3 del Codice di procedura penale in relazione al 303 sub-A e al 12 sub-1, così come novellato dalla nuova normativa in punto di termini di custodia cautelare massimi. È evidente che, se si esaminano i fatti sottostanti alle ordinanze di custodia cautelare, si vede che la prima ordinanza attiene all'ultimo fatto per cui oggi Vanni è di fronte alla vostra giustizia. I fatti contenuti nelle altre due ordinanze di custodia cautelare sono tutti antecedenti. Si vede quindi che si ha proprio quella fattispecie normativa che prevede la decorrenza del termine dalla prima emanazione della prima ordinanza di custodia cautelare. E questa osservazione noi la evinciamo anche e soprattutto in relazione al capo di imputazione e soprattutto a quel capo di imputazione di cui alla lettera Q, in cui si parla di reato associativo previsto dall'articolo 416, finalizzato nella nostra fattispecie alla commissione di omicidi. E infatti questo capo di imputazione recita testualmente : "Vanni, Lotti, Faggi, imputati del delitto previsto dall'articolo 416, per essersi associati tra loro e con Pacciani Pietro, per il quale si procede separatamente, allo scopo di commettere nella provincia di Firenze i delitti di omicidi ai danni di giovani coppie appartate in auto, di cui ai capi che precedono, organizzando minuziosamente gli associati un'attività preventiva di osservazione della vittima nei luoghi e nei tempi di cui al capo di imputazione". La conferma inoltre di questa mia affermazione, nel senso che tutti i reati oggi contestati a Vanni sono, comunque sia, quantomeno se non espressamente, indirettamente uniti dal vincolo della continuazione, cioè da quel medesimo disegno criminoso che partirebbe dal 1981 e giungerebbe fino al 1985. Sono quindi, dicevo, uniti dal vincolo della continuazione e di questo ne abbiamo traccia precisa, e loro lo vedranno in Camera di Consiglio, nella terza ordinanza. Laddove si dice testualmente: "Vanni Mario, del delitto continuato di omicidio aggravato previsto dagli articoli 110, 575, 576 perché con più azioni esecutive del medesimo disegno..." eccetera. Quindi...
Presidente: Che ordinanza è questa?
A.P.: La terza ordinanza di custodia cautelare. L'ordinanza...
Presidente: Quella del giugno.
A.P.: Quella del giugno, sì. Quella in cui venivano contestati gli omicidi dell'81, '82 e '83. Vi è quindi, evidentemente, nelle tre ordinanze di custodia cautelare per le quali Vanni oggi è di fronte alla vostra giustizia in stato non di libertà ma di detenzione, una netta e precisa connessione. Se ciò è vero, e non riesco a comprendere come, il GIP prima, il Tribunale della Libertà poi, speriamo, come ripeto, il 9 giugno la Cassazione abbia un'altra interpretazione, non si riesca a vedere come a questo punto Vanni doveva essere liberato. Infatti, per la normativa che vi ho testé ricordato e che, ripeto nuovamente, cioè ai sensi del 297, del 303 e dell'articolo 12, come novellato, il tempo che decorre per il tempo massimo della custodia cautelare, decorre dalla prima ordinanza. Ora, la prima ordinanza, signori della Corte, è del 12 febbraio del '96. Essa era, ed è scaduta, il 12 febbraio del '97, epoca in cui l'udienza preliminare ancora per pochi giorni non era stata fatta e quindi vi è questo lasso di tempo che doveva indurre, il GIP prima, il Tribunale della Libertà poi, per le valutazioni che vi ho detto in stretto diritto, a rimettere in libertà Mario Vanni. Giustamente il collega Filastò ieri ha criticato il modo di condurre, non tanto dell'istruttoria che è istruttoria comunque sia di parte, ma di colui il quale doveva presiedere a questa istruttoria e cioè al Giudice per le indagini preliminari. E è vero, ma io che ho vissuto la vicenda di Vanni dal momento stesso in cui è stato arrestato, ho visto purtroppo, e lo devo ripetere con dispiacere, però con forza, che il Giudice per le indagini preliminari in tutte le manifestazioni che ha dovuto esprimere, soprattutto in relazione alle mie istanze, si è completamente, è stato appiattito su tutto quello che veniva richiesto dalla Procura della Repubblica. Vi è lumeggiante, io vi chiedo di leggerlo. E cioè ve lo leggo io perché non lo avete negli atti. Nel momento in cui viene respinta la mia istanza di cui stavo parlando che ora è pendente di fronte alla Cassazione. Testualmente che cosa dice il GIP? “Concludendo, il termine massimo di custodia cautelare di un anno scade il 12/01/97” - e qui è un errore perché sarebbe 12/02/97 - "soltanto ed esclusivamente per quanto concerne l’ordinanza emessa il 12/02/1996. Il Vanni quindi resta detenuto per effetto delle due successive ordinanze di custodia cautelare più volte menzionate. Apparendo del tutto superfluo disporre la scarcerazione meramente formale del riferimento alla prima ordinanza che impose la misura cautelare". Questo è un provvedimento di un Giudice dello Stato italiano, che di fronte a un’ordinanza di custodia cautelare di cui lui stesso dichiara che è decaduta e non la vede, non provvede in conformità, quantomeno questa. E questo è un provvedimento di un giudice dello stato l'acrimonia del Giudice delle indagini preliminari che su qualsiasi istanza gli venisse chiesta respingeva tutto. Respingeva l'incidente probatorio formulato dai difensori e per le stesse motivazioni l'accoglieva per il Pubblico Ministero. All'udienza preliminare, è la terna finale, quando io gli proposi in via subordinata la remissione in libertà, o quantomeno gli arresti domiciliari, del Vanni per motivi di salute e di età: che cosa mi fu risposto, a sostegno del diniego? Mi si riferì una perizia medico-legale di cui io non ho mai avuto contezza, che ha conosciuto solo il GIP, sulla base della quale ha deciso. E questo è il Giudice è il terzo, è il super partes. Io credo che la Corte di Assise che mi sta ascoltando si renda conto della gravità di questa situazione perché se le ordinanze di custodia cautelare, quando sono state emesse, potevano avere il loro significato, potevano avere la loro valenza perché vi era tutta un'istruttoria che doveva essere fatta. In questo momento conservare queste ordinanze cautelare, che unite fra loro hanno come termine di partenza e di fine un anno di reclusione per Mario Vanni che ne ha già fatto un anno e tre mesi, è veramente una abnormità giuridica. Pertanto, per quello che riguarda questo primo punto io ritengo che con tutta tranquillità, con tutta serenità, la Corte oggi possa, con giudizio retroattivo, riportandosi a quel 12 febbraio, ordinare la remissione in libertà del Vanni perché i tempi massimi di custodia cautelare sono scaduti. Ma, visto che dobbiamo parlare in punto di libertà, questo difensore, come ha sempre fatto, e credo tutti me ne diano atto, in questo anno e mezzo di difesa appassionata, continua, di Mario Vanni, vi è da valutare comunque, indipendentemente da questo aspetto giuridico che secondo me è preliminare, che secondo me è assorbente, che secondo me esclude ogni altro tipo di osservazione, vi è da valutare se ai sensi del 274 e 275 Codice di procedura penale oggi sussistano quei requisiti necessari e sufficienti perché si debba continuare a tenere in carcere un uomo malato di circa 70 anni. Mancano pochi mesi perchè Mario Vanni compia 70 anni, li compie a dicembre. Lo vedete, lo avete visto da due giorni in che condizioni di salute è. Più volte nelle mie istanze, ahimè disattese, ho parlato e ho evidenziato che la misura coercitiva in carcere, secondo il nuovo Codice di procedura, è misura estrema, è misura ultima, è misura che deve essere soltanto emanata nel momento in cui tutte le altre misure non siano sufficienti per garantire gli interessi della collettività. E nei confronti di Mario Vanni, signori della Corte, vi sono oggi esigenze di carattere di inquinamento probatorio, da una sua remissione in libertà? In che cosa inquinerebbe il Vanni le prove? Ma veroddio, se Vanni era quello che si dice che è dal capo di imputazione, aveva 13 anni per inquinare le prove. E le inquinerebbe, o comunque minaccerebbe l'eventuale protetto, l'eventuale grande accusatore Lotti che si trova sotto protezione? Allora mi viene il dubbio: o l'istituto della protezione dei pentiti è un istituto formale, che non serve a niente; o se un qualsiasi Vanni può andare, minacciare il Lotti, che è sotto protezione. Quindi, pericolo di inquinamento, la prova ormai fatta, le richieste dei testi sono già state fatte, l'esamineranno loro tra poco tempo. Non vi è alcun atto, è stato compiuto l'incidente probatorio, a questo punto non vi è altro che il vaglio dibattimentale, quindi non vi è assolutamente nessun pericolo di inquinamento probatorio. La reiterazione, mi si potrebbe dire. Eh, Vanni potrebbe commettere reati della stessa indole. Ma non vi sovviene, in ritorno a ciò che ho detto precedentemente, un pensiero. Ripeto, dall'omicidio dell'85 non si è verificato, grazie a Dio, nessun altro omicidio. Se fosse stato il Vanni, che era libero, perché fino a questa indagine, fino all'indagine del '96, alla fine del '95 ha ricevuto i primi avvisi di garanzia. Se era lui veramente questo mostro che si vuol dire essere non avrebbe avuto il tempo di reiterare? Quindi non vi è, e io richiamo quelle sentenze della Cassazione che dicono che in punto di reiterazione il Giudice non si può limitare a fare una valutazione generica perché un soggetto che ha fatto certi fatti potrebbe ripeterli. Deve specificare per quali motivi seri, precisi, puntuali mi si dice che Vanni oggi è pericoloso. Vanni non lo è mai stato e non lo è nemmeno ora. Pericolo di fuga: signori della Corte, su questo mi sembra non ci sia nemmeno da parlare, lo vedete, è una persona che si trascina, che sta male, vi sono perizie in atti, c'è le certificazioni del carcere, di tutte le cure che sta facendo, lo vedete in che condizioni è e questo scappa. Scappa, da dove? Con quali soldi, che gli sono stati sequestrati. Pericolo di fuga, reiterazione, inquinamento probatorio, non vi è nulla per cui, indipendentemente da quanto vi ho detto prima, da quanto vi ho detto in punto di già affermata decadenza dei termini massimi, non vi sono oggi quei requisiti che siano necessari e sufficienti per mantenere in carcere Vanni Mario. E mi avvio, signor Presidente, signori della Corte, alla conclusione del mio intervento. Che è un intervento che ho cercato di fare nel modo più semplice e nel modo più breve e sintetico possibile in quanto ritengo che questioni, che sono questioni preliminari anche se di estrema importanza, perché vi è un uomo che da un anno e tre mesi ha perso la libertà personale che è uno dei beni fondamentali dell'uomo; un uomo che ha lasciato da un anno e tre mesi la moglie che è pacificamente persona incapace di provvedere a se stessa, persona epilettica, persona che ha grandi problemi di salute, che vive solo ed esclusivamente per l'aiuto di qualche persona che a San Casciano gli dà una mano, e vogliamo continuare in questa situazione? 'Facciamogli un processo sereno' ha detto il Presidente, ed è giusto. Io sono perfettamente d'accordo con lei Presidente, questo processo va fatto in maniera serena. Ma per dare serenità al processo è necessario che tutti si sia sereni e soprattutto si dia la possibilità a quest'uomo di ritornare a casa. Non volete perché ritenete prematuro, non sufficientemente garantito questa situazione che Vanni Mario andrebbe a scontare in quella enorme metropoli che è San Casciano. In una casa che si trova a 100 metri dalla caserma dei Carabinieri, con quindi possibilità che il Vanni eluda la sorveglianza, scappi via di notte, di giorno, vada all'estero, scappi alle Maldive. Non vogliamo nemmeno dargli gli arresti domiciliari in maniera tale che possa essere curato? E su questo delle cure io ho una ripetuta più volte doglianza: il Vanni è stato mandato, fin dal primo momento, dopo cinque giorni, o sette massimo, non ricordo esattamente, dal carcere della Dogaia al centro clinico di Pisa perché la stessa Procura si rese conto che Vanni non poteva stare in un istituto normale. Aveva necessità di cure e, ahimè, vedendone i risultati io devo presumere che ben poco gli sia stato fatto. Quest'uomo che era entrato in carcere, quando lo vidi la prima volta era una persona, come si potrebbe dire a Firenze, vispa, una persona brillante, una persona che capiva, una persona che rispondeva a tono e oggi lo vedete qui quasi catatonico. Non parla, non dice nulla. Le uniche cose che mi ha detto in questi due giorni, l'avvocato Filastò l'ha sentito anche lui, l'unica sua preoccupazione: 'a che ora mangio, se mi danno da mangiare'. Un uomo che è imputato di cinque omicidi. Questo vuol dire che è un uomo distrutto, che sta male, che ha bisogno di cure psichiatriche, psicologiche, ha necessità di rientrare nel suo habitat e continuiamo a tenerlo in carcere. È da tre giorni che è stato portato a Sollicciano, ancora da Pisa non gli hanno mandato i vestiti. È da tre giorni che non si può fare la barba perché non c'ha niente. E questa è l'umanizzazione della pena tanto decantata, ma qui siamo alla barbarie più pura, all'annullamento della personalità che si vuol fare, si vuol costringere Vanni, a un certo punto, come si fa tante volte con il regime duro carcerario, perché ci si inventi qualche cosa, si deve ammettere cose che non ha fatto! Questo gli si vuole. E allora, e ho concluso, io insisto perché la Corte di Assise voglia fare finalmente un provvedimento che si distacchi da questa palude di provvedimenti operati dal GIP, operati dai Tribunali della Libertà, di cui uno soltanto capì la situazione, subito dopo la terza ordinanza di custodia cautelare. Che disse testualmente: "Non vi è più pericolo di inquinamento probatorio, non vi è più pericolo di niente. Misure necessarie e sufficienti sono gli arresti domiciliari". Questo disse l'unico Tribunale della Libertà che si discostò dal coro che da tante parti si è voluto fin dall'inizio fare dicendo 'Vanni è il mostro'. E dagli al mostro, deve restare dentro! Tutto ciò non è giustizia. Pertanto io insisto perché in tesi venga Mario Vanni scarcerato per decorrenza dei termini, in ipotesi comunque scarcerato per assoluta insussistenza delle esigenze cautelari e, in subordinata ipotesi, quantomeno gli vengano concessi gli arresti domiciliari. 

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