martedì 11 gennaio 2011

Ruggero Perugini - Deposizione del 23 maggio 1994 - Seconda parte

Segue dalla prima parte.

P.M.: Dottore, noi proviamo ad andare avanti, eh?
R.P.: Si.
P.M.: Almeno noi dobbiamo, almeno lei, cortesemente spiegare la sua indagine.
R.P.: Perfetto. Niente. E il Pacciani interviene, leggendo gli atti di quel processo…
P.M.: Spieghi pure perché, dottore, spieghi pure perché da questo insieme di conoscenze sugli omicidi lei ha cominciato ad indagare su Pacciani.
R.P.: Si, beh, il, allora cominciamo a dire come siamo arrivati al nome di Pacciani.
P.M.: Certo. Con tutti i dettagli perché così…
R.P.: La cosa in sé inizia nell’89, per essere precisi a giugno del 1989. Nel giugno del 1989 una delle ipotesi che noi ci ponevamo di indagine che noi sviluppammo, una delle tantissime, fu il silenzio dell’autore dei duplici omicidi fra alcuni omicidi e un altro, in particolare dopo l’ultimo omicidio, a giugno del 1989 erano passati quasi quattro anni dal settembre ’85 quando fu consumato l’ultimo duplice omicidio nella piazzola di Scopeti. Una delle possibili ipotesi, ecco, le ipotesi potevano essere diverse, una era che l’autore fosse morto ma noi eravamo tenuti a considerare l’ipotesi peggiore cioè che fosse ancora vivo e pronto ad uccidere, allora che fosse stato trattenuto perché incapacitato materialmente ad uccidere, teniamo conto del fatto che l’85 segna la fine di una serie delittuosa in cui c’è stato un crescendo di omicidi: due omicidi nell’81, uno l’82, uno l’83, uno l’84, uno l’85, quindi eravamo tutti autorizzati a pensare che dopo quella serie il mostro avrebbe continuato su questa cadenza. Non lo fece e il fatto che lui non lo fece fu per noi un motivo di perplessità, dovemmo sviluppare queste possibilità, quindi come ho detto, l’ipotesi erano: morto; l’ipotesi era: è stato materialmente incapacitato: malattia, carcere, manicomio, ad uccidere; oppure si è sentita la Polizia troppo vicina e ha preferito interrompere, non era un fatto nuovo perché già considerando tutti i duplici omicidi, come noi siamo persuasi, commessi da un’unica mano, c’era il varco temporale fra il ’68 ed il ’74, il varco ancora più lungo fra il ’74 e l’81, molti anni. Le ipotesi che noi sviluppammo, partimmo dal presupposto che l’autore degli omicidi era vivo.
P.M.: Scusi dottore, sempre per cercare di essere più sintetici possibili ma per chiarire almeno il procedimento logico, come mai, questo bisogna dirlo, lei si convinse, lei come polizia, poi gli atti processuali qualcosa ci hanno già detto e li vedremo, si convinse che era un’unica mano? Lei ha detto come presupposto… Ce lo vuole spiegare?
R.P.: Allora io cercherò di essere il più chiaro e sintetico possibile purtroppo…
P.M.: E un po’ di tempo ci vuole
R.P.: Un minimo di tempo bisogna dedicarlo. Io prima ho parlato del modus operandi come il complesso di quegli atti che sono utilizzati dall’autore perché funzionano per esempio lo scegliere le notti buie, lo scegliere, il privilegiare un certo tipo di strumento lesivo, per esempio il recarsi in zone lontane dalla pubblica e privata difesa ma comunque lontane dallo sguardo, zone della campagna, ognuno di questi elementi a noi suggerisce qualcosa, però è il modus operandi, il modus operandi può anche variare nel corso del tempo, può variare nel corso del tempo in quanto l’autore si perfeziona, questa maggior sicurezza ripete quanto ha fatto alla luce dell’esperienza, però c’è un altro tipo di dati presenti sul luogo dell’omicidio, ogni scena del crimine racconta una storia e questa storia è in realtà costituita da quello che noi preferiamo chiamare la firma dell’assassino. Gli americani dicono il biglietto da visita. La firma dell’assassino è costituita da tutti quegli atti, quei comportamenti, quelle scelte che sono gratuite, che non sono strumentali rispetto alla commissione del reato, cioè non servono a conseguire l’uccisione, la morte delle vittime ma sono tipiche, caratteristiche, di un medesimo autore. Per esempio nei nostri casi, mi attengo ai nostri casi, dovrei fare gli esempi forse più evidenti ma credo che i nostri casi vadano bene. Per esempio la scelta di un medesimo bersaglio: la coppia. Vedete, in questa indagine si è sempre spesso parlato di ritualità, questo termine ha anche indotto una serie di illazioni: sette sataniche, insomma tutte ipotesi che lasciano il tempo che trovano, almeno alla luce dell’esperienza scientifica e di Polizia, però il rituale effettivamente esiste, ed è proprio la somma di tutti questi atti gratuiti: la scelta delle coppiette, un assassino sadico, un normale assassino sadico uccide, si prende una vittima, una prostituta, un passante, un… qualsiasi cosa, non ha, diciamo è disponibile a procurarsi qualsiasi tipo di vittima, no questo assassino qui vuole la coppia e questo è un dato estremamente importante perché significa e questa è una storia che ci racconta l’assassino stesso, significa che la coppia per lui è importante, che lui ha bisogno di una coppia. Un altro elemento che emerge dalla scena del crimine è che il vero centro dell’attenzione dell’assassino è la donna, il corpo femminile. Il corpo femminile che però ha un significato in quanto inserito in un ambiente di coppia. Dopo che ha ucciso l’uomo l’assassino mostra quasi disinteresse per lui, sembra quasi un ostacolo da eliminare ma prima ha un’importanza estremamente fondamentale perché serve a costituire la vittima e la vittima è la coppia, però sulla donna lui compie delle mutilazioni, mutilazioni che sono estremamente significative, mutilazioni che sono, non bisogna lasciarsi ingannare, sono piuttosto comuni, piuttosto comuni in certe serie omicidiarie…
P.M.: Almeno son sembrate a lei.
R.P.: Si, nei delitti sessuali normalmente, soprattutto in quelli che vengono chiamati lust-murder e cioè i delitti per voluttà, l’assassinio per voluttà l’assassino sbrana il corpo delle vittime, no? Qualche volta arriva all’estremo disgustoso del cannibalismo ma mostra un desiderio di possesso del corpo della vittima e naturalmente possesso che si rivolge agli organi sessuali. Nelle scene dei duplici omicidi del così detto mostro di Firenze c’è una mutilazione fredda, non c’è, non ci sono tracce di questa frenesia di sangue, di questa sete di sangue e tanto è vero che il codice penale tedesco la codifica, è una scena fredda, è una scena che suggerisce il disprezzo dell’assassino per la vittima, quale vittima? Per quella vittima, per quella donna inserita in situazione di coppia l’asportazione del pube e del seno sinistro, poi nel corso dell’indagine anche per i medici legali ci aiuteranno a definire meglio l’area di interesse, perché lui asporta il pube e la parte coperta di peli in particolare, quindi abbiamo questo tipo di mutilazione, chiamiamoli rituali, il segno di disprezzo, quegli omicidi, tutti gli omicidi sono un insulto alla donna, così vengono letti, così li abbiamo letti noi, così li hanno letti i medici legali, i periti di Modena, così li hanno letti gli americani che hanno quindici anni di esperienza in questo tipo di omicidi.
P.M.: Ecco rimaniamo a come l’ha letta l’indagine sua dottore.
R.P.: L’indagine, come l’abbiamo letta noi, è in questi termini: questo faceva parte della firma dell’autore ma ancora più importante…
P.M.: Il rituale quindi lei dice.
R.P.: Esatto. Il rituale. Ma ancora più importante, ancora più importante c’è la disposizione dei corpi sulla scena del crimine. Il mostro di Firenze allontana la donna dal corpo dell’uomo, vuole il corpo della donna lontano dal corpo dell’uomo e questo per noi era indicativo di un desiderio di possesso, questa era la forma di possesso, di gelosia.
P.M.: Che a voi è sembrata interessante.
R.P.: Che a noi è sembrata indicativa. Ora, non c’è bisogno di essere un esperto, di essere uno psichiatra o uno psicologo per dedurre queste cose, lo hanno fatto tutti, credo tutti coloro che a torto o a ragione si sono interessati di questo caso hanno letto le stesse cose, le abbiamo lette anche noi, le abbiamo lette anche noi e questo era un dato importante. Era un dato importante e era anche la gratuità di certe lesioni.
P.M.: Cioè?
R.P.: La gratuità di certe lesioni, tutti i corpi delle vittime mostrano ferite in numero superiore a quelle strettamente necessario per conseguire l’uccisione.
P.M.: Ecco. Capito benissimo.
Presidente: Quindi sarebbe l’over-killing di cui parlava prima.
R.P.: L’over-killing, esatto.
P.M.: Questo è quello che è sembrato a voi. Era il perché io avevo fatto quella domanda all’inizio, stavamo cercando di dire che sono seriali o almeno ci sono sembrati, non vogliamo forzare assolutamente nulla.
Presidente: Bene però in questa maniera diciamo più razionale perché si parte dall’ipotesi di lavoro…
P.M.: Beh, Presidente noi la prendevamo di là… Ora la prendiamo di fondo, è uguale insomma, il risultato a noi ci interessa.
R.P.: E poi se mi permette un’ultima osservazione.
P.M.: Prego.
R.P.: Un paio di osservazioni.
P.M.: Prego, prego signor Perugini.
Presidente: Sempre ipotesi di lavoro.
R.P.: Sempre ipotesi di lavoro. Sulla scena degli omicidi del mostro di Firenze c’è il duplice strumento: la pistola, il coltello, la pistola, il coltello. L’uso di un duplice strumento per noi è importante, io sto parlando di come ragionavamo noi, di come ragioniamo noi, di come abbiamo sviluppato l’indagine…
P.M.: Certo. Questa è la domanda, non si preoccupi.
R.P.: Le nostre deduzioni possono essere criticabili…
P.M.: Certamente, non si preoccupi dottore, io ho fatto la domanda come l’ha letti lei…
Presidente: D’altra parte sono fatti per voi a quel punto.
R.P.: Esatto.
P.M.: E i fatti stiamo esaminando, era questa, l’inizio delle domande era sui fatti.
R.P.: E mi consenta di introdurre un elemento dal quale parlo con una certa… Con una certa perplessità perché non vorrei che fosse preso come un fatto suggestivo ma in due dei duplici omicidi l’assassino asporta il seno sinistro della donna. L’asportazione del seno sinistro… Perché solo il seno sinistro? Perché proprio il seno sinistro?
P.M.: Penso che non sappiamo dare una risposta sicura.
Avvocato Bevacqua: E’ un perito?
Presidente: Giudizi no però eh…
Avvocato Bevacqua: Signor Presidente è un perito oppure è uno che ha fatto le indagini?
Presidente: Giudizi no, ipotesi di lavoro.
R.P.: Sto parlando di ipotesi di lavoro, sto raccontando di come abbiamo ragionato noi.
P.M.: Come avete letto dei fatti oggettivi.
R.P.: Come abbiamo letto dei fatti oggettivi
P.M.: Oh ecco, è diverso da ragionare!
R.P.: E con questo rispondo alla domanda precedente avendo raccontato in modo molto sintetico quello che abbiamo detto fin’ora. La domanda precedente è questa: un altro degli elementi che ci colpì fu che il Pacciani, nel delitto del ’51, parliamo delle analogie, dice: “A quell’orrendo spettacolo io non ci vidi più, uscii fuori dal cespuglio e uccisi”. “L’orrendo spettacolo” era il fatto che la sua fidanzata, sdraiata in terra sotto al Bonini, si era denudata il seno sinistro. Ora questo tipo di indagini noi ci siamo imbattuti in tanti casi e in tante suggestioni però certamente il fatto era interessante, molto interessante per noi, perché…
P.M.: Ai fini dell’indagine…
R.P.: Ovviamente.
P.M.: Dell’indagine successiva…
Avvocato Bevacqua: Non può deporre sulle dichiarazioni rese da un’altra parte, da un imputato o da una persona offesa o da un testimone, mi scusi signor Presidente!
Presidente: A parte tu… Vorrei…
P.M.: C’è la sentenza negli atti
A.B.: La sentenza è una cosa, la leggiamo tutti.
Presidente: Non nascondiamoci dietro a un dito.
A.B.: Sennò è finito tutto.
P.M.: No non è finito

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