Operaio di Tavarnelle Val di Pesa. L'8 dicembre 1995, dopo aver trascorso una serata presso un bar a San Casciano, intorno alla mezzanotte, aveva salutato gli amici e con il vecchio motorino Aprilia 50 aveva ripreso la strada verso casa ma ad un incrocio aveva perso il controllo del ciclomotore e si era schiantato contro un cancello. Morto sul colpo a 31 anni. Claudio Pitocchi era stato ascoltato il 30 maggio 1994, dalla Corte d'Assise nel processo Pacciani dopo che la Polizia aveva sequestrato a Pietro Pacciani un assegno pubblicitario Euronova, trovato all'interno del portafogli, con su scritto a penna sul retro"coppia Fi F73759" ed il numero di targa della Fiat 131 acquistata alla Chianticar di Certaldo nel 1985 da Pitocchi Claudio. Il giovane aveva confermato che con tale auto più volte si era appartato, sia con una ragazza di Mercatale, tale Lapini Scilla, alla quale era stato legato per due anni, sia con altre ragazze, nelle campagne di S.Casciano e anche nella zona degli Scopeti ma di non aver mai visto alcuno che li spiasse.
Lapini Scilla confermava di aver avuto col Pitocchi, nel 1987, una relazione sentimentale durata due anni; che con la Fiat 131 bianca di costui qualche volta la sera erano soliti fermarsi in luoghi non molto illuminati, anche a Mercatale, vicino al campo sportivo, o anche a Tavarnelle; che era possibile che qualche volta si fossero fermati a parlare sotto casa una diecina di minuti quando il ragazzo la riaccompagnava.
Lapini Scilla confermava di aver avuto col Pitocchi, nel 1987, una relazione sentimentale durata due anni; che con la Fiat 131 bianca di costui qualche volta la sera erano soliti fermarsi in luoghi non molto illuminati, anche a Mercatale, vicino al campo sportivo, o anche a Tavarnelle; che era possibile che qualche volta si fossero fermati a parlare sotto casa una diecina di minuti quando il ragazzo la riaccompagnava.
Pacciani si era difeso dicendo: "Io non ho mai preso numeri di targa" e in un memoriale del 30 gennaio 1993: "...se l'avessi scritto io era a scopo benefico, e avendo saputo chi erano, era per avvertirli dei pericoli che rischiavano appartandosi in luoghi solitari, e avevano messo cartelli in vari Locali, di avvertimento il nostro comune e io avvertiva pure le mie figlie tante volte, se si fosse trattato a scopo malefico, non avrei certo tenuto un indizio in casa, e inoltre se si fosse trattato di questo malvagio sarebbe intervenuto su di loro, come è successo prima, il male, e non lo hanno subito, segno era a scopo di bene..."
Rif.1 - Corriere della Sera - 9 dicembre 1995 pag.11Rif.2 - Sentenza della Corte di Assise dell'1 novembre 1994 contro Pietro Pacciani (testo in corsivo)
Vedi anche:
Claudio Pitocchi - Deposizione del 30 maggio 1994
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