“È stato alquanto difficile scrivere riguardo questo duplice omicidio che verrà oggi preso da spunto per iniziare a decifrare - seppur timidamente - la fantasia che ha spinto l’assassino ad uccidere.
Disegnare i corpi delle vittime è stato straziante. Più del solito. La loro giovane età, non potrebbe mai essere resa da nessuna matita. Soprattutto da quella di un dilettante come me. Ad ogni sguardo su quei volti levigati, ripenso alla drammaticità del tema che stiamo affrontando e di quante volte giochiamo su quanto accaduto a quei ragazzi. Non dovremo permettercelo, mai. Anzi, a voler essere sinceri, non dovremo permetterci un sacco di altre cose.
Ma questa è un’altra storia di cui un giorno, forse, parlerò.
Ora che entriamo nel vivo di questo percorso cercherò di rendere puntuali gli appuntamenti nonostante le ferie. Nel caso ritardassi, come questa volta, chiedo preventivamente venia.
Detto questo, auguro una buona lettura a chi legge e buone vacanze.”
E.O.
Percorrendo la strada provinciale Sagginalese, in direzione di Vicchio, sulla sinistra, c’è un viottolo sterrato, lungo circa 58 metri e delimitato a destra ed anteriormente, per chi vi accede, da un terrapieno alto circa 7 metri e ricoperto da vegetazione incolta; a sinistra, invece, è coperto da cespugli e sterpaglie oltre i quali si trova un campo coltivato da erba media. Sulla parte terminale del suddetto sentiero è parcheggiata una Fiat Panda 30, di colore celestino, avente la parte anteriore in direzione della provinciale.
Gli sportelli sono chiusi, di cui quello sinistro e posteriore con le sicure inserite; il vetro del finestrino sinistro abbassato per 8 cm; il vetro del finestrino destro è totalmente frantumato. Quasi al centro del paracolpi in plastica nera della portiera destra, che è uniformemente cosparso di polvere, si notano due aloni di forma semi circolare, del diametro di cm. 10x6 derivati da asportazione di polvere le quali distano dal suolo 60 cm. Le stesse che verranno utilizzate dai periti per ipotizzare un’altezza dell’omicida ben superiore ai 185 cm grazie ad una stima dell’altezza tibiale.
Sullo sportello destro, a circa 25 cm dal bordo sinistro del finestrino, in prossimità del canale di scorrimento del vetro si presenta una vistosa grossa goccia di sangue coagulata. Sul montante posto alla base di detto sportello, parte mediana, c’è una macchina di sangue a superficie striata verticalmente che ricade sul terreno sottostante, ove si nota che un fazzoletto di carta (anche qui) e l’erba posta nell’immediata vicinanza macchiata di sostanza ematica.
A cm. 40 dalla suora anteriore destra, sul terreno, perpendicolare alla base della fiancata dell’autovettura, c’è un bossolo cal. 22 col fondello percosso.
La chiave di accensione è inserita nel quadro mentre i sedili anteriori sono completamente ribaltati in aventi. L’aletta del parasole sinistro è abbassato. Nel vano della plancia si trova un contenitore in plastica di videocassette e nel portaoggetti dello sportello destro una copia de LA GAZZETTA DELLO SPORT del 25.05.1984 sul cui pagina 7 si nota una macchina di sangue, di forma tondeggiante, dal diametro di 2 cm.
In prossimità del pulsante di blocco interno dello sportello destro sono presenti striature di sostanza ematica poste diagonalmente; nella parte sottostante di queste, su altre tracce di sostanza ematica, sono residuati vari peli di colore nero.
Sui tappetini poggiapiedi, con più accentuazione per quelli posteriori, troviamo i frantumi del vetro del finestrino in parte sporchi di sangue. Sul tappetino destro c’è una torcia elettrica di colore blu. Sotto il sedile anteriore destro, tra i ferri di scostamento, si trovano un paio di jeans di colore blue, un paio di mocassini di stoffa di colore rosso, una borsa in pelle marrone da donna nonché un bossolo cal. 22.
Sul tappetino posteriore sinistro a cm 30 dalla base dello sportello e a cm. 20 dalla base del pianale posteriore un altro bossolo mentre un altro è a cm. 34 dalla base dello sportello e a cm 3 dalla base del pianale.
Sulla guida sinistra del sedile sinistro, parte terminale posteriore, è presente un altro bossolo; sotto di questo due scarpe di colore bianco da uomo.
Sul pianale posteriore, interamente ricoperto da moquette azzurro parallelamente alla fiancata sinistra, piegati a libretto uno sull’altro, ci sono il sedile e la spalliera; quest’ultima ha la superficie macchiata in più parti di striature di sostanza ematica e sul bordo superiore, parte mediana, dei residui di sostanza coagulata organica. Sotto il sedile suddetto ci sono: un paio di pantaloni da uomo di colore verde di tipo militari, macchiati di sangue (entro i quali verrà ritrovato il portafoglio del ragazzo trapassato da un proiettile, ritenuto nella tasca) ed una coperta, nell’angolo posteriore sinistro del pianale, una scatolina di metallo, colore verde o bianco, contenente una bustina con all’interno un profilattico. Un’altra bustina vuota di profilattico è tra le coperte assieme ad un orologio di metallo bianco.
Sul vetro del lunotto laterale destro, sono presenti vari schizzi di sangue in massima parte puntiformi; altri schizzi si notano sulla superficie laterale destra del lunotto, per chi osserva dall’interno.
Sulla destra del pianale, giace, sul fianco sinistro, il cadavere del ragazzo. E’ rigido, cereo, inodore, freddo, integro, senza pantaloni, con la testa rivolta al portellone posteriore, alla cui base aderisce con la regione parietale; gli occhi e la bocca sono chiusi, il viso è sporco di sangue e poggia con la guancia sinistra; dalla boccia fuoriuscita della sostanza organica. Questa è intervenuta dopo i primi colpi ricevuti segno di indici di vitalità del ragazzo che l’assassino potrebbe aver represso poi con le molte ferite d’arma bianca.
Il braccio destro è piagato verso il corpo, ha la mano con le dita leggermente flesse ed è incastrata sotto l’arto del costato inferiore destro; il sinistro è invece piegato sotto il corpo. Il tronco è leggermente ruotato a destra.
Gli arti inferiori sono uniti e piegati, il destro poggia a sinistra che, a sua volta poggia con la parte esterna sul pianale; i piedi pendolo dal pianale in direzione del sedile anteriore destro.
Il cadavere indossa una maglia a mezza manica, di colore beige con righe blu, macchiata di sangue con più accentuazione nella parte inferiore; un paio di slip completamente intrisi di sangue ed un paio di calzini bianchi anche essi macchiati di sangue.
Tutte le superfici utili, allo scopo di porre in evidenza eventuali impronte papillari latenti, sono state cosparse con polvere esaltatrici in alluminio, mettendo così in evidenza due serie di 5 frammenti d’impronte sul montante superiore dello sportello destro.
Relativamente ai colpi d’arma da fuoco il ragazzo è stato attinto da un colpo in regione auricolare sinistra, penetrato nelle strutture encefaliche in sede temporale, con proiettile ritenuto; un colpo all’emitorace sinistro, poco penetrante e ritenuto nella cute sottostante (dotato di scarsa energia avendo prima frantumato il vetro); un colpo all’ipocentro sinistro che, con tragitto obliquo dal basso in alto e dall’aventi indietro, ha interessato stomaco, diaframma e poltrone sinistro, per fermarsi in regione dorsale, dove il proiettile è stato rinvenuto; un quarto colpo ha perforato i pantaloni determinando - dicono i periti - la lesione contusiva in regione glutea (ma ciò significherebbe che questi li avesse indosso il ragazzo mentre sono stati rinvenuti piegati e sotto il sedile). L’emitorace sinistro è stato inoltre interessato da un frammento di proiettile.
È stato inoltre colpito numerose volte (10) con uno strumento da punta e da taglio, più precisamente: all’emitorace sinistro (1), al fianco sinistro (2), all’ipocondrio (1), alla fossa iliaca destra (1), all’avambraccio destro (1), alla coscia sinistra (2) ed in regione lombare destra (2) tutte con scarsi indici di vitalità. (Si presenta qui un problema di fonte perché l’esame autoptico differisce dalla perizia nel numero di un colpo inferto).
Sulla destra della vettura, i rovi ed i cespugli presentano tracce di calpestio verso il campo. Nella parte terminale, all’inizio della coltivazione, si trova il cadavere della ragazza. Giace sul terreno in posizione supina con la testa rivolta verso l’autovettura e ruotata verso sinistra ed i piedi verso un casolare che dista circa 500 metri.
L’occhio sinistro è semi aperto, l’altro e la bocca chiusa.
Il braccio destro indotto e disteso lateralmente, poggia con la parte posteriore e la mano cinge (sic) degli indumenti (camicetta e reggiseno) intrisi di sangue; il sinistro, indotto, poggia con la regione radiale.
Gli arti sono divaricati e distesi. Al di sotto è uno slip tanga strappato (sic) su di un lato. Sulla guancia sinistra una macchina di sangue coagulato che seguendo la linea di gravità imbratta braccio ed ascella.
Ai lobi degli orecchi orecchini in metallo giallo, al collo una catenina di metallo giallo, spezzata nella parte anteriore, all’anulare ed al medio della mano sistri due anelli in metallo. Al polso sinistro un orologio intriso di sangue col cinturino slacciato.
La ragazza è stata attinta da un colpo d’arma da fuoco in regione zigomatica mascellare destra che, penetrato nella cavità cranica, ha interessato la regione sfenoidale, la massa encefalica, per essere poi ritenuto a livello bulbare (No, Sig. Lotti non ha gridato mentre la tiravano fuori).
Secondo colpo avrebbe interessato l’avambraccio sinistro ma nella relazione peritale, come per quanto riguarda il fidanzato, si dibatte sull’autonomia di tale colpo. In poche parole se questo fosse quello poi finito sullo zigomo della ragazza (colpo da tramite e da difesa).
Si presentano inoltre due ferite da punta e da taglio in regione altero cervicale destra, con interessamento dei tessuti molli e del fascio vascello nervoso ma senza danno a carico dei vasi di calibro maggiore. Dette ferite presenta fatti emorragici nei due tramiti. Ancora, purtroppo: sette piccole ferite piuttosto superficiali all’emitorace sinistro, lateralmente alla zona di escissione mammaria; vicine tra loro e non infiltrate.
Numerose lesioni escoriate da trascinamento.
La regione mammaria sinistra ha subito l’asportazione totale della mammella per una superficie rotondeggiante del diametro di 18 cm. Il fondo di tale lesione è grossolanamente piano ed espone il grasso sottomammario per quasi tutta la superficie, ad eccezione della parte inferiore, più profonda, che mette a nudo il piano muscolare. I margini di detta lesione sono abbastanza netti e non infiltrati ma risultano interrotti da piccole incisore a vari livelli; si rileva inoltre l’asportazione del pube, della regione perivaginale, di parte della faccia interna delle cosce alla loro radice e di parte della regione perianale.
I margini sono netti, precisi continui senza irregolarità ad eccezione della solita piccola insicura ad ore 8. Assenza di infiltrazione e quindi, fortunatamente, di vitalità.
******
Il duplice delitto del Luglio del 1984 si presenta particolarmente atroce agli occhi di chi guarda per alcuni elementi che, purtroppo, caratterizzano la scena: 1) la giovane età delle vittime; 2) l’escissione - oltre al pube - del seno sinistro della vittima femminile.
Giunti ormai al nostro nono appuntamento, è tempo ora di affrontare due temi essenziali per la natura di questo nostro percorso: il concetto di colpa e quello di pena.
La colpa.
Dovremo qui distinguere il concetto di colpa da quello di colposo, identificandola invece come un concetto più vicino a quello di imputabilità. Attribuzione, quindi, di un fatto ad un soggetto - di cui ne è autore - in quanto prodotto di una sua azione (od omissione) volontaria, cosciente e consapevole. Nel nostro caso, il fatto attribuibile alle vittime è rappresentato dalla condizione in cui queste si trovano quando (e soprattutto per cui) vengono uccise. E la condizione, come già era stato anticipato, comune a tutte le scene del delitto fino al momento di cui si scrive (ma che comprenderà anche il duplice delitto del 1985) è il trovarsi appartati in luoghi pubblici fra persone non sposate.
Il celibato poteva tranquillamente dedursi, per l’omicida, già dalla situazione di fatto del trovare due persone, giovani, racchiuse in automobile ad amoreggiare. Difficilmente, difatti, si sarebbero trovate due persone sposate potendo queste beneficiare di una casa dove stare. E, nel caso in cui queste lo fossero state, sarebbe stato plausibile un rapporto fedifrago, e che fossero sì sposate ma non certo con chi era con loro in automobile. Anche se, forse, in quegli anni, chi voleva tradire il proprio partner avrebbe preferito una sistemazione alberghiera. In ogni caso, la giovane età dei bersagli ed il loro trovarsi in automobile ad amoreggiare poteva essere valido motivo per l’omicida per identificarli come non sposati tra di loro.
Ed è una situazione, questa, che l’assassino ricerca al fine di lederla, di infrangerla, di punirla. Sia questa commessa tra due giovani in uno stato ormai consumato, sia in uno stato di effusioni, di preliminari o di stretta anticipazione dell’atto sessuale. L’omicida è sempre coerente col suo proposito criminoso, quantomeno in tema di vittime.
La situazione generale che ricerca - e trova - è sempre la medesima, quantomeno nella fase pre morte: una coppia di giovane (anzi giovanissimi in questo ultimo caso del 1984), non sposata, uccisi nell’immediatezza dell’agguato, durante un giorno festivo o prefestivo, dopo cena (ma mai tanto oltre la mezzanotte), in un luogo appartato ma mai troppo distante da una strada di via principale, facilmente raggiungibile in auto ma anche a piedi, potendovi lasciare la vettura poco distante.
Anche in questo delitto - seppur di non facile ricostruzione - vediamo che l’assassino direziona la sua aggressione ad un imminente fine mortifero dei due giovani, mirando al volto dei ragazzi.
La difficoltà nella ricostruzione risiede nella direzione dei colpi ricevuti dai due giovani (soprattutto l’uomo) e la fonte di questi, ovvero il finestrino lato passeggero.
Considerando l’ipotesi per la quale i due ragazzi si trovassero già nella parte anteriore della panda, dalla quale era stato divelto il divanetto, si vedrebbe il ragazzo semi-seduto col fianco sinistro rivolto verso il parabrezza/finestrinopasseggero da dove, appunto, provengono i colpi che si infrangono, difatti, sul porzione di corpo esposta. La ragazza, diversamente, poteva essere seduta frontalmente essendo stata colpita allo zigomo destro.
L’omicida esplode qui 5 colpi d’arma da fuoco, due dei quali diretti al cranio dei due ragazzi con fini evidentemente mortiferi nel senso di giungere alla morte nel modo più rapido possibile come aveva fatto anche negli anni precedenti ad esclusione del delitto del 1974 dove, ancora inesperto, era mancato di mira e precisione preferendo un’irruenza che lo aveva costretto a finire la povera ragazza col coltello. Le altre circostanze collimano così come negli altri delitti.
Di diverso e di pregevole interesse ai nostri fini è rappresentato da quello che accade dopo la morte dei ragazzi.
Come tristemente noto e da come si può vedere nelle immagini allegate al testo, l’omicida oltre alla zona pubica asporta anche il seno sinistro della giovane oltre ad altre non meglio identificate ferite (ma credo si possano ritenere da punta e da taglio) poco sotto la zona escissa.
Rispetto a tale punto, si è spesso detto trattarsi di una evoluzione della fantasia dell’omicida che migliora, modifica ed evolve il proprio agire come accompagnamento ad una fantasia che non poteva più appagarsi con la sola asportazione della zona pubica. Andando totalmente controcorrente rispetto al comunemente detto, riteniamo censurabile quest’assunto non riconoscendo nell’attività post mortem dell’assassino alcuna evoluzione, se non in un solo caso come verrà di seguito spiegato.
Il termine evoluzione, nei termini di cui sopra, può essere considerato come un sinonimo di sviluppo, trasformazione, miglioria, qui, fra due elementi di cui, questo cambiamento rappresenta, appunto, un logico passaggio graduale fra questi.
A ben vedere però il tema dell’evoluzione, nei comportamenti umani, mal si confà quando un’azione umana è dettata ad un evento esterno. Quando cioè questa rappresenta la reazione ad un input. Basti pensare a qualsiasi nostra reazione emotiva e quindi comportamentale. Questa si evolve, presentando dei cambiamenti dettati dal nostro io e dal nostro bagaglio esperenziale quando l’input si presenta come uguale e costante, diversamente avremo input differenti e conseguentemente reazione diverse. Come possiamo considerare l’evoluzione di un comportamento come tale se questo è dettato da una situazione diversa dalla precedente. Davvero riteniamo di poter considerare come la trasformazione di una fantasia quella dettata da uno stimolo diverso. O potrebbe essere, più correttamente, essere considerata come una reazione a sé, coerente con le proprie convinzioni, con il proprio credo, ma dettata non da una propria evoluzione autogena ma da input esterni diversi.
Troveremo così più corretto identificare tale pratica post mortem dell’omicida che si sussegue negli anni, non come evoluta, bensì some modulata. Quella che sembra una mera bizza lessicale, presenta invece - a nostro avviso - notevoli e sostanziali conseguenze.
Pensiamo ai delitti fin ora affrontati.
La situazione generale, come prima descritti è comune per ogni delitto. Quella particolare, invece si distingue di volta in volta, generando - ovviamente - reazioni diverse in chi lo osserva.
Iniziamo così ora ad introdurre il concetto di pena.
Contando tutti i delitti ad ora avvenuti, questi presentano condizioni particolari diverse tra loro. Benché difatti si tratti sempre di una coppia appartata con le caratteristiche soggettive ed oggettive descritte, l’atteggiamento e la situazione con cui queste si presentano all’omicida sono diverse ogni volta, tanto da suscitare in lui reazioni differenti, oltre alla comune morte di cui tutti loro erano - per lui sia chiaro - meritevoli. Come ben tutti noi sappiamo, il grado di vestizione di due persone è un chiaro indice di una sessualità più o meno avanzato. Due persone completamente nude, avranno un tenore sessuale ben diverso rispetto a due vestite o semi-spogliate. E se nell’intenzione dell’omicida vi è un evidente motivazione di uccidere una data situazione di due persone tra di loro appartate, potrebbe questa generare in lui diverse fantasie lesive qualora la situazione fra i due sia ad un grado diverso rispetto ad un altro.
Ricordiamo i due duplici omicidi del 1981, dove le coppie vengono uccise in un primo momento di svestizione, durante - probabilmente date le circostanze - i preliminari. Qui l’omicida, ad una situazione generale e particolare pressoché identica, reagisce in una funzione maggiormente punitiva rispetto alla morte, con l’escissione del pube e con altre ferite da punta e da taglio in quelle zone (Ottobre ’81) coperte invece nel delitto del Giugno dello stesso anno.
Basta osservare i due ritratti per poter apprezzare le incredibili somiglianze tra i due delitti.
Stessa considerazione potrebbe essere fatta per il delitto del 1982 e quello del 1968 (anche se, in merito a questa corrispondenza sarà presente più avanti un apposito approfondimento). Anche qui, le due coppie, completamente vestite se non per i pantaloni solo sganciati della vittima maschile del 1968 non porta al compimento di alcuna azione lesiva aggiuntiva, in quanto come già detto in Udm7 la condotta omicidiaria poteva già ritenersi esaurita con la semplice (mai parola potrebbe essere più scomoda) morte dei giovani, rei di una colpa meno grave rispetto ai coetanei precedenti.
L’omicidio del 1983 presenta invece una situazione per l’omicida in cui non si era mai imbattuto, ovvero due uomini, ma che presenta le stesse caratteristiche generali di cui sopra e che non provoca in lui alcuna attività susseguente alla morte né correttiva (vd. L'uomo dietro il mostro 8).
Arrivando ora al 1984, l’assassino si trova di fronte ad una situazione: ragazzo in mutande, calzini e maglietta con forse indosso i pantaloni (che poi l’omicida avrebbe sfilato o a cui avrebbe sparato perché tenuti sollevati dal ragazzo?), ragazza completamente nuda ad eccezione delle mutandine che da rapporto vengono descritte come strappate e quindi non tagliate come per quello delle vittime del 1981. Particolare questo che riconferma quanto già detto in merito (vd. L'uomo dietro il mostro 5), ovvero che queste risultano tagliate quando l’assassino ha già in mano la lama per averla utilizzata per recidere i pantaloni (o la gonna) seguendo quindi la linea del suo agire, quando invece la ragazza indossa solo quelle (1974 e 1984) è l’assassino stesso a strapparle, non avendo nessun ostacolo da recidere tra lui ed il pube.
È la prima volta dal 1974 che l’omicida si trova di fronte la stessa situazione generale e particolare. Le altre (1981, Ottobre 1981, 1982 e 1983) erano difatti tutte diverse.
E qui, per la prima ed unica volta, la fantasia dell’omicida - e conseguentemente il suo agire da questa dettata - compie una evoluzione quando appunto l’input che riceve è il solito, dopo 10 anni in cui è sia anagraficamente che omicidiariamente più maturo. Osserviamo la somiglianza fra le vittime e come queste vengono ritrovate, a nostro avviso impressionante.
Non sarebbe forse erroneo considerare la morte come “pena principale” ed i colpi post mortem o le escissioni come “pene accessorie”. Pena, principale ed accessoria, che in perfetta sintonia con i principi dell’età dei lumi racchiuderebbe in sé sia il proprio carattere retributivo sia general preventivo o deterrente. Il carattere retributivo si manifesta come corrispettivo di quanto commesso dalla coppia al momento in cui questa viene in contatto con l’omicida. Alla maggior nudità dei corpi e quindi al maggior coinvolgimento sessuale della coppia, l’omicida corrisponde una pena base consistente nella privazione della vita, ed altre accessorie come i colpi post mortem o le escissioni. In ottica retribuita, alla maggior esposizione del corpo nudo (e di conseguenza anche dell’attività sessuale consumata) l’assassino infierisce maggiormente sui corpi delle vittime, concentrandosi maggiormente su quello della donna, meritevole quindi di maggior pena.
Il carattere preventivo della pena esplica invece il suo effetto deterrente nell’opera di messa in scena an plein air dell’opera delittuosa. In tutti i delitti (eccetto quello del 1985, non a caso l’ultimo) attributi all’omicida delle coppiette, l’omicida non occulta mai i cadaveri. Non tenta di nascondere il frutto della sua azione, ma anzi lo esalta.
L’omicida lascia agli occhi dei propri spettatori una orribile rappresentazione del suo agito. Spettatori composti sia dagli organi inquirenti sia, grazie all’opera dei mezzi di comunicazione, la collettività stessa. Lungi dal rischiare di porgere un complimento con questo termine ad un perfido assassino, la “teatralità” in questo caso identifica una particolare attenzione dell’omicida per il momento in cui verranno ritrovati i cadaveri.
L’omicida utilizza, quindi, la pubblicità data ai suoi omicidi come mezzo per inviare un messaggio a quella collettività di cui lui stesso fa parte ed al contempo sente di dover educare. Le orribile nefandezze dell’assassino, dunque, riecheggiano indirettamente in ogni dove mandando un messaggio ben preciso e purtroppo non sempre compreso: non dovete voi compiere questi atti, in questi luoghi ed in questi momenti altrimenti la punizione che meritate è questa. Il tutto sotto forma di un vero e proprio principio di legalità: chiarezza sul fatto vietato e conseguenze per questo stabilite.
La cosa curiosa, è che l’omicida, il Mostro, qua, non si inventa niente. Anzi, prende appunti e copia, riproducendolo a sua immagine e somiglianza.
Perché sì, tutto quello che fa era già stato scritto. E non da lui.
Segue... (A settembre).
Rispetto a tale punto, si è spesso detto trattarsi di una evoluzione della fantasia dell’omicida che migliora, modifica ed evolve il proprio agire come accompagnamento ad una fantasia che non poteva più appagarsi con la sola asportazione della zona pubica. Andando totalmente controcorrente rispetto al comunemente detto, riteniamo censurabile quest’assunto non riconoscendo nell’attività post mortem dell’assassino alcuna evoluzione, se non in un solo caso come verrà di seguito spiegato.
Il termine evoluzione, nei termini di cui sopra, può essere considerato come un sinonimo di sviluppo, trasformazione, miglioria, qui, fra due elementi di cui, questo cambiamento rappresenta, appunto, un logico passaggio graduale fra questi.
A ben vedere però il tema dell’evoluzione, nei comportamenti umani, mal si confà quando un’azione umana è dettata ad un evento esterno. Quando cioè questa rappresenta la reazione ad un input. Basti pensare a qualsiasi nostra reazione emotiva e quindi comportamentale. Questa si evolve, presentando dei cambiamenti dettati dal nostro io e dal nostro bagaglio esperenziale quando l’input si presenta come uguale e costante, diversamente avremo input differenti e conseguentemente reazione diverse. Come possiamo considerare l’evoluzione di un comportamento come tale se questo è dettato da una situazione diversa dalla precedente. Davvero riteniamo di poter considerare come la trasformazione di una fantasia quella dettata da uno stimolo diverso. O potrebbe essere, più correttamente, essere considerata come una reazione a sé, coerente con le proprie convinzioni, con il proprio credo, ma dettata non da una propria evoluzione autogena ma da input esterni diversi.
Troveremo così più corretto identificare tale pratica post mortem dell’omicida che si sussegue negli anni, non come evoluta, bensì some modulata. Quella che sembra una mera bizza lessicale, presenta invece - a nostro avviso - notevoli e sostanziali conseguenze.
Pensiamo ai delitti fin ora affrontati.
La situazione generale, come prima descritti è comune per ogni delitto. Quella particolare, invece si distingue di volta in volta, generando - ovviamente - reazioni diverse in chi lo osserva.
Iniziamo così ora ad introdurre il concetto di pena.
Contando tutti i delitti ad ora avvenuti, questi presentano condizioni particolari diverse tra loro. Benché difatti si tratti sempre di una coppia appartata con le caratteristiche soggettive ed oggettive descritte, l’atteggiamento e la situazione con cui queste si presentano all’omicida sono diverse ogni volta, tanto da suscitare in lui reazioni differenti, oltre alla comune morte di cui tutti loro erano - per lui sia chiaro - meritevoli. Come ben tutti noi sappiamo, il grado di vestizione di due persone è un chiaro indice di una sessualità più o meno avanzato. Due persone completamente nude, avranno un tenore sessuale ben diverso rispetto a due vestite o semi-spogliate. E se nell’intenzione dell’omicida vi è un evidente motivazione di uccidere una data situazione di due persone tra di loro appartate, potrebbe questa generare in lui diverse fantasie lesive qualora la situazione fra i due sia ad un grado diverso rispetto ad un altro.
Ricordiamo i due duplici omicidi del 1981, dove le coppie vengono uccise in un primo momento di svestizione, durante - probabilmente date le circostanze - i preliminari. Qui l’omicida, ad una situazione generale e particolare pressoché identica, reagisce in una funzione maggiormente punitiva rispetto alla morte, con l’escissione del pube e con altre ferite da punta e da taglio in quelle zone (Ottobre ’81) coperte invece nel delitto del Giugno dello stesso anno.
Basta osservare i due ritratti per poter apprezzare le incredibili somiglianze tra i due delitti.
L’omicidio del 1983 presenta invece una situazione per l’omicida in cui non si era mai imbattuto, ovvero due uomini, ma che presenta le stesse caratteristiche generali di cui sopra e che non provoca in lui alcuna attività susseguente alla morte né correttiva (vd. L'uomo dietro il mostro 8).
Arrivando ora al 1984, l’assassino si trova di fronte ad una situazione: ragazzo in mutande, calzini e maglietta con forse indosso i pantaloni (che poi l’omicida avrebbe sfilato o a cui avrebbe sparato perché tenuti sollevati dal ragazzo?), ragazza completamente nuda ad eccezione delle mutandine che da rapporto vengono descritte come strappate e quindi non tagliate come per quello delle vittime del 1981. Particolare questo che riconferma quanto già detto in merito (vd. L'uomo dietro il mostro 5), ovvero che queste risultano tagliate quando l’assassino ha già in mano la lama per averla utilizzata per recidere i pantaloni (o la gonna) seguendo quindi la linea del suo agire, quando invece la ragazza indossa solo quelle (1974 e 1984) è l’assassino stesso a strapparle, non avendo nessun ostacolo da recidere tra lui ed il pube.
È la prima volta dal 1974 che l’omicida si trova di fronte la stessa situazione generale e particolare. Le altre (1981, Ottobre 1981, 1982 e 1983) erano difatti tutte diverse.
E qui, per la prima ed unica volta, la fantasia dell’omicida - e conseguentemente il suo agire da questa dettata - compie una evoluzione quando appunto l’input che riceve è il solito, dopo 10 anni in cui è sia anagraficamente che omicidiariamente più maturo. Osserviamo la somiglianza fra le vittime e come queste vengono ritrovate, a nostro avviso impressionante.
Non sarebbe forse erroneo considerare la morte come “pena principale” ed i colpi post mortem o le escissioni come “pene accessorie”. Pena, principale ed accessoria, che in perfetta sintonia con i principi dell’età dei lumi racchiuderebbe in sé sia il proprio carattere retributivo sia general preventivo o deterrente. Il carattere retributivo si manifesta come corrispettivo di quanto commesso dalla coppia al momento in cui questa viene in contatto con l’omicida. Alla maggior nudità dei corpi e quindi al maggior coinvolgimento sessuale della coppia, l’omicida corrisponde una pena base consistente nella privazione della vita, ed altre accessorie come i colpi post mortem o le escissioni. In ottica retribuita, alla maggior esposizione del corpo nudo (e di conseguenza anche dell’attività sessuale consumata) l’assassino infierisce maggiormente sui corpi delle vittime, concentrandosi maggiormente su quello della donna, meritevole quindi di maggior pena.
Il carattere preventivo della pena esplica invece il suo effetto deterrente nell’opera di messa in scena an plein air dell’opera delittuosa. In tutti i delitti (eccetto quello del 1985, non a caso l’ultimo) attributi all’omicida delle coppiette, l’omicida non occulta mai i cadaveri. Non tenta di nascondere il frutto della sua azione, ma anzi lo esalta.
L’omicida lascia agli occhi dei propri spettatori una orribile rappresentazione del suo agito. Spettatori composti sia dagli organi inquirenti sia, grazie all’opera dei mezzi di comunicazione, la collettività stessa. Lungi dal rischiare di porgere un complimento con questo termine ad un perfido assassino, la “teatralità” in questo caso identifica una particolare attenzione dell’omicida per il momento in cui verranno ritrovati i cadaveri.
L’omicida utilizza, quindi, la pubblicità data ai suoi omicidi come mezzo per inviare un messaggio a quella collettività di cui lui stesso fa parte ed al contempo sente di dover educare. Le orribile nefandezze dell’assassino, dunque, riecheggiano indirettamente in ogni dove mandando un messaggio ben preciso e purtroppo non sempre compreso: non dovete voi compiere questi atti, in questi luoghi ed in questi momenti altrimenti la punizione che meritate è questa. Il tutto sotto forma di un vero e proprio principio di legalità: chiarezza sul fatto vietato e conseguenze per questo stabilite.
La cosa curiosa, è che l’omicida, il Mostro, qua, non si inventa niente. Anzi, prende appunti e copia, riproducendolo a sua immagine e somiglianza.
Perché sì, tutto quello che fa era già stato scritto. E non da lui.
Segue... (A settembre).
5 commenti:
Signor Oltremari,
mi piacerebbe sapere chi sia l'individuo con un figlio di 10-11 anni che all'epoca dei delitti 1981 era stato sospettato, anche solo le inziali.
I sardi entrarono nelle indagini mdf nel 1982, e nel 1981 mi pare fosse sospettato solo Enzo Spalletti.
grazie ancora per il lavoro che sta facendo, molto, molto interessante.
Salve Orbital,
In tutta onestà non riesco davvero a capire di chi stia parlando.
A questo punto, a meno che non si tratti di una mia incomprensione riguardo il tema della sua richiesta, le rigiro la domanda chiedendole chi sia l'individuo a cui lei si riferisce.
Grazie a lei per l'interessamento e le belle parole spese,
E.O.
Grazie per la risposta. Trovo la sua monografia che a puntate sta pubblicando su questo blog, sia l'analisi più razionale che abbia mai letto sulla vicenda.
Una piccola introduzione.
Scrivevo nel vecchio forum MdF, ora purtroppo chiuso (http://mostrodifirenze.forumup.it/)
Purtroppo anche i link ai miei post sono stati cancellati - come tutto il forum-, inutile dire anche sotto quale nick scrivevo, ma le posso dire che nel forum ero giunto ad avanzare le stesse perplessità su alcuni punti che vengono dati per scontati.
Ad esempio non riuscivo a spiegarmi come il mdf era arrivato all'omicidio dei due tedeschi nel furgone tramite un errore, non solo perchè uomini, ma neppure gay.
Ma come (mi chiedevo), il mostro esce di casa e spara a caso dentro a un mezzo senza accertarsi di cosa stiano facendo chi vi sta dentro? (due amici a leggere un giornale? una coppia ad ascoltare la radio? a fumare? a discutere? ecc..).
L'omicidio dell'82.
Il punto di arrivo e di fuga dell'assassino, non dalla via principale ma dal bosco retrostante, implica di nuovo una scelta premeditata del luogo, perchè quindi considerarlo un luogo meno calcolato e più contingente degli altri?
Altra mia curiosità era data dall'arma bianca. Nel 1968, l'aveva con sè? Nel 1974, l'uso della lama, quanto era premeditato e quanto contingente?
Queste e mie altre perplessità che nel forum non trovavano risposte, vengono argutamente analizzate, e secondo me risolte nel suo lavoro. Ancora complimenti.
Tornando adesso alla domanda iniziale, mi riferisco alla sua puntata numero 6
(http://insufficienzadiprove.blogspot.com/2018/06/luomo-dietro-il-mostro-6-di-e-oltremari.html)
quando scrive
Ipotizzando una tal relazione troveremo un soggetto (l’omicida) che durante i giorni infrasettimanali non può uscire di casa la sera perchè, appunto, ha il proprio figlio in casa, di un’età incompatibile con la possibilità di rimanere appunto da solo la sera e la mattina successiva (massimo 10/11 anni?).
Nei commenti sottostanti Edgar A. Doe ha detto...
Comunque se non sbaglio uno dei personaggi indagati nel 1981 abitava con il proprio figlio,il piu giovane.Penso che all'epoca avesse 10-11 anni.Anche se il personaggio in questione secondo gli atti abitava con una nuova compagna e non da solo.
Ancora sotto abbiamo la sua risposta
Circa la persona attenzionata sì, potrebbe benissimo essere compatibile. Anche se, ritengo più probabile una libertà "attiva" dell'omicida, cioè che sia lui a crearsela e non a profittare della mancanza altrui (magari aleatoria). Però possibile, certo.
La mia domanda quindi, rivolta a lei e a Edgar A. Doe, è la seguente:
Quale persona con un figlio di 10/11 anni, indagata nel 1981, vi riferite?
Anche solo le iniziali.
Grazie per l'attenzione.
Buonasera Orbital,
Purtroppo non ho mai seguito né frequentato troppo il vecchio forum, pertanto non sono a conoscenza di alcuna teoria passata lì di mezzo.
Circa la sua domanda: il mio riferimento nella puntata6 era puramente di profilazione, cioè tramite un ragionamento abduttivo cercavo di disegnare la persona del colpevole di questi delitti partendo dai dati che avevo a disposizione.
Quanto scritto dall'utente E.A.Doe, facevo leva su una sua conoscenza di questo soggetto (a me ignoto). MI si riferiva avere un figlio dell'età da me ipotizzata e quindi rispondevo che sì, poteva combaciare con il profilo che tentavo di realizzare. Ma nulla più.
Sto cercando, con questi lavori, di muovermi in senso opposto a come tante volte si affronta questa vicenda. Solitamente, parlando del tema di questi omicidi, si è soliti partire dalla figura di un indiziato (già individuato) e poi costruirci sopra l'impianto accusatorio o assolutorio. Io vorrei agire in senso opposto, cioè prima delineare un profilo e poi vedere se è possibile applicarlo ad unindividuo. Diversamente ogni mia riga sarebbe viziata dal voler far confluire ogni lineamento di quel profilo al nome dei soliti indagati. E così non riuscirei nel mio intento.
Dovremmo quindi rivolgere entrambi la stessa domanda all'utente E.A.Doe.
La ringrazio ancora per i complimenti ed a presto,
E.O.
io mi son fatta l'idea che il mostro sia qualcuno che approccia le ragazze magari con la scusa di un nuovo lavoro, e che dia loro un biglietto da visita che poi ricerca quando sparpaglia il contenuto delle borsette. e poi penso che sia un tipo che ha comunque dei "rimorsi" se è vero che telefonò alla moglie di spalletti per dire che il marito non sarebbe rimasto in carcere a lungo. è una "promessa" che avrebbe fatto qualcosa per non far stare dentro un innocente no?
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