lunedì 9 luglio 2018

L'Uomo dietro il mostro 8 di E. Oltremari

Venerdì 9 Settembre 1983 - Loc. Giogoli, Scandicci.
 
“Perdonate l’Off Topic, considerato il calore di questi giorni, ma tornerei a parlare dei delitti del Mostro di Firenze”.
E.Oltremari

Lungo Via di Giogoli, a circa 100 mt. dall’inizio della strada, troviamo sulla sinistra uno spiazzo di forma rettangolare delimitato a destra e di fronte da uliveti ed a sinistra da una siepe che si erge a ridosso di un muricciolo in parte diroccato. Al centro di questi si intravede un passo che immette in un terreno incolto. 
In mezzo allo spiazzo è parcheggiato - con la parte anteriore in direzione del passaggio verso il campo - un pulmino Volkswagen di colore verde chiaro, la cui parte posteriore dista dalla strada circa 8 m. mentre la ruota anteriore sinistra, circa tre metri e mezzo dal muricciolo. Sparsi per terra, in un vasto raggio, si rinvengono resti di riviste pornografiche in lingua italiana.
Le due portiere della cabina di guida ed il primo sportello laterale destro sono completamente aperti (sic).
Sul vetro del secondo sportello laterale destro (a cm. 20 dalla base e sempre a cm 20 dal bordo destro), una soluzione di continuo (foro di proiettile) a forma rotondeggiante con rotture radiali e concentriche con stacchi di vetro sulla parete interna.
Sul vetro fisso, per tre quarti opaco, posto a sinistra del secondo sportello, è presente analoga soluzione a cm 10 dalla base e cm 12 dal bordo sinistro. Sulla fiancata sinistra sono presenti altre soluzioni di continuo: una a bordi introflessi e precisamente sulla carrozzeria a cm. 70 dallo spigolo laterale destro e cm 90 dal bordo inferiore; una sul vetro fisso a cm 12 dalla base e a cm. 10 dal bordo della cornice destra; altra sul secondo vetro fisso a cm 9 dal bordo inferiore e cm 28 dal bordo destro.
Sul terreno sottostante il tubo di scappamento è presente una macchia di sangue coagulata mentre a metri 1,10 in verticale dalla ruota posteriore sinistra e a metri 1,30 dal tronco di una pianta posta a ridosso del muricciolo, troviamo un bossolo cal. 22 Winchester con il fondello percosso.
All'interno della cabina di guida si osservano: l'autoradio inserita sul cruscotto in funzione, sul lato destro alcune scatole di succhi di frutta aperti, sul sedile lato sinistro si trova un cuscino e sul lato destro un secondo bossolo Winchester cal. 22 con il fondello percosso.
Internamente, nella parte posteriore dove si trovano i cadaveri, troviamo: addossati alla parte posteriore della cabina di guida, una bacinella contenente indumenti vari; sul pianale, due paia di scarpe in mezzo alle quali si trova un terzo bossolo. Accatastati tra loro ci sono indumenti e coperte varie. A sinistra, un letto a due piazze su cui giacciono in parte avvolti tra le coperte in più punti macchiati di sangue i cadaveri dei due turisti tedeschi, entrambi di 24 anni.
Il primo è freddo cereo, rigido, emanante cattivo odore. È seminudo e giace supino. La testa flessa in avanti poggia con la regione occipitale all'angolo sinistro del furgone. Gli occhi sono chiusi e la bocca aperta. Gli arti superiori sono abdotti con gli avambracci leggermente piegati. Le mani con le dita flesse poggiano sulla regione epigastrica. Il volto ed il torace sono ricoperti di sangue coagulato mentre sul dorso si osservano macchie ipostatiche. 
È stato colpito da quattro colpi d’arma da fuoco: - uno in regione zigomatica mascellare sinistra, con tramite obliquo dal basso verso l’alto e dall’avanti all’indietro, interessante la base cranica e l’encefalo, con proiettile ritenuto in regione occipitale; - un colpo all’emilabbro sinistro, con proiettile ritenuto nell’arcata dentaria superiore; - un colpo tra il 1° ed il 2° dito della mano sinistra;  -un ultimo di striscio alla coscia sinistro.

Il secondo è anch’esso freddo, cereo, rigido ed emanante cattivo odore. Seminudo, giace prono con la testa rivolta all'angolo anteriore sinistro del furgone e vi poggia con la regione occipitale temporale sinistra. Gli arti superiori indotti con gli avambracci piegati cingono un cuscino in parte macchiato di
sangue. Le mani e le dita sono flesse. È stato colpito tra due colpi d’arma da fuoco: - uno in regione occipitale non oltrepassante il tavolato osseo; uno all’ipocondrio destro dal basso verso l’alto in senso latero mediale e da destra verso sinistra interessante fegato, diaframma, pericardio, cuore e polmone
sinistro, con proiettile ritenuto nello spessore del muscolo pettorale sinistro; - un colpo in regione glutei sinistra, al quadrante superiore mediale, con tramite dal basso verso l’alto e dall’avanti all’indietro, interessante il peritoneo posteriore e lo stomaco con proiettile ritenuto nello spessore della parete anteriore dell’addome.

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Se il duplice delitto dell’Ottobre 1981 può averci suggerito indicazioni circa il quando e quello del Giugno 1982 circa il dove, l’assassinio dei due turisti tedeschi del 1983 potrebbe aiutare a rispondere a quesiti circa il chi
Oramai, al nostro ottavo appuntamento, appare chiaro quali sia il nostro modo di agire: individuare le anomali, verificare in modo critico se queste possono essere definite realmente tali, domandarci il perché, inserirle nel quadro di insieme. 
Lo abbiamo fatto per i due precedenti delitti e così faremo anche per questo che, con la sua assoluta unicità in tema di vittime ci impone, preliminarmente, di sottolineare - seppur brevemente - alcune tematiche vittimologiche.
Trattare di omicidi seriali, come nel caso di specie, comporta inevitabilmente il soffermarsi su coloro che rappresentano la controparte di questo spiacevole rapporto omicidiario: le vittime. 
La vittima, nella sua personificazione, riveste per l’omicida un contenitore umano entro il quale potervi inserire svariati componenti emozionali: odio, amore, invidia, gelosia, disgusto, ammirazione, compassione
Situazioni, quindi, che ciascuno di noi, solitamente, vive nella propria quotidianità, nel naturale rapportarsi nelle relazione interpersonali. Ognuno di noi, difatti, si rapporta alle persone che lo circondano sulla base di un sentimento, anche solo unilaterale, che li lega a (o divide da) loro.
Capita, però, che alcuni soggetti - da leggersi assolutamente Perché uccidono - si mostrino incapaci di distinguere la persona dal sentimento che ne suscita così da identificare questa - in una precisa ottica di spersonalizzazione - non come una figura umano, ma esclusivamente col sentimento contenuto in questa. 
Pertanto, la vittima, perde la propria capacità di essere sentimentalmente attiva divenendo un esclusivo generatore per un moto emotivo altrui. Quando si sostiene, magari troppo superficialmente che gli psicopatici non provano emozioni o non hanno sentimenti, sbagliamo. In realtà, credono che siano gli altri a non provarli. Le vittime diventano, quindi, meri corpi inanimati i quali racchiudono un sentimento che l’omicida prova per loro. Ammassi di carne ed ossa privi di qualsiasi valore umanizzante, ormai mezzo materiale ove proiettare le proprie angosce, i propri demoni, i propri simboli ed anche i propri messaggi. 
Nei delitti del Mostro di Firenze la vittimologia è, appunto, peculiare. 
Non si tratta difatti della sola figura femminile, tanto che potremo censurare qualsiasi affermazione sulla scia de il suo reale obbiettivo tra i due era la donna come un grossolano errore di interpretazione. Così fosse, difatti, l’omicida avrebbe ricercato - come tanti altri assassini e come magari uno in particolare di cui parleremo in un prossimo lavoro come anticipato in UdM7 - le sole donne, magari da sole, di ritorno da casa o da lavoro. 
Non erano il suo interesse. Non lo erano al punto di preferire l’eventualità di doversi confrontare con uno sfidante, un avversario, un altro uomo.
La coppia. Due persone, sempre. E questa sì che diventa una nostra costante: la presenza di due vittime. Ogni volta un duplice omicidio. 
Un uomo ed una donna. Ogni volta? No. Come ben sappiamo, in questo duplice omicidio del Settembre 1983 vengono uccisi due ragazzi tedeschi in vacanza in Italia. Due uomini. 
Poco distanti dal loro pulmino - il cui van era stato adibito con una branda a due piazze a dormitorio - vengono ritrovati brandelli della ristampa di un giornaletto pornografico gay stralciato con una lama (non quindi strappato) e che non presenta segni di deterioramento dato dal tempo né da agenti atmosferici. Segno, quest’ultimo, che dovevano trovarsi lì da poco tempo. 
Questo - unito alle voci di frequentazioni da parte di uno dei ragazzi di locali dell’ambiente omosessuale, l’orecchino portato da uno di questi e comunque la  condizione di essere entrambi in mutande, l’uno accanto all’altro, prima di coricarsi - portò a far circolare la voce di una presunta omosessualità dei due e che quello stralcio di rivista fosse appunto una sorta di rappresaglia verso il mondo omosessuale. 
E qui si forma la prima delle eventualità inerenti a questo delitto: l’omicida ha ucciso una coppia di omosessuali.
Altra ipotesi, vede l’assassino sbagliarsi. Tratto in inganno dal taglio di capelli di uno dei due ragazzi, confonde uno di questi per una ragazza esplodendo i colpi verso quelli che crede essere una coppia di amanti. La domanda che ci poniamo adesso è: se l’omicida ha confuso il ragazzo per una donna, questi cosa stavano facendo? 
In sintesi, se davvero l’omicida si è sbagliato, significa che i due ragazzi erano posti tra loro in tal modo da fargli presumere che questi fossero un uomo ed una donna. Diversamente, fossero stati distanti l’uno dall’altro, magari intenti - come sembra almeno uno di questi - a leggere e senza quindi alcuna componente sessuale, perché l’omicida spara? Non uccideva coppie intente in atteggiamenti amorosi?
Quindi, lo sbaglio - se avviene - porta a due strade: o i due erano in atteggiamenti amorosi omosessuali e l’omicida spara credendo che loro fossero una coppia di fidanzati, come le altre uccise; o non erano in situazioni erotiche e l’omicida spara verso due persone che si intrattenevano dialogando prima di addormentarsi (l’autoradio era accesa) sconfessando un punto che fino a quel
momento poteva presentarsi come solidissimo, cioè la componente sessuale
Queste due ultime considerazioni pongono alla loro base la condizione di errore dell’omicida che confonde appunto uno dei due giovani per una donna. E se così non fosse?
Ripensiamo a questo ultimo delitto. 

L’avvicinarsi al finestrino del van ed il mirare da dietro di questo avrebbe comportato per l’omicida il
soffermarsi su quei corpi e così notare che benché il Rusch avesse capelli biondi (benchè per anni sia circolata la voce che il Rusch portasse la barba così da renderne improbabile l’accostamento al sesso femminile dalle foto della scena del crimine si vede chiaramente l’assenza di qualsivoglia peluria sul volto del giovane tedesco), mossi, lunghi (si fa per dire) fin poco sopra le spalle, mancava di una componente importante che solitamente contraddistingue una donna da un uomo e che per questo assassino sembra essere di notevole importanza considerando quanto compirà i due anni successivi: il seno. 
Dalle foto della scena del crimine - che ho cercato di riprodurvi in disegno nel modo più chiaro possibile - si può infatti notare che il Rusch fosse a petto nudo quando è stato attinto dai colpi di pistola. 
Difficile non notare questo particolare anatomico dal finestrino del pulmino - aiutati anche dalla luce all’interno - e strano che ciò non sia avvenuto per un assassino - come il nostro - che ha sempre mostrato un’attenzione particolare per la situazione che ricercava per colpire, cioè di una coppia intenta ad amoreggiare in macchina. Se pensiamo poi alle attenzioni rivolte in passato (1974) e nei due anni successivi (1984, 1985) al seno femminile risulta curioso che un soggetto del genere non si sia accorto che al Rusch mancasse proprio il seno e comunque avesse una corporatura diversa da quella di una donna. Perché possono essere tirati in ballo capelli lunghi che poi tanto lunghi non erano, fantomatiche barbe, presunte posizioni sessuali ma da quella distanza, un soggetto come lo sparatore, di minimo trent’anni - che magari non espertissimo ma quantomeno un corpo femminile nudo lo avrà visto in vita propria (anche solo delle sue precedenti vittime) - credo sia capace di riconoscere le differenze tra un uomo in mutande ed una donna in slip. 
Diversamente, dovremmo credere ad uno sparatore che - senza osservarne il contenuto - in modalità assalto terroristico - crivelli di colpi il pulmino senza prima soffermarsi su quanto stia accadendo all’interno. Facciamo allora nostro quanto espresso in merito al duplice omicidio del 1982: l’omicida nel suo modus operandi non può esimersi da un appostamento - non necessariamente voyeristico - finalizzato all’apprendimento dell’interno delle vetture. 
Crediamo, quindi, di poter supporre che dietro questo duplice omicidio non vi sia alcun scambio di sesso da parte dell’omicida ma una precisa coscienza di rivolgere i propri colpi verso due uomini.

Da qui, si riaprono le due vie prima citate circa la condizione dei ragazzi al momento degli spari.
Se l’assassino rivolge consapevolmente l’arma verso di loro, è lecito presumere che questi fossero in atteggiamenti similari o comunque affini a quella delle altre vittime, cioè intenti in atteggiamenti amorosi. In tal senso deporrebbe la rivista pornografica stralciata, volendo quindi scartare l’ipotesi della coincidenza di questa a pochi passi da un pulmino contenente i cadaveri di due ragazzi presumibilmente uccisi in intimità. 
Proprio tale condizione, renderebbe questo delitto in perfetta simmetria con gli altri della serie, mantenendo le circostanza fattuali le medesime per tutti ed otto i duplici omicidi: una coppia in intimità appartata in un luogo pubblico.
Insorgono già le prime voci.
E se davvero sapeva che erano uomini e voleva ucciderli perché ha lasciato i corpi intatti senza utilizzare l’arma bianca? 

Negli scorsi approfondimenti abbiamo iniziato a suggerire la scissione tra la componente omicidiaria e quella del rituale post mortem, come se questo fosse appunto accidentale ed accessorio alla prima componente data dalla morte. Nell’ultimo, quello del delitto di Baccaiano, abbiamo addirittura supposto che l’assassino non fosse interessato, in quell’occasione, ad eseguire le escissioni o che comunque, queste, non fossero fondamentali all’interno del suo iter omicidiario.
Così non fosse, l’assassino una volta sbagliato grossolanamente nel Giugno del 1982, aspetta un anno e tre mesi - insoddisfatto a causa del suo fallimento - per andare a colpire due uomini, o meglio, per non accorgersi - dopo averli osservati coperto dalle lamiere di un pulmino e da metà vetro opacizzato - che un ragazzo in mutande in realtà era proprio un uomo e non una ragazza, rimanendo così a bocca asciutta per il secondo anno di fila. Avrebbe, quindi, atteso più di un anno per rivolgere la sua pistola verso due senza prima assicurarsi quantomeno chi ci fosse dentro quel pulmino? 
Già crediamo improbabile un errore, figuriamoci due. 
Mantenendoci sulla scia di quanto detto la scorsa volta, quindi, la mancanza di ritualità post mortem sui corpi dei due ragazzi è da ricondurre ad una precisa scelta dell’assassino che - dopo aver vinto la sfida del tiro a bersaglio su questi che si muovevano all’interno del van dopo i primi colpi - manca di colpevolizzare i due giovani una volta raggiunta la loro morte. Per ciò che loro rappresentavano, per ciò che loro erano, la morte era un obiettivo più che sufficiente per l’assassino che non necessita neanche di infierire coi soliti colpi rilasciati in zone vitali alle vittime maschili in quanto la condizione di questo delitto del 1983 non ne era meritevole. Se davvero questi colpi rappresentano - ad esempio come sostenuto dal pool modenese - un accertarsi dell’avvenuta morte dei soggetti, significa allora che in questo delitto tale verifica sarebbe stata superflua in quanto la condizione soggettiva ed oggettiva di questo omicidio non spingeva la fantasia ed il disegno dell’assassino a tal punto da infierire sui corpi, ma di lasciare il suo messaggio trasparire dalla mera morte di questi e dal probabile stralcio del giornaletto pornografico (con l’uso, forse non proprio casuale, della lama). 
Ciò che le vittime rappresentavano per l’omicida - magari anche solo per una sua visione distorta del loro rapporto - è la condizione generale, comune a tutti i delitti della serie, che comporta la susseguente pena della morte: il trovarsi appartati in un luogo pubblico.
Ma ciò che invece le vittime stavano realmente compiendo al momento della loro morte, questo cambia da delitto a delitto, ricreando condizioni particolari verso le quali l’assassino conforma il proprio agire delittuoso. Non è la fantasia che muta, che si evolve; a farlo è - come vedremo più avanti - la scena che lui si trova di fronte.
In questa, l’omicida ha di fronte a sé due uomini, in mutande, vicini tra loro prima di coricarsi. Lui li crede (o li vede, come già supposto) omosessuali e già tanto basta nel suo immaginario per renderli latori di quel sentimento, di quella idea, di quel messaggio che da tempo è intento ad infrangere. Le vittime e ciò che loro rappresentano non cambiano mai. Rimangono costanti. Il nostro omicida è logico, lineare, razionale. Anche in questo venerdì sera settembrino del 1983.  
Così l’omicida spara. Come l’anno precedente e come quello prima ancora, senza errori, senza correzioni. Tutto si pone al suo posto in perfida armonia tra intenzioni ed esito. 
Ancora una volta.

10 commenti:

Thisisdaniela ha detto...

Posso dire solo che Le faccio i complimenti per l'analisi della scena del crimine Di Giogoli( anche delle altre ovviamente ).Secondo me Lei ha sfatato tutte quelle ingenue supposizioni sulla reale volontà del killer . Non si è sbagliato voleva uccidere proprio loro ! Grazie !

omar quatar ha detto...

Quindi, anche sulla scorta della discussione su Fb, potremmo dire che, invece che sui cadaveri, in questo caso sfoga la sua ira sulle pagine della rivista, tagluzzandola (col coltello?). Un comportamento davvero strano.
Peraltro, sparse per terra, in due punti distinti, direi che vi sono solo alcune pagine, da quel che si capisce dalle foto. Il resto della rivista (e quella che la accompagnava nella confezione discount) che fine hanno fatto? Forse se le è portate via l'assassino come souvenir.
Inoltre, la traccia di incollamento sul retro della pagina (credo si riferisca alla copertina) di cui parla Santoni Franchetti in udienza, se fosse vera, costituirebbe un elemento di ambiguità in più.
Se Daniela Rasera è convinta, io resto tuttora ingenuo e perplesso.
Mi associo comunque, e ancora una volta, ai complimenti.

Unknown ha detto...

Buongiorno ad entrambi,
perdonatemi se utilizzo un solo post per rispondere ad entrambi.

Grazie infinite Daniela per i complimenti. Il mio intento è quello di suggerire un punto di vista diverso, senza però spacciarlo per verità assoluta ed incontrovertibile. Il contraddittorio prima di tutto.

Ancora salve Omar, continuando la nostra su fb potrei dirle che non credo che l'omicida sfoghi la sua ira nei confronti della rivista in quanto oggetto di certo esiguo valore (morale e materiale) rispetto ai corpi. Anzi, non credo proprio ci sia dell'ira in questo delitto (circa lo stato emotivo si vedrà meglio nei prossimi approfondimenti). Credo più all'indirizzamento di un intento, di un fine - come già detto - attraverso un mezzo (gli omicidi).
Per quanto riguarda quello di Giogoli, ritengo improbabile che un omicida, il quale ha dato prova di una così viva e precisa organizzazione, difetti proprio nella più basilare fra le sue condizioni omicidiarie: cioè le vittime.
Inoltre, il fatto che miri per sparare, presuppone - a mio modesto avviso - un'attenzione sui corpi e quindi sui bersagli difficilmente compatibile con un errore nella rappresentazione della mascolinità del Rush (affetto oltretutto da un cifosi) appunto senza seno.
Il giornale, lo ritengo un ausilio - rafforzamento - al messaggio che l'omicida con quell'assassinio voleva mandare. Magari anche non preordinato stante appunto anche quello che correttamente ha affermato sia qui che nella nostra su fb.

Il dato è incerto, chiaro, ma il mio punto di vista propende più verso l'ipotesi suggerita nel pezzo. Lo vedo pienamente coerente ed in linea con gli altri delitti della serie.

Ancora grazie per i complimenti ed a presto,

E.O.

omar quatar ha detto...

Tornando a questo delitto (ma anche al successivo) è possibile a suo parere dare una qualche valenza al riapparire di un proiettile ramato - tipologia non più usata dopo il 1974) - proprio in un momento in cui il principale sospettato del primo delitto era in carcere?
In parole povere, una dichiarazione del tipo: Sono sempre io, guardate, ho anche conservato i vecchi proiettili.
Come sappiamo, la prima reazione degli inquirenti al delitto di Giogoli fu pensare che fosse stato commesso da un complice di Francesco per scagionarlo.

Unknown ha detto...

Salve Omar,

Mi scuso per il ritardo abissale nella risposta ma purtroppo mi ero dimenticato di attivare le notifiche di risposta per questo post e non avevo visto il suo commento.
Veniamo a noi.
Sinceramente non vedo dietro la scelta dei proiettili un "messaggio" - chiamiamolo così - per gli inquirenti, ma più una condizione di contingenza per l'omicida che potendo avvalersi probabilmente di quelle sole confezioni di proiettili (ed evitare così di comprarne altre e rischiare di essere segnalato) si è trovato nella necessità di dover prendere entrambe le tipologie di munizioni potendo far affidamento solo di quel numero limitato.

Non è poi un aspetto che ho mai affrontato approfonditamente quindi non riuscirei ad essere più preciso di così.

Cosa ne pensa lei invece a riguardo?

Ancora scusi per il ritardo nella risposta.

A presto,

E.O.

omar quatar ha detto...

penso solo che la sequenza: tutto rame (2) tutto piombo (3) piombo + 1 rame (2) tutto piombo (1) è strana. Per coincidenza, proiettili di rame ricompaiono nel momento in cui FV è in carcere.
Questo sempre che effettivamente a Vicchio sia stato sparato un proiettile ramato - ho solo una pagina dei rilievi e non ho la perizia balistica

Grantottero ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Grantottero ha detto...

Beh, mica del tutto necessariamente vero che avrebbe avuto tutto l'agio e il comodo d'accorgersi per tempo che erano due uomini: supponiamo che la decisione d'agire sia stata presa dopo un avvistamento fatto ore prima e un po' "al volo", magari passando in auto (ci torno sopra alcune righe più avanti) e avendo davvero equivocato Uwe per una donna, magari perché visto di spalle solo per un attimo.
Tornato la sera, per uccidere, il mostro, pressato dall'esigenza di fare un po' più alla svelta del solito (la vicinanza della villa della Sfacciata da dove facilmente si sarebbero potuti udire gli spari e telefonare alla polizia, magari anche affacciarsi alla finestra, non consentiva di tergiversare più di tanto) potrebbe, affacciandosi al vetro laterale del furgone, aver trovato una situazione con Horst sdraiato a sonnecchiare e a costituire un comodo bersaglio, mentre Uwe potrebbe facilmente essere stato rannicchiato a leggere nel punto più libero dalle gambe di Horst, cioè nell'angolo posteriore destro, privo di vetratura, e da dove dunque il mostro non riusciva a vedere di lui altro che non i piedi. Da ciò ne sarebbero scaturiti quei successivi secondi di sarabanda, col mostro che girava intorno al furgone sparando alla cieca attraverso le lamiere e sperando in un colpo fortunato (per lui) ed Uwe che disperatamente zompava qua e là in cerca di salvezza, finché il mostro non intuì che valeva la pena di provare ad aprire il portellone laterale. Ebbe fortuna, perché lo trovò non chiuso con la sicura, aprì ed entrò, trovando Uwe rannicchiato terrorizzato in un angolo e sparandogli a bruciapelo. Riuscendo, stavolta sì, ad ammazzarlo. Chiaro che in quel frangente, avendo finalmente visto (forse per la prima volta ) Uwe frontalmente, in faccia e senza maglietta e dunque palesemente senza seno, avrà a quel punto capito che anche lui era un uomo. Ma ormai, giunto a quel punto, il mostro, QUALUNQUE FOSSERO LE RAGIONI PERSONALI DEL SUO AGIRE, non poteva certo permettersi il lusso di graziare Uwe (perché corresse fuori ad urlare e chiedere aiuto? Perché potesse descrivere agli inquirenti le fattezze e la faccia del mostro?). (SEGUE seconda parte del commento).

Grantottero ha detto...

PROSEGUE dalla prima parte del commento):
In uno scenario simile (molto probabile, a mio avviso), la catena degli eventi perde d'importanza per fornirci chiare indicazioni (anzi: non ce ne fornisce alcuna affatto) per preferire una ipotesi o l'altra a riguardo d'una presunta scelta consapevole d'amnazzare due maschi ovvero d'un presunto errore di valutazione dovuto ad un avvistamento troppo "en passant". Ambedue le ipotesi restano ugualmente possibili ed irrisolvibili, con soltanto questi pochi elementi a nostra disposizione.

Tornando alle possibili modalità dell'avvistamento (fatto un po' "al volo", passando di lì per caso in auto, in altro orario, più con la luce del giorno, secondo me) e alla formazione della decisione di tentare l'attacco (pur se con l'oggettivo elemento pericoloso rappresentato dalla vicinanza della villa), non si può neanche escludere che, visto il grande allarme sociale suscitato dalle sue "prodezze" degli anni precedenti (soprattutto il delitto di Baccaiano dell'anno prima, coi ragazzi uccisi nonostante avessero creduto d'essere al sicuro fermandosi lungo una trafficata strada provinciale, doveva aver persuaso tutti i giovani che angolini sicuri non c'è n'erano, e che l'unica per appartarsi era scegliere spiazzi dove di auto di coppie ce ne fossero altre. E non a caso queste due vittime che si fecero sorprendere furono due stranieri, inconsapevoli di tutta questa italica storia), non si può neanche escludere, dicevo, che il mostro fosse arrivato a Settembre senza aver trovato l'occasione per colpire e fosse nervoso perché si profilava la possibilità di "sciupare" la scansione d'almeno un delitto all'anno e dunque il suo mito presso l'opinione pubblica avrebbe potuto iniziare a scolorirsi. E allora non è da escludersi la possibilità che l'avvistamento sia stato fatto "en passant", sì, ma comunque riuscendo ugualmente a capire che i due erano due maschi, ma rassegnandosi a cogliere almeno quell'occasione perché l'estate (stagione più propizia, perché i ragazzi uscivano di più) s'avviava a conclusione. In tale ipotesi, i due malcapitati sarebbero stati un ripiego, meglio che niente, e la decisione di colpirli benché maschi ambedue potrebbe essere stata consapevole, sì, ma mossa dunque da tutt'altre motivazioni che non da quelle di punire due omosessuali ipotizzate nell'articolo
Insomma, una terza ipotesi, parimente possibile come le altre due.

Non c'è niente, tra i pochi elementi a nostra disposizione, che ci permetta di puntare le nostre "fiches" con sicurezza su una di queste ipotesi puttosto che sulle altre.
Se non le proprie sensazioni "di pelle", ovviamente, ma si sa quanto queste cose possano essere fallaci.

Fantomas 70 ha detto...

Analisi molto lucida, giogoli non fu certamente un errore.chi sostiene il contrario (segnini e tanti altri) dimostra secondo il mio modestissimo parere di avere poco capito l uomo dietro il mostro.era un SK altamente organizzato.aveva certamente preventivamente appurato da chi era occupato il camper.come del resto negli altri delitti.saluti