06 novembre
Su delega della Procura della Repubblica di Firenze, presso gli uffici della Squadra mobile di Firenze, fu sentita Emilia Maria A.J. che nei giorni precedenti si era messa in contatto con le autorità per riferire fatti riguardanti la vicenda del cosiddetto “Mostro di Firenze”. Confermate le dichiarazioni sottoscritte nei verbali con data 4 luglio 1990 e 17 novembre 1990, precisò d’aver proseguito la relazione con G.J. anche dopo il suo matrimonio con Ada P. e che questi “dopo l’intervento alla testa subito a seguito di un incidente stradale” subì “un cambiamento della sua personalità, (…) come se fosse diventato schizofrenico”.
Riferì non aver dato molto peso all’amante quando la domenica dell’8 settembre 1985, gli disse “sono un mostro” ma d’aver maturato dei sospetti quando apprese che il duplice omicidio di Scopeti fu scoperto solo lunedì 9 settembre.
“Iniziai a pensare che lui comunque avesse a che vedere con la storia o meglio ancora con qualcuno che era coinvolto direttamente in quei delitti. E fu per questi motivi che, quando seppi che tale Francesco di Foligno, amico di G.J., era indicato a Perugia come “il Mostro di Firenze”, volli approfondire le mie conoscenze sul Francesco di Foligno, che seppi poi chiamarsi Narducci, interessando un’agenzia di investigazioni privata, che credo si chiamasse “La Segretissima”. Mi riferirono poi che si trattava di un medico, di ottima famiglia, una famiglia molto importante di Perugia, originaria di Foligno, che era stato trovato morto annegato nel Lago Trasimeno un mese dopo l’ultimo delitto del Mostro. Seppi anche che il Narducci insegnava all’università di Harvard in America.”
09 novembre
Emilia Maria A.J. fu nuovamente sentita presso gli uffici della Squadra mobile di Firenze. Fece mettere a verbale: “Circa l’amico di G.J. devo aggiungere che quel Francesco era stato sposato con tale Spagnoli Francesca, amica di infanzia del Narducci, almeno da come mi riferì l’investigatore privato che si interessò della vicenda, sia che il Francesco aveva studiato a Bologna dal Prof.Morelli, sia ancora che, quando morì, era stata trovata una lettera indirizzata ai familiari della quale però ufficialmente non si era saputo nulla. Risulta anche che il matrimonio del Francesco era durato pochissimo.”
(…) G.J. mi diceva che andava verso Galluzzo, senza dirmi dove, specie nel fine settimana estivi, o verso San Casciano. Devo aggiungere che negli anni fine ‘70 - inizi ‘80, G.J. andava spesso a Borgo San Lorenzo, dove una volta portò anche me, credo alla Villa Medicea.”
A Perugia fu sentito, dal PM incaricato delle indagini, il signor Nazzareno Moretti, titolare dell’omonima impresa funebre che si occupò del trasporto del cadavere rinvenuto nel Trasimeno. Riferì d’aver notato un corpo “molto gonfio” e che la dottoressa Seppoloni non gli rilasciò alcun documento per il trasporto della salma. Con il proprio mezzo, affiancato da un “funzionario di Polizia”, si diresse verso Perugia ma “giunti all'incrocio sulla Magione Chiusi, esattamente al Bivio di San Feliciano venni fermato da una donna, che credo sia stata la cognata del defunto, (presumibilmente Giovanna Ceccarelli, moglie di Pier Luca Narducci ndr), che rivolgendosi all'ufficiale diceva ‘Ha detto mio suocero di portarlo a casa’. A questo punto l'ufficiale della Polizia di Stato mi diceva di dirigermi verso l'abitazione del dottore”.
Giunti alla villa di San Feliciano il cadavere fu posto in garage dove una diversa agenzia funebre, l’impresa Passeri di Perugia, si occupò delle pratiche del caso.
Nello stesso giorno la Procura di Firenze chiese alla Procura di Perugia il collegamento delle indagini relative ai “mandanti” del “mostro di Firenze con quelle relative alla morte del gastroenterologo perugino.
21 novembre
Nel tentativo di ricostruire le fasi di recupero del cadavere dal lago Trasimeno, la Procura di Perugia fece richiesta al Comando provinciale dei Vigili del fuoco della scheda d’intervento. Purtroppo però in archivio la scheda non fu rinvenuta ed il 21 novembre si rese necessario redigere un’annotazione che riassumesse le attività compiute all’epoca. Questa fu approntata da Francesco Piceller che il 13 ottobre 1985 era tra i Vigili del fuoco intervenuti in loco.
3 dicembre 2001
Il dirigente della squadra mobile, Michele Giuttari, depositò una nota in cui vennero riepilogate le indagini fino ad allora svolte sui probabili “mandanti” dei delitti del “mostro di Firenze”, riferendo in merito agli elementi acquisiti che potevano indurre a ipotizzare un eventuale movente esoterico, nonché certe perplessità circa la morte di Pietro Pacciani. La nota si concludeva con la richiesta di ulteriori approfondimenti investigativi in merito alla morte di Francesco Narducci. Il PM pur in accordo con quanto esposto dal capo della Squadra mobile, gli chiese di attendere qualche giorno per disporre dell’approvazione del dr Ubaldo Nannucci, nel frattempo subentrato nella direzione della Procura.
La delega di indagine giunse alcuni mesi dopo: il 15 giugno. (Michele Giuttari. Il mostro. Bur edizioni)
06 dicembre
Presso la procura di Perugia furono ascoltati due dei Vigili del fuoco che si erano occupati di recuperare il corpo attribuito a Francesco Narducci: Marco Tommasoni e Francesco Piceller. Entrambi ricordarono il volto del medico come “gonfio e violaceo”; Marco Tommasoni aggiunse: “Era vestito con un giubbetto di pelle marrone, una specie di cravatta di cuoio che non ricordo se fosse attorno al colletto della camicia o sul collo nudo, aveva un orologio funzionante, in acciaio chiaro forse cromato. Ricordo che il carabiniere che era presente al momento della visita del cadavere prese il polso sinistro dello stesso portandoselo all’orecchio e disse che era funzionante. Ricordo che il cadavere era alto circa 180 cm ed era di corporatura robusta. Non ricordo che fossero stati cercati i documenti sulla salma. Ricordo che era sfrontato con capelli radi sulla fronte.”
21 dicembre
La signora Mariella Ciulli, moglie di Francesco Calamandrei, farmacista in San Casciano Val di Pesa, allertò le forze dell’ordine, riferendo che il marito e il dottor Vigna stavano coinvolgendo suo figlio Marco nell’organizzazione del nono duplice omicidio del ‘mostro di Firenze’ che avrebbe avuto luogo in località Madonna del Sasso, nel Comune di Pontassieve. Furono fatti accertamenti che non condussero a niente di concreto.
Su delega della Procura della Repubblica di Firenze, presso gli uffici della Squadra mobile di Firenze, fu sentita Emilia Maria A.J. che nei giorni precedenti si era messa in contatto con le autorità per riferire fatti riguardanti la vicenda del cosiddetto “Mostro di Firenze”. Confermate le dichiarazioni sottoscritte nei verbali con data 4 luglio 1990 e 17 novembre 1990, precisò d’aver proseguito la relazione con G.J. anche dopo il suo matrimonio con Ada P. e che questi “dopo l’intervento alla testa subito a seguito di un incidente stradale” subì “un cambiamento della sua personalità, (…) come se fosse diventato schizofrenico”.
Riferì non aver dato molto peso all’amante quando la domenica dell’8 settembre 1985, gli disse “sono un mostro” ma d’aver maturato dei sospetti quando apprese che il duplice omicidio di Scopeti fu scoperto solo lunedì 9 settembre.
“Iniziai a pensare che lui comunque avesse a che vedere con la storia o meglio ancora con qualcuno che era coinvolto direttamente in quei delitti. E fu per questi motivi che, quando seppi che tale Francesco di Foligno, amico di G.J., era indicato a Perugia come “il Mostro di Firenze”, volli approfondire le mie conoscenze sul Francesco di Foligno, che seppi poi chiamarsi Narducci, interessando un’agenzia di investigazioni privata, che credo si chiamasse “La Segretissima”. Mi riferirono poi che si trattava di un medico, di ottima famiglia, una famiglia molto importante di Perugia, originaria di Foligno, che era stato trovato morto annegato nel Lago Trasimeno un mese dopo l’ultimo delitto del Mostro. Seppi anche che il Narducci insegnava all’università di Harvard in America.”
09 novembre
Emilia Maria A.J. fu nuovamente sentita presso gli uffici della Squadra mobile di Firenze. Fece mettere a verbale: “Circa l’amico di G.J. devo aggiungere che quel Francesco era stato sposato con tale Spagnoli Francesca, amica di infanzia del Narducci, almeno da come mi riferì l’investigatore privato che si interessò della vicenda, sia che il Francesco aveva studiato a Bologna dal Prof.Morelli, sia ancora che, quando morì, era stata trovata una lettera indirizzata ai familiari della quale però ufficialmente non si era saputo nulla. Risulta anche che il matrimonio del Francesco era durato pochissimo.”
(…) G.J. mi diceva che andava verso Galluzzo, senza dirmi dove, specie nel fine settimana estivi, o verso San Casciano. Devo aggiungere che negli anni fine ‘70 - inizi ‘80, G.J. andava spesso a Borgo San Lorenzo, dove una volta portò anche me, credo alla Villa Medicea.”
A Perugia fu sentito, dal PM incaricato delle indagini, il signor Nazzareno Moretti, titolare dell’omonima impresa funebre che si occupò del trasporto del cadavere rinvenuto nel Trasimeno. Riferì d’aver notato un corpo “molto gonfio” e che la dottoressa Seppoloni non gli rilasciò alcun documento per il trasporto della salma. Con il proprio mezzo, affiancato da un “funzionario di Polizia”, si diresse verso Perugia ma “giunti all'incrocio sulla Magione Chiusi, esattamente al Bivio di San Feliciano venni fermato da una donna, che credo sia stata la cognata del defunto, (presumibilmente Giovanna Ceccarelli, moglie di Pier Luca Narducci ndr), che rivolgendosi all'ufficiale diceva ‘Ha detto mio suocero di portarlo a casa’. A questo punto l'ufficiale della Polizia di Stato mi diceva di dirigermi verso l'abitazione del dottore”.
Giunti alla villa di San Feliciano il cadavere fu posto in garage dove una diversa agenzia funebre, l’impresa Passeri di Perugia, si occupò delle pratiche del caso.
Nello stesso giorno la Procura di Firenze chiese alla Procura di Perugia il collegamento delle indagini relative ai “mandanti” del “mostro di Firenze con quelle relative alla morte del gastroenterologo perugino.
21 novembre
Nel tentativo di ricostruire le fasi di recupero del cadavere dal lago Trasimeno, la Procura di Perugia fece richiesta al Comando provinciale dei Vigili del fuoco della scheda d’intervento. Purtroppo però in archivio la scheda non fu rinvenuta ed il 21 novembre si rese necessario redigere un’annotazione che riassumesse le attività compiute all’epoca. Questa fu approntata da Francesco Piceller che il 13 ottobre 1985 era tra i Vigili del fuoco intervenuti in loco.
3 dicembre 2001
Il dirigente della squadra mobile, Michele Giuttari, depositò una nota in cui vennero riepilogate le indagini fino ad allora svolte sui probabili “mandanti” dei delitti del “mostro di Firenze”, riferendo in merito agli elementi acquisiti che potevano indurre a ipotizzare un eventuale movente esoterico, nonché certe perplessità circa la morte di Pietro Pacciani. La nota si concludeva con la richiesta di ulteriori approfondimenti investigativi in merito alla morte di Francesco Narducci. Il PM pur in accordo con quanto esposto dal capo della Squadra mobile, gli chiese di attendere qualche giorno per disporre dell’approvazione del dr Ubaldo Nannucci, nel frattempo subentrato nella direzione della Procura.
La delega di indagine giunse alcuni mesi dopo: il 15 giugno. (Michele Giuttari. Il mostro. Bur edizioni)
06 dicembre
Presso la procura di Perugia furono ascoltati due dei Vigili del fuoco che si erano occupati di recuperare il corpo attribuito a Francesco Narducci: Marco Tommasoni e Francesco Piceller. Entrambi ricordarono il volto del medico come “gonfio e violaceo”; Marco Tommasoni aggiunse: “Era vestito con un giubbetto di pelle marrone, una specie di cravatta di cuoio che non ricordo se fosse attorno al colletto della camicia o sul collo nudo, aveva un orologio funzionante, in acciaio chiaro forse cromato. Ricordo che il carabiniere che era presente al momento della visita del cadavere prese il polso sinistro dello stesso portandoselo all’orecchio e disse che era funzionante. Ricordo che il cadavere era alto circa 180 cm ed era di corporatura robusta. Non ricordo che fossero stati cercati i documenti sulla salma. Ricordo che era sfrontato con capelli radi sulla fronte.”
21 dicembre
La signora Mariella Ciulli, moglie di Francesco Calamandrei, farmacista in San Casciano Val di Pesa, allertò le forze dell’ordine, riferendo che il marito e il dottor Vigna stavano coinvolgendo suo figlio Marco nell’organizzazione del nono duplice omicidio del ‘mostro di Firenze’ che avrebbe avuto luogo in località Madonna del Sasso, nel Comune di Pontassieve. Furono fatti accertamenti che non condussero a niente di concreto.
Segue...
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