Segue da Adorbs quattro
24 ottobre
A Perugia, fu ascoltato dal PM, Giuseppe Trovati, titolare della darsena sul lago Trasimeno, presso cui era ricoverata l’imbarcazione di Francesco Narducci. Riferì aver ricevuto, intorno alle 14:00 dell’8 ottobre 1985, una telefonata del medico, in cui lo avvisava di preparare il suo Grifo Plaster. Il gastroenterologo giunse intorno alle 15:00/15:30 con la sua moto Honda e recuperata l’imbarcazione si diresse verso l’Isola Polvese.
Alle 19:30, notando il mancato rientro del medico, Giuseppe Trovati pensò di chiamare a casa dei genitori, dove Pierluca Narducci, il fratello, gli disse che lo avrebbe raggiunto al più presto.
A seguire quanto a verbale: ”Verso le ore 21,30/22,00 arrivò il fratello del dr Narducci, dr Pierluca, insieme al dr. Ceccarelli, oltre ad altre due persone, fra cui il cognato. Uscirono con il motoscafo a cercare il Dr. Francesco; ricordo che non c'era la luna piena e quindi era buio. (..) Dopo avere chiamato i familiari, feci un giro con il motoscafo intorno all'Isola Polvese e non vidi il motoscafo del dr. Narducci, dove poi è stato ritrovato, e cioè nel canneto dell'isola Polvese. Quando il motoscafo fu ritrovato, credo che fosse a circa venti metri dall'isola stessa. Dopo aver fatto il giro dell'isola, tornai alla darsena e vidi che i familiari erano già arrivati. Escludo di avere chiamato i Carabinieri e ricordo che c'erano i mezzi della provincia ma non mi pare che vi fosse la motovedetta dei Carabinieri, se ben ricordo. Il motoscafo con cui avevo fatto il giro dell'isola aveva un faretto non molto potente e le canne in mezzo a cui fu ritrovata l'imbarcazione erano abbastanza alte. Comunque quando tornai alla darsena, i soccorsi erano già stati organizzati dalla Provincia e noi fummo dotati di baracchino con cui comunicavamo a distanza. Io fui mandato verso l'Isola Maggiore, dove verso le ore 00,30 mi fu data la notizia che era stata rinvenuta la barca presso l'Isola Polvese. (…)
Preciso che il dr. Francesco Narducci era un nuotatore provetto, che già conosceva il surf quando ancora nessuno lo conosceva; faceva anche lo sci d'acqua. (…) Posso dire che il dr. Francesco Narducci era in grado di effettuare lunghe nuotate ed era molto pratico dell'acqua e del lago in particolare.
(…)Ricordo anche che si parlava di una chiromante o di un mago o stregone che aveva invitato il padre a cercare il figlio intorno all'isola Polvese e soprattutto nella zona limitrofa alla casa del guardiano; questi particolari li percepii dai discorsi che facevano i familiari tra di loro. Le indicazioni che davano queste persone erano sempre comunque diverse.
(…)Quando il cadavere fu portato a terra lo vidi e mi pare che avesse le mani lasciate lungo i fianchi, leggermente spostate verso l'inguine; si vedeva il giubbotto contro cui premeva l'addome rigonfio. Vidi il cadavere quasi nero in volto che cominciava a scurirsi; fui chiamato per il riconoscimento e dissi che si trattava del dr Narducci. Il volto era normale e cominciava a scurirsi, io comunque lo vidi da circa due o tre metri.”
Lo stesso giorno fu sentito anche Ugo Baiocco, il pescatore della Cooperativa “Alba” che il 13 ottobre, intorno alle ore 07:00, rinvenne il corpo attribuito al dr Francesco Narducci. Riferì trovarsi al lago, quella mattina, con suo cognato, Arnaldo Budelli, di essersi diretti con la barca verso “l'Arginone”, con l'intenzione di porre le reti. Il verbale riporta: “Ricordo perfettamente che quel giorno vi erano molte alghe che affioravano dall'acqua e vi era vento da ponente; io dissi a mio cognato, guardando quel cumulo di alghe, "ma non sarà mica il professore quello?" E quando ci avvicinammo, rallentando con il motoscafo, vidi il carpo di un uomo sfigurato, a pancia all'aria, vestito con cravatta, camicia e mi pare un giacchetto, calzoni e scarpe, con il volto tumefatto, nero e gonfio, e non si vedevano nemmeno gli occhi.
Ricordo che la testa era rivolta verso Castiglion del Lago, a favore di vento, ricordo anche che sulla testa vi erano molte alghe che formavano come una specie di capannelli in cui era immerso il corpo. Aveva il braccio sinistro poggiato sullo stomaco e il braccio destro lungo il corpo; appena lo vidi svenni e mi ripresi dopo pochi minuti. Ricordo che in quei giorni il vento era di ponente un po' sostenuto, in sostanza veniva da Castiglion del Lago ed andava verso S. Arcangelo; ricordo anche che la mano sinistra, quella poggiata sullo stomaco era particolarmente gonfia, deforme e scura, mentre l'altra mano era sotto acqua. Dopo quel fatto facemmo chiamare i Carabinieri di Castiglion del lago che hanno portato il cadavere al molo, dove è arrivato il Procuratore. Ricordo che quando il cadavere fu poggiato nel motoscafo dai Carabinieri, si apri un qualcosa nel corpo del morto, non so se dal ventre o dalla bocca, e vi fu una puzza indescrivibile, tanto che i Carabinieri dovettero mettersi una garza alla bocca ed al naso.”
Infine fu ascoltata la Dr.ssa Daniela Seppoloni, che nell’ottobre ’85 era medico strutturato presso la U.S.L. del Trasimeno; questa riferì aver conosciuto il dr Narducci mentre partecipava al tirocinio di medicina interna. Il 13 ottobre, nel primo pomeriggio, fu chiamata dal centralinista dell'ospedale di Castiglion del Lago, presumibilmente intorno alle ore 14,30/15,00, le fu chiesto di portarsi sul molo di S. Arcangelo poiché era stato rinvenuto un cadavere nel lago. Giunta in loco rimase impressionata dall’ampio dispiegamento di forze dell’ordine e vigili del fuoco, notò altresì la presenza del dr Pierluca Narducci e dei dott.ri Farroni, e Morelli, colleghi di Francesco Narducci.
Le venne incontro il dr Trippetti che però non disponeva dell’abilitazione di medico necroscopo per cui fu lei a redigere il certificato di morte.
Il verbale del 24 ottobre riporta: "(Il cadavere) …era sdraiato in posizione supina sul molo, nelle vicinanze delle scalette ed era vestito interamente; mi pare che portava le scarpe, una camicia e, se ricordo bene, un giubbotto sopra la camicia. Mi sembrava che fosse vestito normalmente. Il cadavere del Narducci si presentava gonfio, edematoso e di un colore violaceo, aveva un notevole gonfiore al viso alle braccia e all’addome.
Domanda: aveva segni di vegetazione lacustre o lacci addosso?
No, non ricordo per quanto riguarda la vegetazione ma lacci sicuramente non ne aveva.
A Perugia, fu ascoltato dal PM, Giuseppe Trovati, titolare della darsena sul lago Trasimeno, presso cui era ricoverata l’imbarcazione di Francesco Narducci. Riferì aver ricevuto, intorno alle 14:00 dell’8 ottobre 1985, una telefonata del medico, in cui lo avvisava di preparare il suo Grifo Plaster. Il gastroenterologo giunse intorno alle 15:00/15:30 con la sua moto Honda e recuperata l’imbarcazione si diresse verso l’Isola Polvese.
Alle 19:30, notando il mancato rientro del medico, Giuseppe Trovati pensò di chiamare a casa dei genitori, dove Pierluca Narducci, il fratello, gli disse che lo avrebbe raggiunto al più presto.
A seguire quanto a verbale: ”Verso le ore 21,30/22,00 arrivò il fratello del dr Narducci, dr Pierluca, insieme al dr. Ceccarelli, oltre ad altre due persone, fra cui il cognato. Uscirono con il motoscafo a cercare il Dr. Francesco; ricordo che non c'era la luna piena e quindi era buio. (..) Dopo avere chiamato i familiari, feci un giro con il motoscafo intorno all'Isola Polvese e non vidi il motoscafo del dr. Narducci, dove poi è stato ritrovato, e cioè nel canneto dell'isola Polvese. Quando il motoscafo fu ritrovato, credo che fosse a circa venti metri dall'isola stessa. Dopo aver fatto il giro dell'isola, tornai alla darsena e vidi che i familiari erano già arrivati. Escludo di avere chiamato i Carabinieri e ricordo che c'erano i mezzi della provincia ma non mi pare che vi fosse la motovedetta dei Carabinieri, se ben ricordo. Il motoscafo con cui avevo fatto il giro dell'isola aveva un faretto non molto potente e le canne in mezzo a cui fu ritrovata l'imbarcazione erano abbastanza alte. Comunque quando tornai alla darsena, i soccorsi erano già stati organizzati dalla Provincia e noi fummo dotati di baracchino con cui comunicavamo a distanza. Io fui mandato verso l'Isola Maggiore, dove verso le ore 00,30 mi fu data la notizia che era stata rinvenuta la barca presso l'Isola Polvese. (…)
Preciso che il dr. Francesco Narducci era un nuotatore provetto, che già conosceva il surf quando ancora nessuno lo conosceva; faceva anche lo sci d'acqua. (…) Posso dire che il dr. Francesco Narducci era in grado di effettuare lunghe nuotate ed era molto pratico dell'acqua e del lago in particolare.
(…)Ricordo anche che si parlava di una chiromante o di un mago o stregone che aveva invitato il padre a cercare il figlio intorno all'isola Polvese e soprattutto nella zona limitrofa alla casa del guardiano; questi particolari li percepii dai discorsi che facevano i familiari tra di loro. Le indicazioni che davano queste persone erano sempre comunque diverse.
(…)Quando il cadavere fu portato a terra lo vidi e mi pare che avesse le mani lasciate lungo i fianchi, leggermente spostate verso l'inguine; si vedeva il giubbotto contro cui premeva l'addome rigonfio. Vidi il cadavere quasi nero in volto che cominciava a scurirsi; fui chiamato per il riconoscimento e dissi che si trattava del dr Narducci. Il volto era normale e cominciava a scurirsi, io comunque lo vidi da circa due o tre metri.”
Lo stesso giorno fu sentito anche Ugo Baiocco, il pescatore della Cooperativa “Alba” che il 13 ottobre, intorno alle ore 07:00, rinvenne il corpo attribuito al dr Francesco Narducci. Riferì trovarsi al lago, quella mattina, con suo cognato, Arnaldo Budelli, di essersi diretti con la barca verso “l'Arginone”, con l'intenzione di porre le reti. Il verbale riporta: “Ricordo perfettamente che quel giorno vi erano molte alghe che affioravano dall'acqua e vi era vento da ponente; io dissi a mio cognato, guardando quel cumulo di alghe, "ma non sarà mica il professore quello?" E quando ci avvicinammo, rallentando con il motoscafo, vidi il carpo di un uomo sfigurato, a pancia all'aria, vestito con cravatta, camicia e mi pare un giacchetto, calzoni e scarpe, con il volto tumefatto, nero e gonfio, e non si vedevano nemmeno gli occhi.
Ricordo che la testa era rivolta verso Castiglion del Lago, a favore di vento, ricordo anche che sulla testa vi erano molte alghe che formavano come una specie di capannelli in cui era immerso il corpo. Aveva il braccio sinistro poggiato sullo stomaco e il braccio destro lungo il corpo; appena lo vidi svenni e mi ripresi dopo pochi minuti. Ricordo che in quei giorni il vento era di ponente un po' sostenuto, in sostanza veniva da Castiglion del Lago ed andava verso S. Arcangelo; ricordo anche che la mano sinistra, quella poggiata sullo stomaco era particolarmente gonfia, deforme e scura, mentre l'altra mano era sotto acqua. Dopo quel fatto facemmo chiamare i Carabinieri di Castiglion del lago che hanno portato il cadavere al molo, dove è arrivato il Procuratore. Ricordo che quando il cadavere fu poggiato nel motoscafo dai Carabinieri, si apri un qualcosa nel corpo del morto, non so se dal ventre o dalla bocca, e vi fu una puzza indescrivibile, tanto che i Carabinieri dovettero mettersi una garza alla bocca ed al naso.”
Infine fu ascoltata la Dr.ssa Daniela Seppoloni, che nell’ottobre ’85 era medico strutturato presso la U.S.L. del Trasimeno; questa riferì aver conosciuto il dr Narducci mentre partecipava al tirocinio di medicina interna. Il 13 ottobre, nel primo pomeriggio, fu chiamata dal centralinista dell'ospedale di Castiglion del Lago, presumibilmente intorno alle ore 14,30/15,00, le fu chiesto di portarsi sul molo di S. Arcangelo poiché era stato rinvenuto un cadavere nel lago. Giunta in loco rimase impressionata dall’ampio dispiegamento di forze dell’ordine e vigili del fuoco, notò altresì la presenza del dr Pierluca Narducci e dei dott.ri Farroni, e Morelli, colleghi di Francesco Narducci.
Le venne incontro il dr Trippetti che però non disponeva dell’abilitazione di medico necroscopo per cui fu lei a redigere il certificato di morte.
Il verbale del 24 ottobre riporta: "(Il cadavere) …era sdraiato in posizione supina sul molo, nelle vicinanze delle scalette ed era vestito interamente; mi pare che portava le scarpe, una camicia e, se ricordo bene, un giubbotto sopra la camicia. Mi sembrava che fosse vestito normalmente. Il cadavere del Narducci si presentava gonfio, edematoso e di un colore violaceo, aveva un notevole gonfiore al viso alle braccia e all’addome.
Domanda: aveva segni di vegetazione lacustre o lacci addosso?
No, non ricordo per quanto riguarda la vegetazione ma lacci sicuramente non ne aveva.
Domanda: la visita fu effettuata tutta all'esterno o il cadavere fu portato in qualche luogo chiuso?
Io dovevo fare solo una constatazione di morte e redigere il conseguente verbale; ricordo che la visita si svolse sul molo, dove avevo visto per la prima volta il cadavere. Il cadavere non fu spogliato perché non serviva ai fini della constatazione di morte.
Ricordo che sia il fratello, che il Dr. Morelli ed il Dr. Farroni, mi giravano continuamente intorno e questo mi dava piuttosto fastidio, tant’è che chiesi ai Vigili di tenermi lontano queste persone, fra cui vi erano anche i giornalisti con macchine fotografiche. Ricordo che ad un certo punto sopraggiunse una Autorità, non so se della Questura o della Procura, che mi chiese di fare una ispezione cadaverica; intorno a me c’erano i Carabinieri credo della Stazione di Magione. Questa Autorità che era intervenuta, era di corporatura robusta, con una divisa scura con dei gradi sulle spalle e qualcosa anche sulle maniche. Preciso che ciò avvenne quando stavo cercando di redigere il certificato di morte e cercavo un posto di appoggio dove scrivere con calma, non pressata dalla gente e non disturbata dal forte vento. Ricordo in particolare che la folla, all’arrivo dello sconosciuto, faceva ala a questa persona, circondata dai Carabinieri.
Domanda: Lei di solito faceva le ispezioni o si limitava a redigere i certificati di morte?
Io di solito redigevo solo i certificati di morte perché non avevo la competenza professionale per effettuare le ispezioni cadaveriche. Questa persona comunque mi chiese di fare quest'ispezione ed io dissi che non ero in condizioni di poterla fare sul molo e quindi il cadavere doveva essere trasportato nella camera mortuaria dell'ospedale di Castiglion del Lago, che era la più vicina. Qui iniziarono purtroppo delle insistenze e delle pressioni per fare immediatamente l'ispezione sul posto poiché si trattava di un caso urgente, vi erano i familiari affranti e comunque non si poteva attendere il trasporto alla camera mortuaria. Vi fu un minimo di contraddittorio, perché, io insistevo ad avere un ambiente adeguato che non ottenni perché mi si ribadì la necessità e l’urgenza di effettuare l’ispezione, senza sapere se questo fosse disposto dall'Autorità Giudiziaria; quindi mi rimboccai le maniche e grazie all'ausilio dei Vigili del fuoco che mi aiutarono anche nell'ispezione, mi accinsi a questa operazione. Feci comunque presente alla persona in divisa che la mia ispezione sarebbe stata del tutto sommaria perché non avevo né i mezzi né la competenza professionale per procedere ad ispezioni di quel tipo.
Domanda: le è mai capitato di fare una ispezione cadaverica sul posto come in quell'occasione?
No, mai. Ricordo che il cadavere del Dr. Narducci non poteva essere spogliato perché gli abiti erano del tutto attaccati ma i Vigili recuperarono delle forbici e con questo attrezzo iniziammo a tagliare i vestiti, non completamente; ricordo che scoprimmo quasi tutto il braccio sinistro, una parte del braccio destro, parte del torace salvo le spalle, il collo, e poi abbassammo leggermente i pantaloni verso il basso, poco sotto l’ombelico di circa un paio di centimetri perché i pantaloni non andavano giù.
Chiesi al Vigile di girare il cadavere ed osservammo una parte delle schiena fino alla vita, ma non la parte alta delle spalle; non ricordo se gli abiti furono tagliati o solamente alzati.
Prima di rigirarlo, alzammo i pantaloni fino a dove era possibile, comunque sotto il ginocchio. Il colore era particolarmente violaceo, nel volto, nel collo e negli arti inferiori, in particolare nelle caviglie. Quando girammo il cadavere, uscì dalla bocca dello stesso del liquido acquoso, leggermente schiumoso, tinteggiato di un colore rosso cupo; il quantitativo corrispondeva grosso modo a quello che ha una persona che abbia un conato di vomito.
Io continuavo a ripetere che in quelle condizioni non potevo visionare tutto il corpo e tra l’altro il Vigile che tagliava i vestiti aveva difficoltà a compiere la sua operazione per via del gonfiore del corpo, per cui continuavo a ripetere che non era possibile fare una ispezione in quelle condizioni, ma la persona in divisa insisteva, ribadendo l’urgenza di provvedere. Ricordo che il volto era tumefatto e violaceo, appariva gonfio edematoso.
Domanda: c’erano lesioni sul corpo?
Per la parte che ho potuto vedere ed ispezionare, cercando appositamente lesioni o segni di iniezione, esaminai quindi la scatola cranica nella parte esterna, il volto, il collo ed il resto e notai che non vi erano lesioni o altri segni particolari.
Domanda: come mai né nel verbale di riconoscimento e descrizione del cadavere né nel verbale di ricognizione cadaverica né nel certificato di accertamento di morte lei non precisò in quale condizioni si svolse l'ispezione e soprattutto che il cadavere poté essere denudato solo parzialmente?
Per il certificato di morte non serviva ma per il resto devo ammettere che non avevo esperienza di ispezioni cadaveriche e di redazione del relativo verbale.
Domanda: come è giunta alla diagnosi della morte, come nel caso specifico di "asfissia da annegamento", senza esame autoptico?
Io dovevo limitarmi ad accertare la morte ma non le cause della stessa.
Il verbale di riconoscimento di cadavere non è stato da me redatto. Il verbale fu redatto materialmente in un locale, credo della cooperativa dei pescatori di S. Arcangelo, dove mi recai assieme ai Carabinieri i quali provvidero a redigere il verbale che io firmai nella parte relativa alla ricognizione del cadavere, ma non ricordo che mi vennero fatte domande circa l’orario della morte od altro, anche perché non potevo stabilire l’orario della morte del Dr. Narducci ed escludo di avere detto che era morto da 110 ore perché non avevo un minimo di competenza per affermarlo. Voglio aggiungere che c’erano delle forti pressioni intorno a me perché più io allontanavo le persone, con l’ausilio dei Carabinieri, più la gente mi pressava anche all’interno del locale. Queste persone che premevano di più erano i colleghi del Dr. Narducci, in particolare il Prof. Morelli e il Dr. Farroni, unitamente al fratello del defunto; La persona in divisa mi sollecitava a fare alla svelta. Mi dicevano continuamente "è chiaro, non ci sono problemi, questo è morto annegato". Volevo scrivere anche che era assolutamente necessaria l'autopsia perché l'ispezione era del tutto carente ma a questo punto la pressione fu fortissima da parte del Dr. Morelli e del fratello del defunto. Anche i carabinieri si trovavano al centro di queste pressioni e ci sentivamo come accerchiati e costretti a concludere il tutto rapidamente, come ci si diceva. Ricordo che ci trovavamo in una stanza abbastanza- piccola, con una vetrata da dove vedevo anche la persona in divisa e tante altre persone.
Mi sono trovata intimidita psicologicamente e pur avendo insistito nello scrivere “verosimilmente” ho desistito dall'indicazione della necessità dell'autopsia. Ricordo che queste persone non erano assolutamente contente di quello che avevo fatto e venne anche il Dr. Trippetti perché io continuavo a dire che necessitava l'autopsia ed egli fece leva soprattutto sul dolore dei familiari e sul loro desiderio di riavere il corpo quanto prima. A quel punto terminai l'operazione.
Specifico che il certificato di accertamento di morte che mi viene mostrato non è quello che io redassi né tanto meno firmato. Nella firma che è apposta in calce riconosco quella della Dr.ssa Mencuccini Luciana, che non aveva partecipato alle operazioni.
Domanda: ebbe contatti con l’impresa delle pompe funebri?
No, avrei voluto contattarli per il trasporto all'obitorio ma, come detto, fui costretta a fare l'ispezione in quel luogo. Ricordo che parlai con il responsabile di medicina legale, Dr. Pietro Giorgi, al quale esternai le mie proteste e questi mi disse che avevo perfettamente ragione.
Domanda: sa se venne rinvenuto un appunto scritto dal dr. Narducci o se all'interno dell'imbarcazione vi erano siringhe?
Non ricordo. Però ricordo che chiesi se erano state trovate siringhe o medicinali anche perché circolava la voce che il morto facesse uso di sostanze stupefacenti, verosimilmente eroina.
Domanda: c'erano appartenenti alle Forze dell'Ordine provenienti da Firenze?
Ricordo che dopo la persona in divisa ne sopraggiunsero altre, sempre in divisa scura, credo che fossero altri Ufficiali dei Carabinieri, che parlavano molto tra di loro, ma non feci caso a quello che dicevano.
Domanda: ricorda se qualcuno alluse alla vicenda dei delitti del cosiddetto "mostro di Firenze"?
Altroché! Ma non in quell'occasione. Successivamente, dopo qualche mese ne sentii parlare molto, anche nell'ambiente della USL; le voci dicevano che il Dr. Narducci fosse il responsabile di quei delitti attribuiti al mostro di Firenze. Altra voce lo indicava come dedito a viaggi nella città di Firenze, dove sembrava avesse una casa."
Io dovevo fare solo una constatazione di morte e redigere il conseguente verbale; ricordo che la visita si svolse sul molo, dove avevo visto per la prima volta il cadavere. Il cadavere non fu spogliato perché non serviva ai fini della constatazione di morte.
Ricordo che sia il fratello, che il Dr. Morelli ed il Dr. Farroni, mi giravano continuamente intorno e questo mi dava piuttosto fastidio, tant’è che chiesi ai Vigili di tenermi lontano queste persone, fra cui vi erano anche i giornalisti con macchine fotografiche. Ricordo che ad un certo punto sopraggiunse una Autorità, non so se della Questura o della Procura, che mi chiese di fare una ispezione cadaverica; intorno a me c’erano i Carabinieri credo della Stazione di Magione. Questa Autorità che era intervenuta, era di corporatura robusta, con una divisa scura con dei gradi sulle spalle e qualcosa anche sulle maniche. Preciso che ciò avvenne quando stavo cercando di redigere il certificato di morte e cercavo un posto di appoggio dove scrivere con calma, non pressata dalla gente e non disturbata dal forte vento. Ricordo in particolare che la folla, all’arrivo dello sconosciuto, faceva ala a questa persona, circondata dai Carabinieri.
Domanda: Lei di solito faceva le ispezioni o si limitava a redigere i certificati di morte?
Io di solito redigevo solo i certificati di morte perché non avevo la competenza professionale per effettuare le ispezioni cadaveriche. Questa persona comunque mi chiese di fare quest'ispezione ed io dissi che non ero in condizioni di poterla fare sul molo e quindi il cadavere doveva essere trasportato nella camera mortuaria dell'ospedale di Castiglion del Lago, che era la più vicina. Qui iniziarono purtroppo delle insistenze e delle pressioni per fare immediatamente l'ispezione sul posto poiché si trattava di un caso urgente, vi erano i familiari affranti e comunque non si poteva attendere il trasporto alla camera mortuaria. Vi fu un minimo di contraddittorio, perché, io insistevo ad avere un ambiente adeguato che non ottenni perché mi si ribadì la necessità e l’urgenza di effettuare l’ispezione, senza sapere se questo fosse disposto dall'Autorità Giudiziaria; quindi mi rimboccai le maniche e grazie all'ausilio dei Vigili del fuoco che mi aiutarono anche nell'ispezione, mi accinsi a questa operazione. Feci comunque presente alla persona in divisa che la mia ispezione sarebbe stata del tutto sommaria perché non avevo né i mezzi né la competenza professionale per procedere ad ispezioni di quel tipo.
Domanda: le è mai capitato di fare una ispezione cadaverica sul posto come in quell'occasione?
No, mai. Ricordo che il cadavere del Dr. Narducci non poteva essere spogliato perché gli abiti erano del tutto attaccati ma i Vigili recuperarono delle forbici e con questo attrezzo iniziammo a tagliare i vestiti, non completamente; ricordo che scoprimmo quasi tutto il braccio sinistro, una parte del braccio destro, parte del torace salvo le spalle, il collo, e poi abbassammo leggermente i pantaloni verso il basso, poco sotto l’ombelico di circa un paio di centimetri perché i pantaloni non andavano giù.
Chiesi al Vigile di girare il cadavere ed osservammo una parte delle schiena fino alla vita, ma non la parte alta delle spalle; non ricordo se gli abiti furono tagliati o solamente alzati.
Prima di rigirarlo, alzammo i pantaloni fino a dove era possibile, comunque sotto il ginocchio. Il colore era particolarmente violaceo, nel volto, nel collo e negli arti inferiori, in particolare nelle caviglie. Quando girammo il cadavere, uscì dalla bocca dello stesso del liquido acquoso, leggermente schiumoso, tinteggiato di un colore rosso cupo; il quantitativo corrispondeva grosso modo a quello che ha una persona che abbia un conato di vomito.
Io continuavo a ripetere che in quelle condizioni non potevo visionare tutto il corpo e tra l’altro il Vigile che tagliava i vestiti aveva difficoltà a compiere la sua operazione per via del gonfiore del corpo, per cui continuavo a ripetere che non era possibile fare una ispezione in quelle condizioni, ma la persona in divisa insisteva, ribadendo l’urgenza di provvedere. Ricordo che il volto era tumefatto e violaceo, appariva gonfio edematoso.
Domanda: c’erano lesioni sul corpo?
Per la parte che ho potuto vedere ed ispezionare, cercando appositamente lesioni o segni di iniezione, esaminai quindi la scatola cranica nella parte esterna, il volto, il collo ed il resto e notai che non vi erano lesioni o altri segni particolari.
Domanda: come mai né nel verbale di riconoscimento e descrizione del cadavere né nel verbale di ricognizione cadaverica né nel certificato di accertamento di morte lei non precisò in quale condizioni si svolse l'ispezione e soprattutto che il cadavere poté essere denudato solo parzialmente?
Per il certificato di morte non serviva ma per il resto devo ammettere che non avevo esperienza di ispezioni cadaveriche e di redazione del relativo verbale.
Domanda: come è giunta alla diagnosi della morte, come nel caso specifico di "asfissia da annegamento", senza esame autoptico?
Io dovevo limitarmi ad accertare la morte ma non le cause della stessa.
Il verbale di riconoscimento di cadavere non è stato da me redatto. Il verbale fu redatto materialmente in un locale, credo della cooperativa dei pescatori di S. Arcangelo, dove mi recai assieme ai Carabinieri i quali provvidero a redigere il verbale che io firmai nella parte relativa alla ricognizione del cadavere, ma non ricordo che mi vennero fatte domande circa l’orario della morte od altro, anche perché non potevo stabilire l’orario della morte del Dr. Narducci ed escludo di avere detto che era morto da 110 ore perché non avevo un minimo di competenza per affermarlo. Voglio aggiungere che c’erano delle forti pressioni intorno a me perché più io allontanavo le persone, con l’ausilio dei Carabinieri, più la gente mi pressava anche all’interno del locale. Queste persone che premevano di più erano i colleghi del Dr. Narducci, in particolare il Prof. Morelli e il Dr. Farroni, unitamente al fratello del defunto; La persona in divisa mi sollecitava a fare alla svelta. Mi dicevano continuamente "è chiaro, non ci sono problemi, questo è morto annegato". Volevo scrivere anche che era assolutamente necessaria l'autopsia perché l'ispezione era del tutto carente ma a questo punto la pressione fu fortissima da parte del Dr. Morelli e del fratello del defunto. Anche i carabinieri si trovavano al centro di queste pressioni e ci sentivamo come accerchiati e costretti a concludere il tutto rapidamente, come ci si diceva. Ricordo che ci trovavamo in una stanza abbastanza- piccola, con una vetrata da dove vedevo anche la persona in divisa e tante altre persone.
Mi sono trovata intimidita psicologicamente e pur avendo insistito nello scrivere “verosimilmente” ho desistito dall'indicazione della necessità dell'autopsia. Ricordo che queste persone non erano assolutamente contente di quello che avevo fatto e venne anche il Dr. Trippetti perché io continuavo a dire che necessitava l'autopsia ed egli fece leva soprattutto sul dolore dei familiari e sul loro desiderio di riavere il corpo quanto prima. A quel punto terminai l'operazione.
Specifico che il certificato di accertamento di morte che mi viene mostrato non è quello che io redassi né tanto meno firmato. Nella firma che è apposta in calce riconosco quella della Dr.ssa Mencuccini Luciana, che non aveva partecipato alle operazioni.
Domanda: ebbe contatti con l’impresa delle pompe funebri?
No, avrei voluto contattarli per il trasporto all'obitorio ma, come detto, fui costretta a fare l'ispezione in quel luogo. Ricordo che parlai con il responsabile di medicina legale, Dr. Pietro Giorgi, al quale esternai le mie proteste e questi mi disse che avevo perfettamente ragione.
Domanda: sa se venne rinvenuto un appunto scritto dal dr. Narducci o se all'interno dell'imbarcazione vi erano siringhe?
Non ricordo. Però ricordo che chiesi se erano state trovate siringhe o medicinali anche perché circolava la voce che il morto facesse uso di sostanze stupefacenti, verosimilmente eroina.
Domanda: c'erano appartenenti alle Forze dell'Ordine provenienti da Firenze?
Ricordo che dopo la persona in divisa ne sopraggiunsero altre, sempre in divisa scura, credo che fossero altri Ufficiali dei Carabinieri, che parlavano molto tra di loro, ma non feci caso a quello che dicevano.
Domanda: ricorda se qualcuno alluse alla vicenda dei delitti del cosiddetto "mostro di Firenze"?
Altroché! Ma non in quell'occasione. Successivamente, dopo qualche mese ne sentii parlare molto, anche nell'ambiente della USL; le voci dicevano che il Dr. Narducci fosse il responsabile di quei delitti attribuiti al mostro di Firenze. Altra voce lo indicava come dedito a viaggi nella città di Firenze, dove sembrava avesse una casa."
Segue...
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