mercoledì 2 dicembre 2015

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 9 marzo 1998 - Seconda parte

Segue dalla prima parte

Avvocato Filastò: Ma insomma, comunque sia, per quanto si potesse tirarlo, con riferimento al tempo passato, in alto il più il possibile, Pacciani - come si faceva a suo tempo attraverso il supplizio della corda, dopo la quale il suppliziato finiva sempre un po' più alto di quel che non fosse all'inizio – in ogni caso restava sempre il dato incontrovertibile della non corrispondenza di quella persona a quelle persone viste da quei testimoni all'altezza di Pacciani, per quanto riguardava quelle impronte. Ed allora, è in questa situazione che la sentenza di I Grado - alla quale si ispirano fondamentalmente sia il Pubblico Ministero che il dottor Giuttari - propone l'ipotesi degli "amici di merende" e dei complici i quali, in qualche modo, si sarebbero affiancati all'autore. E quindi non più questo contrasto, perché il contrasto viene eliminato: c'è quest'altra persona che, in qualche modo, lo elimina. Beh, insomma, ma a me pare che tutto questo sia veramente il massimo, la quintessenza di una indagine che nasce sul piede sbagliato. Nel senso "sbagliato": su un piede in cui si cerca di confortare una certa linea di tendenza, una certa idea, una certa ipotesi. Ora, però, su questo punto un attimo di riflessione un po' più approfondito. Perché questa indagine, questo processo che ho definito di tendenza, ha una piega, prende, durante il processo Pacciani, una certa piega e, come vedremo, non riguarda solamente l'ipotesi dei complici, ma perfino l'individuazione di essi. Questo vi deve allarmare. Perché, capite, voglio dire: un conto è, così, prospettare un certo tema di indagine; un conto è esaurirlo, quasi, questo tema di indagine, addirittura indicando chi sono queste persone. E da questo punto di vista qui è importante esaminare e leggere insieme il verbale di dibattimento del processo Pacciani, all'udienza del 26 maggio del '94, fascicolo 32, e le pagine sono quelle che vanno dalla pagina 2 alla pagina 58. Io ne ho scelte alcune. Il signor Vanni si mette a sedere su quella sedia. Siamo, come dicevo prima, all'udienza del 26 maggio del '94. Il signor Vanni si siede e il Presidente lo invita a rispondere. Il Presidente gli chiede se ci sente bene. Dice: "Sentire, ci sento." "Benissimo." Il Pubblico Ministero gli chiede: "Signor Vanni, che lavoro fa lei? O quale?" E il teste Vanni dice: "Io sono stato a fare delle merende col Pacciani", no? Ora bisogna... questa frase può sembrare sospettabile, così di colpo, così di brutto, all'inizio. Ma non lo è affatto. Perché noi - e lo sappiamo in questo procedimento - sappiamo che quando si va a sedere su quella sedia, il giorno 26 maggio del 1994, Vanni è già stato interrogato, reinterrogato. Addirittura lui, in quel verbale di interrogatorio che vi ho citato prima - quello in cui si parlava del suo atteggiamento scoperto, trasparente, "Lo metta lei", con il dottor Vigna - lui dirà addirittura di essere stato chiamato almeno una decina di volte dai Carabinieri. Tanto che il dottor Vigna si allarma. Dice: 'ma qua non c'è verbali, ma come mai?' Il commissario Minoliti, insomma, lui ci aveva fatto il sentiero. Ed erano sempre lì a fargli domande, a chiedergli. Alcune sono verbalizzate, di queste cose; altre no. Ma insomma, la pistola… E poi si vedrà che è così. È inutile far le boccacce. Perché è vero, risulta da verbale. Risulta da queste dichiarazioni e dalle domande che fa il Pubblico Ministero. Se il Pubblico Ministero le avesse sapute certe cose, come faceva a domandargliele qui, in questa sede? E qui, come dice: "Io sono stato a..." E quindi, questo poveromo, che non ne può più - come del resto hanno detto vari testimoni: Paolo Vanni, altri testi qui interrogati in questo procedimento - che non ne può più di questa specie di persecuzione, appena seduto, nella sua semplicità e nella sua trasparenza, dice: 'ma insomma, cosa volete da me? Io con questo Pacciani, ci ho fatto solo le merende'. Vuole mettere subito le mani avanti, immediatamente. E questo è quello che ha segnato il suo destino. Perché immediatamente il Pubblico Ministero dice: “Credo che qualcuno le ha già detto cosa deve dire.” Gli contesta. "Qualcuno", si immagina che sia qualche altro "amico di merende", evidentemente, della banda, del gruppo. Ma, insomma, io immagino eh. Però... "Qualcuno". Chi sarà questo qualcuno? Pacciani, no, perché è in galera. Sarà qualcun altro, evidentemente. E subito interviene il Presidente, quello che poi stenderà quella sentenza, che costituisce l'input di questa indagine di tendenza, così come l'ho definita, il Presidente il quale dice: "Lei comincia male, perché sembra che venga a recitarci una lezioncina che si è imparato prima." Ma accidenti alla diffidenza nei confronti di un testimone! Questa è diffidenza. Eh, questo, specialmente... Questo è, come dire, un sospetto, eh. È già un sospetto piuttosto, piuttosto evidente. Tanto è vero il Pubblico Ministero - pagina 7 - gli chiede: "E quindi, senta una cosa: e poi del Pacciani, questo rapporto diciamo professionale, oltre questo rapporto, diciamo professionale..." Il "rapporto professionale" è il fatto che gli andava a portare la posta, come dice lui. Cioè, gli andava a portare la posta. E poi lo avrà conosciuto anche altrimenti. "Ha avuto un rapporto di amicizia, siete diventati amici?" E il teste Vanni dice: "Sì, a volte siamo andati a fare qualche merenda. Così, vero; o a bere un caffè insieme. Io, altre cose, signor Giudice, non lo so." E il Pubblico Ministero dice: “Vediamo un attimo, se ha un po” di pazienza, eh. Perché lei l'ha raccontata talmente tante volte..." Allora è vero, no, quello che dicevo prima io: che questo signore è stato interrogato, rinterrogato allo spasmo. "Lo ha raccontato talmente tante volte che, insomma, forse non è proprio così. Senta..." E quindi vuol sapere come nasce questo fatto che andava a fare le merende insieme a Pacciani. E lui risponde come riesce a rispondere lui. E qui poi, la prima... Ecco, a pagina 17 si comincia a chiedere al signor Mario Vanni notizie del vibratore. E siamo, guardate, alla data del 26 maggio del '94. Dice: "Lei gli ha dato un vibratore a Pacciani?" Chiede il Pubblico Ministero. E lui dice: "Mah, ma io non lo ricordo." Dice. "Allora come mai alla Polizia ha dichiarato questo? Cioè, così preciso e dice addiri..." Quindi c'è stato, questo è anche verbalizzato. C'è scritto, dice: "Addirittura all'edicola di San Casciano, voglio precisare, ho richiesto due... in due tempi; uno di questi l'ho dato a Pacciani." Ma io voglio dire una cosa: ma rispetto all'accusa riguardante Pacciani, che il Mario Vanni abbia dato a Pacciani oppure no un vibratore, ma che gliene importa? Non c'è già, proprio, in luce, i sospetti che lo riguardano, con riferimento a questa circostanza fondamentale dell'uso del vibratore da parte del Mario Vanni? "Io non me lo ricordo. Per me, sì" - dice lui -"ce l'avevo." "Cosa ne faceva? A cosa le serviva?" Chiede il Pubblico Ministero: "E a che cosa le serviva?" E qui io questa risposta ve l'affido. Perché, insomma, non c'è l'esame in questo procedimento dell'imputato, ma ci sono le sue risposte, ci sono tutte. Quindi non è che poi, da un punto di vista difensivo, ci sia… Sì, beh, insomma, poi ne ho già parlato, ne riparlerò, se è il caso. Vanni disse: "Eh, mi serviva. Qualche volta che andavo da qualche donna..." - sentite, eh, se poi non torna tutto con quello che è venuto fuori in questo processo - dice: "Qualche volta che andavo da qualche donna, siccome avevo la moglie malata" - 'faut de mieux', no? - dice lui, che non ha letto sicuramente il testo dello Stoller : "Siccome avevo la moglie malata, se lo pigliava, glielo davo e sennò non gli davo nulla." Ecco, la perversione di Mario Vanni con riferimento al vibratore è tutta qui. Dopo, voi andrete a esaminare questo aspetto e voi avrete questa dichiarazione. "È mai venuto il Pacciani con lei, come dice, da qualche donna?" "No, insieme alle donne con Pacciani non sono mai stato. Lo può dire." Ed è risultato vero. Quindi, con Pacciani, nella costruzione accusatoria, si va soltanto a fare le spedizioni. Questo è molto singolare, è molto strano. Direi assurdo. Ma io domando questo, a parte queste annotazioni che riguardano il merito e che hanno a che vedere con questa pretesa perversione di Mario Vanni, attraverso l'uso del vibratore, al quale lui risponde in quel modo spontaneo e immediato che abbiamo sentito e che, a un certo punto, costituisce la risposta più razionale, più ovvia: "Se lo pigliava, glielo davo, sennò no." Perché, vero... Ma perché il Pubblico Ministero fa queste domande sull'uso suo, da parte di Vanni, di un vibratore? Che gliene importa al Pubblico Ministero di questa cosa, quando lì questo processo sta riguardando Pacciani? E qui c'è un testimone che deve riferire alcune circostanze. Per esempio se è vero che ha visto un pistolone a Pacciani, oppure no. Sulla quale lui è stato interrogato, strainterrogato... E queste cose del vibratore cosa gli interessano? Siamo già, voglio dire, siamo già sulla strada di questo procedimento, alla data del 26 maggio del '94. E non è comparso ancora nessun Giancarlo Lotti. E non è comparso ancora nessun Pucci. Ma, dico, qui questa indagine - che ho definito di tendenza, non solo a binario obbligato, ma addirittura anticipato, a binario precognitivo si tocca con mano. Poi gli viene chiesto se Pacciani aveva un fucile: "Mah, l'ho visto." E poi, sempre a pagina 18, lui continua, poveretto, con questo suo ripetitivo leit-motiv: "Io, levato che andare a fare qualche merenda, così poi...", vero Vanni? Mario Vanni: Sì, sì.
Avvocato Filastò: È così. Più che far merende... 
Mario Vanni: A far merenda.
Avvocato Filastò: E basta. 
Mario Vanni: Non si pole...
Avvocato Filastò: Eh, si capisce. Eh, certamente. Il Pubblico Ministero dice: "Sì, abbiamo già capito, signor Vanni. Va bene. E qualche bicchiere, via, insomma, questo lo possiamo dire, eh? Merende...", puntini di sospensione. "Qualche volta c'era quell'oggetto e faceva comodo." Mah! Poi gli chiedono se ha visto a casa di Pacciani un fucile a due canne tipo doppietta. E poi, tutto ad un tratto: "Senta, signor Vanni, lei conosce Sperduto Maria?" "Come?" "Conosce Sperduto Maria Malatesta?" Lui dice: "Ci portavo la posta." "Qualche teste e la signora in questione ci ha detto che facevate anche qualche altra cosa, oltre che portare la posta." Va beh, insomma... Allora lui se lo ricorda e lo dice subito, vero? "Sì, sì." È vero. Perché la Sperduto Maria Antonietta, come poi vedremo meglio dopo, è una prostituta, Signori. Ce lo dice a chiare lettere la Ghiribelli. Quando, addirittura, non solo ce la indica come prostituta, ma ci dice anche che è una prostituta che rubava il lavoro alla figliola, che stazionava in una certa zona di Firenze, e la figliola si lamentava, dice: 'la mi' mamma, guarda, viene qui a darmi fastidio anche in questo'. E lui ci andava, si capisce: "Da me." "E allora lo dica, non c'è problema. Ha avuto una relazione con questa signora?" Ora, parlare di relazione con la signora Sperduto, insomma, voglio dire, è meglio. Cioè, tanto, voglio dire, una relazione... "Ma ci sono stato una volta o due", dice lui, "Poi..." "È sicuro di non esserci mai andato con il Pacciani?" "No, non ci sono mai andato col Pacciani." "La signora dice diversamente." "L'è bugiarda, allora." Dice Vanni, eh. "E come ci andava?" "Con la vespa." Dice lui. 'Allora, si stava a Faltignano, non è mica tanto lontano. In vespa ci si può arrivare dalla Sperduto, no?' Poi dice: "In che epoca andava da questa donna?" "A portar la posta?" Chiede lui. "No, a fare altre cose." Il Presidente: "A portare il resto, insomma." Interviene il Presidente, eh. A pagina 21 dice: "A portare il resto, insomma." Che resto? Di che si tratta qui? Pagina 21, verbale 26/05/94. "Pacciani le ha mai detto che anche lui andava dalla Malatesta?" "Eh, l'ha detto qualche volta." Dice lui. "Ha visto, vede come pian pianino lei, fra una merenda e l'altra, come riesce a ricordarsi tante cose?" Ma che cose sta ricordando? La frequentazione di tutti e due di una prostituta di paese. Oh! E lui l'ha bell'e detto che da qualche parte doveva andare, perché la moglie ha queste difficoltà, no? E siccome tanti soldi non ci sono, eh, ci si accontenta di questa signora qui, che abita in quella casa là, dove c'è proprio tutto un ambiente di questo genere, lo vedremo un momentino. 

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