Autore: Alvaro Fiorucci
Prima edizione: Morlacchi Editore, brossurato, 2012, 386pp
Dalla presentazione: Colpi di scena, agnizioni, omissioni, parole strozzate, omicidi,
suicidi, sparizioni improvvise, occultismo, magia, trame che si
intrecciano, conti che non tornano... marcano l’andatura del libro di
Fiorucci, come se fosse un romanzo giallo o noir.
Ma questo non è un romanzo.
A dispetto delle suggestioni, 48 small è, però, cronaca in presa diretta.
Cronaca che documenta i fatti di una complicata vicenda umana, arricchita e impastata con le istantanee provenienti dal contesto (storico e sociale) che essa ha attraversato e con le fonti processuali che l’hanno contenuta.
Raccontare le indagini, difficili, scomode, inutili per alcuni, intorno alla morte del medico perugino Francesco Narducci, nei loro intrecci con i delitti del mostro di Firenze, equivale, in fondo, anche a descrivere
l’Italia e gli italiani: con i loro comportamenti, i loro vizi, il loro “mettersi in mezzo”, il loro “girarsi dall’altra parte”. Non è un caso, infatti,
che la città di Perugia diventi essa stessa uno dei protagonisti, palesi e occulti nello stesso tempo, dell’intera vicenda.
Narrare quella che nasce come “favola metropolitana” e si trasforma in una lunga serie di inchieste significa, nel testo, dare voce all’incontro e allo scontro di due verità: quella giudiziaria e quella immaginata.
E la prima sembra non riuscire a elidere la seconda.
Ma questo non è un romanzo.
A dispetto delle suggestioni, 48 small è, però, cronaca in presa diretta.
Cronaca che documenta i fatti di una complicata vicenda umana, arricchita e impastata con le istantanee provenienti dal contesto (storico e sociale) che essa ha attraversato e con le fonti processuali che l’hanno contenuta.
Raccontare le indagini, difficili, scomode, inutili per alcuni, intorno alla morte del medico perugino Francesco Narducci, nei loro intrecci con i delitti del mostro di Firenze, equivale, in fondo, anche a descrivere
l’Italia e gli italiani: con i loro comportamenti, i loro vizi, il loro “mettersi in mezzo”, il loro “girarsi dall’altra parte”. Non è un caso, infatti,
che la città di Perugia diventi essa stessa uno dei protagonisti, palesi e occulti nello stesso tempo, dell’intera vicenda.
Narrare quella che nasce come “favola metropolitana” e si trasforma in una lunga serie di inchieste significa, nel testo, dare voce all’incontro e allo scontro di due verità: quella giudiziaria e quella immaginata.
E la prima sembra non riuscire a elidere la seconda.
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