mercoledì 15 gennaio 2020

Le rivelazioni a Suor Elisabetta sull'identità del mostro

Annamaria, ai tempi in cui Pietro Pacciani era accusato di essere il mostro di Firenze, era Suor Elisabetta, dell'ordine delle Figlie della Carità fondato da San Vincenzo de' Paoli. 
In un’intervista di Stefano Brogioni, pubblicata su La Nazione del 14 settembre 2018 (che trovate clickando qui), era tornata a parlare di quegli anni e del rapporto che aveva intrattenuto con il contadino di Mercatale. Nel ribadire la sua ferma convinzione circa l’assoluta estraneità di Pacciani nei delitti compiuti dal cosiddetto “mostro di Firenze” aveva indicato un detenuto che gli aveva confessato di conoscere l’identità dell’assassino che dal 1968 al 1985 aveva ucciso otto giovani coppie: 
“Mi disse che questa persona frequentava un bar in piazza Mercatale a Prato, che aveva tanti proiettili calibro 22 e che sparava in delle esercitazioni alle quali partecipava anche la persona che mi fece queste rivelazioni.” Recentemente a “Radio Caffè Criminale” (il link alla puntata clickando qui), in collegamento telefonico con il detective Davide Cannella, Annamaria ha approfondito la circostanza: “Quest’uomo aveva chiesto di venire a colloquio con me perché mi voleva raccontare del suo vissuto come persona amante del fascismo e che andava a La Calvana, sopra Prato, a fare delle esercitazioni per sparare, sotto la guida di quel signore della legione straniera che ultimamente è stato indagato e che istruiva questi ragazzi. Indossavano le divise fasciste e sparavano con pistole Beretta calibro 22. (..) Io l’ho ascoltato ma siccome lo vedevo così fanatico del fascismo, sono stata molto dubbiosa, non ho creduto che questo signore fosse l’autore di questi delitti”. Una ricerca su Google ci rende edotti circa l’identità del detenuto che aveva avvicinato Suor Elisabetta, si tratta di Claudio Marucelli De Biasi. Di lui aveva scritto Mario Spezi già nel suo primo libro dal titolo “Il mostro di Firenze” pubblicato da Sonzogno nel 1983: “Tra i tanti messaggi anonimi ce ne è uno sconcertante arrivato alla madre di Susanna Cambi, l'ultima vittima. È una lettera partita dall'interno delle Murate, scritta da un detenuto condannato, tra l'altro, per avere nel 1973 sparato a una coppia in macchina in un campo alle porte di Firenze. Il carcerato si chiama Claudio Di Biasi e nella sua lettera, decisamente poco credibile ma indicativa degli effetti che il mostro può provocare in certi animi, afferma di conoscere il mostro. Il 15 aprile 1973 Di Biasi sparò contro due fidanzati ferendo gravemente il ragazzo con sette colpi di rivoltella. Risultò che lo sparatore non conosceva le sue mancate vittime ma che aveva creduto di riconoscere nella ragazza in macchina sua moglie. Di Biasi risultò uno squilibrato, maniaco delle armi fino al feticismo. Adesso nella lettera indirizzata alla mamma di Susanna scrive: "Io conosco il mostro e mi sento un po' colpevole di questi assurdi omicidi perché io sparai a una coppietta e sembra che il mio gesto abbia dato vita a questi omicidi." Di Biasi ammette quindi di essere stato un guardone, di avere perciò percorso di notte tante volte le campagne attorno a Firenze e afferma non solo di avere visto il mostro in faccia, ma che questi addirittura gli rubò nel 1968 la pistola calibro 22 con la quale poi avrebbe commesso i suoi delitti. "Lui praticava spesso," prosegue la lettera di Di Biasi, "il campo delle Bartoline, poi l'ho visto dopo a Le Croci di Calenzano. Lo rividi dalle parti di Scarperia e una volta nei pressi del paese La Lisca per andare a Montelupo e l'ultima volta che lo vidi fu nel '76 tramite una licenza che mi diede il carcere di Firenze." Di Biasi non può essere creduto e il suo caso viene aggiunto ai tanti che in questi giorni affollano studi privati e reparti psichiatrici della città. Molte, infatti, sembra che siano le persone dalla psiche malata che si presentano spontaneamente o per essere curate o per essere tenute sotto osservazione. Il mostro ha suscitato in loro complessi di colpa o la paura di potere ripetere i suoi delitti. Questo fenomeno si ripeterà a ogni omicidio.” 

Condannato ad otto anni per l’aggressione alla coppia appartata, nel 1978 durante un permesso premio si dà alla latitanza. Nel gennaio 1979, nel corso di una rapina, uccide un anziano; viene arrestato e condannato a vent’anni ma riesce ad evadere e a tornare sulla Calvana dove viene catturato con un blitz della squadra mobile, il 21 novembre 2002. Il 29 agosto 2015 viene nuovamente tratto in arresto dopo aver puntato una pistola ad aria compressa alla tempia di uno dei volontari della comunità Emmaus di Castelnuovo. Il 19 febbraio 2018 ripete il gesto contro un'infermiera, questa volta con una pistola vera, presso l’ospedale Santo Stefano di Prato. 
Il tribunale di Prato che l'ha giudicato per quest'ultima "bravata" ha chiesto una perizia psichiatrica per valutarne le capacità cognitive. Meglio tardi che mai.

Ma torniamo a noi, quand'anche Claudio Marucelli De Biasi avesse condiviso con Giampiero Vigilanti una vergognosa passione politica; quand'anche si fossero conosciuti per rievocare i fasti di un'epoca infame; quand'anche avessero avuto a disposizione pistole Beretta calibro 22, cosa c'entra tutto ciò con la vicenda del "mostro di Firenze"?
Seguire le comparse anzichè i protagonisti dev'essere una maledizione.
Francesco Cappelletti
P.S.

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