lunedì 25 giugno 2018

L'Uomo dietro il mostro 7 di E. Oltremari

Sabato 19 Giugno 1982 - Loc. Baccaiano, Montespertoli.
Una piccola premessa.
Rinnovo ancora le scuse per il ritardo nella pubblicazione di questo pezzo che, come vedrete, non dibatterà dell’annosa questione riguardo la posizione del corpo della vittima maschile, né tantomeno della dinamica - confusa sì - di questo delitto. Sarà invece utile e fondamentale per comprendere due aspetti che saranno alla base del nostro profilo e che verranno poi interamente ripresi (anche per tal ragione la brevità del pezzo) in sede di discussione di profilazione quando verranno comparati tutti i delitti tra di loro. Come accennato in altre sedi, questo ritardo è stato dovuto all’accavallarsi di molti impegni lavorativi che mi hanno spinto a posticipare il tutto anche, e soprattutto, per potervi ora annunciare, sperando di far cosa gradita, l’uscita di due lavori in collaborazione con l’autore Francesco Cappelletti: il primo, riguardante tutte le dichiarazioni del N.M. tra di loro comparate e fatte periziare da uno psichiatra infantile; il secondo, riguardante invece la disamina di delitti irrisolti avvenuti a Firenze aventi tra le vittime giovani donne. Non si tratta dei soliti nomi noti, ma di altre figure - di pregevole interesse si ritiene - uccise con modalità similari a quelle degli anni ’80 ma risalenti anche a prima del 1968.

Buona lettura,
E.Oltremari

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Dopo circa 800 m dall’imbocco di Via Virginio Nuovo ci si imbatte in una Fiat 147 Seat di colore blue adriatico. Ha il muso rivolto verso uno spiazzo, chiuso a semicerchio, sterrato e delimitato da cespugli sito dall’altro lato della carreggiata, mentre la metà posteriore è incastrata dentro il canaletto di scolo che costeggia l’altro lato della strada. La portiera destra è aperta, mentre quella sinistra è chiusa a chiave. Il finestrino lato guidatore è frantumato con i detriti di questo sparsi all’interno dell’abitacolo. In prossimità del piolino interno c’è una striatura di sangue. 
I due fari anteriori hanno cristalli e lampade frantumate ed i vetri di queste si rinvengono sull’asfalto sottostante. 
I fanalini di posizione sotto i fari sono, uno lesionato (quello destro) mentre l’altro ha la parte bianca rotta. 

Sulla metà destra del parabrezza (37 cm dal bordo destro ed a 27 cm dalla base) si rinviene un foro di proiettile. Il contakilometri è fermo sui 23.749Km, la leva del cambio è in posizione di retromarcia mentre quella del freno di sicurezza sollevata per 3/4. Il sedile anteriore sinistro è leggermente reclinato e sia su di esso che sul divanetto posteriore si ripetono larghe chiazze di sangue. All’interno dell’auto è stato poi rinvenuto un fazzoletto di carta che era stato usato per pulire liquido seminale ed un profilattico usato, annodato e contenente liquido seminale. Sono stati repertati 9 bossoli. Tre sulla piazzola a destra della carreggiata, due sulla strada, tre davanti all’autovettura ed uno all’interno di questa. 
Il ragazzo è stato attinto da un colpo alla tempia sinistra, con tramite trasversale che attraversa la cavità cranica e si arresta, con ritenzione del proiettile, contro il tavolato osseo in regione temporale destra. Un colpo all’orecchio sinistro, con tramite obliquo dall’alto al basso e dall’indietro in avanti in senso latero mediale, con ritenzione del proiettile a livello dell’arcata dentaria superiore sinistra. Un colpo al di sotto dell’emimandibola sinistra con tramite obliquo dal basso verso l’altro in senso latero-mediale, e fuoriuscita del proiettile in regione zigomatico-mascellare sinistra. Un colpo alla spalla sinistra, posteriormente, con breve tramite nei tessuti molli e proittile ritenuto contro la scapola sinistra. Sono state inoltre riscontrate ecchimosi periorbitarie bilaterali, più accentuate a sinistra, ecchimosi alla guancia sinistra, due escoriazioni con alone ecchimotico sulla parete anteriore del torace e dell’addome ed agli arti superiori, segni di agopuntura con alone ecchimotico alla regioni sottoclaveari con numerose escoriazioni superficiali nell’area temporo-auricolare sinistra. 

Sul sedile posteriore destro, completamente vestita e con la sola cintura slacciata, c’è il corpo della ragazza. È stata attinta da due colpi di arma da fuoco, uno in regione frontale sinistra, con fuoriuscita del proiettile sulla regione frontale destra. Ed una in regione medio-frontale, con tramite penetrante in cavità cranica e proiettile ritenuto nel lobo parietale destro. Sono inoltre presenti piccole escoriazioni multiple e piccole ferite da taglio, sparse, riferibili all’azione dei frammenti di cristallo frantumato.

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Solitamente, quando si tratta dei delitti del maniaco delle coppiette, questo duplice omicidio risulta uno di quelli maggiormente discussi, tanto il dibattito che suscita in merito alla posizione del corpo del ragazzo al momento sia degli spari che del suo ritrovamento. Proprio per tale ragione - sia per evitare di ripetermi, sia per il piacere di rimandare ai tanti Autori che se ne sono meritevolmente, anche di recente, occupati - concentreremo la nostra indagine sugli spunti che, questo omicidio, si reputa possa fornire. Difatti, nuotando controcorrente, riguardo a questo duplice omicidio scriveremo pochissimo. Nello specifico: circa i luoghi dove avvengono i delitti e circa il rapporto dell’omicida con l’uccisione e l’asportazione delle parti anatomiche. Iniziamo dal primo di questi: il luogo. Sappiamo bene come questo slargo lungo una via asfaltata di traffico frequente rappresenti una scelta apparentemente inusuale se paragonata alle scene del crimine degli anni precedenti (ed in ogni caso anche in riferimento a quelli a venire). Non la si può certo definire una zona appartata, né nascosta o comunque lontana da sguardi indiscreti. Certo, non la si poteva definire una via di traffico pedonale, ma il rischio o comunque la possibilità di essere visti dalle automobili di passaggio lungo la stretta carreggiata (a doppio senso di marcia) era altamente probabile. Cosa che, oltretutto, è effettivamente avvenuto a distanza di pochi minuti (come ampiamente dimostrato nel recente “Mostro di Firenze, Al di là di ogni ragionevole dubbio" di Cochi, Cappelletti, Bruno). Quindi, è lecito domandarsi, per quale ragione l’omicida abbia deciso di colpire proprio in quel luogo così - quantomeno per il suo agire - pericoloso. Si è spesso sentito dire di un eccesso di sicurezza dell’omicida che in preda a manie di grandezza abbia voluto fare il passo più lungo della gamba Ad avviso di chi scrive, nel caso in cui la scelta del luogo fosse dovuta ad un voler mettere alla prova le proprie capacità, ci troveremmo di fronte a manie di stupidità più che di grandezza. Difficilmente, difatti, potremo ipotizzare un assassino che prima di colpire non analizzi e studi il luogo dove dovrà agire. La mancanza di segnalazioni certe, come di sicuri avvistamenti, la vicinanza delle scene alle vie principali o a nuclei abitativi fanno ipotizzare uno studio del luogo da parte dell’omicida che - probabilmente - si è ritagliato del tempo per pianificare logisticamente il delitto nell’azione di avvicinamento al luogo e soprattutto in quella di fuga. 
Pensiamo, inoltre, che l’omicida quando esce di casa per colpire, abbia con sè, quantomeno: una pistola (carica), un coltello, dei guanti, una torcia ed un contenitore per i feticci. Oggetti, questi, che se rinvenuti in auto, ad esempio, in una ispezione dovuta ad un posto di blocco garantirebbero un pass diretto per l’ergastolo. 
Davvero, quindi, vorremmo ipotizzare un omicida che ogni weekend se ne esce in macchina col suo kit per fare un giretto e se si sente di buon animo decide di colpire. 
No. È contro qualsiasi logica e buon senso. Un omicida così meticoloso, preciso, capace di un autocontrollo tanto da cadenzare annualmente i propri omicidi non condizionerebbe mai i propri delitti al casuale imbattersi in una coppia ed al non poter resistere al proprio istinto. 

Consideriamo poi la data di questo delitto: 19 Giugno. Sarà l’ultima volta, questa, che l’assassino colpirà nel mese di Giugno prima di circoscrive i suoi futuri delitti alla fine di Luglio ed alla prima decade di Settembre. La condizione per la quale l’assassino avesse voluto scegliere una condizione di maggior favore - nel caso in cui fosse passato per caso in Via Virginio Nuova e gli fosse venuto in mente di colpire - poteva essere ottenuta dal rinviare l’azione ad un momento diverso o a luogo più favorevole. Avrebbe, difatti, avuto altri tre mesi per compiere il delitto essendosi già spinto fino alle metà di Settembre. Difficile, altresì, ritenere che il suo agire fosse dettato da un impulso irrefrenabile, spasmodico. Questa condizione sarebbe difficilmente compatibile con l’ordinata cadenza con cui sembrano eseguiti i delitti. I periodi di cooling off sono regolari, quasi prevedibili se circoscritti al solo periodo estivo. Il bisogno di uccidere sembra quindi cedere di fronte alla programmaticità dell’agire. L’ordine viene prima dell’impulso. L’opportunità prima della necessità. 
Nessun delitto, ad esclusione - almeno a giudizio di chi scrive - di quello del 1985 presenta caratteristiche tali da far intuire di essere l’ultimo di una serie o comunque da far suggerire una chiusura da parte dell’autore. L’azione delittuosa si assopisce col chiaro intento di essere destata. L’agire è preordinato al raggiungimento dell’obiettivo e finalizzato all’assicurarsi l’impunità. È un assassino, questo, che uccide quando vuole (e può) farlo. Non vi è cieco furore, né raptus capaci di rendere le sue azioni come incontrollate o incontrollabili. Il delitto del 1982 potrebbe solo apparentemente richiamare condizioni addebitabili come frutto di ricerca del rischio, o di pulsioni incontrollate. Perché, invece, non vedere nella scelta di quella sventurata vettura sita in un così visibile posto, un motivo per avvalorare l’accuratezza e la maniacaleprecisione dell’agire dell’omicida. Mentre nella scorsa puntata, abbiamo trattato di quanto fosse importante e fondamentali per l’assassino quando colpire, adesso siamo costretti a colorare di tanta rilevanza il dove.

Se prendiamo per buono quanto precedentemente detto (vd. UdM 6) circa la necessità di individuare un giorno con le caratteristiche del weekend in mesi estivi (escludendo il mese d’Agosto), allora circoscriveremo ad una quindicina di momenti quelli davvero usufruibili dall’omicida. Da qui, dovremo pensare che del tempo potrebbe essere stato speso per studiare la zona dove colpire (se non il luogo preciso, quantomeno un raggio d’azione di qualche km), programmando il suo agire a quel giorno più congeniale perché, probabilmente, sebbene ci fossero tanti weekend, soltanto alcuni di questi potevano essere davvero utilizzabili (sul perché si veda sempre UdM 6). Scelto quindi il giorno, l’assassino esce di casa e si dirige verso quella zona in cui non solo è intenzionato a colpire ma dove si è preparato a farlo.
Un predatore che prepara la sua zona di caccia.
Sa dove poter lasciare il suo mezzo di trasposto per raggiungere le zone di suo piacimento. Quindi parcheggia e si incammina fino a raggiungere l’auto dei due fidanzati. E lì, spara. 
La necessità di dover colpire lo costringe a correre un rischio - seppur calcolato - che lo porta a rendersi vulnerabile ad eventuali problematiche, come di fatto succede.
E proprio qui si da prova dell’abilità dell’assassino che si costringe ad un’azione rischiosa e repentina nonostante il rischio perché quel 19 Giugno era il giorno utile per colpire e probabilmente, l’unico. L’attesa di una condizione di miglior favore non poteva essere assecondata, ma non per propria incapacità di resistere al desiderio omicida, quanto per la consapevolezza di aver studiato per colpire lì in quanto, un altro momento, probabilmente non gli sarebbe stato possibile. 
Da qui, potremo considerare l’ipotesi per la quale l’assassino non goda di molta libertà e che le sue azioni delittuose siano rese possibili solo da una organizzazione che gli permetta di usare al meglio la sua condizione di favore in un luogo da lui prescelto. 
Diversamente, dovremo considerare l’eventualità che il suo agire sia frutto di impulso ingestibile, capace di sfociare a qualsiasi ora della notte, in un qualsiasi giorno festivo o prefestivo tra giugno e metà settembre. Un impulso capace di nascere alla mera visione a lato strada di una macchina parcheggiata e dalla bramosia di andarci a vedere cosa vi era all’interno e nella speranza di trovarci dentro cosa si stava ricercando.

Perché ricordiamo che questo è il suo obiettivo, il contenuto della vettura. Sarebbe impensabile credere che l’assassino non si soffermasse ad osservare la scena all’interno della vettura per vedere se questa rispondesse o meno al suo oggetto di ricerca. In questo duplice delitto, la presenza di una macchina parcheggiata a lato di una strada trafficata non poteva immediatamente accostarsi alla coppietta in atteggiamenti amorosi. Cosa che invece poteva facilmente desumersi in tutti gli altri delitti (più peculiare la condizione dei duplici omicidi del 1983 e del 1985 di cui tratteremo in seguito) considerato dove si trovavano le vetture. 
Pertanto, a Baccaiano, ove il rapporto sessuale era appena avvenuto o doveva ancora compiersi, l’accertamento circa chi vi fosse dentro la vettura doveva essere necessario. E proprio tale accertamento avrebbe permesso all’omicida, in uno stato - almeno per ora - di quiete, di valutare la pericolosità dell’azione. Doppiamente riscontrabile nel caso si fosse accorto della coppia - difficile - passandovi prima con l’automobile, o al più della sola vettura dell  vittima maschile in quanto percorrendo la carreggiata non si godeva di una certa veduta sull’interno di questa. 
Non può esservi occasionalità nell’organizzazione e l’assassino delle colline fiorentine faceva dell’organizzazione il suo punto di forza. 
Sfumando sul secondo argomento che ci eravamo prefissati di trattare - ovvero il rapporto dell’omicida con l’omicidio stesso - la programmaticità dell’assassino viene finalizzata all’uccisione dei due giovani senza compiere alcun errore rispetto al disegno originario. 
Proprio a causa della possibilità che il giovane fosse sul divanetto posteriore e che quindi non fosse lui stesso - come ipotizzato da molti - alla guida della vettura al momento del suo incagliamento nel canaletto di scolo, si è ipotizzato che l’omicida volesse spostare la vettura con dentro i corpi in loco più isolato e più consono per eseguire le escissioni, considerando quindi la loro mancanza come un errore dell’omicida. 
È intenzione di chi scrive, invece, escludere tale possibilità. In relazione a quanto detto prima circa l’organizzazione, la preparazione, l’attuazione e l’osservazione, il rischio - seppur calcolato - già si presentava come elevato anche nella sola azione di aggregazione con l’arma da fuoco. Considerare che nel piano dell’omicida vi fosse anche l’intenzione di mettersi alla guida di una vettura dai vetri infranti e con due cadaveri al suo interno sembrerebbe un azzardo non solo eccessivo, ma anche incomprensibile. Già una volta trovatosi di fronte alla vettura sapeva che non sarebbe riuscito ad eseguire in loco le escissioni. Nel caso queste fossero state per lui essenziali, avrebbe dovuto posticipare il suo agire ad altro momento ma, forse, per quanto detto prima, non gli era possibile.
Chiediamoci quindi: se davvero il suo reale obiettivo fosse l’ottenimento dei feticci, avrebbe colpito quella sera a Baccaiano
La risposta, ad avviso di chi scrive, non potrebbe essere altro che negativa. Ancora, se il suo obiettivo fossero stati i feticci e - come è accaduto - non fosse riuscito a recuperarli, non si sarebbe corretto? Uccidendo magari nuovamente? Come nell’anno precedente ad esempio ove uccide due volte nello stesso anno magari per rimediare al pericolo che il soggetto in carcere avesse visto qualcosa e potesse parlare (o anche solo per rivendicare la paternità dei delitti). 
No, per farlo aspetterebbe un anno e tre mesi per poi uccidere due uomini e non eseguire, neanche qui, le escissioni. 
Due errori - macroscopici, se si volesse considerare il rituale post mortem come essenziale all’atto omicidiario stesso - su una serie di 8 duplici omicidi. Troppi. 
Diventati ormai fardelli impedienti qualsiasi movimento genuino, gli errori di Baccaiano e Giogoli rischiano di viziare il nostro pensiero a tal punto da indurci a considerare gli eventi del 1982 e del 1983 in senso negativo mentre - a nostro parere - non hanno niente di diverso rispetto agli altri delitti della serie. Non sono errori, non sono sbagli, non sono eccessi: sono delitti riusciti, purtroppo, come tutti gli altri. 
Con gli altri omicidi hanno in comune il chi (una coppia appartata), il dove in un luogo pubblico e la (la morte). Tanto bastano queste condizioni a far confluire questo delitto del 1982 nella scia degli altri. Le escissioni rappresentano un post alla morte da eseguirsi soltanto quando la fantasia ed il volere dell’assassino lo richiedono. Quando, in altre parole, la condizione specifica in cui l’assassino trova i due ragazzi è tale da giustificare il suo agire, non solo in senso mortifero, ma anche punitivo
conseguenza
La colpa principale comune a tutte le vittime dell’assassino di cui si discute è rappresentata dal trovarsi, per due persone, appartati in luogo pubblico ed è, questa, una condizione che si ripete, sempre, per tutti i delitti. Qui colpisce due giovani che presumibilmente avevano appena compiuto un atto sessuale (si intravedono delle mutandine leggermente abbassate ed una gonna alzata all’altezza della vita così da favorire il rapporto). L’assassino quindi non ricerca l’atto sessuale ma la circostanza della coppia appartata. Poca importa, per la prima delle colpe ovviamente, cosa la coppia stia materialmente facendo, perché quello sarà oggetto solo di una sua successiva valutazione, la quale comporterà uno step successivo del suo agire, ovvero le attività post mortem sui corpi. 
A Baccaiano l’omicida la vuole ottenere e - seppur con difficoltà - la ottiene appagando il suo desiderio e rispondendo alla sua volontà. Non vi sono errori nel che inficiano il risultato. Ci sono solo imprevisti che ne rendono più difficoltoso il raggiungimento di questo. Obiettivo che sembrerebbe oltretutto verificato dall’assassino che, come sappiamo, almeno per qualche istante si intrattiene all’interno della vettura. Nella fotografia (vd disegno), di cui vi ho riprodotto il disegno nel senso più veritiero possibile, si intravedono alcune macchie di sangue, sul collo e sulla coscia destra della ragazze che parrebbero suggerire l’impronta di una mano. 
Non è un caso che l’imprevisto arretramento della vettura sulla carreggiata opposta, fino allo sconfinamento di questa nel canaletto di scolo, siano così visti dall’assassino come una sfida aggiuntiva a quella che già il delitto in sé comportava. Le chiavi dell’auto gettate poi via lontano, rappresentano uno scarico di tensione, una esultanza per l’obiettivo raggiunto; come se nel lancio di quelle chiavi, l’omicida volesse irridere il tentativo di reazione del suo avversario, scacciando via la paura provata e la tensione accumulata. In quelle chiavi, si proiettava la salvezza del giovane, messa in atto da quest’ultimo e che solo la malasorte ne ha impedito la soddisfazione. E l’omicida, le getta via. 

In conclusione, l’omicida si presenta come un individuo che fa del luogo dove colpisce la condizione entro la quale deve necessariamente muoversi, in uno spazio di tempo ristretto e difficilmente differibile. Diventa quindi il contenitore ove inserire la dinamica da lui ricercata. Nostro compito sarà quello di tentare spiegazioni circa eventuali significati o particolari utilità che i luoghi possono avere per l’omicida, ma ciò sarà possibile farlo solo quando avremo il quadro generale di tutti ed otto i delitti. Ancora, iniziano a scricchiolare per la prima volta alcuni fondamenti, come la vitale importanza - in quanto reale obiettivo dell’omicida - dei feticci e delle attività di overkilling sulle vittime. Ci lasciamo quindi come un interrogativo, e’ un delitto, questo, che ha comunque soddisfatto il desiderio dell’omicida o no? La risposta, a nostro avviso, è contenuta nei delitti successivi.
Segue...

4 commenti:

omar quatar ha detto...

Molto interessante.
Come forse saprà, nel mio libro, con gli scarsi mezzi di allora, avevo tentato sia un' ANALISI PSICOLOGICA DEL COMPORTAMENTO DI NATALINO (frutto di un paio di conversazioni con una psicologa dell'età evolutiva), sia un RIEPILOGO CRONOLOGICO COMPARATO DELLE DIVERSE VERSIONI DELL’ACCADUTO FORNITE DA STEFANO E NATALE MELE . Sono capitoli che oggi necessiterebbero aggiornamenti, in parte condotti sul mio blog; tanto più sono curioso di conoscere le conclusioni alle quali perverrà la sua consulente. Quanto al contenuto dell'articolo, mi scusi, ma per concludere che il semplice atto di uccidere fosse sufficiente a soddisfare i suoi bisogni, occorrerebbe trovare un omicidio in cui, senza alcuna influenza estranea, l'assassino rinunci ad accanirsi col coltello sulla vittima femminile.Ma questa situazione non c'è, in alcuno degli otto duplici omicidi per i motivi che ben sappiamo.

Unknown ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Unknown ha detto...

Salve Omar,
Sapevo di questa sua opera - di cui mi complimento - e sarò ben lieto di poterle mostrare il parere di altro professionista.

Circa invece il secondo tema da lei citato, le posso dire che in tale conclusione, che potrà essere così chiamata solo quando pubblicherò i capitoli centrali de L'Uomo dietro il mostro (ad ora infatti viene solo suggerito o supposto) cercherò, per quanto possibile in campo di profilazione, di basarmi non su cosa manca (di cui possono essere fatte mille e mille ipotesi), ma su cosa invece abbiamo a disposizione.

A presto,
E.O.

Napoleone Wilson ha detto...

https://www.lanazione.it/pisa/2008/08/21/112646-giuseppe_meucci_passata_poco_mezzanotte_dicembre_1970_quan....shtml

Sicuramente lo conoscerete. Ha alcuni punti di contatto col delitto di Baccaiano come luogo e svolgimento. Il colpevole del delitto della Bigattiera Claudio Del Grande, scontò una decina di anni di pena a Montelupo.