lunedì 30 aprile 2018

Al di là di ogni ragionevole buon senso - Quattro


9 ottobre 2001
Il capo della Squadra Mobile di Perugia, Piero Angeloni, scrisse nuovamente al P.M. dr Giuliano Mignini:
“…al fine di stabilire se le persone autrici del reato allo stato degli atti ancora non identificate, facciano parte meno della setta satanica a cui fanno riferimento nella conversazioni telefoniche, nonché siano interessate o coinvolte nella morte di Pacciani e/o comunque legale all’attività della persona che fu definita “il mostro di Firenze”, si ritiene opportuno chiedere all’Autorità giudiziaria in indirizzo di volere valutare l’opportunità di concedere le seguenti deleghe di indagine:
1)acquisizione del fascicolo processuale inerente la persona del dr. Narducci Francesco, perito a seguito di probabile suicidio;
2)delega all’acquisizione di sommarie informazioni da parte della professoressa Barone, impiegata quale medico legale presso l'istituto di Medicina legale di Perugia.
Le richieste sono motivate dai seguenti motivi: per quanto riguarda il capo sub a), come è ormai noto, voci insistenti avevano indicato il Dr. Narducci quale materiale esecutore dei “tagli” di parti del corpo effettuati dal mostro di Firenze, e che per di più avrebbe conservato in modo e luoghi adatti; non solo, la “famosa” moto che venne vista sul posto dell’ultimo omicidio sarebbe stata uguale a quella in possesso del Dottore. Detto mezzo non fu mai ritrovato. Per quanto invece concerne il capo sub b), ossia l’escussione a verbale del medico legale intervenuto, sembra che la Professoressa Barone sia al corrente di diversi particolari inerenti chiaramente la morte del Narducci, ma anche fatti specifici sulla sua vita, forse in considerazione anche del fatto che erano comunque colleghi.”


16 ottobre 2001
Fu sentita dal dr Giuliano Mignini la sig.ra Falso Dorotea che fece mettere a verbale: “Mi riporto alle denunce da me presentate in relazione alle gravi minacce che mi sono state rivolte da persone sconosciute nell’arco di tempo che va dal 14/7/2000 al 28/9/2001.
Le persone che mi minacciano sono una o due donne e un uomo che parlano con voce alterata e che fanno riferimento ad una setta satanica e hanno rivendicato la paternità dell'uccisione di Pacciani, perché a loro dire avrebbe tradito questa setta. Sempre gli anonimi interlocutori mi parlano di una sorte di gran sacerdote della setta che risiede a Firenze e che a loro dire sarebbe presto venuto a Foligno, anzi a Sassovivo dove si svolgono i loro riti e dove, sempre secondo loro io dovrei essere sacrificata insieme a mio figlio e poi seppellita a Firenze. Talvolta invece mi parlano del loro proposito di far diventare mio figlio adepto della setta e mi avvertono che, se non li seguirà, venderanno i suoi pezzi. Mi hanno anche detto che io non posso far niente perché i miei amici poliziotti sono tutti corrotti e fanno parte della setta.
Qualche vago sospetto ce l’ho sui miei cognati che si chiamano B. Francesco e C. Nadia. Ricordo di aver visto una lettera contenente minacce di morte e posta davanti al finestrone di casa mia e questo mi fa pensare che gli autori sono a conoscenza del fatto che io apro tutte le mattine quella finestra. Ci sono anche altre coincidenze come ad esempio una telefonata in cui mi si chiedeva di salutare i medici che io avrei visto alle tre del pomeriggio. Di questa notizia era a conoscenza la baby-sitter che si chiama Tania e mia suocera. Tra febbraio e marzo del 2001 mi è stato incendiato il fienile e mia cognata disse a mia suocera che era stato incendiato anche il fienile di una famiglia vicina, cosa che non era vera.
Aggiungo che nella mia professione di estetista mi è capitato di sentire da una mia cliente che i carabinieri avevano trovato dietro casa sua a Perugia i resti di un rito di magia nera con bruciature di volatili. Per quanto mi riguarda però non mi sono mai interessata di queste cose né comunque di fatti di cronaca nera.
Non ho mai parlato con i miei cognati. Ricordo solo di aver parlato con loro in occasione delle prime telefonate quando mi sfogai con mia suocera e rimasi sorpresa nel constatare l'assoluta indifferenza di mia cognata.”


22 ottobre
Fu sentita la dottoressa Francesca Barone, medico legale presso l'istituto di Medicina legale di Perugia; si riportano i passi del verbale che si ritengono maggiormente interessanti.
“Ricordo che quella settimana ero di turno all'istituto di medicina legale per la sala settoria e che non fui interpellata in occasione del rinvenimento del cadavere di Francesco Narducci, che peraltro conoscevo di persona, essendo mio collega. Seppi subito che fu trovato il suo cadavere nel lago e mi allertai pensando di dovere intervenire per il sopralluogo ma non venni chiamata dalla Procura come è consuetudine. In questi casi venivamo sempre chiamati dalla Procura ma in quell'occasione, come ho detto, nessuno mi interpellò. Seppi che una dottoressa, le cui funzioni potrebbero oggi essere assimilate a quelle della guardia medica, era intervenuta, redigendo un certificato di morte per annegamento; a quanto mi risulta non fu eseguita la perizia autoptica e il cadavere non fu portato all'obitorio ma affidato direttamente ai familiari.
Domanda: che cosa sa, oltre a quanto detto, del ritrovamento del cadavere?
Per pura casualità incontrai dei pescatori, uno dei quali, di cui non ricordo il nome, aveva partecipato al recupero del cadavere; quest'uomo, che era originario di S. Arcangelo ed aveva una parente a San Savino, mi disse che il cadavere di Francesco Narducci presentava delle macchie rosse, come se avesse sbattuto contro qualcosa o che comunque avesse subito colpi violenti. Le macchie erano presenti soprattutto sul volto; il pescatore aggiunse che il cadavere aveva le mani ed i piedi legati dietro la schiena. questa persona aveva i capelli biondicci, era alto circa 1,65 mt., ed aveva una corporatura normale ed un'età di circa 42 anni. L'uomo era un paziente di mio marito, Prof. Nazareno Ramoni. Voglio aggiungere che il pescatore mi disse che fu rinvenuto un appunto in cui il Narducci manifestava il suo proposito di suicidarsi e chiedeva perdono ai familiari.
Domanda: nella sua esperienza le è capitato di effettuare una diagnosi di asfissia da annegamento senza effettuare l’esame autoptico e in caso positivo, in quale occasioni?
No, perché la diagnosi per annegamento può essere fatta solo mediante esame autoptico, ematologico ed istologico collegato. Ciò in quanto gli eventuali segni esterni, non sempre presenti, hanno solo un valore generico di asfissia ma non diagnostico di annegamento e quindi la certezza è solo con il rinvenimento di un massivo enfisema, l'emodiluizione, diversificata tra cuore destro e cuore sinistro, con necessità di apertura del torace e la conferma definitiva al microscopio della rottura dei setti alveolari. I segni esterni possono evidenziare una asfissia ma non la causa della stessa. Inoltre, non può essere stabilito l'orario di morte senza i dovuti accertamenti e le dovute analisi.
Domanda: ricorda quali erano le abitudini del Dr. Narducci Francesco?
Solo per sentito dire, ricordo che il Narducci era una persona dal carattere difficile, molto ansioso ed estremamente chiuso e che frequentava una ristretta cerchia di amici. Nell'ambito dell'ospedale la sua cerchia di amici era quella della vecchia clinica medica. Mi risulta, per sentito dire, che avesse una casa in Toscana, dove si recava frequentemente.
Domanda: con chi viveva il Dr. Narducci Francesco?
Non lo so, so soltanto che era separato dalla moglie. Non si parlava nemmeno di suoi rapporti con altre donne, cosa che si sarebbe risaputo in clinica dove si conoscevano subito questi pettegolezzi. Quando si parlava del Narducci, si diceva subito che era introverso e che aveva una vita molto riservata. Ho sentito dire anche che Narducci aveva interessi verso l’esoterismo.
Domanda: quali erano le condizioni di salute del NARDUCCI?
Nulla so in proposito, però posso dire che era giovane ed aveva un fisico atletico. Vorrei aggiungere che diversi anni fa durante il meeting di Comunione e Liberazione di Rimini, un giornalista toscano (Pietro Licciardi ndr), di cui non ricordo il nome mi telefonò e poi mi fece delle domande su Francesco Narducci, ricollegandolo alla vicenda del cosiddetto "Mostro di Firenze". Non ricordo a quale giornale appartenesse questa persona ma sapeva tantissime cose sulla vicenda del mostro di Firenze e sapeva anche che il Dr. Narducci aveva una casa in Toscana. Mi indicò il luogo preciso ma non ricordo se fosse Firenze o un'altra località.
Un'altra inchiesta giornalistica fu fatta da Luigi Amicone del settimanale "Tempi” di Milano; anche Amicone venne da me e mi chiese di Narducci ma non era così informato come l'altro. Il giornalista di cui non ricordo il nome mi disse che Narducci aveva una pistola."

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