mercoledì 31 marzo 2010

Ferdinando Benedetti

Ferdinando Benedetti, geometra delle ferrovie dello Stato, dirigente della sezione perugina del Partito repubblicano. Fu revisore dei conti della Società di Mutuo Soccorso dal 1991 al 2004; fu membro del consiglio di amministrazione, di cui facevano parte i soci onorari Augusto De Megni e Mario Bellucci. Referì: "C'era l'usanza di mettere come soci onorari i capi loggia, cioè i Maestri Venerabili delle diciotto logge perugine. Ebbi la possibilità di vedere degli elenchi e ho ritrovato Bellucci in quello della P2, De Megni in quelli sia della P2 e sia in quello del Pri". La loggia Bellucci "Era una loggia piena di medici universitari. Ascoltavo i loro discorsi nelle riunioni conviviali, ad esempio in occasione delle ricorrenze della presa di Porta Pia (2o settembre) o della Repubblica romana (9 febbraio), dove si parlava molto di spartizioni e carriere. Accadeva spesso infatti in queste riunioni che persone di età avanzata, alla fine, si estraniavano; andavano fuori da qualche parte a decidere per esempio chi nominare primario all'ospedale di Perugia". La morte di Francesco Narducci "era oggetto di discussione in qualsiasi riunione (...) l'argomento Narducci fu trattato come unico tema all'ordine del giorno delle varie logge perugine dal giugno 1986. Per diversi mesi una maggioranza di stretta misura decise di coprire la vicenda data la levatura dei personaggi implicati e tale decisione fu poi confermata dal vertice dei diciotto maestri di loggia del Grande Oriente d'Italia, nonostante in quelle riunioni fosse emerso che il Narducci fosse coinvolto probabilmente nella vicenda dei delitti del cosiddetto mostro di Firenze, esattamente sapevano che il Narducci custodiva i feticci delle vittime di tali duplici omicidi, questo era il punto fondamentale delle riunioni. (...) In quelle riunioni non si era detto che Narducci fosse il mostro di Firenze, ma che fosse uno dei mostri di Firenze. A tale riguardo ricordo bene che prima delle riunioni le logge tendevano a non recepire la voce pubblica di Narducci implicato negli omicidi di Firenze, mentre dopo le discussioni approfondite sul caso nelle riunioni e i particolari accertati dalle logge con le loro indagini, che vi ho riferito, la conclusione di tutte le logge fu che in effetti il Narducci era purtroppo coinvolto in quei delitti. L'ordine dato dalle logge sui risultati delle loro indagini fu quello di mantenere la segretezza ma devo precisare che mi risulta che una parte fu dissenziente perché voleva far emergere la verità; l'ala per così dire dura invece aveva sostenuto che per lo spirito di corpo non bisognava far trapelare nulla perché altrimenti sarebbero stati coinvolti tutti". Nel 1987 "Capitai al tribunale di Perugia e lì incontro Tiberi che stava parlando con l'avvocato Giancarlo Zuccaccia, entrambi massoni. Ascoltai ciò che si dicevano mentre mi venivano incontro: "ne parliamo in loggia e parliamo solo del medico''. Quando nel 1993 sono andato a vedere gli elenchi ho visto che Zuccaccia non apparteneva alla stessa loggia di Tiberi. Quindi significava "ci vediamo nell'agape'', che è una riunione conviviale che coinvolge tutta l'altra massoneria".

martedì 30 marzo 2010

Signori la corte

Autore: Liliana Elisei
Prima edizione: Il pungitopo - 1996 - 94 pp - brossurato

Dalla presentazione: Il processo Pacciani visto dall'occhio attento di una spettatrice. Il libro è una cronaca obbiettiva e puntuale del processo, ma si avverte dall'inizio alla fine una certa perplessità riguardo alla colpevolezza di questo ipotetico mostro, tanto poco rappresentativo, "un uomo quasi normale" come lo ha definito il demiurgo della situazione.
E' una lettura dettagliata, quasi da cronista, che avvince il lettore, trasformandolo in un possibile giudice.

lunedì 29 marzo 2010

Enzo Fileno Carabba - Intervista su La Città - 29 gennaio 1984

Il 29 gennaio 1984, il quotidiano La Città, pubblicò l'intervista al procuratore capo Enzo Fileno Carabba che segue.
Ci sono due mandati di cattura (Giovanni Mele e Piero Mucciarini).
Si, ma riguardano soltanto il fatto del 1968. Mai il mostro.
Il dottor Rotella ha parlato di "sospiro di sollievo".
No comment. Penso comunque che abbia voluto intendere con quella frase che si è aperto uno spiraglio nell'inchiesta, non certo che è stata individuata la soluzione del problema. Mi sembra il grido di dolore di Vittorio Emanuele.
Il dottor Rotella ha anche detto che la noce del problema è stata risolta.
Bravo.
Ma ci sono contrasti fra l'ufficio istruzione e la procura?
No, non c'è nessun contrasto ma la giustizia non è Montecitorio. Avete mai visto un politico cambiare opinione? Per noi questo invece è un dovere.
Ma a che punto sono le indagini?
Ci sono tre fasi in un'inchiesta. La prima è quella degli accertamenti preliminari che portano all'accertamento della possibilità di un reato. La seconda è la fase istruttoria, dove si verifica se dalla possibilità si può passare alla probabilità di reato. La terza è il giudizio: dalla probabilità alla certezza. Per il mostro siamo alla possibilità, alla prima fase. Stiamo lavorando per cercare prove. Per il primo delitto, quello del '68, siamo invece alla probabilità, alla fase istruttoria. Ma è sempre nel processo che si trovano le certezze, non nell'inchiesta.
Per questo, venerdì sera, ha diffuso il suo appello alla prudenza?
Certo. L'ho fatto quando mi sono trovato di fronte a dichiarazioni di donne che dicevano "Bene, torniamo a goderci le serate fresche, i chiari di luna". Allo stato delle cose queste sono illusioni che un procuratore della Repubblica non può giustificare. Lavoro come magistrato e mi devo preoccupare di tutti. Devo dire di stare attenti. Ho la responsabilità della popolazione di Firenze. Rispondo di voi, dei fiorentini, dei toscani, mi sento questa responsabilità sulle spalle. Prima di dire "andate al chiaro di luna" ci penso cento volte. Aiutatemi a dire di fare attenzione. Noi non abbiamo mai parlato di mostri, non abbiamo mai indicato come tali i due arrestati. Anche in passato, altre persone sono state sempre indiziate, mai accusate.
Ma Enzo Spalletti, l'autista della Misericordia di Montelupo, fu arrestato su ordine di cattura della Repubblica per l'omicidio di Scandicci.
Si, perchè per Spalletti c'erano gli elementi indispensabili per emettere un ordine di cattura, per dire che costui sa tutto. Nel suo caso era stata individuata la probabilità del favoreggiamento.
Ma la conferenza stampa del giudice Rotella in che fase dell'inchiesta si colloca?
Quante conferenze stampa ho fatto io in tre anni? Voi che mi conoscete potete rispondere anche se questo non significa che non collabori con la stampa. Ma voi avete fatto bene, avete fatto il vostro lavoro. Lo dico ai miei colleghi: stabiliamo insieme le cose da dire e quelle da non dire.
Il mostro: qual'è la sua opinione?
E' un'inchiesta terribilmente difficile. E' un giallo degno di Agatha Christie. E' di enorme difficoltà. C'è tutta una gamma, un ventaglio enorme di ipotesi. Si può pensare a colui che rinnova un trauma antico; al moralista; al vendicatore del perbenismo; al maniaco sanguinario che gode del sangue e anche a un'associazione a delinquere di guardoni se ci si vuole divertire. Ma io voglio dati di fatto, su cui dopo lavorare dal punto di vista psicologico.
Ma è ottimista o pessimista?
Sono cautamente pessimista, nel senso che le indagini sono di estrema difficoltà. E' come un libro giallo: vorrei leggere già le ultime tre pagine. Ma c'è anche la provvidenza: speriamo che sbagli.. Procura e giudice istruttore sono d'accordo sul '68. Abbiamo ritenuto che ci sono elementi per i mandati di cattura, non per affermare certezze o fare sentenze.
Ma lei pensa a più assassini?
Non lo so e se anche lo sapessi non ve lo direi.
Ma la rivoltella che ha sparato è sempre la stessa?
Voglio controllare anche questo, voglio verificare tutto.
Il giudice istruttore ha detto che i bossoli sono sempre gli stessi.
Dica lui quello che vuole.
Rif.1 - La Città 29 gennaio 1984 pag.5

sabato 27 marzo 2010

Udienza del 20 maggio 1999 - 11

Quella che segue è una sintesi dell'udienza del 20 maggio 1999 relativa al Processo d'appello per i delitti del "mostro di Firenze" davanti alla prima sezione della Corte d'Assise d'Appello di Firenze.

Segue dalla parte 10
Avvocato Colao:Per la famiglia di Mainardi Paolo. Mi unisco allo stupore del collega, avvocato Pellegrini, e devo amaramente dire che per fatalità in questo processo, che ha visto 14 vittime, siamo stati abituati a volte a delle sorprese, che hanno un pò stupito in quanto che, in seconda fase, il procuratore generale, addirittura sminuisca la responsabilità del Vanni e ravvisando in un certo qual modo l'autore dei delitti nel Lotti è un indagine che si deve svolgere, che si deve accertare con delle prove, non si può prendere un profilo psicologico del Lotti e dire questo profilo si attaglia bene ma allora guardiamo il profilo del Vanni, vivaddio. Il Vanni come ha detto il collega Pellegrini, sbiancò al procedimento Pacciani quando fu costretto a venire a testimoniare. Gli indizi del primo procedimento contro Pacciani Pietro sono stati gravi, precisi e concordanti ed era un processo puramente indiziario, era chiaro però che il primo giudice di fronte a dichiarazioni che aveva fatto Vanni, questa paura confessata di Pacciani, senza poi giustificare il perchè e di fronte al fatto che un certo teste Nesi, amico del Vanni e di Pacciani, disse che una sera in via di Faltignano, alle ore 23,00 dell'8 di settembre dell'85 circa, avevano visto in macchina, provenienti dagli Scopeti, Pacciani con un altra persona, non sapendo però dire chi era quest'altra persona, era chiaro che il primo giudice dice: "signori, le modalità di questi efferati delitti comportano la presenza di altri complici", era pacifico, quindi non è surrettizia come la difesa dice nell'atto di impugnazione, era doverosa. Il primo giudice segnala incongruenze, dice: "attenzione non è possibile che uno solo abbia fatto tutto questo" e diciamo anche con un certo coraggio, in quanto chè c'era il profilo del serial killer, i professori di Modena e la stampa a livello internazionale era tutta orientata sul serial killer, il silenzio degli inocenti e quindi tutti quanti erano orientati là, quindi vivaddio, il primo giudice ha visto chiaro. Veniamo a parlare delle indagini sulla 128 rossa, si è creata una fortunata combinazione in questo processo, voi avete potuto ascoltare Lotti, quindi voi giudici e voi giudici popolari vi siete resi conto di che tipo è Lotti, il Lotti ragiona, ragiona bene, il Lotti dice solo quello che ha voluto dire, perchè è stato costretto a dirlo, è stato costretto perchè ci fu l'intercettazione telefonica con la Filippa Nicoletti che era una prostituta con cui lui si confidava e allora sorge la famosa frase: "e che ci posso fare? Ormai quello è Procuratore!" si riferiva al procuratore che lo interrogava, dice: "m'ha incastrato, m'ha preso nella trappola". Perchè? Perchè Pucci ci aveva parlato, o gli avevano fatto il bluff di avergli detto: "guarda che Pucci ha parlato, quindi te quella sera c'eri" e quindi un pò alla volta s'è dovuto aprire ma di certo dice bene Pellegrini: "ma vi pare mai possibile? Quello stava in un casolare di campagna viveva liberamente nei campi gli importava assai di poter avere una protezione", ma insomma veramente assurda la cosa, quindi il Lotti ha parlato perchè è stato costretto a parlare dalle indagini ben svolte dell'autorità giudiziaria, a parte le polemiche che in questi casi ci sono sempre purtroppo. Confermata questa 128 rossa da due testi indifferenti Ghiribelli e Galli, la presenza della 128 rossa con la coda tronca lì agli Scopeti, quindi il Lotti aveva detto la verità che lui quella sera era lì perchè i due un secondo tempo dice ma.. dice, fa questa ghiribelli, perchè lui frequentava questo giro di queste prostitute e tutti frequentavano la casa di Faltignano dove c'era un mago, cosiddetto, si chiamava Indovino di cognome e allora questo mago qua, faceva qualche messa nera, vi partecipavano Vanni, Pacciani, quindi c'era un fanatismo che gravitava intorno a questi delitti. C'era un fanatismo e parleremo dei moventi che sono più d'uno eccome e ritornando all'incidente probatorio in cui Lotti si è aperto un pò alla volta come fa il contadino, prudente come un serpente, poche cose necessarie che non lo compromettevano. E' chiaro che Lotti ne sa tanta di più e come no? Lotti ne sa tanta di più ma di qua a essere lui il mostro e quest'altro signore innocente ce ne passa! Eccome no. Nell'incidente probatorio quando si viene a parlare del duplice omicidio di Giogoli dei ragazzi tedeschi fu proprio questa parte civile che pose la domanda: "ma quando vi accorgeste che erano due uomini che successe?" "E che aveva a succedere? Nulla, erano uomini che si poteva fare? Ma il vanni era pronto con il coltello!" e questo lo disse il Lotti. Ora il Lotti è più sereno delle precedenti volte, lo avete visto anche voi, però sotto l'incalzare delle domande del collega avvocato Mazzeo, lui che il contrassegno ce l'aveva, quello vecchio, perchè l'aveva mantenuto, non l'aveva restiuito all'assicurazione, gli era rimasto il contrassegno sulla 128 rossa, però a un certo punto mettendogli la paura di quella famosa responsabilità di cui il contadino è una persona ignorante, teme a dismisura, poi infine l'avvocato Mazzeo contestandogli la responsabilità lui ha detto, non mi ricordo, e allora di qua possono nascere le contraddizioni in Lotti, che dice degli episodi veramente precisi ma Vanni è il co-mostro di Firenze insieme a Pacciani. Non lo guardate oggi, vecchio, dimesso un pò rimesso a posto perchè naturalmente le cure oggi ci sono, fortunatamente e tutti ne hanno diritto ma era forte e prepotente allora, noi nel processo ne abbiamo avuto ampia prova, sono venuti i testi a dirlo, assatanato di sesso, insieme a Pacciani, quel sesso basso, volgare, deteriore, quello che ha portato a questi efferati omicidi. E avevano anche una copertura perchè c'era un compagno di scorribande, delle famose merende, un certo maresciallo dei carabinieri, Simonetti il quale poi è morto e qui entra questo maresciallo che gli dava una copertura e così è stato per l'appuntato o brigadiere, non so, Toscano, che gli forniva le cartucce e quindi si sentivano anche, in un certo senso, ben protetti di poter uscire la notte e da qui gli veniva la tracotanza, perchè tracotanza vi è stata. Che Vanni non fosse questo angioletto è dimostrato dalle dichiarazioni della teste Sperduto in atti, la moglie di Malatesta, quello che fu trovato impiccato con i piedi che toccavano terra, perchè di questa donna, anche il figlio è venuto a dire le prepotenze che subivano da parte del Vanni che la faceva da padrone in questa casa e il Malatesta se ne doveva stare zitto. Vanni è co-mostro di Firenze come profilo perchè il teste Nesi, in una verbalizzazione del primo grado, disse che addirittura rincorreva la moglie con un coltello in mano e questo lo eccitava, associazione di sesso e sadismo. Teste Nesi, lo troverete a verbale. Ci sono stati dei testi, questo Nesi tra l'altro era amico del Vanni, mi ricordo si salutarono pure, quindi che motivo aveva di venire a dire queste cose? Pucci è stato preciso attento a non farsi coinvolgere più di tanto ed ha avuto un grosso merito e grossa responsabilità ce l'ha il Lotti, perchè a verbale c'è scritto che il teste Pucci voleva andare subito dai carabinieri, penso che questa sia stato il fatto che non gli ha fatto fare una chiamata in correo. Ha la pensione d'invalidità il teste Pucci, in Italia la pensione d'invalidità, negli anni passati, non s'è negata a nessuno, quindi questo si può dire che l'uomo è incapace psicologicamente perchè raggiunge il 65%.. ma in campagna era un modo di prendere una pensioncina per mettersi a posto. Ma il teste è stato preciso ha ricostruito soprattutto nel delitto degli Scopeti i movimenti che hanno fatto Pacciani e Vanni confortando così quelli del Lotti.
Segue...

venerdì 26 marzo 2010

Vari ed eventuali 7

Angela Caligiani (o Caligini) - Commessa del negozio di articoli sportivi "Skipper" a Perugia. Riferì d'aver venduto una tuta da sub ad Alfredo Brizioli il giorno successivo alla scomparsa di Francesco Narducci. Questi gliela restituì il giorno successivo parecchio usurata e senza pinne. Per queste dichiarazioni fu denunciata per calunnia da Alfredo Brizioli. Citata a pag. 87 de La strana morte del dr.Narducci.

Antonio Tardioli - Agente di Polizia. Si recò, con l'ispettore Napoleoni, sul lago Trasimeno il giorno del rinvenimento del presunto cadavere di Francesco Narducci. Citato nella deposizione del 2002 dell'ispettore Luigi Napoleoni.

Alessandro Trippetti - Medico condotto di Magione (PG). Intervenne sul molo di Sant'Arcangelo dopo il rinvenimento del presunto cadavere di Francesco Narducci. Citat0 a pag. 31 de La strana morte del dr.Narducci.

Ann Ouyang - Frequentò a Philadelphia un corso di specializzazione presso il Gastrointestinal Section Department of Medicine Hospital of University of Pennsylvania assieme a Francesco Narducci. Citata a pag. 85 de La strana morte del dr.Narducci.

Bruno Bordighini - Secondo alcune voci di paese, dopo la morte di Francesco Narducci, recapitò un mazzo di fiori ed una cravatta ai genitori del gastroenterolo. Questo gesto fu interpretato come un messaggio proveniente da Francesco Narducci, tutt'altro che morto.

Valerio Lombardo - Nel 1993 era giudice per le indagini preliminari a Firenze. Firmò l'ordine di custodia cautelare di Pietro Pacciani in cui lo si accusava d'essere il "mostro di Firenze.

Luciana Mencuccini - Firmò il certificato di morte di Francesco Narducci "n.788 Magione, 8.10.1985, acque Trasimeno" pur non avendo partecipato ai rilievi sul corpo emerso il 13 settembre 1985 dal lago Trasimeno. Citata a pag. 81 de La strana morte del dr.Narducci.

Claudio Cassetta - Collega di Francesco Narducci. L'8 ottobre 1985 lo vide uscire dall'ospedale di Monteluce di Perugia. Riferì agli inquirenti: "Ebbi l'impressione che volesse confidarsi con qualcuno. Ricordo perfettamente che indossava una maglietta". Citato a pag. 16 de La strana morte del dr.Narducci.

Sandro Paciola - Infermiere di gastroenterologia a Perugia. Riferì d'aver visto alcuni carabinieri in borghese perquisire l'ambulatorio del professor Narducci dopo la sua scomparsa.

Salvatore De Mattia - Nel 1985 era vice brigadiere dei carabinieri a Perugia. In un colloquio con il maresciallo Antonio De Blasi, De Mattia gli confidò d'aver partecipato, con altri militari della caserma di Magione, ad una spedizione presso l'abitazione fiorentina di Narducci per recuperare i feticci asportati alle vittime dal "mostro di Firenze". De Blasi apprese altresì da De Mattia che la missione fallì poichè un parente di Francesco Narducci li precedette di alcuni giorni. Citato a pag. 51 de La strana morte del dr.Narducci.

giovedì 25 marzo 2010

Esplosione di Pietro Pacciani

Esplosione
La sua potenza ne abbaglia il sole…
i suoi neutroni, son molto potenti…
moltiplican la forza, in megatoni…
capace di distrugge, i continenti
Trema la terra, e l’eco arriva in fondo…
Distruggendo ogni forma di naturra…
Con dieci bombe si distrugge il mondo…
E ci porterra tutti, in sepolturra…
La radiazione si spande nell’aria…
Distruggendo ogni gruppo componente…
cualsiasi essere più, non si riappaio…
e per ventenni non rinasce niente…
Ma cuesto non lo pensano la gente…
parlo di tutti i capi di Nazzioni…
pur di cerca lo scopo conveniente…
lor se ne fregano daltre persone…
Il Mondo sarebbe tanto bello…
Se ognun di noi cercasse un po’ di bene…
considerando ognun come un fratello…
scacciando ogni problema e tante pene…
Cerchian di aver giudizio nel cervello…
e di far tutti il nostro dovere…
allora il mondo ti sarà più bello…
e tutte le cose ne andranno bene…

mercoledì 24 marzo 2010

Laura Berrettini

Insegnante delle figlie di Gianni Spagnoli, suocero di Francesco Narducci. Riferì agli inquirenti: "Durante il fidanzamento con Cristina Peirone, nell'estate del 2001, una sera a cena sul terrazzo della famiglia, in via Diaz, presenti anche i figli di Cristina, il professor Farroni uscì con affermazioni molto forti: disse che la situazione era ingarbugliatissima, che c'erano dei notabili che non dovevano apparire, che c'era un'attività di indagine e lui sapeva chi aveva ucciso Francesco. Gli chiesi perché non l'avesse detto prima e mi rispose che l'aveva già fatto, che andava a smuovere una situazione che coinvolgeva personaggi intoccabili. Alla discussione si aggiunse anche un figlio di Cristina, Simone Ramadori, che gli chiese la ragione del perché non ne avesse parlato prima e lui rispose che non era il momento, che c'erano collegamenti con Firenze e alluse anche a un coinvolgimento con i delitti fiorentini. Disse che Francesco era entrato in un giro più grande di lui, pedina di una storia che aveva a che fare con le sette e le messe nere. Dalla sua compagna seppi che Farroni era un massone «in sonno»".
Rif.1 - La strana morte del dr.Narducci p.57

martedì 23 marzo 2010

La corte si ritira

Autore: Vincenzo Tessandori
Prima edizione: Boroli - 2004 - 416 pp - Cartonato
Dalla presentazione: "Un lungo racconto tra eroismi, fallimenti e polemiche; il libro si apre con l’ultima fucilazione avvenuta in Italia nel 1947 per la strage di Villarbasse a Torino. E prosegue sempre tenendo conto e analizzando il ‘concetto’ di giustizia e di legge dal punto di vista del cittadino.Si passa attraverso alcuni casi esemplari in cui la giustizia è stata sconfitta prima ancora di poter giocare la partita, cioè quando non è stato possibile individuare un colpevole.Come nel 1952 a Torino: delitto Codecà; poi nel 1971 a Milano: delitto della Cattolica, ancora aperto; 1990 a Roma: delitto Simonetta Cesaroni; 1991 a Roma: delitto dell’Olgiata; 2001: il caso della contessa Agusta.Ci sono poi i grandi delitti scoperti e finiti in aula, e quelli che si sono lasciati dietro una scia di ombre. 1946, a Milano: Rina Fort; 1948, a Milano: Bellentani; 1950: Salvatore Giuliano; 1952, a Roma: caso Zangrilli, un condannato innocente; 1953: il caso Montesi e la politica; 1968-1985: il mostro di Firenze e il caso Pacciani; 1975: il delitto di Pier Paolo Pasolini; 1978: sequestro e delitto Moro. E poi la strage di Piazza Fontana, il delitto Calabresi, Ilaria Alpi, per arrivare a Mani pulite: l’inchiesta, i suicidi…"

lunedì 22 marzo 2010

Vincenzo Tricomi - Intervista su La Nazione - 14 settembre 1983

Il 14 settembre 1983, il quotidiano La Nazione, pubblicò l'intervista al Dottor Vincenzo Tricomi che segue.
Dottor Vincenzo Tricomi: Io l'avevo detto, l'avevo previsto...
Questo nuovo delitto (9 Settembre 1983 - Rusch Uwe Jens e Horst Meyer) però non chiarisce molto la situazione anche se non sono a conoscenza di tutti i particolari. E' un omicidio abbastanza strano. C'è ad esempio un errore nel sesso, ha ammazzato due ragazzi. Il mostro sembra più agitato meno attento del solito. Mi sembra tutto più difficile... purtroppo il buio mi sembra sempre più fitto.
Dottor Tricomi una delle tante ipotesi è che l'arma passi di mano, che non ci sia un solo assassino, è possibile?
Molte volte ho pensato a questa ipotesi, io ho sempre avuto l'idea che fossero entrate in azione più persone.
Per quale motivo?
E' abbastanza semplice. In occasione dei delitti avvenuti a Scandicci e Calenzano il mostro per mutilare i corpi delle povere vittime ha dovuto estrarre i cadaveri dalle auto. Nel terreno circostante però non sono state trovate tracce di trascinamento dei cadaveri. Sembra fossero stati sollevati. E' possibile che l'assassino che aveva con se la pistola, il trincetto e probabilmente una lampada, necessaria per muoversi nell'oscurità, potesse agire con tanta libertà?
Una seconda ipotesi è che questo ultimo omicidio serva come copertura, è credibile?
Siamo nel campo delle ipotesi, va tutto bene. Purtroppo siamo arrivati a dodici morti e se andiamo avanti così...
Rif.1 - La Nazione - 14 settembre 1983 pag.5

sabato 20 marzo 2010

Udienza del 20 maggio 1999 - 10

Quella che segue è una sintesi dell'udienza del 20 maggio 1999 relativa al Processo d'appello per i delitti del "mostro di Firenze" davanti alla prima sezione della Corte d'Assise d'Appello di Firenze.

Segue dalla parte 9.
Avvocato Pellegrini: Del fiume di denaro che passava tra le mani di questi signori e prevalentemente di Pacciani, c'è un altro particolare, sempre sugli orari, sempre sul rapporto di lavoro che Pia aveva con questo bar è come l'altro quando si fa il nome della Manuela Bazzi alla quale guarda caso si dice che venga spedita una lettera. Insomma, li vogliamo ricucire insieme tutti questi stracci di prove che abbiamo? Il Lotti è così informato che sa che c'è una Manuela Bazzi che forse ha giocato un certo ruolo, non si sa quale, da dirci a mezza bocca, perchè più di dire che era una Manuela di Vicchio, perchè così ha intravisto l'indirizzo sulla busta, di più non ci dice, ma torna esattamente con la realtà storica. Dicevo, c'è un altro elemento di sospetto che fa tremare le vene ai polsi perchè se questi sospetti fossero realtà si dovrebbe pensare che un'altra persona, forse perchè ricattata, forse perchè costretta, chi lo sa, potrebbe aver avuto un ruolo nella causazione della morte di Pia, involontaria probabilmente, non gli era stato certo detto che volevano ucciderla, ci piace quersta ragazza la vorremmo fare nostra e va bhe, quello lo potete immaginare come se fosse... C'è stato poi nel bar, ha preso il posto della Pia, però evidentemente conosceva il proprietario, un nipote di Pacciani; un nipote di Pacciani ha lavorato successivamente alla morte della Pia nel bar dove la Pia ha lavorato fino al 29 lugllio. Io lo offro alla vostra considerazione, tutti tasselli... purtroppo questo mosaico signori sarà sempre un mosaico da restaurare nel tempo, chi lo sa, lo potranno restaurare, noi più di tanto non possiamo fare, certo mancano dei tasselli, una parte del mosaico è sparita insieme alla morte di Pacciani. Facciamo quello che possiamo, di certo portiamo avanti una ferma convinzione, i sopralluoghi fatti a Vicchio dopo che Lotti ha visto questa Panda, Pia era molto carina, la cosa evidentemente ha stuzzicato le morbose fantasie dei protagonisti di questa turpe vicenda, sono stati fatti dei sopralluoghi, Lotti ci dice che ci ha portato anche Vanni a vedere su quella piazzola la Panda celeste con Claudio e Pia, che purtroppo per loro, amoreggiavano, insomma il quadro si delinea abbastanza bene, il casolare dove sarebbe stata nascosta, a dire del Lotti, la pistola fa parte della tenuta di Badia a Bovino, guarda caso Pacciani ha lavorato nella tenuta agricola di Badia a Bovino quando stava in zona. Certo non si può dare l'ergastolo per questo ma si può incastrare anche questo tassello nel resto del mosaico. Le macchie di sangue non si possono dimenticare facilmente, a me non risulta signor procuratore generale che sia stata fatta una perizia che sia stato riscontrato che non era sangue, io non l'ho trovato...
Procuratore generale: Nemmeno io Pellegrini.
Avvocato Pellegrini: Allora siamo d'accordo. Queste macchie di sangue sono state viste da due amici, Pasquini e Bartolini nella immediatezza del fatto, Pasquini era andato a lavare la macchina sulla Sieve e vede sotto la piazzola dove è avvenuto, il giorno prima, e questo succede lunedì il lavaggio della macchina, la domenica è successo quel che è successo, vede su un sasso delle macchie di sangue, risale lo stradello che porta alla piazzola e lo vede cosparso di altre macchioline di sangue, uno più uno fa due, per tutti fuorchè per noi, saranno in relazione, dice, a quello che è successo qua stanotte. Lo dice a Bartolini, amico intimo, e insieme vanno da Rontini a riferirglielo, immediatamente, telefonata ai carabinieri, i carabinieri prendono sul serio questa circostanza, il maresciiallo Lamoratta, nel frattempo deceduto, vanno a fare questo sopralluogo e ci dice il carabiniere Risi, che faceva da autista al maresciallo che quando arrivano sul posto, lì sulla Sieve, c'erano già quattro o cinque persone, che questo carabiniere autista, riconosce come persone della scientifica e parlavano di queste macchie di sangue. Questo sasso viene prelevato dopo di chè non si sa che fine faccia. Ma queste macchie di sangue c'erano e c'erano proprio nel tragitto dalla piazzola alla Sieve e Lotti ci dice che sono andati a lavarsi le mani o lavare il coltello, quello che sia, ma che cosa si vuole di più? Questo particolare era inedito chi lo poteva sapere che erano andati a lavarsi le mani? Le macchie di sangue vengono fuori al dibattimento, perchè ne parla Rontini, quando viene sentito come teste e dice "me l'ha detto Bartolini e Pasquini" e si ricostruisce e si sente il maresciallo Siracusa e si sente il carabiniere Risi, purtroppo non si può sentire il maresciallo Lamoratta. Guarda caso questo Lotti lo sapeva ma Lotti non è un uomo d'onore e quindi a Lotti non si crede. Signori io voglio concludere perchè farei torto anche alla vostra intelligenza, non si può ripercorrere tutto questo processo dall'angolazione di una parte civile. Io vi dico una cosa a cuore aperto, se i giudici di primo grado avessero colto nel segno affermando la responsabilità di Vanni e di Lotti ma poi non fossero riusciti a dimostrarlo convenientemente attraverso la motivazione della loro sentenza, per insufficienmza, per carenza per tutto quello che volete, siamo esseri umani, allora prima di riformarla quella sentenza perchè di per se non vi convincesse, pensate che i fatti comunque sono accaduti, le prove sono acquisite, le si possono rivalutare girandole da tutto un'altro angolo visuale ma questi fatti, queste prove questi elementi ci sono, anche se la sentenza li mettesse in luce in maniera impropria. Voi avete il dovere non di esaminare se è stato fatto bene il compito da parte dei giudici di primo grado, voi avete il dovere di dirci la vostra verità, che non si ricava solo dalla motivazione della sentenza, che può essere zoppicante, insufficiente, la si ricava dalla lettura di tutti gli atti, anche dagli atti Pacciani, vi si aprirebbero gli occhi, noi viviamo questo processo da sempre, io mi occupo di questo caso dal giorno dopo della morte di Pia Rontini, ho fatto il processo di primo grado, ho fatto l'appello Pacciani, ho fatto la cassazione, ho fatto il primo grado di questo, ne conosco, nei limiti che posso conoscerne, sono migliaia di carte, credo di conoscere tutti i risvolti, a voi no, però voi dovete accertare la verità, voi dovete dirci una volta per tutti se Vanni e Lotti sono colpevoli e io credo in questo e per questo ho rassegnato le conclusioni di condanna e quindi di conferma della sentenza di primo grado con il pagamento delle ulteriori spese. Grazie. Presidente
Segue...

venerdì 19 marzo 2010

Francesco, il Bounty Killer

Il 31 luglio 1984 ebbero luogo a Vicchio i funerali di Pia Rontini e Claudio Stefanacci. Un'enorme folla si riversò nella piazza di Vicchio, tra questi anche Francesco, di professione bounty-killer. Nei primi giorni di agosto chiamò il quotidiano La Nazione che pubblicò il testo della telefonata.
"-Pronto? Sono quello che fa impressione al mostro. Pubblicate che gli do appuntamento. Scrivete: se sei un uomo fatti vedere nella notte tra lunedì e martedì alle una e mezza sul luogo del delitto.
-Ma il mostro non si presenterà se saprà che ci sarà la polizia ad attenderlo....
-Il mostro, che a me sta un pò rompendo, non si deve preoccupare, la polizia non verrà, la avverto io.
-Ma non teme di essere ucciso? Il maniaco assassino ha già fatto quattordici vittime.
-Non ci stanno problemi, io ho un piano ma non vi dico di cosa si tratta sennò lo scrivete.
Ottenute rassicurazioni in merito rivelò:
-Il piano è questo: gli tendo un agguato."
Rif.1 - La Nazione 6 agosto 1984 pag.8

giovedì 18 marzo 2010

Cuiz proposto dalla stampa del 30/6/94 di Pietro Pacciani - Quinta parte

Segue dalla quarta parte.
"D.N°10. Cosa ne pensa della giusizia, civile, giustizia televisiva giustizia spettacolo? Non fa apparire come giustizia sommaria ciò che in realtà, è giustizia ordinaria?
Risposta. E una parola difficile, per mè, da capire, in elementare ma secondo mè, la verra, giustizzia, deve essere sacra, e inviolabile, senza falsità, e mensogne, nè corruzzioni, e dare, il giusto merito, à ch là, senza convinzioni da coloro che vogliono ingannare il più debole, altrimenti non è giustizia.
D.N°11. E più facile fare il porco, ho l'agnello?In aula a avuto un atteggiamento molto controllato, come e possibile tenere a lungo il gioco con se stessi e con gli altri?
Risposta. Non mi paragono ne al porco, ne, a, l'agnello, poichè fanno parte del regno animale, posso solo dire che ho combattuto un'intera vita, per, la, vera giustizia, e la vera, opinione che de, il diritto di ogni cittadino, nella nostra Repubblica, ma, non posso parlare, se lo fò, mi cacciano via dal'aula, quando sento le accuse di falsità, e tante offese, mi si avvelena il cuore, di non potere dire la verità, come stanno le cose, e farle capire, che non anno la realtà, dei fatti, e mi tocca fare il povero apostolo martire."

mercoledì 17 marzo 2010

Andrea Pucci

Nel 1988 era giornalista del quotidiano "Il giornale". Informato in merito ad alcune indagini sulla morte di Francesco Narducci, si recò a Perugia. Riferì agli inquirenti: "Ne parlai con il caporedattore e andai all'ospedale di Monteluce, a Perugia, dove tutti mi guardavano sbigottiti quando iniziai a chiedere notizie sul medico. Fu il professor Morelli a dirmi che era stato trovato cadavere nel Trasimeno e si stupì che lo cercassi. Sembrava ancora turbato da quella vicenda e mi confidò che finalmente era ora che qualcuno facesse luce su quella morte così strana. Poi chiamò Farroni, un medico con i baffi, che mi sembrò assai infastidito. Si vantava di essere il miglior amico di Narducci, del quale disse che odiava le armi, che era una persona tranquilla, che non aveva fatto il militare perché il padre glielo aveva evitato e che era uno abile negli sport, specie nel tennis. Disse che si era sposato con una Spagnoli e che non avevano avuto figli". Il giornalista riuscì quindi a parlare con Ugo Narduci, il padre di Francesco: "Il professore non battè ciglio e mi invitò a seguirlo nel suo studio, come se fosse desideroso di parlare della cosa con qualcuno. Mi confermò che il figlio aveva fatto il servizio militare solo per un mese (alla Scuola di Sanità Interforze di Firenze, nel periodo coincidente con il delitto del 1974 n.d.r.), che fin da piccolo lo portava a caccia con sè, che frequentava il poligono di Umbertide dove si allenava con una Beretta 22, che gli aveva regalato lui una Mini Minor rossa per la laurea o il diploma superiore, che c'erano dei problemi con la moglie per la mancanza di figli, ma dimostrò un particolare senso di protezione verso la nuora che pregò di non coinvolgere nella vicenda."
Rif.1 - La strana morte del dr.Narducci p.55

martedì 16 marzo 2010

M Rivista del mistero

Il n.1(vol.14) dell'anno V, del primo ottobre 2004, della rivista M-Rivista del mistero, edito da Alacran Edizioni, contiene una inchiesta di 10 pagine sul "Il mostro di Firenzee". Quella che segue la presentazione pubblicata dalla rivista.
"Pubblichiamo uno scottante dossier sul caso del Mostro di Firenze, realizzato da due noti giornalisti-scrittori: Mario Spezi, che da anni segue il caso, e Douglas Preston, che negli ultimi anni ha vissuto a Firenze e si è documentato sulla vicenda. Insieme Spezi e Preston hanno ricostruito la complessa storia dal principio e intervistato due delle persone la cui vita si è intersecata con i delitti del Mostro. L'articolo, originariamente commissionato dalla rivista americana The Newyorker, non è mai stato pubblicato e appare qui per la prima volta, integrato da una cronologia dei delitti e da alcune note di aggiornamento di Mario Spezi."
A seguito della vicenda giudiziaria di Mario Spezi, la rivista fu ritirata dalla vendita e ristampata con una nuova copertina e nuovi contenuti.

lunedì 15 marzo 2010

Adolfo Izzo - Intervista su La Città - 14 novembre 1982

Il 14 novembre 1982, il quotidiano La Città, pubblicò l'intervista al dottor Adolfo Izzo che segue.
Dottor Adolfo Izzo: Stefano Mele dice la verità, non ci sono problemi. Resta da vedere se è una verità precisa. Le sue accuse contro Francesco Vinci non sono dettate dal desiderio di vendetta, e lo dimostra il fatto che siamo stati noi ad andarlo a cercare e non lui a venire da noi.
Mele è sempre stato una vittima del Vinci. Questo invece non è stato tenuto nella dovuta considerazione nel famoso processo. Forse Stufano Mele non è stato adeguatamente difeso, perché la difesa poteva anche tentare di dire che era stato costretto dal Vinci a seguirlo la sera del delitto del ‘68 limitando cosi l’entità della sua responsabilità. Oltretutto, perché il Mele avrebbe dovuto uccidere sua moglie? Non certo per gelosia, dal momento che sapeva benissimo da tanto tempo delle varie relazioni extraconiugali di Barbara Locci, soprattutto con Francesco Vinci e suo fratello Salvatore. Il Mele durante il dibattimento disse una frase importante: “Tanto io in galera comunque ci devo andare”. Era impaurito, entrò mille volte in contraddizione, pensava a salvarsi la pelle. Quella frase, a rileggerla ora fa intuire tante cose. Ho sempre pensato che fosse stato Francesco Vinci a portare il piccolo Natale alla casa vicina, come vi ha detto ieri il Mele. Secondo me, inoltre, il marito della donna uccisa non è tornato a piedi in paese, anche se su questo punto si possono fare davvero tante ipotesi.
Anche lei pensa, come il Mele, che c’è il gravissimo rischio che la pistola calibro 22 possa tornare a colpire?
Penso che i delitti non siano stati commessi da una persona sola, per una serie di semplici
argomentazioni logiche. Mi chiedo: è possibile che l’assassino abbia potuto agire sempre
con tanta tranquillità? Probabilmente ha potuto contare sulla copertura di qualcuno, in che misura è impossibile dirlo, non ci sono prove.
E il silenziatore descritto da Mele?
E’ un particolare importante, che spiegherebbe come mai nessuno ha mai sentito nulla.
La calibro 22 fa un rumore secco, ben individuabile. Ma né a Borgo San Lorenzo, né a Scandicci, né a Calenzano, né a Montespertoli nessuno ha sentito nulla.
Stefano Mele ha fatto riferimento a «altre persone», senza però precisare che cosa volesse
esattamente dire. Ha detto solo che «sono abituati ad uccidere le coppie».
Siamo molto preoccupati ho già detto che secondo me non c’è un solo responsabile. Sul secondo argomento, posso dire che abbiamo ravvisato un movente passionale che si rinnova e rivive in presenza di determinate circostanze.
Rif.1 - La Città - 14 novembre 1982 pag.9

sabato 13 marzo 2010

Udienza del 20 maggio 1999 - 9

Quella che segue è una sintesi dell'udienza del 20 maggio 1999 relativa al Processo d'appello per i delitti del "mostro di Firenze" davanti alla prima sezione della Corte d'Assise d'Appello di Firenze.

Segue dalla parte 8.
Avvocato Pellegrini: Quanto si sarà macerata quella donna, quella madre, che l'ha spinta a uscire perchè si distraesse un'ora, visto che aveva lavorato tanto e che non l'ha più rivista? Quanto avrà rimpianto quella iniziativa? Se l'aveva lasciata andare a letto forse Pia poteva essere ancora viva, chi lo sa? Ma il destino di Pia era segnato perchè "non c'era stata" e questo non si perdona, "...quella ninfomane, la da a tutti e non la da a me", questo è l'atteggiamento psicologico di questi personaggi e allora Pia si segue, c'è un teste, Poggiali, mi sembra, che dice ho accompagnato a casa Pia e c'era una macchina dietro di noi che mi ha dato la sensazione che ci stesse tallonando e c'è, anche questo è stato svalutato dal procuratore generale, e c'è una testimonianza di Renzo Rontini, di Paolo Santoni, di Winnie Rontini, i quali dicono di aver visto Vanni prima del 29 luglio '84. Sono tre testimoni falsi? Lo hanno detto quando hanno visto in faccia Vanni, quando le fotografie di Vanni sono state pubblicate sui giornali, quando la faccia di Vanni è apparsa alla televisione; prima Vanni era un illustre sconosciuto, cioè a seguito del processo Pacciani, a seguito di quella testimonianza di cui vi ho parlato poco prima è li che viene fuori Vanni Mario, sennò non si conosceva, "ma io quest'uomo l'ho già visto, si aggirava per Vicchio nei pressi del bar", Renzo Rontini dice che si nascondeva da un albero all'altro di quelli che sono lì sul viale intorno al bar. Santoni dice la stessa cosa. La Winnie Rontini dice la stessa cosa ma Vanni dice che a Vicchio lui non c'è mai stato in vita sua. Allora quest'orario secondo questo orario normale, abituale di lavoro la Pia doveva lavorare di sera, lavorando di sera loro non potevano operare, non si può andare a fare queste cose di giorno, a luglio, vicino alle 9 di sera è ancora giorno, ci si vede. Fortuna, sfacciataggine, arroganza e sicumera vanno a braccetto ma forzare fino a questo punto e mettersi a farlo ancora alla luce crepuscolare queste cose non si fanno, ci vuole il buio della notte e allora guarda caso, Pia che veniva seguita, che veniva tallonata, che Lotti ci dice che Vanni le fece delle proposte oscene, cambia turno quel giorno, di più io non posso dire ma sembra quasi che questa notizia sia arrivata a San Casciano, che per l'appunto Pia cambiava programma, perchè non si parte da San Casciano a Vicchio, sono 63 km, insomma c'è un pò di strada da fare, non si parte così alla cieca. La Pia era angosciata dall'insistenza di alcune persone di età che la inportunavano, i genitori non ne sapevano nulla, Lotti ce lo dice senza sapere che la Pia di queste cose si era sfogata con una conoscente danese, che è venuta a testimoniare, è una signora che l'ha tenuta in casa mentre la Pia studiava in Danimarca, come se fosse una figlia, era affezionatissima e la ragazza turbata da questi vecchi bavosi che le stavano dietro non lo dice alla mamma per non impressionarla, non lo dice al babbo, perchè Renzo chissà che cosa avrebbe inventato, focoso com'era. Telefona a questa quasi-mamma e gli parla a cuore aperto di questo. Questa signora è venuta a testimoniare, si chiama Von Pflugk e ha testimoniato nell'udienza del 14 luglio 1997. E ci ha detto di queste esternazioni di Pia nel periodo... ...perchè tutto si concentra in quel maledetto mese di luglio 1984 e guarda caso Lotti ci dice di queste avances, ci dice della rabbia di Vanni che si sente respinto e che dice "io gliela fo pagare a quella ninfomane" nessuno ne sa nulla che Pia ha telefonato e Pia invece telefona, lo dice e questa signora, non è un riscontro questo?
Segue...

venerdì 12 marzo 2010

Le conclusioni della perizia De Fazio

Il 3 settembre 1984, la Procura della Repubblica, nei magistrati Pier Luigi Vigna, Francesco Fleury e Paolo Canessa chiese al professor Francesco de Fazio un'"Indagine peritale criminalistica e criminologica in tema di ricostruzione della dinamica materiale e psicologica di delitti ad opera di ignoti verificatisi in Firenze nel periodo dal 21 agosto 1968 al 29 luglio 1984." Il professore riunì intorno a se un'equipe di tecnici composta dai professori Salvatore Luberto ed Ivan Galliani, a cui si aggiunsero successivamente i professori Giovanni Pierini e Giovanni Beduschi, con cui esaminò tutti i delitti per poi consegnare una prima perizia alla fine del 1984. Quelli che seguono sono alcuni passi conclusivi di detta perizia.
"Gli elementi di valutazione esaminati concordano con quanto emerge dalla letteratura scientifica per quanto attiene ad alcune caratteristiche di fondo dell'autore di lustmord; un soggetto che agisce scegliendo i luoghi e le situazioni ma non le vittime, che gli sono in genere sconosciute, sotto la spinta di un impulso sessuale abnorme nel quale confluiscono cariche aggressive profonde sessualizzate (sadismo sessuale) ed un desiderio sessuale (ad orientamento quasi sempre eterosessuale), che in genere non trova altre vie di appagamento se non quelle dell'azione sadica e delle fantasie sadiche masturbatorie, nell'ambito delle quali spesso si esaurisce la sua sessualità extra-delittuosa.
Nella vicenda in esame è tuttavia possibile che l'omicida conoscesse precedentemente le vittime (quantomeno quella di sesso femminile) almeno per quanto riguarda il secondo delitto; poteva però trattarsi di una conoscenza "unilaterale"; si tratta certamente di un soggetto di sesso maschile, che agisce da solo, con tutta probabilità destrimane, con una destrezza semi-professionale nell'uso dell'arma da taglio ed una conoscenza quantomeno dilettantistica nell'uso di arma da fuoco.
Il "modus operandi" del soggetto ha subito, nel succedersi dei delitti, un progressivo perfezionamento sia per quanto attiene l'uso dell'arma da fuoco che dello strumento tagliente, la destrezza e la sicurezza nell'azione. li suo "senso di sicurezza" è forse lievemente aumentato negli ultimi casi, tanto da fargli lasciare qualche traccia di sè, ma non fino al punto dell'ostentazione, dell'aperta sfida, del senso di onnipotenza.
La metodicità, la sistematicità, la cautela, l'astuzia e la capacità nel non lasciare tracce di sè, ecc. denotano una personalità sufficientemente organizzata, probabilmente capace di buona integrazione nel contesto ambientale dì appartenenza.
Si tratta di un soggetto con sicure connotazioni psicopatologiche della personalità ma ciò non significa affatto la presenza di una forma di patologia mentale grave già diagnosticata: le turbe della sfera sessuale possono accompagnarsi a screzi nevrotici, o essere il sintomo occulto di una patologia più grave, di per se altrimenti e/o non macroscopicamente evidente.
La personalità implicata dalle azioni delittuose non e esprimibile sui piano nosografico se non, tautologicamente, in termini di parafilia e di devianza sessuale.
Le modalità dell'azione depongono comunque più per una ipo-sessualità che non per una ipersessualità, se non addirittura per una tipologia d'autore che raramente è in grado di avere normali rapporti sessuali.
Da ciò si può dedurre, in linea di massima, che le maggiori probabilità stanno per l'ipotesi che l'omicida sia un uomo non perfettamente integrato sul piano affettivo ed emotivo con una figura femminile. Il senso comune potrebbe suggerire riduttivamente trattarsi di uno scapolo, ma le connotazioni psicologiche alle quali intendiamo far riferimento non corrispondono necessariamente ad una condizione di stato civile, potendo rispecchiare situazioni di convivenza e di rapporti con figure femminili le più diverse."

giovedì 11 marzo 2010

"Cuiz proposto dalla stampa del 30/6/94" di Pietro Pacciani - Quarta parte

Segue dalla terza parte.
"D.N°6. Cualè, stato il grande dispiacere della sua infanzia?
Risposta. Nella mia infanzia nella mia infanzia, non è mai accaduto niente anzi ricordo tanta allegria, e contentezza, anche se eravamo poveri ci si voleva bene tutti, e ci accontentamo di quello che avevamo.
D.N°7. Lei, e capito dalla gente? Come pensa che la giudichino?
Risposta. Io penso bene, la mia coscienza e pulita, dopo l'avversità avuta, in gioventù, io voglio bene a tutti, come Dio comanda, e ho sempre fatto, il mio dovere ma, in questo mondo, ogniuno abbiamo, amici e, nemici, anche se non gli ai fatto niente di male, se leggiamo la sacra bibbia Caino, odiava Abele e erano fratelli, ma Dio lo punì, e io hò fiducia in lui, che sà, la verità.
D.N°8. Secondo lei, chè, è, persona coinvolta in questa vicenda processualmente, ce un solo assassino, ho ce ne sono diversi? E lei del tema pistola, ha mai parlato con qualcuno?
Risposta. Come posso saperlo, se io non conosco questi personaggi o persona, come ò, spiegato prima, io amo la pace, e, odio, le armi, che se, non esistessero, non ci sarebbe le guerre.
D.N°9. Per il fatto dei guardoni, visibili, non si puole inpedire
Risposta. A coloro che sono in compagnia di belle donne alla spiaggia, ho a un lago, in costume, di osservare le loro fattezze e, commentare la loro bellezza, tra amici, se non si guarda le donne, chi si deve guardare? Se si parla di guardoni solitari, ò, se sono dei malati ho sono dei pazzi, uno sano non lo fà, non à bisogno, di eccitarsi, come dice qualcuno, chi lo à, scritto, e pensato, e successo a lui stesso, per saperlo? Per mio conto, lo trovo uno schifo, e non ci credo, ma non posso giudicare una persona che non conosco, sono un contadino, mintendo solo di piante e, di lavoro campestre. Poi per lomertà, e la paura, non esiste, esiste solo nelle persone, debole, di senso femminile, sono come le donne, le loro fattezze, il modo di camminare, la voce a gallina, le mani affusolate, ecc... ecc... Fanno schifo, cui, in carcere neò visti, molti, sono questi, che vanno a sedere, poi anno paura, che gli rompino, il volto, e le ossa, a forza di pugni, sono malati, fuori ne combinano di tutti i colori, vanno eliminati, altro che omertà, e non sono buoni neppure a lavorare."

mercoledì 10 marzo 2010

Barbara Cucchi

Il 5 settembre 2002 presso l'Istituto di medicina legale di Pavia, ebbe luogo un'autopsia sul corpo riesumato di Francesco Narducci. La dottoressa Barbara Cucchi, tecnico del Dipartimento di Medicina legale di Pavia, riferì agli inquirenti: "Ero presente alle operazioni di scarnificazione e dissezione del corno superiore sinistro della cartilagine tiroidea. Era presente l'avvocato Brizioli, un maresciallo dei Carabinieri con la barba,
i consulenti di parte e l'avvocato della moglie di Narducci, Francesco Crisi. Il mio compito era quello di tenere immobilizzata con le due mani la laringe, mentre il professor Pierucci la puliva per mettere in luce la cartilagine tiroidea. L'operazione fu condotta magistralmente, tanto che nessuno ha avuto da ridire. Una volta posta in evidenza la parte interessata, Pierucci ha estratto la cartilagine tiroidea, stando bene attento a non toccare i corni della stessa, estraendola con cautela e facilità. Mostrata, nessuno ha fatto osservazioni. Ben scarnificata ha mostrato la linea di frattura esistente nel corno superiore sinistro e nessuno ha obiettato nulla, né sulla parte né sull'operato del professore. L'operazione è durata tre ore".
I tecnici di parte della famiglia Narducci addussero la frattura del corno superiore sinistro ad una manovra incauta del dottor Pierucci durante l'autopsia.
Rif.1 - La strana morte del dr.Narducci p.67

martedì 9 marzo 2010

L'indagine

Autore: Giorgio De Rienzo
Prima edizione: Marsilio - 2004 - 270pp - brossurato

Dalla presentazione: Nei primi anni settanta, nell'Italia dei misteri irrisolti, avvolta in un clima politico instabile e torbido, la caccia a un serial killer rimasto impunito per anni si intreccia a un'inchiesta sui Servizi deviati. L'ex questore Montaldo viene coinvolto nelle indagini su una serie di strani delitti: sembra che l'assassino si metta a giocare con lui, facendogli avere dossier segreti contenenti incartamenti riservati. Nel gioco entrano presto vecchi compagni di gioventù, colleghi dei tempi in cui Montaldo aveva militato nei Servizi segreti, dove qualcuno a lui molto vicino tramava a sua insaputa il sovvertimento dell'ordine costituito. È evidente che il complotto non ha mai cessato di esistere e che qualcuno gli sta tendendo una trappola.

lunedì 8 marzo 2010

Piero Luigi Vigna - Intervista su La Nazione - 14 settembre 1983

Il 14 settembre 1983, il quotidiano La Nazione, pubblicò l'intervista al Dottor Piero Luigi Vigna che segue.
Quest'ultimo oomicidio (9 Settembre 1983 - Rusch Uwe Jens e Horst Meyer) potrebbe essere una copertura?
Le ipotesi non si fanno.
Dottor Vigna, Vinci non è il mostro, è ormai tristemente dimostrato. Uscirà dal carcere?
Nessuno ha mai detto che Vinci è il mostro. E' accusato soltanto del delitto del 1968. Se per gli altri omicidi ci fossero indizi sufficienti è evidente che ci sarebbe un mandato di cattura e non semplici comunicazioni giudiziarie.
Ma dopo il delitto avvenuto nel giugno dello scorso anno che indagini sono state fatte?
Allora la procura della Repubblica richiese agli organi di polizia giudiziaria una serie di accertamenti incrociati per arrivare all'identificazione dell'assassino. L'inchiesta fu poi formalizzata e l'esito dovrebbe esser stato riferito al giudice istruttore.
E adesso cosa state facendo?
E' inutile ripetere le indagini che sono state già fatte. Cerchiamo di completare certi settori del quadro che abbiamo già. La pista è sempre la stessa.
Questa volta sono stati uccisi due ragazzi. Il mostro può aver sbagliato?
E' possibile un errore. Uno dei giovani poteva essere scambiato per una donna.
C'è qualcuno che conosce l'assassino?
Se qualcuno sa sarebbe l'ora che parlasse e qualcuno che è a conoscenza di particolari su questi delitti c'è sicuramente. Non credo che l'assassino sia un'eremita che vive da solo. Se è un familiare non capisco come può vivere tenendosi tutto dentro. Potrebbe essere qualcuno che si sente legato dal segreto professionale, come ad esempio un medico, ma in questo caso... Non è obbligatorio che si presenti in procura ci sono tanti modi per fare sapere le cose. Non è possibile che non ci sia qualcuno che sa.
Rif.1 - La Nazione - 14 settembre 1983 pag.5

sabato 6 marzo 2010

Udienza del 20 maggio 1999 - 8

Quella che segue è una sintesi dell'udienza del 20 maggio 1999 relativa al Processo d'appello per i delitti del "mostro di Firenze" davanti alla prima sezione della Corte d'Assise d'Appello di Firenze.

Segue dalla parte 7.
Avvocato Pellegrini: Il procuratore generale stamattina ha svilito l'argomento economico io lo devo rivalutare. La successione dell'apertura dei conti postali, bancari, le date dei versamenti, l'entità dei versamenti la troverete nelle carte processuali ci sono stati degli accertamenti della squadra mobile, ci sono state delle conferme di questi accertamenti in udienza in questo processo anche per quanto riguarda Pacciani. Quindi almeno di questo se ne può parlare in assoluta correttezza processuale. E allora signori vedrete che pacciani che dal '78 all'82 ha guadagnato, come bracciante nell'azienda agricola dei Rosselli del Turco, complessivamente, in 5 anni, la somma di 26.217.912 lire, questo è il reddito accertato, Nel 1979 si compra una casa da 26.000.000 quindi tutto il suo guadagno di 5 anni vanno in quella casa. Con che cosa ha vissuto nel frattempo e con cosa vivrà successivamente nessuno lo sa. Mette da parte settimana per settimana 2/3.000.000, 1.500.000, 500.000 lire sparpagliandole fra i vari uffici postali, Mercatale, Cerbaia, Montefiridolfi eccetera eccetera. Signori io sono un civilista prestato al penale e allora sono andato a vedere le tabelle di svalutazione della lira e ho visto a questi versamenti di Pacciani, guarda caso sono nel periodo dall'81 al '85 e ho visto che per avere il valore aggiornato ad oggi di quelle somme bisogna mediamente moltiplicare quei 158.000.000 per 4,5. In moneta attuale superano i 600 forse 700 milioni. Allora un uomo che fa il bracciante che in 5 anni guadagna 26.000.000, che si compra 2 case modeste ma se le compra e le paga in contanti, non ha bisogno di mutui, in poco tempo raggranella, non si sa concludendo quali affari, una somma che in moneta attuale sarebbe analoga a 700.000.000. Non vi sorge il dubbio che tutto questo abbia a che fare con quello che dice Lotti "...li vendeva al dottore"? A me sorge. Questa è stata un'altra lacuna, anche dello stesso processo Pacciani, in cui non era stato valorizzato all'inizio questo dato patrimoniale, solo in un secondo momento si è dato spazio. Per Vanni il discorso è un pò diverso. Ma è logico. Pacciani, il capo, è lui che decide è lui che fa paura è lui che tiene il controllo della situazione, è lui che fa la parte del leone a Vanni dalla ricostruzione contabile. Vanni faceva il postino prima di andare in pensione, ci è andato nell'87, insomma si può sapere qual'era lo stipendio di un postino fino al 1987, eppure le sue decine di milioni frullavano su questi c/c, su questi depositi, ci sono versamenti, riferiti al periodo cruciale, successivamente, può non essere un pagamento a rate signor procuratore generale, può essere la scaltrezza di chi non va a fare subito un versamento di quella somma che ha ricevuto ma se la diluisce nel tempo perchè da meno nell'occhio. Ma Vanni certamente ha avuto ed ha tutt'ora a disposizione somme inferiori a quelle del Pacciani e anche questa ha una sua logica.
Dicevo che nei confronti di Pia Rontini, questa uccisione, è stata programmata ed è stata voluta anche in relazione a quel rifiuto delle avances di cui vi ha già parlato il procuratore generale e che già conoscete attraverso le tappe processuali e qui c'è il mistero dei turni che faceva Pia. Pia lavorava da un mese in questo bar di Vicchio e faceva il turno serale. Questa domenica maledetta del 29 luglio 1984, o che l'abbia voluto una sua collega, scambiarsi il turno, sta di fatto che lavorò la mattina e il pomeriggio. La Manuela Bazzi, la sua collega che ci dice fu lei a chiedermi di cambiare il turno, ci da una spiegazione che non quadra perchè ci dice: "fu Pia a chiedermi di scambiare il turno con lei perchè la sera della domenica doveva uscire a cena con Claudio, il suo fidanzato". I fatti lo smentiscono perchè la Pia è tornata a casa dopo il turno pomeridiano, alle 8, ha mangiato in casa con la mamma, il babbo se ne era andato già a Livorno con lo zio, e non voleva nemmeno più uscire, voleva andarsene a letto.
Segue...

venerdì 5 marzo 2010

Luca Santucci - Dichiarazioni del 09 settembre 1985

Nel settembre del 1985, Luca Santucci, a Scopeti, scoprì i corpi senza vita di Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili. Quelle che seguono le dichiarazioni a verbale del 9 settembre 1985.
"Verso le ore 13,45 circa di oggi 9 corrente, mi sono recato in località Scopeti, anzi via Scopeti, località Salve Regina, per cercare dei funghi. Mentre stavo percorrendo un viottolino ho udito un rumorio di mosche dai cespugli. Mi sono affacciato per curiosare cosa c'era, quando mi sono trovato un cadavere davanti, di sesso maschile, ma non ricordo bene, in quanto ho preso un grosso spavento. Tornato indietro, ho notato una macchina, una Golf bianca, dentro la quale vi era un passeggino, anzi un seggiolino per bambini, una tenda col telo strappato dalla parte del motore della macchina e un paio di scarpe rosso, anzi arancione, che erano quasi sotto la tenda. Da qui, preso ulteriormente dallo spavento, ho corso verso la mia autovettura anche una Golf bianca, uguale a quella che era parcheggiata targata straniera. Presa la mia autovettura son corso subito a casa ove, piangendo, ho riferito il tutto ai miei genitori. Dopodichè mio padre ...omissis... ha telefonato ai Carabinieri di S.Casciano per riferire quanto io avevo scoperto.
A.D.R. Conosco molto bene la zona in cui ho rinvenuto il cadavere in quanto molto spesso vado a trovare dei funghi, come ho fatto in data odierna.
A.D.R. Non mi recavo in quel posto da circa un anno. Oggi infatti pensando di trovare veramente funghi ci sono ritornato.
A.D.R. Non ho notato nessuna persona aggirarsi in quella zona ad eccezione di uno che lavorava con una ruspa alla distanza di circa 50 metri, esattamente dove sulla sinistra venendo da Firenze vi è un cancello di ferro. Lo stesso si trova esattamente all'inizio del viottolino ove ho scoperto il cadavere."
Rif.1 - Verbale di sommarie informazioni testimoniali

giovedì 4 marzo 2010

"Cuiz proposto dalla stampa del 30/6/94" di Pietro Pacciani - Terza parte

Segue dalla seconda parte.
"D.4. Come concepisce la paternità? Cosa vuol dire essere padre? E' un diritto o un dovere? Se fosse uno spettatore del processo Pacciani come giudicherebbe Pacciani?
Risposta. Essere padre vuol dire aver creato qualcosa nella famiglia con laumento della delle nascite della prole e un dovere di padre, educare i propri figli, e sono orgoglioso, di vederli crescere, forti e grandi per avere un aiuto nella vecchiaia, se fossi uno spettatore del processo Pacciani, come giudicherebbe Pacciani? Un persebitato della ingiustizzia, la cuale e stato fatto sparire la verità, per creare trucchi cattiveria creando la farsità, da coloro che mi vogliono far del male, per un suo scopo ben preciso, ma Dio, ci vede tutti, e sà la verità, saprà dare il vero merito.
D.N°5. Più volte lei ha ricordato di essere stato contadino, e di aver vissuto una vita da contadino, che allevava animali? Gli macellava i suini, per fare insaccati?
Risposta. Certo che sono stato contadino, e lò fatto sempre perchè, io ò sempre amato, la campagna, e le bellezze della natura, che Dio a creato, hò, scritto poesie, sull'ecologia della natura, e sugli esseri viventi, che la compongono, amo tutti gli animaletti, che labitano perchè pure loro anno una coscienza, e un cuore, e capiscono meglio di noi, anche se non parlano, io gliò, sempre difesi, e sono contro la caccia, e contro, la violenza, amo la pace, e la fratellanza di tutti, la mia opinione, vorrei vedere la pace in tutto il Mondo senza distinzione di colore, che di fronte a Dio siamo tutti fratelli; Se macellavo suini per fare insaccati? Noi contadini, si teneva tutti gli animali, ma non erano comprati, da noi, erano del padrone, cioè, il nostro datore di lavoro, specie vaccine vitelli e suini, per i suini avevamo le scrofe che partorivano, per la produzione dei suini, ogni parto ne nasceva 12 e anche 14, quando erano adulti, il padrone mandava il veterinario a castrare i maschi, perchè, e, la regola, altrimenti, succedeva gran confusione, con le femmine, ma, non, chè, gli, castrassi io, c'è, il dottore che lo fà, cioè, il veterinario, mi anno puttato a dosso questa parola, Pacciani castrava gli animali, come dire, io gli facevo del male, disprezzavo le bestie? Chi la scritto, e capito, a loro modo, vadano a quel paese, se non se ne intendono del mestiere stiano zitti, fanno meglio, figura, poi per fare gli insaccati, ne viene lasciato uno che si ingrassa circa 150 kg, e facciamo a metà col padrone, manda il veterinario, lo macella e si divide, ci pensa lui, non il contadino."

mercoledì 3 marzo 2010

Leonardo Mazzi

Ispettore di Polizia presso la sezione antidroga della questura di Perugia. Dichiarò agli inquirenti: "Il pomeriggio in cui arrivò la notizia del ritrovamento del corpo di Narducci, c'erano il dirigente Speroni e il comandante della squadra mobile Napoleoni. Questi andò sul posto, forse con un collega sardo, di quelli presenti che erano Giampiero Sardara, Angelo Cambula e Giuliano Pascai. Alle venti, quando io finii il turno e rincasai, loro non erano ancora rientrati. Ricordo invece che partirono per il lago che stava già imbrunendo. Giorni dopo in questura si diceva che Narducci era quasi ubriaco e che era stato ritrovato con le mani legate dietro alla schiena, incaprettato."
Rif.1 - La strana morte del dr.Narducci p.79

martedì 2 marzo 2010

Sbatti il mostro in prima pagina

Autore: Roberto Pasquetti
Prima edizione: Stampa Tiplit Florence per Pitti Lilli - 1994 - 100pp - brossurato - tiratura 1000 copie di cui 200 numerate

Dati noti: "Il mostro non è lui. Pietro Pacciani non c'entra nulla con il mostro di Firenze. Francesco Bruno, uno dei più noti criminologi italiani, boccia così l'ipotesi del giudice Vigna. All'esame dei delitti emerge il carattere di un maniaco dall'elevato livello culturale. Tutto il contrario di Pacciani"

Si tratta di un libro molto raro di cui conosco solo quanto riportato. Sarò grato a chiunque saprà fornirmi ulteriori dettagli.

lunedì 1 marzo 2010

Enzo Spalletti - Intervista su La Città - 29 ottobre 1981

Il 29 ottobre 1981, il quotidiano La Città, pubblicò l'intervista a Enzo Spalletti che segue.
Enzo Spalletti: Mi si arricciava la pelle dalla paura a volte mi chiedevo se non era davvero possibile che fossi stato io magari senza accorgermene. Mi interrogavano e mi dicevano "assassino", solo quello, poi una domanda e di nuovo "assassino". Io sapevo di essere innocente ma quando seppi del capo di accusa ebbi paura. Mi sembrava di essere in un incubo.
Eppure c’è ancora qualcuno che dice che lei qualcosa doveva sapere...
Ma ve lo immaginate voi uno che conosce l’assassino e non lo denuncia? Sarebbe come girare con in tasca una bomba senza sicura. Va detta chiara questa cosa. I guardoni non hanno mai fatto male a nessuno. Possono dar noia a chi è in macchina se si vede osservato, ma andare loro a dar noia alle coppie proprio no. Anzi vorrei quasi dire che sono una sorta di guardia. Tante volte, col Fabbri, ci si chiedeva cosa avremmo fatto se veniva qualcuno a dar noia, magari qualche maniaco. Non avrebbe avuto scampo.
Veniamo alla notte dell’omicidio di Scandicci. Lei era sul posto o no?
No. Potevo essere a un chilometro, ma li sul posto no davvero. Quello dove furono uccisi Carmela De Nuccio e Giovani Foggi, non era un posto frequentato dai guardoni. In proposito si sono scritte e dette molte sciocchezze. L’ho detto anche al magistrato: Quello è un punto difficile da raggiungere. Per arrivarci bisogna far manovra nell’aia di una casa di contadini. Nessun guardone si avvicina mai ad una casa. No, io credo che l’assassino non sia passato di lì per caso, ma abbia seguito i due fidanzati. Se è davvero meticoloso come lo descrivono i giornali non ha certo scelto il posto senza sapere da che parte sarebbe poi fuggito e quello, lo ripeto, è un luogo che bisogna conoscere bene per potersene allontanare in fretta.
Una delle cose su cui ha puntato l’accusa era che lei conosceva la macchina dei due fidanzati…
Non la conoscevo. L’avevo vista una decina di sere prima. Mi si era parata davanti sulla strada di Marciola. Era uscita da una strada laterale a tutta velocità. Come se qualcuno avesse disturbato gli occupanti. Anche questo l’ho detto più volte alla polizia e al dottor Izzo, ma non mi hanno mai creduto.
Come andò la mattina della domenica? Cosa disse esattamente a sua moglie? Chi l’aveva informata del delitto?
Qui a Turbone ci sotto due ristoranti. La domenica c’e gente che viene da tutte le parti. Anche quella mattina era un fitto incredibile. E mentre leggevo il giornale sentii qualcuno che diceva che
a Roveta avevano trovato uccisi due fidanzati. Ma come lo sapevamo noi qui lo sapeva tutta Montelupo. Senza contare che la notizia l’ho sentita verso mezzogiorno e non alle dieci come ha detto qualcuno. Lo possono testimoniare tutti che io fino alle undici sono stato nel mio orto a zappare, sotto casa.
Quando vennero a prenderla lei era spaventato...
Si sarebbe spaventato chiunque. Mi vennero a prelevare alla Misericordia e mi portarono qui per fare una perquisizione. Sul foglio lessi la motivazione e vidi che erano riportati i nomi dei due fidanzati uccisi e che si parlava di sospetta detenzione di armi.
Il suo primo contatto con la giustizia fu questo, una perquisizione?
Si e questo non riesco a capire chi avesse fatto il mio nome. Forse qualcuno che mi vuole male.
Lei è mai stato in altri posti oltre a Roveta a spiare le coppiette?
No. Sono sempre andato da quelle parti, dal 1972. Ci si trovava lì, come ci si sarebbe trovati al cinema. Più che vedere si stava a sentire qualche sospiro. Tutto qua.
Conosceva la zona di Borgo San Lorenzo? - Il posto dove furono uccisi Stefania Pettini e Pasquale Gentilcore?
Non ci sono mai stato, non so nemmeno da che parte resta, Mi han detto che a Borgo avrei uno zio. Non ne sapevo niente. Domanderò agli altri parenti, ma nemmeno mia madre me ne ha mai parlato.
Lei ha usato il plurale. Conosceva gli altri guardoni della zona? Che rapporti aveva con loro?
Conoscere conoscevo solo il Fabbri. Avevo il suo numero di telefono della fabbrica, così come lui aveva quello mio della Misericordia. Lui non mi ha mai chiamato mentre io gli avrò telefonato cinque o sei volte. Gli altri no, non li conoscevo che di vista. Sapevo i soprannomi, Bourbon, Muratore, Napoletano. Niente altro. I rapporti tra di noi? Nessuno. Non è vero che c’era una sorta di codice. Sono tutte balle. Lì a Roveta di guardoni c’erano sempre i soliti sette o otto, io ci andavo solo di sera mentre molti degli altri ci passavano anche delle mattinate intere. Questione di gusti. Ma codici d’onore proprio niente. So che in altre zone, a Fiesole per esempio, ci sono ambienti più esclusivi. Se va uno di fuori prima lo avvertono, poi lo minacciano e se quello insiste lo possono anche picchiare o fargli uno spregio alla macchina. Non a Roveta però.
Come è stato il ritorno a casa?
Mi aspettavano tutti per strada. Però ancora qualcuno poco convinto c’è anche se sono molti quelli che hanno cambiato parere quando mi hanno rivisto in giro per Montelupo. Il lavoro c’è sempre, ma ancora non sono rientrato. Non me la sento. Forse tornerò lunedì.
E la sua famiglia? Sua moglie, i suoi figli hanno risentito della vicenda?
Mia moglie è dovuta tornare a lavorare. Fortunatamente la ditta dove era prima ha capito la situazione. I miei figli non hanno avuto problemi. I due che vanno a scuola, perché Matteo ha due anni e mezzo e forse non si è accorto di niente.
Rif.1 - La Città - 29 ottobre 1981 pag.5